L’INCLUSIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ-2020/21

Migliora l’organizzazione della didattica ma persistono criticità per l’inclusione

Nell’anno scolastico 2020-2021, aumentano gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (+4mila, il 3,6% degli iscritti). Migliora la partecipazione alla didattica: scendono al 2,3% gli esclusi dalla didattica a distanza (DAD), contro il 23% dell’anno precedente. Nei periodi in cui se ne è fatto ricorso molti hanno partecipato in presenza con altri compagni (38%).
Soddisfatto il 98% delle richieste di dispositivi per seguire le lezioni a distanza. Continua a crescere il numero di insegnanti per il sostegno – con un rapporto alunno-insegnante migliore di quello previsto dalla legge – ma uno su tre non ha una formazione specifica e il 20% viene assegnato in ritardo.

Nell’anno scolastico 2020/2021 sono più di 300milai gli alunni con disabilitàii che frequentano le scuole italiane (pari al 3,6% degli iscritti) (fonte MIUR), circa 4mila in più rispetto all’anno precedente (+2%). Questa dinamica è il risultato della maggiore attenzione nel diagnosticare e certificare la condizione di disabilità tra i giovani, dell’aumento della domanda di assistenza da parte delle famiglie e della crescente sensibilità del sistema di istruzione ordinaria verso il tema dell’inclusione scolastica.

Il protrarsi della didattica a distanza (DAD), resa necessaria dall’emergenza pandemica, ha reso più complesso il processo d’inclusione scolastica, ostacolando l’interazione tra i coetanei e limitando la partecipazione alla didattica. Tuttavia, rispetto all’anno precedente, si registra un apprezzabile aumento dei livelli di partecipazione, anche grazie a una più adeguata organizzazione delle scuole. Per l’anno scolastico 2020-21, la modalità di svolgimento della didattica a distanza è stata definita in modo più chiaro e dettagliato dal Piano scolastico per la Didattica Digitale Integrata (DDI)iii che ha previsto anche diverse modalità di partecipazione per gli alunni con disabilità, tra le quali la possibilità di proseguire in presenza durante i periodi di attivazione della DAD.

Inoltre, a differenza dell’anno scolastico 2019/2020, in cui a partire dal mese di marzo tutte le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse simultaneamente sull’intero territorio nazionale, nell’ anno scolastico 2020-2021, come disposto dai DPCMiv emanati da ottobre 2020 e da alcune ordinanze regionali, l’attività didattica ha previsto l’alternarsi di periodi di lezione in presenza con periodi a distanza, differenziati tra territori e ordini scolastici in base al quadro pandemico del momento. Le diverse disposizioni hanno generato un panorama di prestazioni molto eterogeneo, con una maggiore attività in presenza nelle scuole del primo ciclo e un più ampio ricorso alla DAD nelle scuole del Sud Italia dove le restrizioni sono state maggiori.

La riduzione dei periodi di sospensione, insieme ad una migliore organizzazione da parte delle scuole, hanno determinato un aumento considerevole dei livelli di partecipazione degli alunni con disabilità alla didattica a distanzav, con una quota di esclusi che si attesta al 2,3% rispetto al 23% registrato nell’anno precedente. Quota che sale al 3,3% nelle scuole del Mezzogiorno, con punte del 4% in Calabria e in Campania.

I motivi principali che hanno limitato la partecipazione degli alunni con disabilità alla didattica a distanza non variano rispetto allo scorso anno, tra i più frequenti sono da segnalare: la gravità della patologia (26%), il disagio socio-economico, la difficoltà organizzativa della famiglia (entrambi al 14%) e la mancanza di strumenti tecnologici adeguati (11%). Per una quota meno consistente di ragazzi il motivo dell’esclusione è dovuto alla difficoltà nell’adattare il Piano Educativo per l’Inclusione (PEI) alla didattica a distanza (6%) e alla mancanza di ausili didattici specifici (2%).

Migliore l’organizzazione della didattica a distanza

Per gli alunni con disabilità le modalità di partecipazione all’attività didattica a distanza sono state diverse: la quota più consistente, il 41%, ha preso parte alla DAD al pari degli altri, ovvero con lezioni a distanza in collegamento con tutti i docenti (curricolari e per il sostegno) e insieme all’intero gruppo classe; per il 38% di alunni la scuola ha invece organizzato percorsi personalizzati con il coinvolgimento dei coetanei, al fine di evitare l’isolamento dal gruppo dei pari.

Per questi studenti, nei periodi in cui la classe ha seguito le lezioni a distanza, la didattica si è svolta sempre in presenza con l’insegnante per il sostegno e con un gruppo ristretto di compagni anch’essi in presenza (25%) o collegati da remoto (13%). Per la quota residua non si è riusciti a garantire l’interazione con i coetanei: alla percentuale di alunni completamente esclusi dalle attività didattiche svolte a distanza (2%) si aggiunge infatti un 19% di studenti con disabilità che ha fatto lezione con il solo insegnante per il sostegno, senza il coinvolgimento dei compagni e degli altri docenti.

Buona la risposta della scuola alla domanda di dispositivi informatici

L’attivazione della didattica a distanza ha richiesto un grosso sforzo da parte della scuola che ha dovuto far fronte alla carenza di dispositivi informatici nelle abitazioni degli studenti. Nell’anno scolastico 20202021 a fare richiesta di questi strumenti sono circa il 17% degli alunni con disabilità, contro il 7% del resto degli iscritti. La domanda maggiore proviene dalla scuola secondaria di secondo grado (20%) mentre diminuisce nella primaria (13%) dove l’attivazione della DAD è stata meno frequente.

Notevoli anche le variazioni territoriali, la quota di richieste aumenta sensibilmente nelle regioni del Mezzogiorno, raggiungendo i livelli più alti in Basilicata e in Calabria dove si registrano percentuali molto sopra la media nazionale (rispettivamente 25 e 32%). Nella quasi totalità dei casi la scuola è riuscita a sopperire a tale carenza fornendo la strumentazione richiesta al 98% dei richiedenti, quota piuttosto stabile sul territorio.

In aumento gli insegnanti per il sostegno, ancora insufficienti quelli specializzati

Gli insegnanti per il sostegno che nell’anno scolastico 2020/2021 hanno operato nelle scuole italiane sono più di 191mila – poco più di 184mila nella scuola statale (fonte MIUR) e circa 7mila nella scuola non statale (fonte Istat) – in crescita di oltre 8mila rispetto all’anno scolastico precedente (+4,4% registrato quasi esclusivamente nella scuola statale). A livello nazionale il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,4 alunni ogni insegnante per il sostegno, è più favorevole a quello previsto dalla Legge 244/2007 che raccomanda un valore pari a 2.

