4 tecnologie al servizio delle persone con disabilità

Dispositivi smart in città, ergonomia per casa, guanti tech per la riabilitazione e tutori virtuali: la tecnologia si rivolge al sociale

Trieste diventa un apripista per le nuove tecnologie volte a migliorare la qualità di vita delle persone più fragili, con il nuovo dispositivo Letismart  realizzato dall’azienda Scen. Si tratta di un microchip che dialoga con l’ambiente, applicato al tradizionale bastone bianco per le persone cieche.

Letismart è una soluzione di microelettronica integrata costituita da un kit luce, presente sulla punta del bastone, che si illumina in modo automatico quando la sorgente luminosa è scarsa e da un kit voce che va a sostituire il manico e presenta un circuito elettronico miniaturizzato, di soli 8,5 grammi, utile al non vedente per ricevere informazioni vocali, accompagnate da impulsi e vibrazioni. In questo modo l’utente interagisce con l’ambiente attraverso un sistema di radiofari dotati di segnalatore acustico”, spiega Marino Attini, esperto di elettronica e ipovedente grave.

Il dispositivo è collocabile in punti strategici della strada, come incroci, fermate dell’autobus, ospedali e scuole in modo che la persona cieca o ipovedente possa orientarsi alla ricerca di un negozio o di un ufficio, migliorando anche la gestione di situazioni difficili come la presenza di lavori in corso. Oltre alla città di Trieste, il sistema sarà a breve disponibile a Milano, Mantova e Como, nel sito turistico di Paestum, presso l’università Bocconi e nel centro storico di Firenze. 

Il dispositivo Letismart permette alla persona ipovedente di orientarsi in totale autonomia, garantendo anche la sua sicurezza e segnalando eventuali pericoli lungo il suo percorso 
Ergonomia in cucina

Arriva dall’Oriente il dispositivo Oneware, utile nel semplificare la vita casalinga per chi può contare solo sulla forza di un’unica mano. Questo set di accessori è stato progettato dal designer Loren Lim Tian Hwee della National University di Singapore ed è il miglior esempio di come il design possa unirsi alla praticità e all’assistenza. 

Tutto è iniziato quando ho visto mio zio superare un ictus, che lo ha lasciato con un braccio non funzionante. Da sempre appassionato di cucina, si ritrovava spesso a preparare da mangiare per la famiglia, ma dopo l’ictus, l’ho notato lottare contro semplici attività, come tagliare il cibo e lavare i piatti. Questa situazione è stata per me un’ispirazione per il mio progetto perché la mancanza di supporto per tenere a freno le cose è uno dei problemi più comuni che un disabile deve affrontare in casa”, racconta Loren. 

Oneware è composto da un telaio principale con unità modulari e un tagliere dotato di creste, che àncora il cibo consentendo di tagliarlo con una sola mano, in aggiunta a una rete in silicone che blocca le stoviglie semplificandone il lavaggio. Attraverso incastri, intagli e ganci, la piattaforma di lavoro risulta così totalmente ergonomica e favorisce una modalità d’uso autonoma ed efficiente.

Ogni pezzo è semplice da ripulire, offrendo la possibilità di svolgere azioni quotidiane senza alcuna assistenza. “Sebbene molti ritengano che il design per le persone con disabilità sia un mercato di nicchia, in realtà è aperto a molte possibilità che potrebbero soddisfare la massa”, afferma Loren. 

La base di lavoro di Oneware aiuta coloro che sono dotati di un solo arto a compiere semplici gesti anche in cucina
La riabilitazione diventa intelligente

Spesso per riacquisire le normali funzionalità motorie è necessario un lungo periodo di fisioterapia adeguata, non sempre effettuabile a domicilio. Ad aiutare i pazienti in fase riabilitativa, rimanendo però nel proprio ambiente familiare anche durante il decorso fisioterapeutico, è l’ingegnere Hoyoung Ban dell’azienda coreana Neofect, ideatore di Rapael, un guanto smart in silicone che restituisce motilità dopo un ictus o un’ischemia. 

Il dispositivo pesa soltanto 132 grammi ed è dotato di accelerometro e sensori per registrare i movimenti delle mani, inducendo la neuroplasticità necessaria per il ripristino della funzione manuale dei pazienti che hanno subito un danno cerebrale. Dopo la laurea in ingegneria aerospaziale, Hoyoung si è specializzato nella progettazione di robot, ma il suo obiettivo erano i mini-dispositivi assistenziali. Nasce così l’idea di Rapael, il guanto connesso facilmente indossabile.

Le persone possono così essere rieducate a effettuare semplici azioni, come lanciare una palla, versare un bicchiere d’acqua o spremere un’arancia. È possibile selezionare i giochi e concentrarsi poi su alcuni movimenti di avambraccio, polso e dita. Inoltre Rapael è in grado di raccogliere e analizzare i dati proponendo un percorso personalizzabile che aiuti a recuperare le abilità fisiche e cognitive del malato, facendo lavorare contemporaneamente muscoli e tendini specifici”, continua Hoyoung.

Tecnologie
Il dispositivo Rapael facilita il ripristino delle abilità motorie dopo ictus o ischemia
Virtualizzare i movimenti

Ma in seguito ad un ictus o a un trauma motorio, la ripresa non è sempre breve e ci si sente spesso limitati anche nella vita lavorativa, così usare mouse o touchscreen diventa davvero un’impresa impossibile. A rendere i comuni device più accessibili a persone con disabilità agli arti superiori è il dispositivo MyMove, dell’azienda di tecnologia israeliana 6Degrees, fondata dai coniugi Miri Berger e Aryeh Katz

Si tratta di una fascia leggera e indossabile da chi è affetto da menomazioni per rivendicare la propria vita digitale“, spiega Katz, ex-paracadutista disabile a causa di un incidente in servizio. “Avere accesso alla tecnologia significa usufruire di pari opportunità per svolgere un ruolo attivo nella società. Vogliamo incoraggiare i disabili o coloro che soffrono di amputazioni o malattie che limitano la mobilità, come la paralisi cerebrale, a “rimettersi in piedi” sia finanziariamente che socialmente” afferma Miri. 

L’idea era quella di ideare un braccialetto che studiasse i movimenti di un paziente, consentendo di controllare i propri dispositivi elettronici, in modo simile a come un apparecchio ad attivazione vocale impara la voce di una persona. Infatti, grazie all’impiego della comunicazione wireless e di un dispositivo bluetooth plug-and-play, MyMove traduce il movimento generale di braccia o mani in comandi specifici.

