Associazione coscioni, lettera a Speranza per i diritti dei disabili

Da 37 giorni dirigente Basilicata in sciopero fame

Trentasette giorni di sciopero della fame affinché “siano rispettati i diritti fondamentali con l’erogazione corretta di dispositivi indispensabili alle persone con disabilità, quali ad esempio le carrozzine“. Questo il gesto di Maurizio Bolognetti, dirigente dell’Associazione Luca Coscioni, in Basilicata sul quale sollevano l’attenzione, in una lettera indirizzata al ministro della Salute Roberto Speranza, Filomena Gallo, segretario dell’Associazione e Marco Cappato, tesoriere.
    Gallo e Cappato chiedono che “sia sanata la grave violazione di diritti fondamentali nell’accesso al sistema salute, assistenza riabilitazione per tanti malati che attendono di poter ricevere ausili protesici che siano idonei alle loro esigenze di salute” ed evidenziano quali sono delle azioni da intraprendere. In particolare un “Atto urgente sul Nomenclatore Tariffario ausili e protesi che in osservanza del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 sull’aggiornamento dei Lea, livelli essenziali di assistenza, integrato e modificato, preveda idonee procedure per l’acquisizione e erogazione di determinati ausili destinati ad assistiti con disabilità grave e complessa“.
    “Si chiede in sintesi al Ministro – sottolinea Filomena Gallo – un atto che determini la piena applicazione di una legge in vigore nel nostro paese dal 2017. Norma che ad oggi non è stata applicata in nessuna regione con idonee procedure di reperimento di ausili prescritti alle persone con disabilità costrette a rinunciare o ad acquistarli a proprie spese. Stiamo predisponendo azioni giudiziarie in tutte le regioni e nei confronti del Governo in rappresentanza delle persone con disabilità, affinché il diritto alla salute, la dignità di tanti di loro e delle loro famiglie sia finalmente rispettata“. “La realtà della Basilicata – e’ la conclusione – è specchio di un’emergenza nazionale, che attualmente non consente l’erogazione corretta di dispositivi indispensabili alle persone con disabilità, che subiscono a causa dell’inerzia della politica una grave discriminazione nell’accesso a strumentazione in base alla singolarità di ogni esigenza“. (ANSA)

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L’allestimento di spazi per i percorsi sanitari delle persone con disabilità. L’esperienza toscana

La Regione Toscana, unica a livello nazionale, ha varato nel 2017 il programma PASS (Percorsi Assistenziali per i Soggetti con bisogni Speciali), pensato per per adeguare l’offerta sanitaria ai bisogni di salute delle persone con disabilità.

Il tema delle disuguaglianze di salute è all’attenzione dei policy makers da diversi anni anche nel nostro paese. L’attenzione si è finora rivolta prevalentemente ai determinanti di natura socio-economica mentre ancora poco esplorato è l’ambito delle disuguaglianze legate alla disabilità.
 
Per molte persone con disabilità invece l’accesso alle risposte sanitarie può essere estremamente difficoltoso non solo per la presenza di barriere architettoniche ma per le cosiddette ‘barriere invisibili’, di natura prevalentemente organizzativa, e dovute alla non disponibilità di competenze specifiche, di modelli di erogazione e di allestimenti idonei.
 
Per queste ragioni anche eseguire una visita o un esame diagnostico può risultare estremamente difficoltoso, così come un ricovero ospedaliero o un accesso  al Pronto soccorso possono rivelarsi esperienze complesse.
 
La Regione Toscana, unica a livello nazionale, ha varato nel 2017 il programma PASS (Percorsi Assistenziali per i Soggetti con bisogni Speciali), pensato per per adeguare l’offerta sanitaria ai bisogni di salute delle persone con disabilità. Il programma prevede diversi filoni di attività finalizzati alla realizzazione di soluzioni (“accomodamenti ragionevoli”) di natura logistica, organizzativa, assistenziale.
 
In 12 ospedali del SSR sono già attive equipes multiprofessionali che comprendono personale formato e figure dedicate per facilitare l’accesso ai percorsi delle persone con disabilità tenendo conto dei loro bisogni speciali.
 
La presenza di spazi adeguati di attesa e di cura è stata ritenuta un elemento che può favorire l’instaurarsi di una relazione proficua tra la persona ed il personale sanitario e  rendere più agevole l’effettuazione delle prestazioni. Per tale motivo è stata avviata un’attività di studio che ha coinvolto professionisti e pazienti e che ha portato alla realizzazione di una pubblicazione, in collaborazione con l’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, che contiene indicazioni per l’allestimento di spazi per i percorsi sanitari delle persone con disabilità.
 