Di questi docenti, circa 65mila (il 34%) sono stati selezionati dalle liste curricolari, si tratta cioè di insegnanti che non hanno una formazione specifica, impegnati nelle classi frequentate da alunni con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolge attività di sostegno sale al 44% mentre si riduce nel Mezzogiorno, attestandosi al 20%.

Alla carenza di offerta di insegnanti qualificati si affianca spesso un ritardo nell’assegnazione dell’insegnante per il sostegno. A un mese dall’inizio della scuola, infatti, circa il 20% degli insegnanti per il sostegno non risultava essere stato ancora assegnato. Tale quota sale al 27% nelle regioni del Nord-ovest e tocca le punte massime in Lombardia (29%) e Liguria (34%).

Poco diffusa tra i docenti la formazione in modelli inclusivi

Con l’attivazione della didattica digitale integrata diventa cruciale la competenza dei docenti (curriculari e per il sostegno) in materia di modelli inclusivi, necessaria per la progettazione di percorsi didattici efficaci che coinvolgano tutti gli studenti della classe senza esclusioni di alcun tipo. La formazione sulle metodologie inclusive non è però ancora molto diffusa, solo il 24% dei docenti curricolari ha partecipato a corsi di formazione su queste tematiche, quota che sale al 28% tra gli insegnanti per il sostegno. Meno frequente la formazione tra i docenti della scuola secondaria di secondo grado (21% dei docenti curricolari e 25% dei docenti per il sostegno).

Pochi gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione nel Mezzogiorno

Nelle scuole italiane gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, che affiancano gli insegnanti per il sostegno, sono più di 60mila, di questi il 4% conosce la lingua italiana dei segni (LIS). Sono operatori specializzati, finanziati dagli enti locali, la cui presenza può migliorare la qualità dell’azione formativa facilitando la comunicazione dello studente con disabilità e stimolando lo sviluppo delle sue abilità nelle diverse dimensioni d’autonomia.

Inoltre, con l’avvio della didattica a distanza, il loro coinvolgimento è risultato determinante nel supportare l’alunno e coadiuvare le famiglie in un impegno a volte molto gravoso. La disponibilità di assistenti all’autonomia varia molto sul territorio con un rapporto alunno/assistente pari a 4,6 a livello nazionale. Nel Mezzogiorno, dove gli assistenti sono meno, il rapporto cresce a 5,4, con punte massime in Molise e in Campania dove supera, rispettivamente, la soglia di 9 e 15 alunni con disabilità per ogni assistente.

La presenza di assistenti aumenta invece nelle regioni del Centro e del Nord (con un rapporto rispettivamente di 4,1 e 4,3 alunni per assistente) mentre Lombardia e Marche registrano il rapporto più basso (rispettivamente 3,2 e 2,9).

La tecnologia: un “facilitatore” non sempre disponibile

La tecnologia può svolgere un’importante funzione di “facilitatore” nel processo d’inclusione scolastica, supportando l’alunno nella didattica e aumentando i livelli di comprensione. In Italia il 75% delle scuole vi dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità, la dotazione maggiore si registra nelle regioni del Centro (78%), tra le più virtuose la Toscana e l’Emilia-Romagna con oltre l’80% di scuole provviste di postazioni; la Sardegna invece presenta la percentuale più bassa (64%).

Il bisogno di questi strumenti non risulta essere sempre soddisfatto, per il 67% delle scuole la dotazione di postazioni informatiche è ritenuta insufficiente. Questa carenza diminuisce nel Nord, dove la quota di scuole con postazioni insufficienti scende al 58% e aumenta nel Centro e nel Mezzogiorno dove sale rispettivamente al 69 e al 77%. Tra gli ordini scolastici, risulta maggiormente sprovvista la scuola primaria (70% di scuole con postazioni insufficienti).

Aumentano le postazioni informatiche in classe

Per favorire una didattica inclusiva è importante che le postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità vengano collocate all’interno della classe. Il loro posizionamento in ambienti esterni, infatti, può rappresentare un ostacolo all’utilizzo quotidiano dello strumento come facilitatore per la didattica insieme al gruppo dei coetanei.

Tra le scuole che dispongono di postazioni informatiche, la collocazione in classe si registra nel 47% dei casi, quota che scende nelle regioni del Sud attestandosi al 43%, con punte minime in Abruzzo e Puglia (41%). Il rimanente 53% dei plessi scolastici dispone di queste tecnologie in ambienti esterni (laboratori o aule per il sostegno). Nonostante la disponibilità di questa strumentazione all’interno della classe non risulti ancora ampiamente diffusa, si osserva un discreto miglioramento negli ultimi anni.

La quota di scuole dotata di postazioni in classe è passata dal 37% al 47% negli ultimi 3 anni. Le scuole dell’infanzia che utilizzano una tecnologia specifica a supporto dell’alunno con sostegno sono il 21%; a livello territoriale non si riscontrano differenze rilevanti.

Barriere architettoniche: ancora limitata l’accessibilità nelle scuole

Nell’anno scolastico 2020-2021 sono ancora molte le barriere fisiche vii presenti nelle scuole italiane: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria viii. La situazione appare migliore nel Nord del Paese dove si registrano valori superiori alla media nazionale (37,5% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (28,4%). La regione più virtuosa è la Lombardia, con il 42,5% di scuole accessibili, di contro la Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche (23%).

L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresentano le barriere più diffuse (45%). Frequenti sono anche le scuole sprovviste di servoscala interno (29%) o di bagni a norma (24,4%). All’interno dell’edificio, invece, raramente si riscontra la presenza di scale (6% dei casi) o porte non a norma (3%).

Maggiori difficoltà di accesso per gli alunni con disabilità sensoriali

L’accessibilità degli spazi deve comprendere anche gli ausili senso-percettivi ix destinati a favorire l’orientamento, all’interno del plesso, degli alunni con disabilità sensoriali: solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1 % xdelle scuole.