Di conseguenza, le persone possono utilizzare tablet, laptop e smartphone senza dover ricorrere a mouse, touchpad o schermo tattile. “Il device funziona come un videogioco di realtà virtuale aiutando le persone amputate a superare il dolore causato dalla perdita dell’arto. MyMove apprende il modo in cui ti muovi, studia e analizza la tua portata, velocità, tremori o movimenti involontari e caratterizza quel ritmo. Può essere collegato a qualunque dispositivo intelligente e lo controlla con qualsiasi movimento”, continua Miri. 

Se un individuo ha un raggio di spostamento limitato o una malattia neurologica come il morbo di Parkinson, MyMove tiene conto della capacità del raggio d’azione e offre all’utente un movimento regolare su quel lato dello schermo. “Le persone possono comunicare con i loro amici, ordinare articoli online, andare a scuola, disegnare grafici, giocare e ritornare a lavorare serenamente, dando loro quella libertà”, afferma Aryeh Katz.

Inoltre, lo strumento è molto utile anche per la sindrome dell’arto fantasma: la persona fissa la fascia sopra la parte mancante e indossa degli occhiali di realtà virtuale per visualizzare l’arto completo. Sarà quindi il dispositivo ad ingannare il cervello, facendogli pensare di avere un uso completo dell’arto assente, che si muoverà nel gioco, aiutando emotivamente a superare ogni barriera. (wired.it)

La fascia intelligente MyMove associata ad occhiali di realtà virtuale permette di visualizzare l’arto completo, aiutando emotivamente il paziente

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Topi paralizzati camminano con impianti di midollo spinale

Impianti al midollo spinale fatti con cellule umane e anti-rigetto, verso test su uomo

Ottenuti in laboratorio i primi impianti 3D di midollo spinale umano per trattare le paralisi: sperimentati sui topi, hanno ripristinato la trasmissione dei segnali nervosi consentendo di riacquisire la capacità di camminare in 8 casi su 10.

L’impianto contiene reti neurali con neuroni motori (fonte: Sagol Center for Regenerative Biotechnology)

I risultati dei test, pubblicati su Advanced Science dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv, potrebbero aprire la strada alla sperimentazione clinica di impianti personalizzati, fatti con le stesse cellule dei pazienti e dunque senza rischio di rigetto.

La nostra tecnologia – spiega il coordinatore dello studio Tal Dvirsi basa sul prelievo di una piccola biopsia di grasso addominale dal paziente. Questo tessuto, come tutti gli altri, è formato da cellule e da una matrice extracellulare (che comprende sostanze come zuccheri e collagene).

Dopo aver separato le cellule dalla matrice, le abbiamo geneticamente riprogrammate riportandole a uno stadio simile a quello delle staminali embrionali, ossia cellule capaci di trasformarsi in ogni tipo di cellula dell’organismo. Dalla matrice extracellulare invece abbiamo prodotto un idrogel personalizzato che non evoca alcuna risposta immunitaria o rigetto dopo l’impianto.

Successivamente abbiamo incapsulato le staminali nell’idrogel e, attraverso un processo simile allo sviluppo embrionale del midollo spinale, abbiamo trasformato le cellule in impianti 3D di reti neurali contenenti neuroni motori“.

Risonanza magnetica midollo spinale
Risonanza magnetica del midollo spinale prima e dopo il trattamento (fonte: Sagol Center for Regenerative Biotechnology)

Questi ‘pezzi di ricambio‘ del midollo spinale sono stati impiantati in topi paralizzati, ripristinando la capacità di camminare nel 100% dei roditori con paralisi acuta (insorta cioè da poco tempo) e nell’80% degli animali con paralisi cronica (cioè paralizzati da un tempo equivalente a un anno per un essere umano).

Questa è la prima volta al mondo che impianti di tessuti umani ingegnerizzati hanno determinato il recupero in animali con paralisi cronica, il miglior modello per studiare i trattamenti contro la paralisi degli esseri umani“, precisa Dvir.

Il nostro obiettivo è produrre impianti di midollo spinale personalizzati, permettendo la rigenerazione del tessuto danneggiato senza rischio di rigetto. Speriamo di arrivare alla sperimentazione clinica sulle persone nel giro di pochi anni“. 

Rappresentazione grafica dei passaggi necessari per la realizzazione degli impianti di midollo spinale a partire da cellule dello stesso paziente (fonte: Sagol Center for Regenerative Biotechnology)

(ansa.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Tre persone paralizzate sono tornate a camminare con degli elettrodi

I primi risultati della ricerca che parla anche italiano

La ricerca è stata presentata dall’Università di Losanna, in Svizzera. Ha collaborato anche Silvestro Micera, ricercatore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Tutto il percorso di ricerca è stata pubblicato su Nature Magazine, una delle riviste più autorevoli in campo scientifico. Tre persone paralizzate sono tornare a compiere alcuni movimenti in modo autonomo grazie a una serie di elettrodi impiantanti nelle colonna vertebrale.

Lo studio è stato condotto dal Politecnico di Losanna (Efpl), in Svizzera. Alla ricerca ha lavorato anche Silvestro Micera, ricercatore italiano della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. A coordinare il progetto sono stati Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch. Il metodo presentato su Nature si basa sull’applicazione di una serie di elettrodi innestati nel midollo spinale.

Questi dispositivi vengono controllati dal paziente attraverso un tablet e sono in grado di stimolare i muscoli per far fare una serie di movimenti coordinati, come camminare, pedalare o nuotare. Tutto viene controllato direttamente dai pazienti attraverso un tablet.

Uno dei tre pazienti che hanno preso parte a questa sperimentazione è Michel Roccati, un italiano che quattro anni fa è rimasto paralizzato. Un incidente in moto gli ha causato una lesione alla colonna vertebrale.

L’agenzia stampa Ansa ha riportato le sue reazioni: «I primi passi sono stati qualcosa di incredibile, un sogno che si avverava. Ora sono in grado di salire e scendere le scale e punto, entro primavera, di riuscire a camminare per un chilometro».

L’obiettivo ora è aumentare il numero di pazienti da testare così da commerciale il prima possibile questa tecnologia. (open.online)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Auto elettriche e disabilità: tra difficoltà e nuove sfide

I programmi a sostegno di persone diversamente abili sono sotto gli occhi di chiunque, ed è un gran bene (oltre che doveroso) che sia così: più che “integrazione”, si deve in effetti parlare di inclusione. Questo, chiaramente, si riallaccia al concetto di “utenza” che, in linea generale ed anche da un punto di vista pratico, non deve precludere alcun soggetto nella fruizione di servizi dedicati alla comunità. Anche, ed è qui il nocciolo della questione, in materia di sviluppo dell’elettrificazione. Ma andiamo con ordine.

