“L’odio contro le persone disabili”, il nuovo opuscolo dell’Oscad

In questo inizio 2021 l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) ha pubblicato un interessante opuscolo dal titolo “L’odio contro le persone disabili”. L’opera si presenta come uno strumento utile e ben curato che, sia pure in modo sintetico, fornisce una rapida panoramica dei reati di matrice discriminatoria che colpiscono le persone con disabilità e delle disposizioni che li sanzionano. E tuttavia, pur apprezzando il lavoro svolto e l’impegno manifestato dall’ Oscad, non possiamo sorvolare su un’importante lacuna: la mancanza di una lettura intersezionale dei crimini d’odio.

Istituito nel settembre del 2010, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) è un organismo interforze preposto a rispondere operativamente alla domanda di sicurezza delle persone appartenenti alle cosiddette “categorie vulnerabili” coordinando il lavoro della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri riguardo alla prevenzione ed al contrasto dei reati di matrice discriminatoria. In questo inizio 2021 l’Oscad ha pubblicato un interessante opuscolo dal titolo “L’odio contro le persone disabili”, realizzato da Stefano Chirico (direttore della Segreteria dell’Oscad) e Salvatore Buscarino (componente della Segreteria dell’Oscad), ed illustrato con le sagaci vignette di Paolo Piccione.

La pubblicazione, di agevole consultazione e ben articolata, contiene importanti elementi utili a tracciare un sintetico quadro delle offese, delle umiliazioni e delle molteplici forme di discriminazione che colpiscono le persone con disabilità, delle quali troviamo riscontro nelle cronache quotidiane.

Vittorio Rizzi, vice direttore generale della Polizia di Stato e presidente dell’Oscad, nella sua introduzione chiarisce che in questo contesto il ruolo delle forze di polizia non si può limitare alla repressione dei reati nei confronti delle persone con disabilità, e precisa che «l’impegno deve essere rivolto, ancor prima, alla prevenzione e alla formazione, perché non basta conoscere la cornice normativa di riferimento ma serve possedere anche strumenti offerti dalla psicologia e dalla sociologia che consentano all’operatore di polizia di capire le diversità, di mettersi nella prospettiva della persona disabile e di intercettare subito i comportamenti che potrebbero essere discriminatori. Quell’uniforme deve rappresentare, oggi più che mai, non solo un presidio di legalità ma anche un enzima di crescita culturale per combattere pregiudizi e stereotipi, contribuendo alla realizzazione di un ambiente sociale che consenta alle persone disabili di esprimere pienamente la loro personalità e il loro talento».

Un’opera di street art realizzata a Berlino raffigura il volto di una persona circondata da tante mani, due delle quali sono posizionate sulla bocca impedendole di parlare (in foto).

L’opuscolo sposa l’approccio sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/2009) nel quale la disabilità scaturisce dall’interazione tra la minorazione (fisica, mentale, intellettuale o sensoriale) della persona e le varie barriere che possono impedire la sua piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.
Il tratto distintivo dei reati di matrice discriminatoria o crimini d’odio (hate crimes, nella disciplina internazionale) è «la motivazione di pregiudizio che l’autore nutre nei confronti di una o più “caratteristiche protette”, reali o presunte, della vittima: origine etnica o “razziale”, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità e così via. I reati nei confronti delle persone disabili rappresentano, quindi, un ground tipico dei crimini d’odio; tuttavia, a differenza di quanto avviene rispetto ad altri ambiti, le relative norme incriminatrici non richiedono il movente discriminatorio da parte dell’autore del reato e, pertanto, non dovrà essere provata la motivazione di pregiudizio, di discriminazione o di odio per la loro applicazione».

A questa definizione segue una panoramica della normativa sulla materia: i riferimenti impliciti ed espliciti alla disabilità nelle Carte internazionali (la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) del 1950, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE (cosiddetta “Carta di Nizza”, del 2000) e la già menzionata Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006) e nella normativa nazionale (la Carta Costituzionale, l’articolo 36 della Legge 104/1992 (che prevede l’aumento, da un terzo alla metà, delle sanzioni penali per specifici reati), e diverse diposizioni contenute nell’ordinamento penale e di procedura penale italiano), Il tutto è integrato da alcune indicazioni operative sull’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 36 della Legge 104/1992.

Qualche dato. A partire del 2017, quando una modifica del sistema di indagine ha permesso di rilevare in modo disaggregato i dati relativi ai reati aventi per vittime persone con disabilità, si è registrato un significativo incremento di questo tipo di reati comunicati all’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa): 157 nel 2017, 210 nel 2018 e 207 nel 2019. Tuttavia, spiegano dall’Oscad, «il sensibile incremento dei casi complessivamente segnalati all’organizzazione internazionale non è correlabile statisticamente ad un proporzionale aumento dei crimini d’odio nel nostro Paese, ma, piuttosto attribuibile a un significativo miglioramento del sistema di monitoraggio».
A completare il quadro troviamo alcuni paragrafi inerenti alla violenza sessuale verso la persona disabile, ai maltrattamenti e alle violenze posti in essere nelle case di riposo e di cura, al bullismo e al cyberbullismo, al divieto di sosta dei veicoli negli spazi riservati alle persone disabili, e una tabella riepilogativa dei reati.

Insomma, l’opuscolo si presenta come uno strumento utile e ben curato che, sia pure in modo sintetico (si compone di sole 16 pagine), fornisce una rapida panoramica dei crimini d’odio che colpiscono le persone con disabilità e delle disposizioni che li sanzionano. E tuttavia, pur apprezzando il lavoro svolto e l’impegno manifestato dall’ Oscad, non possiamo sorvolare su un’importante lacuna: sebbene alcuni degli esempi ripostati riguardino ragazze e donne con disabilità, non vi è alcun riferimento alla discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità rendendole più esposte alla violenza di genere rispetto alle altre donne, e più discriminate rispetto agli uomini con disabilità (che non subiscono la discriminazione di genere).

Manca, in sostanza, una lettura intersezionale dei crimini d’odio che consenta di rilevare come una stessa persona con disabilità possa divenire vittima di questo tipo di reati perché assomma in sé più caratteristiche suscettibili di provocare reati di matrice discriminatoria. Difficilmente una persona con disabilità è “solo” una persona con disabilità, essa può essere donna o uomo, può essere eterosessuale o appartenente alla comunità LGBT+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), può essere un/e minore, una persona adulta o una persona anziana, può avere la nazionalità italiana o essere straniera/nomade/immigrata/richiedente asilo, potrebbe essere normopeso o sovrappeso, ecc. Integrare queste ulteriori caratteristiche nelle valutazioni dei diversi casi che di volta in volta si presentano, e considerarle simultaneamente, non potrà che rendere ancora più efficace il lavoro, già apprezzabile, della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri nel prevenire e contrastare i reati di matrice discriminatoria.

(informareunh.it)