La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud del paese. Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 17% delle scuole ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche mentre il 18% di scuole dichiara di non averlo fatto anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno. (Fonte ISTAT)

Parole di Carta: SE L’ATTENZIONE MANCA

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione

La condizione base per l’apprendimento e l’integrazione in classe è che ci sia un ambiente sereno. Vale per tutti gli studenti, ma in particolare in presenza di un alunno che ha qualche difficoltà in più. Ad esempio, un deficit di attenzione legato a una condizione di iperattività. È molto difficile far concentrare questi alunni su qualcosa, specie per un tempo più lungo. Tendono ad alzarsi spesso e a muoversi in modo non funzionale. Talvolta si decide di allontanarli momentaneamente dall’aula per consentire agli altri di far lezione.

Ma non può essere una soluzione quella di separarli continuamente dal gruppo, non per una scuola che parla sempre più di inclusività. Ci riflettiamo su con Rosaria Meli, docente di sostegno alla scuola primaria.

IL CONSIGLIO

Prima di suggerire cosa fare, Rosaria ci dice cosa la sua esperienza le ha insegnato a non fare: colpevolizzare il bambino iperattivo. “Non è un capriccio il suo – spiega – Ha un bisogno compulsivo di muoversi, e costringerlo a non farlo genera in lui un comportamento oppositivo le cui conseguenze ricadono su tutta la classe.

Quindi, che fare? Consentirgli di andare a briglia sciolta? L’insegnante dev’essere attenta a cogliere i segnali che precedono il sorgere del comportamento-problema. Ad esempio, se sta seduto ma fa oscillare tanto le gambe può significare che non ce la fa più a rimanere in quella posizione. In tal caso, è bene distrarlo affidandogli un compito alla sua portata, qualcosa che lo impegni e canalizzi la sua energia facendolo sentire utile, anche solo dividere le fotocopie tra i compagni o gettare la carta nel cestino. Occorre però stare attenti a bilanciare i ruoli coinvolgendo poi a turno anche gli altri compagni che, altrimenti, lo vedrebbero come un privilegiato e si otterrebbe l’effetto contrario all’inclusione.

NELLO SPECIFICO

Come muoversi perché l’alunno allunghi i tempi di attenzione e acquisisca abilità e contenuti? È importante guidare lo studente con difficoltà all’acquisizione di maggiore autostima e ciò si può ottenere non pretendendo subito tutto da lui, ma procedendo per gradi, sia nella difficoltà dei compiti da assegnargli sia nei tempi d’attenzione. Tutto parte dall’osservazione: se un bambino all’inizio riesce a prestare attenzione solo per 20 secondi, occorre dargli un compito che si possa svolgere in 19, altrimenti, se l’obiettivo è troppo alto, rinuncerà, si sentirà frustrato e odierà la scuola. Per motivarlo, gli si può promettere che a lavoro concluso potrà dedicarsi a un’attività che gli piace, possibilmente insieme ai compagni. Utile strumento per l’insegnante è tenere un diario di bordo quotidiano per registrare passi avanti e stalli. In tal modo si potrà aggiustare il tiro in corsa e rendersi realmente conto dei progressi compiuti.

Parole di Carta: Se una certa scuola sbaglia strada

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione

La scuola ha un ruolo fondamentale nella vita dei nostri figli.
Dovrebbe favorire conoscenza, inclusione, sviluppo delle potenzialità individuali.
Non sempre, però, è così.

A fronte di tanti insegnanti vicini ai propri alunni e attenti ai loro bisogni educativi e formativi, ce ne sono altri che svolgono meccanicamente il proprio lavoro, lasciando indietro i più deboli senza neanche aver realmente provato a intervenire perché anche loro trovassero un proprio metodo e una propria strada.

Ne sa qualcosa Andrea, ragazzo con una disabilità motoria, che ha vissuto le due facce della medaglia.
Alle elementari ha avuto la fortuna di incontrare insegnanti che hanno saputo cogliere e valorizzare le sue peculiarità e la sua mente vivace e lo incoraggiavano sicuri che avrebbe saputo fare grandi cose da adulto.

L’arrivo alla scuola media fu traumatico, con i compagni che non vedevano lui ma solo la sua disabilità, lo prendevano in giro e lo isolavano, e alcuni docenti che hanno inciso profondamente in negativo denigrandolo davanti alla classe e scoraggiando ogni suo tentativo di dimostrare il proprio valore.
A toccare l’acme dell’altra faccia del bullismo fu una professoressa che in terza media, nel momento in cui Andrea espresse il proprio desiderio di iscriversi al Liceo Classico, lo prese per un illuso buono a nulla e, per dimostrargli di aver ragione (la sua ragione malata) lo sfidò proponendogli l’analisi di un brano lungo e complesso, pungolandolo perché facesse in fretta e commentando pesantemente il fatto che il ragazzo stentasse ad andare avanti, terribilmente imbarazzato da quel processo inatteso e crudele, con tanto di spettatori che si godevano lo spettacolo.

Visto che non sei in grado?” fu il commento lapidario della donna (non ci sentiamo di definirla “insegnante”).
Raggiunse il proprio scopo, riuscì a demoralizzare Andrea e a togliergli fiducia in se stesso, tanto che rinunciò a iscriversi al Liceo Classico.

Quella di Andrea è comunque una storia di riscatto, le sue belle capacità e l’incontro con persone migliori di quella professoressa lo hanno spinto a scegliere un percorso di studi universitari in linea con le sue aspirazioni e con il suo modo di essere e di sentire, e a raggiungere risultati molto soddisfacenti sia negli studi che nella vita.
Oggi però Andrea pensa ai tanti ragazzi che, come lui, possono essere discriminati perché portatori di una difficoltà, non necessariamente una disabilità.

IL CONSIGLIO

Il suo messaggio ad insegnanti ed educatori è chiaro: ogni alunno va incoraggiato e stimolato ma la motivazione dev’essere più forte e costante nei confronti di chi è in difficoltà.
È facile e comodo lasciare indietro i più deboli e proseguire a ritmo sostenuto con chi ce la fa anche da solo. Il compito di chi lavora a contatto con i giovani è avvicinarli allo studio, riuscire a farglielo amare e ciò non può accadere se non si affrontano contenuti che abbiano ricadute educative sull’alunno, ma importante è soprattutto l’atteggiamento del docente.