COINVOLTI NELLO SVILUPPO DEI TRASPORTI

Un importante progetto di inclusione (o, per meglio dire: di “inclusione partecipata”), riferisce Autocar in merito ad un’iniziativa varata nel Regno Unito, riguarda un inedito programma attraverso il quale i cittadini a ridotte capacità motorie avranno la possibilità di dare un proprio contributo allo sviluppo dei trasporti, sotto la regia del National Trasport Design Centre  dell’Università di Coventry.

È da tenere conto, osserva l’organizzazione benefica Motability – specializzata in programmi di ricerca e di analisi sui temi della mobilità – che oltremanica circa 1,35 milioni di persone diversamente abili, fra conducenti e passeggeri, faranno entro il 2035 affidamento alle reti di ricarica per veicoli elettrici.

COME GARANTIRE UNA SCELTA CONSAPEVOLE

In questo senso, riporta il magazine UK citando una dichiarazione di Rachael Badger, direttrice di Motability, sul territorio del Regno Unito ci sono tuttora diverse questioni da risolvere:

Esistono molti punti da affrontare in marito alle difficili sfide che si prospettano già in sede di individuazione e di acquisto di un’autovettura da parte di una persona disabile. In primo luogo, occorre portare gli utenti a comprendere tutte le opzioni esistenti nel compiere una scelta consapevole, come ad esempio pensare a come provvedere alle azioni di allaccio del veicolo alla rete.

DIFFICOLTÀ LOGISTICHE

Una “voce” che ad una prima occhiata potrebbe accomunare le più varie categorie di utenti è rappresentata dall’ansia da autonomia. In effetti, questo problema risulta potenzialmente ingigantito per gli automobilisti diversamente abili oppure a ridotte capacità motorie. Molti, ad esempio, possono muoversi soltanto con l’ausilio di strumenti di deambulazione, il che comporta giocoforza una riduzione dell’autonomia personale.

Ne deriva che i viaggi devono già essere pianificati tenendo conto della presenza, lungo il tragitto, di punti di ristoro e servizi pubblici a piena accessibilità. I cavi per la ricarica, inoltre, possono risultare troppo pesanti e richiedere una certa forza per essere collegati; alcuni utenti, dal canto loro, potrebbero avere delle difficoltà causate dall’altezza dello schermo della colonnina.

Ci sono automobilisti che possono farsi installare un caricabatterie domestico nel proprio garage, tuttavia quelli che vivono in un appartamento all’interno di un condominio non sempre riescono ad avere questa opportunità. Per questo, molti automobilisti possono preferire l’acquisto di una vettura ibrida plug-in rispetto ad un’auto elettrica.

L’INCHIESTA UK

I dati diffusi da Motability sono relativi alla situazione esistente nel Regno Unito, tuttavia è possibile – facendo le debite proporzioni – inquadrare uno scenario territorialmente più vicino, anche perché le esigenze sociali sono nel complesso poco differenti.

Auto elettrica alla colonnina di ricarica
I TIMORI FRA DISABILI, ANZIANI E PERSONE CON DIFFICOLTÀ MOTORIE

Il portale online Disabili.com ha, nella primavera 2021, affrontato l’argomento della scarsa accessibilità per gli utenti diversamente abili alle colonnine di ricarica. Uno studio commissionato da Urban Foresight (utility di fornitura “hub” pop-up per la ricarica, ovvero colonnine che fuoriescono dal manto stradale al momento dell’utilizzo) e pubblicato in Gran Bretagna dal RIDC-Research Institute for Disabled Consumers, ha fatto emergere come la maggior parte dei conducenti disabili – e, insieme a loro, anche persone più anziane, o affette da postumi motori conseguenza di ictus o affetti da artrite, problemi agli arti superiori o limitato-scarso controllo delle mani) sarebbe propensa all’acquisto di un’auto elettrica, tuttavia ritiene di poterlo fare solamente quando le colonnine ed i sistemi di allaccio fra il veicolo e la rete saranno resi più accessibili.

E si tratta di cifre non trascurabili: il report RIDC rileva che circa due terzi degli utenti disabili sono dell’avviso che la forma attuale delle modalità di ricarica delle auto elettriche sia “Difficile” o “Molto difficile”.

QUALI SONO LE OPERAZIONI PIÙ COMPLICATE

Fra le azioni materiali che causano difficoltà fra gli utenti con problemi di artrite o scarsa mobilità ci sono proprio le manovre da effettuare per la ricarica, che possono risultare così complesse da scoraggiare gli utenti: la rimozione del cavo di ricarica dal veicolo, l’inserimento dello spinotto, il dovere spostarsi fra l’auto e la colonnina provocano le maggiori preoccupazioni. Disabili.com riferisce quanto segue:

  • Il 54% degli utenti intervistati nel sondaggio del Research Institute for Disabled Consumers ha indicato che l’atto di sollevare il cavo per la ricarica dal bagagliaio dell’auto può risultare “Difficile o molto difficile”;
  • Per un altro 41%, si teme che portare il cavo al caricabatterie possa risultare “Troppo faticoso”;
  • Il 66% si è detto “Preoccupato“ per il rischio di inciampare e sulle barriere poste intorno alla colonnina.

Per non parlare dei timori che riguardano il collegamento di cavi più pesanti e “hub” di ricarica fuori portata e, chiaramente, pressoché inutilizzabili da parte degli automobilisti costretti sulla sedia a rotelle.

L’ETÀ MEDIA IN EUROPA È SEMPRE PIÙ ALTA

Su tutti questi dati, emerge una riflessione: l’attuale mercato non sembra proporre nuovi beni o servizi usufruibili da chiunque. E non si tratta, come rilevato, di un problema che riguarda esclusivamente gli utenti disabili, ma anche un consistente numero di persone appartenenti a fasce di età più anziane (le indagini Eurostat indicano che nell’Unione Europea la percentuale di “senior” è in continuo aumento, un abitante su cinque ha più di 65 anni, ed è l’Italia a possedere l’età media più elevata: circa 44 anni al 1 gennaio 2019). È fondamentale, dunque, creare i presupposti per un mercato che includa tutte le categorie di utenti.

IL PROGETTO DI COLLABORAZIONE

Da qui, riallacciandoci alla news pubblicata da Autocar, riportiamo un programma di collaborazione – finora, appunto, riferito al Regno Unito – annunciato all’inizio di quest’anno dal Governo nazionale nell’ambito di una partnership avviata con Motability, il Ministero dei Trasporti ed il BSI-British Standard Institute, finalizzato alla realizzazione di un network di infrastrutture per la ricarica più inclusiva.