La monografia, curata da Virginia Serrani, parte dalla constatazione che la maturazione di un diverso modo di concepire la disabilità ha contaminato anche gli aspetti architettonici e strutturali di un edificio e dei percorsi che lo caratterizzano, particolarmente nel caso di edifici adibiti a compiti assistenziali, per i quali la riflessione sulla disabilità individuale e sulle sue interazioni con l’ambiente e le strutture ha portato allo sviluppo dell’”Evidence Based Design” (EBD) e alla promozione della funzione “curativa” degli ambienti sanitari.
 
La capacità di intercettare le diverse dimensioni dei bisognidel soggetto con disabilità, specie nel caso di disabilità intellettiva, e di tradurla in interventi di revisione degli edifici adibiti ad assistenza, in percorsi privi di barriere (fisiche e/o comunicative) e facilitati da personale dedicato, è l’elemento guida del lavoro che riconosce comela mancata considerazione della disabilità sia unfattore ostativo del ricorso ai servizi sanitari e, in ultima analisi, un fattore di disuguaglianza dello stato di salute di questa popolazione.
 
Le proposte sono basate sul principio del Design for All, ovvero sull’individuazione dei bisogni omogenei per disabilità e non fanno volutamente riferimento alle classificazioni per tipologia di disabilità. La monografia riporta il contesto logico-teorico adottato per l’individuazione di soluzioni operative strutturali e organizzative che consentono di rispondere ai bisogni specifici della disabilità nel momento in cui è necessario ricorrere ai Servizi sanitari, ma rappresenta anche uno strumento pratico e propositivo per la realizzazione di interventi praticabili ed efficaci.
 
Lo scopo non è solo quello di fornire una cornice teorica delle conseguenze che ha la disabilità sulla corretta fruizione dei Servizi sanitari, ma, attraverso l’analisi delle diverse modalità assistenziali, offre ai decisori delle soluzioni percorribili in tempi ragionevoli e realizzabili nelle condizioni reali.

(quotidianosanità.it)

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Extra Lea, ha ragione… la Regione

 

Il Consiglio di Stato ribalta la decisione del Tar piemontese che aveva annullato due delibere con le quali si classificano le prestazioni di assistenza al di fuori del bilancio della sanità. Tra gli “sconfitti” anche il Comune di Torino

Non spetta alla Sanità regionale coprire i costi per le prestazioni socio-assistenziali a domicilio. Anzi, essendo il Piemonte sottoposto al piano di rientro l’eventuale accollo di queste spese nel capitolo sanitario sarebbe stato illegittimo. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato che, ribaltando la sentenza emessa dal Tar del Piemonte poco meno di una anno fa, ha dato ragione all’assessorato di corso Regina il quale aveva, appunto, impugnato il pronunciamento del Tribunale amministrativo che, accogliendo il ricorso di alcune associazioni di volontariato e delle famiglie dei malati, aveva annullato due delibere del 2013 con le quali si classificavano le prestazioni non professionali di assistenza tutelare alla persona come al di fuori dei livelli essenziali di assistenza, i Lea. Il rischio, paventato, di non vedere più erogati gli assegni era stato scongiurato tramite il pagamento a carico dell’assessorato alle Politiche Sociali. Una soluzione temporanea

LEGGI LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Il provvedimento dei giudici amministrativi, che fissava ancora in quello della Sanità il settore competente per l’erogazione dei fondi per la non autosufficienza, aveva provocato più di una fibrillazione in Regione. In ballo vi sono non pochi milioni di euro.  Certo la questione si mostrava all’apparenza meramente formale, visto che i soldi vengono sempre erogati dall’ente di piazza Castello, ma il punto era (ormai dopo la decisione di Palazzo Spada) un altro, come all’epoca aveva spiegato l’uomo dei conti della giunta Chiamparino, Aldo Reschigna: “Si rischia di alterare l’equilibrio del bilancio della sanità, con conseguenze per l’uscita dal piano di rientro”.  Ed era stato lo stesso vicepresidente a indicare la soluzione nel ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. “Una decisione tecnica imposta dal Ministero dell’Economia per poter mantenere la strada dell’uscita dal piano di rientro dal debito sanitario –  avevano spiegato nei mesi scorsi gli assessori alla Sanità e alle Politiche Sociali Antonio Saitta e Augusto Ferrari – alla quale però la giunta regionale ha affiancato una scelta politica forte, quella di incrementare di 15 milioni di euro del fondo sanitario la quota destinata alla non autosufficienza che sale così da 265 a 280 milioni di euro per l’anno in corso”.