Andrea non ha dubbi, il bravo docente è colui che affianca lo studente, che lo guida anche con l’esempio, che lo incoraggia riportando esempi di persone che, pur avendo una difficoltà di base, sono state in grado di affermare se stesse e costruire un soddisfacente progetto di vita. Buon insegnante è colui che registra i deficit e le lacune non per stigmatizzare l’alunno ma per intervenire affinché lui possa superare i propri limiti e migliorare rispetto ai propri livelli di partenza.

Da docente mi sento di aggiungere che, come la gran parte dei miei colleghi m’insegna, non dovrebbe esistere uno standard qualitativo univoco per tutti. Ogni alunno va incoraggiato a migliorare le proprie abilità accrescendo le proprie conoscenze e potenziando i propri mezzi ma il traguardo è personale e non dovremmo mai fare vivere la scuola come una gara in cui c’è chi resta sul selciato.

PAROLE DI CARTA: A SCUOLA CON I COMPAGNI

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione

Sentirsi accolti e inseriti in un gruppo, soprattutto nell’età della crescita, è di vitale importanza. In fondo, i momenti più belli che si ricordano della scuola sono quelli trascorsi con i compagni.

A volte, e non così raramente purtroppo, capita che qualche compagno rimanga isolato dal resto della classe. Per scelta propria o degli altri, o perché le due parti non sanno bene come relazionarsi e allora ci si chiude dentro recinti diversi, ignorandosi o fingendo di farlo.

Questo elemento emerge con maggiore evidenza durante i momenti ricreativi. Particolarmente frequente se l’alunno che rimane in disparte ha difficoltà pregresse, come una disabilità o disturbi del comportamento che di per sé a primo impatto lo rendono già “diverso” a uno sguardo distratto o diffidente. Da insegnante e da mamma posso dire che fa male assistere a scene così.

Il consiglio

A venirci incontro con un consiglio che emerge dalla sua esperienza diretta, Valeria Leonardi, terapista e assistente alla comunicazione, che racconta di un bimbo di 8 anni, con autismo ad alto funzionamento e difficoltà relazionali.

Durante la ricreazione non riusciva a interagire coi compagni – riferisce – essenzialmente perché non condivideva interessi e argomenti. È stato avviato un lavoro in piccolo gruppo, ogni giorno sceglieva due compagni e facevamo un gioco in cui in un primo momento sono stati raccolti dati che hanno portato alla compilazione (anche da parte sua) di una carta d’identità di ciascuno dei compagni coinvolti.”

“Venivano riportate le varie preferenze, selezionando gli elementi significativamente rilevanti per bambini di terza elementare: giochi preferiti, gusto di pizza o gelato preferito, cartone o film preferito, e simili. In una seconda fase è stato avviato un gioco di memorizzazione dei vari identikit che li divertiva molto.

Piano piano, anche se inizialmente sempre tramite la mia mediazione, sono riusciti a conoscersi meglio a vicenda e a condividere del tempo insieme non solo durante la ricreazione, ma anche nei momenti di pausa dallo studio in classe, e addirittura negli incontri pomeridiani che inizialmente sono stati pilotati, poi generalizzati in autonomia.”

Anche questa è una bella storia, che dà la speranza che INSIEME si può. Magari, perché no, può essere anche un modello da riproporre in caso di problematiche simili.

Progetto Capitan Uncino: ragazzi con e senza disabilità hanno costruito barca a vela durante il lockdown

Avventura, vento in poppa, aria aperta e tutti a far parte di un unico equipaggio, ragazzi e ragazze con e senza disabilità, come ai tempi della Filibusta. Come rendere concreti i valori di sport e inclusione? E’ questa la sfida lanciata da Uisp e Fondazione Vodafone attraverso il Progetto “Capitan Uncino“.

La sfida è stata raccolta dai ragazzi della scuola Madonna della Neve di Adro (Brescia) che durante il lockdown hanno costruito una barca a vela, sotto la guida di maestri d’ascia e dei loro insegnanti. Dopo mesi di impegnativo lavoro la barca è pronta e il varo avverrà sabato 12 giugno, nel porto turistico di Lovere (lago d’Iseo), a partire dalle 10. Si tratta del primo varo di una barca frutto di questo progetto, che coinvolge altre città e nei prossimi giorni ci saranno altre inaugurazioni a Civitavecchia, Pesaro, Salerno, Ragusa, e Trepuzzi (Le).

Il progetto “Capitan Uncino” si ispira al mondo della Filibusta, dove vigeva un accordo di mutua collaborazione tra i membri dell’equipaggio. E dove i marinai con disabilità – tra gambe di legno, bende sugli occhi e uncini – avevano ruoli e collocazioni essenziali a bordo, in totale e perfetta collaborazione con i pirati senza disabilità. E’ questa la visione inclusiva che l’Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti mette in pratica attraverso lo sport sociale e per tutti.

Avventura, vento in poppa, aria aperta e tutti a far parte di un unico equipaggio, ragazzi e ragazze con e senza disabilità, come ai tempi della Filibusta

Fondazione Vodafone Italia ha sostenuto il progetto “Capitan Uncino” perchè vuole contribuire alla crescita della società verso un modello più inclusivo e aperto alle diversità. E’ il progetto di un movimento che può garantire un’ampia diffusione sul territorio italiano e che ha coinvolto la comunità – famiglie, istituzioni, insegnanti, professionisti e sportivi – in un percorso in cui i ragazzi si sono messi in gioco e rappresentano con il loro comportamento le parole inclusione, coraggio e amicizia.

Il cuore del progetto “Capitan Uncino: in mare aperto per tutte le abilità” è stata la costruzione di una vera barca a vela che, grazie ai ragazzi di Adro, è stata assemblata e rifinita da una ciurma di 30 alunne e alunni della scuola, che sabato 12 giugno a Lovere parteciperanno al varo.

La giornata si aprirà con la cerimonia del varo della barca, con musica e mini-regate per i giovani marinai. Il raduno si terrà presso la tensostruttura del porto, l’orchestra della scuola eseguirà gli intermezzi musicali, saranno presenti i ragazzi della scuola con i loro insegnanti, avverrà la consegna delle magliette, la benedizione della barca e subito dopo il varo vero e proprio, seguito da una breve “crociera” con la barca e sperimentazioni con il simulatore di navigazione e i nodi marinareschi.

Come in ogni varo che si rispetti saranno presenti i dirigenti scolastici e i rappresentanti delle realtà promotrici coinvolte, insieme all’Uisp Brescia, al Settore Vela Uisp Lombardia e alla Fondazione Vodafone.