Nello specifico, riporta l’edizione online del magazine, l’Office for Zero Emission Vehicles (OZEV), Motability ed il British Standards Institute opereranno insieme alle aziende del settore – comprese le utility dell’energia ed i produttori di sistemi di ricarica – e le Associazioni che rappresentano le persone diversamente abili per garantire che ogni consumatore venga messo nelle condizioni di poter trovare il “charger” più adatto alle proprie esigenze.

Ciò significa che, in buona sostanza, saranno passate al setaccio tutte le attuali condizioni “fisiche” di ricarica, e – dove sia necessario – verranno apportate le modifiche necessarie ad accogliere quanti richiedono più spazio per muoversi, e per rendere le colonnine, gli stalli di sosta e le altezze dei marciapiedi più adatti agli utenti che si muovono sulla sedia a rotelle.

Un nuovo design di colonnina pubblica per il Regno Unito, prosegue Autocar, era per l’appunto stato presentato dai rappresentanti del Governo del Regno Unito durante la Cop26 di Glasgow a novembre 2021: “Se il nuovo layout più accessibile delle colonnine viene adottato a tempi brevi, sarà ben più vantaggioso dal punto di vista economico, per il settore, rispetto ad un eventuale processo di reinstallazione delle stazioni di ricarica già esistenti – continua Rachael Badger nel servizio di Autocar – Ciò che vogliamo che avvenga, è rendere obbligatori già nei prossimi mesi i nuovi standard fisici per le colonnine di ricarica”.

CONVERSIONE DI UN VEICOLO ELETTRICO: UNA NUOVA SFIDA

Sebbene, come si è visto, il layout delle infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici sia perfettibile, alcune aziende sono al lavoro per migliorare l’accessibilità dei veicoli elettrici, che per le tecnologie di bordo installate dalla Casa costruttrice possono rivelarsi anche più difficili da adattare per i conducenti disabili rispetto ai veicoli a combustione. Il kit più comunemente installato per conducenti disabili include sistemi di sterzo, frenata e acceleratore elettronici ad alta tecnologia in modo che i joystick possano essere utilizzati al posto dei pedali e del volante.

I produttori – afferma ai taccuini di Autocar Grant Harbour, amministratore delegato di Steering Developments, azienda di Hemel Hempstead specializzata negli intervewnti di adattamento dei comandi alle esigenze degli automobilisti disabili – cambiano i sistemi con troppa frequenza e senza preavviso: quindi serve molto lavoro di sviluppo per poter accedere ai sistemi di ausilio di nuova generazione. La possibilità di convertire un veicolo elettrico c’è, ma ogni tecnologia rappresenta un nuovo ‘case study’ in quanto può essere impostata in modo diverso rispetto ad altri sistemi: dipende dal veicolo”.

Ad esempio – continua Harbour – per poter intervenire in un’auto elettrica è prima di tutto necessario scollegare le batterie: e già questo richiede del tempo. I pianali sono sempre più spesso contenitori delle batterie, dunque non possono essere perforati: bisognerà adattare dei supporti ad hoc, e anche questo comporta un maggiore investimento in termini di tempo. Si tratta poi di capire se, effettivamente, i nuovi comandi adattati alle esigenze dell’utente disabile possano essere installati”. (autoblog.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Università Federico II, al via la terza edizione del “5G Academy”

Le candidature alla 5G Academy sono aperte fino al 6 febbraio 2022

La 5G Academy, la cui fruizione è totalmente gratuita,  partirà a metà febbraio e terminerà a fine settembre 2022. Particolare attenzione è rivolta all’inclusività: nel nuovo bando previsti anche posti riservati a persone con disabilità.

Il percorso formativo che affronteranno i 33 studenti che saranno selezionati,  prevede anche moduli dedicati ad aspetti normativi, regolamentari,economici e sociali delle nuove tecnologie 5G.

Dopo una fase preliminare dedicata all’acquisizione di “Soft Skills”, l’iter formativo si svilupperà attraverso momenti di  formazione generale “Trasversal Skills” e settoriale “Deep Dives”, fornendo contenuti di eccellenza sulle tecnologie abilitanti ed i servizi innovativi propri del 5G tra i quali Cloud Computing, Edge Technology, Blockchain, Internet of Things, Digital Twins, Augmented and Virtual Reality, Immersive Video, Remote Healthcare, Remote Monitoring Digital Manifacturing, Smart-X.

I docenti sono esperti sia accademici che industriali, provenienti da università e centri di ricerca nazionali internazionali nonché, da aziende di punta del settore ICT.

Al termine dei corsi seguiranno dieci settimane di project work, in cui i partecipanti, suddivisi in gruppi con competenze eterogenee, lavoreranno allo sviluppo di business case concreti e relativi prototipi collaborando con università, centri di ricerca e aziende leader quali, oltre a Nokia e TIM, Fastweb, Kineton, Noovle, Google, AWS, Angie TV,Telsy, Cadami.

Coordinatrice dell’Academy è la prof.ssa Maria Antonia Tulino, Full Professor of Telecomunication presso l’Università di Napoli Federico II e la sede dei corsi è il prestigioso Polo Universitario di S. Giovanni a Teduccio a Napoli , ove ha sede l’Academy.

Possono candidarsi laureandi e laureati con un background non solo di tipo scientifico-tecnologico (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) ma anche giovani economisti, sociologi, giuristi, psicologi.
Ai migliori  studenti sarà offerto un periodo di stage presso le aziende partner.

Per entrare a far parte della nuova work-force in grado di rispondere alla rivoluzionaria trasformazione digitale del 5G è possibile candidarsi sul sito www.5gacademy.unina.it esclusivamente entro il  6 febbraio 2022.

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

UN AVATAR ROBOT PER VISITARE A DISTANZA IL MUSEO

Dal 4 novembre, nell’ambito della mostra Sociocromie, MuseoCity permette anche alle persone con gravi disabilità motorie di visitare il Museo guidando da casa un alter ego robotico

Da giovedì 4 novembre al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, grazie alla collaborazione con l’associazione MuseoCity, è per la prima volta possibile, anche per le persone con gravi disabilità motorie, accedere e visitare le esposizioni senza muoversi da casa. Nell’ambito di SOCIOCROMIE, mostra curata dall’architetto e designer Giulio Ceppi dedicata al valore storico e sociale del colore, arriva infatti al Museo BrainControl Avatar, un alter ego robotico comandabile a distanza dal proprio pc, senza la necessità di acquisire altri strumenti.