 

Un via quella imboccata dall’esecutivo aspramente contestata dal M5s che aveva bollato come “inaccettabile il ricorso al Consiglio di Stato per non pagare le prestazioni di assistenza da parte di operatori non professionali alle persone non autosufficienti ” aggiungendo che “quando era all’opposizione, il Pd aveva inscenato vibranti proteste contro la decisione di considerare extra Lea le prestazioni domiciliari per non autosufficienti ora difende queste scelte, non solo in Consiglio regionale ma addirittura nelle aule dei tribunali”. Per i grillini “i soldi per garantire le prestazioni non professionali di assistenza ai non autosufficienti si devono trovare all’interno del bilancio sanitario regionale, anche opponendosi ai tagli del Fondo Sanitario Nazionale”.

A sostenere la tesi contraria a quella della Regione, non solo le associazioni dei famigliari dei pazienti e quelle degli operatori promotrici del ricorso al Tar adesso annullato nel grado successivo, ma anche 18 consorzi e 14 Comuni in maniera diretta, tra questi quello di Torino. Con la «riclassificazione degli interventi domiciliari in lungoassistenza come extra Lea – è la tesi sostenuta da Palazzo di Città, tramite i legali – sostanzialmente trasferisce la “garanzia” di tali prestazioni ai Comuni» e quindi al settore dell’assistenza, i cui interventi sono erogati in base a criteri di beneficenza e vincolati alla disponibilità di risorse.

La sentenza emessa a Roma si pronuncia solo sul ricorso della Regione contro la decisione del Tar circa i ricorsi delle associazioni, ma è evidente come la stessa ha effetto – come precedente – anche su quanto sostenuto fino ad oggi, e ad oggi corroborato dalla decisione dei giudici amministrativi regionali, dai Comuni, Torino compreso. Anche per questo raccontano di una Elide Tisi, l’assessore all’assistenza della giunta di Piero Fassino, parecchi0 incupita ed irritata dopo aver appreso della vittoria incassata da Piazza Castello.

(lospiffero.com)

Medicina, intervento ‘ripulisce’ arterie e riduce disabilità ictus

All’improvviso manca la forza, c’è un formicolio ad un braccio o ad una gamba. Si avverte una difficoltà a parlare e nel vedere da una lato. Sono i sintomi tipici della comparsa di un ictus: i campanelli d’allarme con cui si presenta questo ‘nemico’ che compare senza dolore e che, se non si interviene rapidamente, può essere letale.

L’ictus cerebrale rappresenta infatti la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa di disabilità nell’adulto. In Italia sono circa 185.000 le persone colpite da ictus cerebrale: 1 uomo su 6 ed 1 donna su 5 può andare incontro a ictus nel corso della propria vita. In tutto il mondo si celebra domani la Giornata mondiale dell’ictus.

E la buona notizia è che oggi un’intervento di trombectomia meccanica è in grado di ‘ripulire’ le arterie e ridurre la disabilità conseguenza dell’ictus. Le attuali linee guida per il trattamento prevedono che, nel paziente con ictus ischemico acuto, si debba praticare in prima istanza la trombolisi per via endovenosa, ossia la somministrazione di farmaco trombolitico in vena entro le prime 4 ore e mezza dall’evento e successivamente, possibilmente entro le 6 ore, la procedura di trombectomia meccanica, ossia la disostruzione dell’arteria con un sistema (sentriever) che rimuove il coagulo dall’arteria colpita e che salva tessuto cerebrale.

Una procedura che consente di limitare la disabilità nei pazienti nel 40-50% dei casi ma che oggi in Italia viene eseguita solo per il 7% del totale di pazienti stimati come candidabili. I dati del registro nazionale che raccoglie i casi riportati da 35 su 45 centri riporta infatti un numero di procedure pari a 400-500 l’anno contro le 7.000 potenziali.

La trombolisi farmacologica viene effettuata nelle ‘stroke unit’ di primo livello, mentre la trombectomia meccanica che può essere effettuata solo nelle stroke unit di secondo livello.

“Il primo intervento di trombectomia meccanica – afferma il Salvatore Mangiafico, neuroradiologo interventista Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze – realizzato al mondo con lo ‘stent retriever Solitaire’ risale al 2008 ed oggi l’efficacia di questa procedura è incontrovertibilmente dimostrata da ben 5 ampi studi clinici randomizzati tanto da essere entrata nelle nuove linee guida nell’ictus moderato o grave”.