(napolimagazine.com)

Le persone con disabilità incontrano ancora troppe barriere anche nel digitale

L’accessibilità ai servizi da parte di aziende e uffici pubblici non è sempre garantita. L’importanza della progettazione per superare gli ostacoli

Le barriere per le persone con disabilità non consistono solo in marciapiedi senza scivoli, stazioni senza ascensore, locali senza bagni attrezzati. Nell’epoca dell’onlife, per dirla col filosofo Luciano Floridi, sono diventate digitali. “Il 90% delle disabilità è invisibile”, conferma Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba, associazione che si occupa dell’abbattimento di barriere architettoniche. Ma anche la tecnologia non sempre resta al passo.

L’accessibilità dagli anni Ottanta a oggi

La nascita di dispositivi e periferiche per persone disabili risale agli anni Ottanta. All’epoca la produzione era su misura. Poi c’è stato l’avvento del web. Che già nel 1999 si è dotato di regole di accessibilità (Wcag). “Le regole esistono da decenni”, chiarisce Roberto Scano, uno dei pionieri del settore in Italia. L’ultima versione del Wcag, con 13 linee guida, risale al 2018. “All’inizio si seguivano su base volontaria, poi si è cominciato a renderle obbligatorie. Tra i primi gli Stati Uniti. Per l’Italia bisogna aspettare il 2004, con la legge Stanca per le pubbliche amministrazioni. Poi si è passati anche alle aziende private, con la legge 67/2006 contro la discriminazione delle persone con disabilità”, prosegue Scano.

Si può portare in tribunale chi non si adegua? Sì. Tuttavia, precisa l’esperto, “i grandi gruppi si sono conformati. Anche perché fare un sito non accessibile significa perdere un cliente oggi che le nostre attività passano sempre più per la rete, come ha mostrato il lockdown“. Discorso diverso per i piccoli, prosegue: “Nella pratica, non accade quasi mai che si denunci una piccola attività, per esempio un albergo: è più semplice cambiare struttura che fare causa”.

Fondamentale il ruolo del controllo distribuito: come nel caso dell’app Io della pubblica amministrazione, dove è intervenuta l’associazione Luca Coscioni. Risposta in 48 ore e in cinque giorni problema sistemato. “Il problema, però, è cominciare a capire che le applicazioni devono essere pensate accessibili by design: è più semplice così piuttosto che smontare tutto”, dice Scano. Ed esistono già consulenti ad hoc.

Il dramma dei documenti pubblici scansionati

Entro il 2022 il Parlamento italiano recepirà l’Accessibility Act dell’Unione europea, che riguarda tutto il digitale: dai libri di testo alle banche online ai Pos. Tutti  i nuovi prodotti dovranno essere accessibili entro il 2025. Per i prodotti già operativi, il limite è fissato nel 2030. “In Italia tutte le aziende che hanno fatturato sopra 500 milioni devono realizzare servizi accessibili. Un cittadino insoddisfatto può rivolgersi all’Agid, che apre istruttoria. E che, secondo legge e in caso di mancato adeguamento, può comminare una sanzione che arriva  fino al 5% fatturato”, dice Scano.

Spesso, tuttavia, uffici pubblici e aziende si limitano a scansionare i documenti, che però sono illeggibili per i software di riconoscimento del testo. Meglio, suggeriscono gli esperti, scrivere i documenti con un editor di testo e convertirli in pdf, formato che salva le caratteristiche di accessibilità.
Ma anche in questo caso servono alcune accortezze: come l’utilizzo degli stili e non dei grassetti per dare i titoli ai paragrafi. Per non parlare delle infografiche: senza link, sono inutili per una persona non vedente.

Tra le altre pratiche cattive, c’è quella di non inserire il testo alternativo nelle immagini quando si compone la pagina con un cms, l’uso improprio dei colori o anche la mancata possibilità di attivare la visualizzazione in orizzontale. In Gran Bretagna una società ferroviaria ha ingrigito le pagine del sito in occasione della morte del principe Filippo, col risultato che orari e prenotazioni sono diventati difficile consultabili per le persone con disturbi della vista.

Dalla tv alla scuola

I grandi, come detto, si adeguano. Word ha un controllo accessibilità, Power Point dal 2019 può leggere in contemporanea la presentazione.  Android contiene Talkback, funzione per accessibilità. In Italia la Rai sta studiando nel centro Ricerche e innovazione di Torino software in grado di tradurre autonomamente il linguaggio vocale in linguaggio dei segni. Il direttore del centro, Gino Alberico, spiega: “Stiamo lavorando da cinque anni a un sistema di traduzione che abbiamo già impiegato per realizzare le audioguide del museo Radio e tv di Torino. Oggi stiamo facendo degli esperimenti con il meteo, i cui bollettini,  per definizione, quando vengono letti da ufficiali dell’Aeronautica prevedono un vocabolario limitato: abbiamo un tasso di riuscita vicino al cento per cento”.

Ora l’idea è di sperimentare reti neurali “allenate” su centinaia di migliaia di casi in maniera distribuita,  magari con il coinvolgimento di soggetti esterni come le scuole e le associazioni. “L’idea che stavamo elaborando era mettere a disposizione una piattaforma ad accesso libero, che desse la possibilità a enti e scuole di arricchire il database dei segni. Ma ovviamente ora bisogna definire le regole del gioco. Siamo in fase in cui la tecnologia c’è: è il momento di creare degli accordi legali di copyright sui segni“, dice Alberico.

Paolo Berro, disability manager di Wind Tre, ingegnere meccanico, è stato il primo studente online in Italia. Correva l’anno 1999, vent’anni prima della didattica a distanza. “Il Politecnico di Torino stava, allora, provando a lanciare un nuovo progetto: la didattica universitaria a distanza per la facoltà di ingegneria”, racconta Berro, che, paralizzato a causa di un gravissimo incidente, non poteva seguire più le lezioni nell’ateneo a cui si era immatricolato.

Primo studente del progetto, Berro racconta di aver sentito “da subito una grande responsabilità: quella di fare bene e di farlo, soprattutto, per tutte quelle altre persone che, come me, avevano voglia di realizzarsi”. A distanza di anni, tuttavia, l’ingegnere punta il dito contro la mancanza di aggiornamento dei sistemi a supporto delle persone con disabilità: interfacce obsolete e costose, non coperte dal sistema sanitario.