L’avatar robotico permette anche a chi ha disabilità motorie gravi e gravissime di visitare in remoto la mostra Sociocromie e la collezione Trasporti nel padiglione Aeronavale del Museo in maniera del tutto indipendente, collegandosi con il sistema per muoversi all’interno degli spazi museali, osservare gli oggetti in maniera ravvicinata, e interagire con il pubblico, per un’esperienza dall’intenso impatto relazionale.

La volontà di mettere a disposizione un avatar come BrainControl, fa parte di una più ampia visione del Museo volta a garantire maggiore accessibilità e inclusione sociale ai suoi visitatori e la collaborazione con MuseoCity si basa sugli stessi valori. L’associazione MuseoCity, infatti, dal 2016 è impegnata nel promuove molte iniziative volte a rendere i musei sempre più aperti per tutti, cosicché chiunque possa ammirare le opere d’arte in essi contenute ed essere accolti nel migliore dei modi. Il sostegno del progetto Avatar BrainControl al Museo vuole essere un primo passo nella speranza che possa essere un esempio tale da ispirare anche altre realtà museali milanesi.

Le visite guidate tramite BrainControl Avatar alla mostra Sociocromie sono prenotabili gratuitamente attraverso il sito del Museo nelle giornate 4-5-9-10-11-12 novembre mentre sabato 6 e domenica 7 novembre sarà possibile scoprire la collezione Trasporti del Museo all’interno del padiglione Aeronavale.

Il progetto BrainControl è ideato da LiquidWeb, Pmi senese specializzata nel settore HCI (Human Computer Interface), e il suo arrivo all’interno del Museo è reso possibile grazie anche al supporto di Fondazione Mantovani Castorina, onlus dedicata alle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria.

Come prenotare? L’attività è gratuita su prenotazione. Per prenotare il tuo turno di visita scrivi a avatar@braincontrol.eu

SOCIOCROMIE di Giulio Ceppi (fino al 14 novembre)

Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano ospita SOCIOCROMIE, mostra curata da Giulio Ceppi, architetto, designer e fondatore di Total Tool, dedicata al valore storico e sociale del colore, raccontando come, attraverso il colore, sia possibile evocare un concetto universalmente riconosciuto. La mostra evidenzia – nell’ambito del XX secolo e l’inizio del XXI – momenti di valore storico e sociale, legati alla politica, agli eventi sportivi, alle innovazioni tecniche, che ricorrono al colore quale espressione connotante, da cui deriva la denominazione SOCIOCROMIE – neologismo ideato da Ceppi – che si riferisce ad un fatto sociale a tutti noto ed espresso attraverso l’uso di diverse tonalità con una natura metaforica o a volte metonimica.

Ne sono alcuni esempi la MAGLIA ROSA, la BLUE ECONOMY, le BRIGATE ROSSE, il BLACK FRIDAY, le TUTE BLU, l’ORO NERO, le QUOTE ROSA, i COLLETTI BIANCHI fino ad arrivare alla ZONA ROSSA, diventata di uso comune nell’ultimo anno. Questi sono solo alcuni dei 25 binomi esposti in mostra e identificati come “cromonimi”, ovvero eventi della vita quotidiana espressi ricorrendo ad una tinta che permette in modo figurato di rappresentare meglio la realtà.

Orario di apertura: martedì – venerdì 09.30 – 17; sabato, domenica, festivi 09.30 – 18.30 Costo: Museo + Mostra biglietto unico Visita gratuita Sociocromie con BrainControl Avatar Giovedì 4 novembre ore 14.30, 15, 15.30 Venerdì 5, martedì 9, mercoledì 10 e giovedì 11 novembre ore 10, 10.30, 11, 14.30, 15, 15.30 Venerdì 12 novembre ore 10, 10.30, 11 Visita gratuita padiglione Aeronavale con BrainControl Avatar Sabato 6 e domenica 7 novembre ore 11, 12, 14, 15, 16

(Comunicato stampa MNST Leonardo Da Vinci)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

FamilyHelp.AI ci aiuterà a prenderci cura dei nostri cari

Voice assistant, App e intelligenza artificiale fanno sinergia nella soluzione presentata
a SMAU dalla startup emiliana eDialog, che sarà immessa sul mercato dalla primavera 2022.

L’emergenza epidemiologica, acceleratrice della trasformazione di una sanità sempre più digitale, ha portato alla luce in maniera inesorabile lo spesso inconsapevole ruolo di chi assiste un famigliare in difficoltà, non necessariamente malato, oltre la propria professione. In questa ottica arriva allo SMAU Milano 2021 FamilyHelp.AI, la soluzione che intende offrire ai caregiver una modalità efficace per prendersi cura da remoto dei propri cari, soprattutto degli anziani, garantendo la loro autonomia grazie alle potenzialità offerte dagli smart speaker.

A svilupparla e presentarla, in attesa che sbarchi sul mercato la prossima primavera, è la startup emiliana eDialog, fondata nel febbraio 2021 da Enrico Paccini e Stefano Ubaldi. Dalla sede di Fidenza hanno scelto di focalizzare la propria attività di ricerca sullo studio di soluzioni innovative per il superamento delle barriere architettoniche digitali, utilizzando la voce come principale strumento di dialogo con i dispositivi.

FOTO PH Credits Michele Gusmeri

Nella vita siamo o saremo tutti caregiver. Forse in futuro ne avremo anche necessità – dichiara Enrico Paccini, CEO e co-founder di eDialog nonché ideatore del progetto – Questa semplice riflessione, frutto della difficile fase pandemica, ci ha spinto ad utilizzare l’intelligenza artificiale al servizio della persona per creare un rapporto empatico con chi ha bisogno, eliminando le barriere architettoniche digitali attraverso lo smart speaker. La tecnologia sviluppata per l’applicativo, che arriverà sul mercato nella primavera 2022, si rivolge ad aziende operative a vari livelli nell’ambito dell’assistenza domiciliare, con personalizzazioni legate alle diverse esigenze e patologie”.

FAMILYHELP.AI: LE FUNZIONALITÀ

Con pochi semplici comandi sull’app sarà possibile programmare lo smart speaker, come Amazon Echo e Google Home, presente nella casa dell’assistito affinché possa interagirci vocalmente monitorandone i sintomi, incentivandone la misurazione dei parametri vitali, gestendone la terapia farmacologica e favorendone l’aderenza terapeutica con promemoria in agenda. Tramite il cellulare il caregiver potrà seguire la quotidianità del familiare, supportandolo a distanza anche in termini di socialità e limitando spostamenti e contatti in funzione delle necessità.