“Oggi – prosegue Mangiafico – non è più possibile basare la terapia dell’ictus ischemico solo sulla fibrinolisi endovenosa limitandosi alla somministrazione endovenosa di farmaci, ritardando il trasferimento rapido o addirittura, non inviare il paziente ad un centro di neuroradiologia interventistica di una ‘stroke unit’ di secondo livello. Questo infatti significa negare al paziente una possibilità di ridurre il deficit neurologico residuo e quindi il grado di invalidità”.

“La caratteristica principale dell’ictus è la sua comparsa improvvisa, solitamente senza dolore. Solo nell’emorragia cerebrale c’è spesso mal di testa fortissimo – afferma Valeria Caso, neurologa Ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia – I sintomi tipici sono un’improvvisa mancanza di forza, o formicolio e mancanza di sensibilità ad un braccio o ad una gamba, la difficoltà nel parlare, problemi a vedere da un occhio. Quando tali sintomi compaiono solo per alcuni minuti, si parla di attacchi ischemici transitori (Tia), anch’essi molto importanti, in quanto possono essere campanelli di allarme per un Ictus vero e proprio. In caso di comparsa di uno o più sintomi di questo tipo è indispensabile rivolgersi sempre e con urgenza ad un medico, perché il fattore tempo è fondamentale”, raccomanda.

Indispensabile – per gli esperti – avere un sistema ospedaliero organizzato in rete e trasporti veloci per consentire un passaggio rapido dalle ‘stroke unit’ di primo livello a quelle di secondo livello, nonché la formazione di personale operativo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 con l’obiettivo di trattare tutti i pazienti candidabili a questo tipo di intervento.

“A questo va affiancata una maggiore opera di sensibilizzazione del pubblico sul riconoscimento dei segni e sintomi dell’ictus, per far sì che i pazienti arrivino presto in ospedale: la precocità del trattamento garantisce, infatti, un migliore ‘outcome’ clinico del paziente”, concludono gli specialisti.
(adnkronos.com)
 

Disabilità. Il futuro nelle “Tecnologie assistive personalizzate”. E l’UE stanzia 2,65 mln di euro 

La più nota è ASTERICS. Una piattaforma di tecnologia assistita capace di adattarsi alle esigenze del singolo paziente.  Anche se le sue condizioni cambiano nel tempo. E’ possibile infatti scegliere il settaggio con semplici interruttori o con webcam a interfaccia neurale. E i costi di installazione sono bassi.