E poi c’è il mancato coinvolgimento dei destinatari di questi sistemi nella fase di progettazione. “Per esperienza personale, posso dire che la presenza e i contributi di persone con disabilità, competenti nell’ambito dell’accessibilità, saranno il vero motore di questo cambiamento”, dice Berro. Gli fa eco Trieste: “Oggi nel mondo dell’informatica si parla molto di user experience per gli utenti comuni: il tema dell’accessibilità dovrebbe rientrare a pieno titolo in questo filone. Le barriere sono di qualunque tipo: significano non poter fare una cosa, non poter agire, comunicare, stare con gli altri”.
(wired.it)

Terzo settore, disabilità e non autosufficienza nel PNRR

Il Presidente del Consiglio ha presentato ieri al Parlamento il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ecco alcuni punti. In arrivo una riforma della disabilità e una per la non autosufficienza

«Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà.

La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato»: ha esordito così il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel presentare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia davanti alla Camera. «Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare. Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio».

Il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme, organizzate in sei Missioni, con obiettivi quantitativi e traguardi intermedi. Le sei Missioni sono:

•Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura;

•Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica;

•Infrastrutture per una mobilità sostenibile;

•Istruzione e Ricerca;

•Politiche attive del lavoro e della formazione, all’inclusione sociale e alla coesione territoriale;

•Salute.

Le sei Missioni puntano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono obiettivi trasversali dell’intero Piano. Le disparità regionali tra il Mezzogiorno e il Centro Nord, le diseguaglianze di genere e i divari generazionali.

Aspettando che le decisioni sul governo del PNRR chiariscano che ruolo avrà il Terzo settore – ma più propriamente quale parte avrà la sussidiarietà nel governo del più grande piano di investimenti dal dopoguerra ad oggi (vedi dossier Caritas) e nel governo delle scelte che guideranno anche i governi prossimi e venturi – vediamo cosa intanto dicono le 273 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia che entro il 30 aprile verrà inviato a Bruxelles.

Terzo settore

Il posto del Terzo settore è esplicitato nella Missione 5, quella riguardante “Inclusione e coesione”. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi, più ulteriori 7,3 miliardi di interventi beneficeranno delle risorse di REACT-EU.
Vi si legge che: «L’azione pubblica potrà avvalersi del contributo del Terzo settore. La pianificazione in coprogettazione di servizi sfruttando sinergie tra impresa sociale, volontariato e amministrazione, consente di operare una lettura più penetrante dei disagi e dei bisogni al fine di venire incontro alle nuove marginalità e fornire servizi più innovativi, in un reciproco scambio di competenze ed esperienze che arricchiranno sia la PA sia il Terzo settore».
E più avanti: «In coerenza con gli interventi del Piano, si prevede l’accelerazione dell’attuazione della riforma del Terzo settore, al cui completamento mancano ancora importanti decreti attuativi. Si intende inoltre valutare gli effetti della riforma su tutto il territorio nazionale».

Nel capitolo sui Piani urbani integrati viene richiamato anche l’articolo 55 del Codice del Terzo settore. Il 31 marzo scorso il Ministero del lavoro ha emanato le linee guida sul rapporto tra Pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore.

Vi si legge: «Gli interventi potranno anche avvalersi della co-progettazione con il Terzo settore ai sensi dell’art. 55 decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’art.1, comma2, lettera b) legge 6 giugno 2016, n.106) e la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30% con possibilità di far ricorso allo strumento finanziario del “Fondo dei fondi” BEI. Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità una identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali e economiche con particolare attenzione agli aspetti ambientali».

La Missione 5 prevede un investimento di oltre 11 miliardi di euro su tre riforme: la legge quadro della disabilità (con finanziamento nazionale); una riforma riguardante un sistema di interventi in favore degli anziani non autosufficienti; una riforma per il superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.

Disabilità e non autosufficienza

Tre linee di Investimento: Sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti 0,50 miliardi di euro; Percorsi di autonomia per persone con disabilità 0,50 miliardi di euro; Housing temporaneo e stazioni di posta 0,45 miliardi di euro.

Due Riforme strutturali: Legge quadro per le disabilità; Sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti.

«Specifiche linee d’intervento sono dedicate alle persone con disabilità e agli anziani, a partire dai non autosufficienti. Esse prevedono un rilevante investimento infrastrutturale, finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione attraverso soluzioni alloggiative e dotazioni strumentali innovative che permettano di conseguire e mantenere la massima autonomia, con la garanzia di servizi accessori, in particolare legati alla domiciliarità, che assicurino la continuità dell’assistenza secondo un modello di presa in carico socio-sanitaria coordinato con il parallelo progetto di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale previsto nella componente 6 Salute (in particolare il progetto Riforma dei servizi sanitari di prossimità e il progetto Investimento Casa come primo luogo di cura)», si legge nel PNRR.

«La linea di attività più corposa del progetto (oltre 300 milioni) è finalizzata a finanziare la riconversione delle RSA e delle case di riposo per gli anziani in gruppi di appartamenti autonomi, dotati delle attrezzature necessarie e dei servizi attualmente presenti nel contesto istituzionalizzato. Gli ambiti territoriali potranno anche proporre progetti ancora più diffusi, con la creazione di reti che servano gruppi di appartamenti, assicurando loro i servizi necessari alla permanenza in sicurezza della persona anziana sul proprio territorio, a partire dai servizi domiciliari. In un caso e nell’altro, l’obiettivo è di assicurare la massima autonomia e indipendenza della persona in un contesto nel quale avviene una esplicita presa in carico da parte dei servizi sociali e vengono assicurati i relativi sostegni.

Elementi di domotica, telemedicina e monitoraggio a distanza permetteranno di aumentare l’efficacia dell’intervento, affiancato da servizi di presa in carico e rafforzamento della domiciliarità, nell’ottica multidisciplinare, in particolare con riferimento all’integrazione sociosanitaria e di attenzione alle esigenze della singola persona».

Il secondo investimento riguarda i percorsi di autonomia per le persone con disabilità, con il fine di accelerare la deistituzionalizzazione.