FOTO PH Credits Michele Gusmeri

Il progetto di Personal Health System punta a incentivare l’indipendenza delle persone e semplificare il ruolo di caregiver. L’assistente virtuale raccoglie i dati estrapolandoli e interpretandoli tramite app per profilare le condizioni di salute dell’anziano, verificandone, ad esempio, pressione arteriosa, glicemia, temperatura o il rispetto delle prescrizioni mediche, oltre alle interazioni avute. Nel caso vengano riscontrate situazioni fuori dalla norma, arriverà sul cellulare una notifica SMS con la conseguente possibilità di generare report da inviare prontamente al medico. Tutti i dettagli di FamilyHelp.AI sono ora anche online su https://familyhelp.ai/

IL MONDO DEI CAREGIVER: I DATI

Solo nel 2018 l’Italia ha riconosciuto con la legge di bilancio la figura del caregiver familiare, ovvero chi si prende cura di una persona vicina senza che costituisca la sua professione, come invece avviene con quello professionale. Ma quanti sono in Italia? Non esiste un dato ufficiale ma appare esaustiva la stima elaborata da PMI.it sui dati ISTAT nell’articolo Caregiver: quanti sono, i dati ISTAT pubblicato nel maggio 2021.

Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica nel 2018 sono 12 milioni 746 mila le persone tra i 18 e i 64 anni (34,6% della popolazione) ad accudire figli minori di 15 anni o parenti malati, disabili o anziani. Tra gli occupati, quasi il 40% dei 18-64enni svolge mansioni di cura. La platea, però, si allarga in maniera esponenziale considerando un grado di complessità superiore del fenomeno, ovvero la mancata consapevolezza di ricoprire il profilo.

Secondo il censimento ISTAT sulla popolazione italiana nel 2019 gli over 65 sono circa 14 milioni. Ulteriori dati utili emergono dal report Aspetti di vita degli over 75 (fonte ISTAT), che evidenzia come nello stesso anno viva in coppia il 44,5% degli anziani dai 75 anni e il 60% abiti nello stesso comune del figlio (il 20,9% vive con i figli, il 15,1% nello stesso caseggiato e il 25,8% entro 1 km). Gli anziani che risiedono soli sono, invece, il 29,6% (l’8,9% non ha inoltre figli) e, tra quelli che hanno figli, il 56,4% è solito vederli giornalmente.

(Comunicato Stampa EDialog)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Teatro della Juta di Arquata, tecnologia a supporto della disabilità

Al Teatro della Juta di Arquata Scrivia si alza il sipario sul nuovo progetto Juta No Limits, nato dalla collaborazione tra Associazione Abilitando, Commedia Community e Centro Diego Fabbri. Questa innovativa sperimentazione ha l’obiettivo di dare la possibilità alle persone con disabilità visiva, uditiva e intellettiva di vivere l’esperienza del  teatro.

Infatti, se è vero che in Italia sono stati fatti passi avanti nell’accessibilità a favore delle persone con disabilità motoria, ben poco è stato invece fatto per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere sensoriali. Per questo, ancora molti sono esclusi dal piacere di partecipare a uno spettacolo teatrale, a un concerto o alla rappresentazione di un’opera lirica.

Mai come in questo caso è possibile dire che la suggestione dello spettacolo e l’emozione che l’arte teatrale riesce a trasferire, sono davvero accessibili a tutti. Il progetto Juta No Limits, infatti, traduce in realtà le indicazioni della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che sancisce il diritto “delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri” alle attività culturali, nel senso più lato del termine. Spesso la realtà fotografa situazioni molto diverse: questo diritto viene frequentemente ostacolato, configurando questa negazione come una discriminazione.

L’impegno comune dei partner del progetto – Abilitando Onlus, capofila e ideatore, Centro Diego Fabbri di Forlì e Associazione Commedia Community – ciascuno con le proprie competenze, ha reso possibile abbattere ogni barriera e aprire le porte del Teatro della Juta a tutti. Oggi esistono strumenti e conoscenze che consentono a chiunque di godere della magica atmosfera di uno spettacolo teatrale. Il progetto Juta No Limits prevede il diretto coinvolgimento dei soggetti disabili, il supporto ai caregiver a livello di assistenza all’utente, attività di sensibilizzazione e formazione sul territorio, oltre all’impiego di molte delle tecnologie oggi disponibili per uno spazio davvero domotico.

La sala del Teatro della Juta, che sorge nei locali dello storico jutificio di Arquata Scrivia, completamente accessibile alle persone con disabilità motoria, è di piccole dimensioni e ben si presta all’esperienza pilota del progetto Juta No Limits, che poi mira a diventare un’iniziativa da esportare in altre realtà piemontesi e italiane. Il Teatro della Juta sarà dotato degli strumenti necessari alla piena accessibilità a persone sorde, ipoudenti, cieche e ipovedenti:

  • audio introduzioni
  • audio descrizioni
  • sopratitoli
  • tour tattili
  • loop a induzione magnetica.

Grande attenzione sarà inoltre riservata alle persone con disabilità intellettiva e cognitiva, attraverso modalità di spettacolo innovative già sperimentate in alcuni paesi europei, oltre che alla formazione dello spettatore, a partire dalle giovani generazioni, incentivando soprattutto gli studenti a riscoprire l’arte della messa in scena, come spettatori “attivi”, avvicinandoli anche al mondo del volontariato. Il progetto prevede infatti incontri con le classi dedicati alle messe in scena e agli autori, percorsi formativi sul volontariato e la cultura, legati specificatamente all’assistenza delle persone con disabilità sensoriali e intellettive durante gli spettacoli.

Il progetto coinvolge:

  • Abilitando: l’associazione senza scopo di lucro nata nel 2015 promuove e tutela i diritti delle persone con disabilità e di tutti i soggetti fragili, concorrendo con le proprie attività a facilitarne la vita quotidiana. Si occupa di promozione, ricerca, sviluppo di beni, servizi, apparecchiature, attrezzature, applicazioni e tecnologie, secondo i principi del minore adattamento e del minor costo possibile. Tali attività vengono perseguite attraverso la progettazione e l’organizzazione di eventi, seminari informativi e di aggiornamento, counseling, gruppi di lavoro, laboratori ludico-ricreativi, teatrali, musicali, coreutici e artistici, laboratori informatici nonché la progettazione e lo sviluppo di applicazioni.
  • Associazione Culturale Commedia Community: nata nel 2004 con lo scopo di diffondere la cultura cinematografica e teatrale, dal 2013 gestisce il Teatro della Juta di Arquata Scrivia e ha dato vita al progetto culturale dell’Accademia della Juta, un progetto culturale vivo, fluido.
  • Centro Diego Fabbri: l’associazione culturale senza scopo di lucro è stata costituita nel 2004. Tra i suoi scopi ci sono la promozione e valorizzazione della figura, delle opere e del pensiero del drammaturgo forlivese Diego Fabbri. Il Centro si dedica, con particolare efficacia, alla promozione della accessibilità ai linguaggi artistici per persone con disabilità, attraverso il progetto Teatro No Limits di audio descrizione e sopratitolaggio di spettacoli teatrali per persone con disabilità visive e /o uditive. Il progetto ha avuto avvio nel 2011 con il supporto del Dipartimento di Interpretazione e Traduzione (DIT) dell’Università di Bologna per arrivare a dar vita ad una vera e propria stagione teatrale trasversale che coinvolgendo, ad oggi, una rete di 14 teatri.