Più passano gli anni, più va avanti la ricerca, più le persone con disabilità motorie possono riuscire ad avere una vita un po’ più indipendente e confortevole. Tutto merito delle cosiddette “tecnologie assistive” (TA), che permettono loro di aprire una porta, accendere una luce o connettersi a internet tramite il solo movimento di un occhio o della testa o persino attraverso il pensiero. Tecnologie che stanno diventando più flessibili e personalizzabili per i singoli utenti, grazie al lavoro di ricercatori finanziati dall’UE. Tra questi il più famoso è ASTERICS (“Assistive technology rapid integration and construction set”), che ha ricevuto un sostegno di 2,65 milioni di euro di finanziamenti della Commissione europea nell’ambito del Settimo programma quadro (7° PQ) dell’UE. Stefan Parker, coordinatore del progetto e ricercatore presso la KI-I in Austria, haspiegato al CORDIS – intento a fare il punto della situazione sui progetti – in cosa consiste e che cosa si cerca di diverso oggi rispetto al passato. Benché molte persone usino già le tecnologie assistive – un termine che comprende dispositivi assistivi, adattativi e riabilitativi per persone disabili – nella maggior parte dei casi i sistemi e le applicazioni sono progettati per svolgere una funzione specifica o aiutare una persona che ha una specifica forma di disabilità. “Quello che io chiamerei il ”vecchio” mercato delle TA è dominato da applicazioni e dispositivi isolati, ognuno dei quali si rivolge a una disabilità specifica o si concentra su una specifica abilità dell”utente. Questo in linea di principio va bene, perché significa che ogni dispositivo può essere brillantemente ottimizzato nella sua funzionalità”, ha spiegato. “Il problema è che nella maggior parte degli usi attuali questi dispositivi riescono solo a sfruttare una parte delle abilità dell”utente o, in altri casi, non si possono adattare bene alle esigenze dell”utente, lasciandolo con un dispositivo che è appena semi-ottimale per il suo caso”.  Si stima che 2,6 milioni di persone in Europa abbiano problemi di mobilità che colpiscono gli arti superiori e circa 1,3 milioni di loro hanno bisogno di tecnologie assistive o dell’aiuto di qualcun’altro per poter svolgere le attività quotidiane. Nei paesi sviluppati la cifra sale a 2,5 milioni. Si tratta di persone che soffrono di diverse malattie, come la sclerosi multipla e la sclerosi laterale amiotrofica, e vari gradi di paralisi, una delle quali è la sindrome locked-in nella quale una persona può muovere solo gli occhi. Le disabilità non si possono tuttavia dividere in categorie: ogni persona è diversa e anche due persone che soffrono della stessa malattia spesso possono avere gradi e tipi di invalidità molto diversi o diverse disabilità contemporaneamente. Inoltre, ogni singolo paziente ha bisogno che i sistemi vengano regolati o che ne vengano usati di nuovi man mano che i sintomi si evolvono nel tempo. Per affrontare la questione, un consorzio di istituti di ricerca, università e aziende private di sette paesi ha sviluppato una piattaforma conveniente e scalabile per implementare le TA in un modo molto più personalizzato e flessibile. Il loro sistema, sviluppato in due anni proprio nell’ambito del progetto ASTERICS, è già passato alla produzione commerciale e la ricerca ancora in corso dovrebbe migliorarlo ulteriormente. A differenza dei sistemi di TA tradizionali, la piattaforma ASTERICS si può configurare per soddisfare le esigenze specifiche dei singoli utenti. È possible scegliere da un”ampia gamma di sensori, da semplici interruttori o webcam a interfaccia neurali (brain-computer interface o BCI), per un’interazione con il sistema a seconda dalle esigenze e dalle capacità di ognuno. “Il mercato delle TA è attualmente soggetto a grandi cambiamenti. Da una parte, i dispositivi mobili come smartphone e PC tablet stanno conquistando il mondo e questo ha una grande influenza sul mercato delle TA. Dall’altra parte, si stanno sviluppando approcci alle TA più centrati sull”utente e più flessibili, dei quali ASTERICS è il primo e quindi il più importante”, ha spiegato Parker.  “Questo approccio ha come risultato uno sviluppo di TA sul posto completamente incentrate sull’utente, l’utente infatti non ha più bisogno di adattarsi al dispositivo, avviene piuttosto il contrario. Il sistema è così avanzato che anche gli stessi utenti possono fare piccoli adattamenti da soli o con l’aiuto di chi si prende cura di loro, in modo da seguire i cambiamenti che si verificano nella situazione quotidiana”, ha osservato. “Inoltre il sistema si può adattare ogni volta che cambiano le condizioni dell’utente in meglio o in peggio, gli utenti non avranno più bisogno di comprare un nuovo dispositivo ogni volta che le loro condizioni cambiano o di usare quello vecchio nonostante risulti loro difficile, potranno continuare a usare il sistema cui sono abituati e che apprezzano, ma con nuovi mezzi di input o semplicemente con impostazioni diverse”. Persone che soffrono di invalidità motorie, assistenti specializzati ed esperti di TA, sono stati consultati dal team di ASTERICS durante il processo di progettazione e sviluppo e i prototipi di piattaforma hanno ricevuto recensioni straordinariamente positive nelle prove. “ASTERICS è stato molto apprezzato dagli utenti e nel corso dei test fatti con loro abbiamo potuto dare a delle persone possibilità che non avrebbero avuto senza questo sistema. Alcuni utenti hanno continuato a usare il sistema ASTERICS sin dai test e ne sono molto contenti”, ha continuato il ricercatore. Il sistema ha oltretutto costi di installazione relativamente bassi e può usare i dispositivi che gli utenti possiedono già, come webcam o computer portatili, il che riduce ulteriormente i costi. Parker stima che la maggior parte delle persone dovrà spendere circa 500 euro, escluso il costo di comprare un computer portatile o fisso, per un giusto set up, anche se i costi potrebbero salire a diverse migliaia se sono necessarie attrezzature più costose come interfaccia neurali. Oltre ad ASTERICS, in corso grazie ai finanziamenti europei  c’è anche IMA, un progetto partner basato nella Repubblica ceca, sta attualmente producendo hardware commerciali, come moduli input/output da usare con il sistema, mentre Harpo in Polonia, un altro partner, è il distributore principale del sistema completo e fornisce servizi di adattamento e personalizzazione.  L’obiettivo del team adesso è continuare la ricerca e lanciare un progetto di follow-up per estendere il sistema ai dispositivi mobili come smart phone e tablet.  
(quotidianosanita.it)

di Giovanni Cupidi