Gli interventi saranno centrati sull’aumento dei servizi di assistenza domiciliare e sul supporto delle persone con disabilità per consentire loro di raggiungere una maggiore qualità della vita rinnovando gli spazi domestici in base alle loro esigenze specifiche, sviluppando soluzioni domestiche e trovando nuove aree anche tramite l’assegnazione di proprietà immobiliari confiscate alle organizzazioni criminali. Inoltre, l’investimento fornirà alle persone disabili e vulnerabili dispositivi ICT e supporto per sviluppare competenze digitali, al fine di garantire loro l’indipendenza economica e la riduzione delle barriere di accesso al mercato del lavoro attraverso soluzioni di smart working.

Previste invece due vere e proprie riforme: quella del sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti e quella della disabilità, con una legge quadro.

Come per infanzia, anche le “pari opportunità per le persone con disabilità” e il “sostegno agli anziani non autosufficienti” hanno due box specifici dedicati. Sono 18 le occorrenze per “non autosufficienti”, 8 quelle per “non autosufficienza”, 48 quelle per “disabilità”, 6 quelle per “disabili”.

Giardino delle Imprese: giovanissimi lavorano sulla disabilità

50 studenti e studentesse del terzo e quarto anno delle scuole secondarie di secondo grado di tutta Italia, divisi in 10 gruppi, hanno affrontato il tema della disabilità, sviluppando prodotti e servizi innovativi, utilizzando il potenziale offerto da nuove tecnologie e piattaforme digitali per migliorare la quotidianità delle persone diversamente abili.

Sono i protagonisti della settima edizione bolognese del Giardino delle imprese, iniziativa ideata da Fondazione Golinelli per dare ai più giovani gli strumenti per diventare imprenditori del domani.
I partecipanti sono soprattutto di Bologna e provincia: provengono dal liceo ginnasio Luigi Galvani; dai licei scientifici Niccoló Copernico, Enrico Fermi e Augusto Righi; dagli istituti superiori Crescenzi Pacinotti Sirani e Manfredi Tanari; dall’ITCS Salvemini. Hanno seguito e fatto propri, nel processo creativo, i principi del Design for All (DfA), nato per creare ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili in modo autonomo da parte di persone con disabilità.

Si sono distinti cinque progetti che hanno sfruttato a pieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e dal digitale:

Assist Work. Un servizio di consulenza lavorativa per le persone con disabilità che cercano un luogo di lavoro inclusivo e adatto alle loro esigenze.

Operazione Lingua Lunga. Un’applicazione per persone ipovedenti o affette da cecità (collegata a immagini con tag simili a QR code) da apporre sulle vetrine dei negozi. È in grado di trasmettere in forma parlata le informazioni relative all’attività.

Barable. Un’applicazione che permette a persone con disabilità motorie di cercare negozi e locali adatti alle proprie necessità, grazie a un sistema di raccolta di informazioni e recensioni con cui la community che utilizza l’app può agire e interagire.

Ultra-Glasses. odotto rivolto a bambini dai 3 ai 13 anni ipovedenti o affetti da cecità. Si tratta di un paio d’occhiali, capace di rilevare gli ostacoli all’altezza della testa di chi ne fa uso, grazie a un sensore posizionato sulla montatura.

Project Go-Craft. Rivolto a bambini e bambine non udenti. Si tratta di un’esperienza centrata sulla manualità: la costruzione di un go-kart di legno tramite un manuale di istruzioni semplice, immediato e pensato per venire incontro alle esigenze di questi bambini.

Il percorso si è svolto online da giugno 2020 ad aprile 2021. Tutti i partecipanti hanno preso parte alla prima fase (da giugno a settembre 2020). Ai ragazzi dei 5 gruppi scelti, Giardino delle imprese ha riservato un secondo step di formazione (da novembre 2020 ad aprile 2021). I team hanno potuto così perfezionare il proprio lavoro con l’aiuto di esperti sul tema dell’accessibilità provenienti da realtà come Fondazione Gualandi, Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza, Centro Documentazione Handicap – Cooperativa Accaparlante e Associazione Onlus La Girobussola.

L’esperienza di questi giovani aspiranti imprenditori è solo all’inizio. Parteciperanno infatti alla finale della Startup Competition Young, iniziativa under 21 in cui i partecipanti si sfideranno su idee innovative utili allo sviluppo sociale, inclusivo e sostenibile del Paese. La competizione si svolgerà al Web Marketing Festival, dedicato all’innovazione digitale e sociale in Italia. Il team di Scuola e Impresa di Fondazione Golinelli continuerà a supportare i 5 progetti nella fase di preparazione alla competizione.

L’edizione bolognese 2020/2021 del Giardino delle imprese è stata possibile anche grazie al contributo di Almavicoo e Legacoop Bologna, a sostegno dell’educazione all’imprenditorialità in ambito sociale, e della partnership con Fondazione per l’Innovazione Urbana e ART-ER Attrattività Ricerca e Territorio.
Anche l’ottava edizione sarà incentrata sul tema della disabilità. Le candidature si apriranno l’ultima settimana di aprile. Al momento è disponibile un form di pre-candidatura a questo indirizzo: https://forms.gle/UgibUZ8CA84aCMMg6

Videoracconto scaricabile da Google Drive a questo link

O in alternativa da WeTransfer a questo link

(emiliaromagnanews24.it)

Disabilità: Lavoratrici caregiver a rischio licenziamento

Essere un caregiver familiare oggi è decisamente drammatico, specie se si è donne: madri, mogli, sorelle di persone con disabilità, in molti casi di persone con malattie rare e croniche gravemente invalidanti, o di persone anziane non autosufficienti. Parliamo di una stima di 7milioni di persone in Italia, per la stragrande maggioranza donne.

Lo Sportello Legale dell’Osservatorio Malattie Rare riceve continue richieste di aiuto: “Hanno utilizzato tutti i permessi (104 e non), tutte le ferie, i congedi, perfino l’aspettativa”, spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale. “Se non sono collocabili in smart working? Se i loro familiari non possono assolutamente rischiare il contagio Covid, che fare? E quando i familiari devono essere assistiti h24 e non è più possibile affidarli a strutture semiresidenziali o caregiver professionisti non ancora vaccinati? Dal DPCM 2 marzo 2021, l’ultima misura prevista dal Governo, nessuna risposta per queste persone. Quanti di loro (e quante donne soprattutto) perderanno il posto?