Il progetto è finanziato dalla fondazione CRT nell’ambito del bando Vivomeglio 2020 e ha ottenuto un contributo dal Comune di Arquata Scrivia, comune in cui insiste il Teatro della Juta. Inoltre, è realizzato in collaborazione con Whisper e San Crispino, con il supporto tecnologico di Rai e la supervisione tecnico – scientifica di Fe.D.Man – Federazione Disability Management.

(radiogold.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Un’auto a misura dei (quasi tutti) disabili grazie alla tecnologia adattativa

L’iniziativa è dell’Associazione disabili bergamaschi in collaborazione con il Club Clay Regazzoni. Un’auto per aiutare le persone con difficoltà motorie che vogliono imparare a guidare o ricominciare a farlo

Ma i disabili possono guidare? La risposta è sì. Aggirato questo primo ostacolo (che è quasi un pregiudizio) la domanda che viene spontaneo porsi è: come fanno concretamente? A dissipare questi dubbi ci pensa in modo molto schietto Claudio Tombolini, presidente dell’Associazione disabili bergamaschi, romano d’origine e bergamasco d’adozione che convive con una disabilità da quando aveva sei anni e si muove con l’ausilio di una sedia a ruote.

La nostra è un’associazione che fornisce servizi alle persone e negli anni ci siamo accorti che quello che andavamo ad offrire era un sostegno mancante di qualcosa, sia a Bergamo che in provincia: la possibilità per i disabili di avere un’auto che è possibile guidare. Questo progetto si basa molto semplicemente su un principio di utilità. Abbiamo acquistato una vettura e l’abbiamo multi-adattata. Le persone con disabilità motorie ed handicap possono guidare, installando dei dispositivi”.

Da qui nasce l’idea di un’automobile per disabili: “La sua peculiarità risiede proprio nel fatto che l’autovettura permette di montare e smontare molto velocemente i vari dispositivi che si adattano alle varie disabilità. Ovviamente questa affermazione non deve essere presa alla lettera o in senso assoluto, perché quando ci sono disabilità importanti come una tetraplegia grave che prevedono l’utilizzo di un joystick montato sul veicolo, in quel caso sono necessari dei mezzi di locomozione specifici, perché ovviamente il joystick non si monta sulle autovetture”.

Insomma, com’è ovvio che sia, un veicolo per disabili ma non per tutti: “Diciamo che si tratta di una macchina che è compatibile con il 90% dei dispositivi adattativi. Questo perché ogni disabilità è diversa e la stessa patologia può avere conseguenze che variano da persona a persona”. Il veicolo è messo a disposizione ad uso gratuito delle persone con disabilità che intendono prendere la patente di guida.

Ma come si stabilisce l’idoneità alla guida? In altre parole chi può usare la macchina e chi no?

L’idoneità alla guida, in questi casi specifici, viene stabilità da una commissione medica che opera a livello locale. Solitamente è composta da un fisiatra, da altri medici specialistici e poi da un ingegnere della motorizzazione. In base alla loro valutazione viene rilasciato un certificato che specifica il tipo di dispositivo da montare sulla macchina”.

A quel punto il problema principale è che le scuole guida non dispongono di macchine multi-adattate. Il numero di persone che necessitano di un veicolo del genere in proporzione sono pochissime. Quindi una volta ottenuto il certificato che sancisce l’idoneità alla guida, la persona interessata deve prima acquistare l’autovettura. Solo dopo montare il dispositivo e fare poi le guide col veicolo di sua proprietà.

È proprio in questa fase che interviene l’associazione che con questa automobile vuole colmare quello che è a tutti gli effetti un vuoto assistenziale: “Il nostro obiettivo è di consentire a queste persone di disporre di una vettura che permetta loro di fare tranquillamente le lezioni di guida e solo successivamente, una volta ottenuta la patente, acquistare la macchina che più preferiscono o di cui hanno bisogno in base al dispositivo da montare stabilito dalla valutazione medica”.

Il veicolo può anche essere richiesto in prestito anche nel caso i soggetti che dispongono già di un’automobile “speciale” e abbiano la necessità di ripararla o revisionarla: “Naturalmente anche le macchine su cui si montano le tecnologie adattative possono subire dei guasti, ma se l’auto rimane ferma per due o tre giorni in officina, questo si trasforma in un vero e proprio disagio per una persona disabile che rischia di rimanere bloccata o di dover dipendere dagli altri”.

L’ Associazione é inoltre di supporto all’Unita Spinale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al centro di riabilitazione di Mozzo in cui arrivano persone che subiscono lesioni midollari o altri incidenti gravi:

Uno dei motivi principali che ci ha spinto ad avviare un progetto del genere é anche quello di intervenire in queste situazioni nelle quali ci sono per la maggior parte pazienti che hanno la patente e guidano, ma hanno la necessita di tramutare l’auto in una versione, diciamo cosi, speciale. Dunque, prima di avviare tutto l’iter, noi diamo a queste persone la macchina durante la degenza ospedaliera, cosi anche mentre sono ricoverate, possono prendere dei permessi di un’ora o due e imparare ‘a guidare di nuovo’. In questo modo quando vengono dimessi dal centro
sono gia in grado di mettersi al volante”.

Claudio Tombolini mi trasmette l’impressione di una persona estremamente pragmatica e diretta che incarna molto bene quello che dovrebbe essere il modo più giusto per affrontare le difficoltà e le problematiche legate al mondo della disabilità. L’obiettivo dell’associazione non è infatti quello di aggirare gli ostacoli ma di partire dal loro riconoscimento per cercare di trovare una soluzione che si traduca in un utile concreto, tangibile, per le persone disabili, come nel caso di quest’auto che, lo ricordiamo, è stata acquistata tramite il contributo di diverse organizzazioni no-profit che operano nel campo della disabilità.