La situazione dei lavoratori fragili ad oggi è drammatica, perché la maggior parte delle misure di tutela introdotte nella prima fase dell’emergenza sanitaria non sono state rinnovate”, si legge in un comunicato di Omar Osservatorio Malattie Rare. “Il DPCM 2 marzo non menziona alcuna proroga rispetto alle originali tutele previste dal Decreto Cura Italia che permettevano ai lavoratori fragili di assentarsi dal lavoro, men che meno prevede forme di tutela per i cargiver familiarei. Il ricorso allo smart working è solo fortemente raccomandato, ma nessun obbligo legale è previsto in nessun caso.

Resta attivo solo il congedo parentale straordinario per i genitori dipendenti in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza (in zona rossa sostanzialmente) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado”, prosegue il comunicato Omar. “Lo stesso Congedo è stato previsto per i genitori di figli in situazione di disabilità grave – riconosciuta ai sensi dell’Art. 3 comma 3 della Legge 104/92 – in caso di sospensione della didattica in presenza di scuole di ogni ordine e grado o in caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza. Il congedo prevede il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dalla normativa precedente.”

Gli unici specifici riferimenti alla disabilità del DPCM 2 marzo riguardano le attività sociali e socio-sanitarie (da svolgere secondo i piani territoriali e seguendo i protocolli previsti), la deroga al distanziamento sociale per le categorie effettivamente impossibilitate a rispettarlo e la possibilità di svolgere sempre attività motoria all’aperto per queste stesse categorie”, riporta la nota. “A questo si aggiunge la novità, forse l’unica davvero positiva, introdotta dal comma 5 dell’Art. 11, che introduce – per i soli territori in ‘zona gialla’ – una deroga fondamentale all’assistenza da parte di caregiver per gli accessi a visite mediche e ai pronto soccorso per persone affette da grave disabilità. Gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono ora accedere al pronto soccorso insieme al paziente.

Stando alla norma il caregiver, inoltre, può prestare assistenza anche nel reparto di degenza, ma unicamente nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura. Il che potrebbe implicare una certa discrezionalità rispetto alla possibilità di restare con il proprio familiare durante tutto il ricovero.

Al DPCM 2 marzo seguirà il Decreto Legge ‘Sostegni’, che dovrebbe prevedere – secondo le bozze non ufficiali circolate nei giorni precedenti – un articolo dedicato alla tutela dei lavoratori fragili. Nulla – conclude il comunicato – è previsto, ancora una volta, per i caregiver, sempre più invisibili agli occhi del mondo. Specie se donne.

(clicmedicina.it)

Dad e Barriere architettoniche. Il percorso a ostacoli nelle scuole per i disabili

Mancanza di scivoli e ascensori, barriere architettoniche dove non dovrebbero essercene, bagni inadeguati: in Campania quattro scuole su cinque non rispettano le norme sull’accessibilità delle persone con disabilità motoria. La regione meridionale è ultima in Italia con appena il 21% delle scuole prive di barriere fisiche. È questa la fotografia scattata dall’Istat, l’istituto di statistica nazionale, sulla situazione dell’istruzione relativamente all’anno scolastico 2019-2020 appena trascorso. La Campania si trova ben al di sotto della media nazionale, dove solo 1 scuola su 3 è accessibile per disabilità motorie.

Secondo il Report “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilita’ – A.S. 2019-2020” dell’Istat, la situazione è migliore nel Nord Italia, dove si registrano valori superiori alla media nazionale (36% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (27%). La Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche (21%), mentre la regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con il 63% di scuole accessibili. Quali sono le principali barriere architettoniche nelle scuole? Al primo posto c’è la mancanza di un ascensore o la presenza di un ascensore non adatto al trasporto delle persone con disabilità (44%). Seguono le scuole sprovviste di bagni a norma (26%) o servoscala (interno ed esterno, 25%). Meno frequente l’assenza di scale o porte non a norma (rispettivamente 6% e 3%). A soffrire i maggiori disagi sono gli alunni con disabilità sensoriali: in Italia appena il 2% delle scuole dispone di tutti gli ausili senso-percettivi destinati a favorire l’orientamento all’interno del plesso e solo il 18% delle scuole dispone di almeno un ausilio. Anche in questo caso si passa dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Mezzogiorno. Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 12% delle scuole – evidenzia l’Istat – ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

L’inclusione

Le politiche di inclusione attuate negli anni hanno favorito un “progressivo” aumento della partecipazione – spiega l’Istat- nell’anno scolastico 2019/2020 gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane sono quasi 300 mila,il  3,5% degli iscritti, oltre 13 mila in più rispetto all’anno precedente, con un incremento percentuale, ormai costante negli anni, del 6%. Gli altri studenti che non partecipano costituiscono invece l’8% degli iscritti. Anche in questo caso: le regioni del Centro si distinguono per la più bassa percentuale di studenti esclusi con il 5%, mentre nel Sud del Paese si arriva al 9%. I motivi di allontanamento I motivi più frequenti che hanno reso difficile la partecipazione degli alunni con disabilità alla Didattica a distanza sono: il 27% per la gravità della patologia; per il 20% la mancanza di collaborazione dei familiari e il disagio socio-economico, il 17%. Ma uno dei motivi è anche la  difficoltà di adattare il Piano educativo per l’inclusione (Pei) alla Didattica a distanza (6%), alla mancanza di strumenti tecnologici (6%) e, per una parte residuale, alla mancanza di aiuti didattici specifici (3%).

Barriere architettoniche

Ma non c’è solo la Dad, misura adottata durante questa pandemia, ad ostacolare gli alunni disabili a partecipare alle lezioni scolastiche. Ci sono infatti le barriere architettoniche, queste sconosciute. Sempre l’Istat nel report, segnala che  solo una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. Anche qui nella classifica delle meno impreparate si trovano al Nord del Paese dove si registrano valori superiori alla media nazionale con il 36%, livello che scende nel Mezzogiorno con un 27%. La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con il 63% di scuole accessibili, mentre la Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche con il 21%.

Gli ostacoli

Gli ostacoli maggiori con un bel 44% sono ascensori non adatti alle persone con disabilità. Seguono i bagni. Per porte e scale ci si attesta dal 6% al  3%.  I più penalizzati, sottolinea il report Istat, sono gli alunni con disabilità sensoriali: in Italia appena il 2% delle scuole dispone di tutti gli ausili senso-percettivivi destinati a favorire l’orientamento all’interno del plesso e solo il 18% delle scuole dispone di almeno un ausilio. Anche in questo caso si passa dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Mezzogiorno. Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 12% delle scuole – evidenzia l’Istat – ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

(testo da rainews.it e fanpage.it)