Sono diventato presidente dell’Associazione disabili bergamaschi una decina di anni fa e insieme a Mauro Foppa, che è un altro ragazzo disabile, e ad altre due persone, ho fondato la Bergamo Special Sport. Noi provenivamo dalla polisportiva handicappati che si era sciolta, quindi il nostro obiettivo era quello di ricostituire la squadra di basket di cui ho fatto parte sia come allenatore che come giocatore. Poi col tempo la SBS è diventata una realtà più grande che include diverse discipline sportive e che ancora oggi riesce a ottenere degli ottimi risultati in termini sportivi. L’ADB come la SBS pratica sport-terapia e la maggior parte degli operatori che fanno attività sportiva terapeutica a Mozzo sono persone che militano o hanno militato nella SBS. Diciamo che c’è un filo diretto che ci unisce”.

La mission dell’associazione è quella di sostenere l’autonomia delle persone con disabilità. Garantendo sia ai disabili che alle loro famiglie un ausilio in termini materiali e un supporto a livello psicologico. In linea con questi principi, l’automobile è pensata per essere utilizzata in modo totalmente autonomo: “Il presupposto è che una persona con disabilità che guida ha un margine di autonomia per salire e scendere dalla macchina, per tirare su la carrozzina e riporla in auto. Una situazione che riguarda anche chi cammina utilizzando un deambulatore o un bastone”.

Claudio Tombolini ha 59 anni (di cui 53 da paraplegico), uno spiccato accento romano e non ha esitazioni nella voce quando mi racconta che la sua disabilità è stata causata da uno scontro con un’auto che lo ha investito mentre attraversava sulle strisce pedonali, quando era solo un bambino di sei. “Nella vita non mi sono mai dato per vinto, ho sempre fatto sport, ho partecipato a due paralimpiadi, ho conquistato due scudetti e un campionato del mondo e sono fermamente convinto del fatto che lo sport si sia una terapia sia fisica che mentale”.

L’atteggiamento è quello di chi non accetta favoritismi e non chiede sconti, nemmeno di fronte alla disabilità: “se una persona disabile riesce ad usufruire di un servizio in modo ottimale, senza incontrare ostacoli, è giusto che anche questa dia il suo contributo. Ma perché ciò possa accadere è chiaro che bisogna creare le condizioni, spianare la strada. È solo facendo così che si restituisce dignità alle persone ed è proprio questo che vogliamo fare noi con la nostra attività da oltre trent’anni”.

L’auto è stata presentata in Piazza Matteotti a Bergamo il 25 settembre. “Questi eventi sono fondamentali per noi, anche per consentire alle persone di prendere coscienza di quello che fa l’Associazione e di quanto nel mondo dell’associazionismo solidale anche un singolo contributo possa fare la differenza”.

(ecodibergamo.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

Disabilità e intelligenza artificiale, il computer che si attiva col pensiero

All’Istituto tecnico industriale si sperimenta un dispositivo elettronico che consentirà alle persone disabili di azionare gli elettrodomestici con la mente

L’Istituto tecnico industriale (Iis–Itg e Iti) si rivela giorno per giorno una scuola d’eccellenza, al passo con i tempi e con le esigenze che la nuova era digitale richiede.
Non solo: è certamente una struttura che si adopera per il territorio, proponendo idee che possano essere di supporto anche per le categorie più fragili della società. Ad esempio, le persone affette da disabilità, non autonome e prive di autosufficienza.

Onorato Passarelli (professore di informatica presso l’istituto) ha ideato e progettato un sistema operativo digitale in grado di supportare le persone disabili nello svolgimento di alcune attività domestiche. In pratica, a queste persone basterà inserire un apparecchio elettronico sulla propria testa, fissare un oggetto che si vuole accendere (stufa, condizionatore, radio, lampadine e quant’altro) e questo si avvierà.

Ecco perché il titolo del progetto è “Cogito ergo possum”: con la mente, sarà possibile compiere le azioni domestiche desiderate.

Un’incredibile notizia che può realmente cambiare le abitudini quotidiane di chi è privato – proprio per via della disabilità – di poterle compiere. «Il progetto nasce l’anno scorso, da una mia idea – ha spiegato Passarelli – e prenderà forma quest’anno. Mette assieme alcune tecnologie: la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale, un sistema nuovissimo che permette di interagire col computer attraverso il pensiero, e la domotica. Basterà guardare il dispositivo che si vuole attivare nella realtà virtuale: il sistema, infatti, riesce a intercettare le onde cerebrali».

Il progetto è stato sovvenzionato dal Ministero, attraverso i finanziamenti erogati per il Covid-19, ed è stato avviato con il bando “Stem”, pubblicato per finanziare l’acquisto di attrezzature. Un piano che mette assieme tutti i settori e gli indirizzi dell’istituto: i ragazzi della sede del geometra, guidati dal professore Sergio Policaro (altra figura essenziale nella realizzazione del progetto), si occuperanno proprio della realizzazione della “casa”. Fondamentale poi il lavoro dei ragazzi del settore elettrotecnica, elettronica, e informatica (questi ultimi per curare la programmazione).

Disabilità e intelligenza artificiale, il computer che si attiva col pensiero

Il lavoro inizierà questo mese, e durante l’anno sarà portato a compimento. Il professore Passarelli ha inteso precisare: «Vorremmo partecipare ad una delle gare del ministero, ad esempio le olimpiadi nazionali di robotica (già vinte in passato). I ragazzi eseguiranno il progetto seguiti dai docenti. È un progetto molto ambizioso, ma può funzionare».

Maria Grazia Gramendola (dirigente scolastico dell’istituto) è fortemente emozionata per il nuovo progetto che sta prendendo forma. «Questo è un modo di conoscere la realtà che a noi sembra straordinario, ma in realtà è ciò che i tempi chiedono. La bellezza di questa scuola risiede nel fatto che le sue competenze sono in grado di cogliere tutte le necessità sempre con un tempo in anticipo. Io e il mio collegio desideriamo mettere al servizio del territorio ciò che sappiamo e possiamo fare. Noi siamo il centro del Meridione come “Learnig tester”, per il patentino della robotica: per conseguirlo è necessario venir qui e utilizzare gli strumenti appena comprati».

La preside, soddisfatta per le proposte didattiche che l’istituto continua a fare, ha così concluso: «Contiamo di mettere il progetto a servizio del territorio, per tutti coloro che ne avranno bisogno. Noi non dobbiamo smettere di sognare e di far sognare i nostri alunni».

Con questo progetto, tante azioni quotidiane – finora impossibili per una parte della popolazione – diverranno realtà. Ecco perché le idee non devono mai smettere di circolare: ogni intuizione può tramutarsi in opportunità. L’istituto industriale di Vibo insegna proprio questo.

(quotidianodelsud.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €