TUTTI AL MARE E I DISABILI? 4 GIOIELLI ITALIANI MA L’ACCESSIBILITÀ È UN MIRAGGIO

Poche le carrozzine speciali e lettini per tetraplegici disponibili nelle spiagge italiane. La storia della Terrazza “Tutti al mare” a San Foca

Tutti al mare Tutti al mare‘ : la canzone di Gabriella Ferri degli anni ’70, diventata un inno vacanziero democratico che fa pensare subito a spiagge affollate, caldo, frittata di maccheroni e cocomero e anche per aggiornarci alla domenica a Cocciadimorto come nella commedia con Antonio Albanese e Paola Cortellesi, è un classico vintage della colonna sonora dell’estate – in un juke box che riporta indietro di decenni, anzi al secolo scorso insieme a Un’estate al mare di Giuni Russo, Sapore di sale di Gino Paoli, Una rotonda sul mare di Fred Bongusto e retrò cantando.

Ma tutti è davvero “per tutti”? ASCOLTA IL PODCAST

La Terrazza Tutti al mare a San Foca
La Terrazza Tutti al mare a San Foca ( Lecce) realizzata dall’associazione Io Posso

Se sono in sedia a rotelle, giovane o anziano, negli anni qualcosa è cambiato: i lidi in tutta Italia cominciano ad avere, non tutti non illudiamoci, l’accessibilità con le discese a mare, alcune volte fanno trovare le carrozzine con le ruote alte di gomma gialla.

Si chiamano Job e permettono di essere condotti sul bagnasciuga, dove Job non significa “lavoro” in inglese ma un napoletanissimo “Jamme O Bagne” (andiamo a tuffarci) perché napoletana è l’azienda che l’ha creata qualche anno fa, la Neatech, rispondendo alle difficoltà dei diversamente abili a bagnarsi in mare in autonomia. Con le Job non ci si affonda nella sabbia e si riesce ad arrivare in acqua. Un bel traguardo.

Ma quante sono? Ancora pochissime nonostante alcune ordinanze stabiliscano che i concessionari di spiagge abbiano l’obbligo di mettere a disposizione dei diversamente abili gli appositi ausili speciali ossia sedie per il trasporto adatte al mare, almeno uno, salvi i casi in cui la morfologia della costa non lo consenta.

Quante carrozzine da spiaggia abbiamo mai visto nei nostri lidi? Davvero poche.
Eppure anche se diversamente abili e persino a maggior ragione, le persone malate e con handicap quanta voglia avrebbero di mare, di scendere in spiaggia e fare il bagno? Quel tutti al mare è un diritto inevaso. Proviamo a pensarci dalla nostra normale abilità quanta sofferenza avremmo se dovessimo privarci di andare al mare.
Parliamo tanto di turismo accessibile e inclusivo ma siamo ancora davvero all’inizio di un percorso.

Questo poi se siamo disabili non gravi. E se avessimo una malattia più condizionante? Se fossimo tetraplegici o malati di sclerosi laterale amiotrofica ad esempio. Come potremmo andare al mare?
In Italia esistono, nell’estate del 2022, solo 4 posti dove malati di questa gravità hanno accesso al mare.

C’è un lido bellissimo pieno di discese a mare, lettini, ombrellone, bagni enormi e pulitissimi dove la persona per nulla autosufficiente e spesso collegata a qualche macchinario viene accudita dopo un bagno nell’acqua cristallina: è a San Foca (Lecce) nel Salento a nord di Otranto, poi docciata, rinfrescata e risistemata. Proprio come una persona comune e abile, cioè quel minimo sindacale che applicato ad un giovane tetraplegico un magnifico miraggio.

In effetti l’attrazione avuta per questo spazio di spiaggia è stata proprio per il comfort, la bellezza di questo lido, un’attrazione da strabuzzare gli occhi, appunto come per un miraggio.
Come è possibile? Non bisogna rassegnarsi, se vogliamo chiamarci civili.

Damiano uno dei quattro coordinatori della ‘Terrazza Tutti al mare – liberi di essere felici‘ prima di raccontare la storia di questo era impegnato al telefono a ricevere prenotazioni da tutta Italia e perfino dall’estero, persone che durante l’estate arriveranno in zona proprio per quello che offre questo stabilimento gestito dall’associazione.

E’ tutto completamente gratuito – sottolinea Damiano – e noi siamo tutti volontari”. Questo avamposto di civiltà è nato da un caso doloroso, una storia di sla  e di amore verso il mare. Gaetano Fuso, un giovane salentino, amante del mare, poliziotto di professione e di stanza a Roma, è stato colpito a 37 anni dalla Sla. Con determinazione vedendo le sue condizioni neurodegenerative e invalidanti peggiorare ha riunito un gruppo di amici e li ha impegnati a realizzare il sogno: immergersi ancora in mare nonostante la dipendenza da dispositivi medici salvavita.

E’ nata così l’associazione Io Posso che ha portato nelle acque di San Foca persone tracheostomizzate e non solo fare il bagno al mare in piena sicurezza. “E’ la nostra ottava stagione balneare – prosegue con orgoglio Damiano – Gaetano è morto ma il suo sogno si è avverato: un accesso al mare libero e attrezzato per l’uso di persone affette da disabilità anche molto gravi. Qui c’è personale specializzato, box infermieristico, postazioni super accessibili, gazebo dotato di colonnine per l’energia elettrica per  i macchinari. Ad aiutare i volontari ci sono a rotazione poliziotti delle fiamme gialle, in onore del loro ex collega. C’è il supporto della Asl di Lecce, della città di Melendugno e dell’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica“.

Sofao

Oltre alla Job ci sono altri ausili speciali  come la Sofao un lettino per tetraplegici che dalla spiaggia va in acqua e consente il bagno al mare per le persone costrette a vivere a letto, insieme al lettino scende in acqua anche un piccolo canotto dove vengono posizionati i macchinati e i tubi per chi deve restare attaccato per respirare. Si possono fare donazioni, bomboniere solidali, 5 per mille e altre modalità di sostegno.

Quanti posti ci sono così in Italia? “A Sant’Antioco in Sardegna con l’associazione Le Rondini, a Punta Marina a Ravenna con l’associazione Insieme a te e da questa estate anche a Gallipoli in Salento presso l’ecoresort Le Sirenè che ci ha messo a disposizione uno spazio per duplicare l’esperienza di San Foca“. Quattro lidi in tutta Italia per disabili gravi, questo il totale ad oggi. Si rischia un ghetto? “Purtroppo – ci risponde Damiano – non lo vogliamo noi, nello stabilimento accanto villeggianti hanno persino chiesto di coprire in qualche modo lo spazio per non vedere i malati“. (Ansa.it)

Le vele di Sara contro l’autismo

Ogni tanto ci sono storie di persone che è bello conoscere. Ci fanno capire molte cose e ce ne insegnano di più ancora. Come la Storia di Sara, bambina autistica, che vi riporto qui di seguito.  Amore e coraggio, in due parole.
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Sara contempla il mare e sorride. Sara, dieci anni a luglio, nuota nel mare e rifiorisce. Sì proprio quel mare che Platone, 400 anni circa prima di Cristo, diceva lavasse i mali degli uomini. Sara è autistica e vive in un mondo tutto suo che non riesce a condividere con gli altri. Chiusura autistica, la chiamano gli specialisti, ovvero la tendenza di chi soffre per questo disturbo intellettivo a isolarsi ignorando il mondo e le persone che lo circondano. Una porta chiusa e miliardi di chiavi da provare. Senza mai darsi per vinti. Senza rinunciare a nessun tentativo. Giorno dopo giorno fino a vedere un leggero guizzo, una luce nuova negli occhi di quella figlia misteriosa.

 

Eusebio e Sara a bordo di Adagio Blu

Eusebio e Sara a bordo di Adagio Blu

«Nello stesso istante in cui ho scoperto che il mare era la chiave delle emozioni di mia figlia», racconta Eusebio Busé, papà di Sara, 40enne ligure di origine, piemontese di adozione, «ho deciso che sarebbe stato la mia casa, la nostra casa». Eusebio, addetto alla qualità di Michelin, ha venduto la sua abitazione e a maggio del 2012 ha comprato una barca di 11,5 metri, un’Oceanics 370, dove trascorrere l’esistenza. «Sara è dotata di un’acquaticità sorprendente», racconta orgoglioso Eusebio, «riesce a immergersi fino a quattro metri… ma soprattutto, quasi fosse un miracolo marino, la distesa d’acqua la stimola, la fa aprire e interagire con il mondo». La società degli altri, quella degli adulti e quello dei ragazzi con o senza disabilità. Adagio blu, questo il nome dell’imbarcazione acquistata in Francia nei cantieri Beneteau, è diventata presto il punto d’incontro di una comunità. «Ad agosto 2012 ho fondato l’associazione Hakuna Matata (“Senza pensieri” in Swahili) al cui interno si sviluppa il progetto S.a.r.a, acronimo per Sostegno ai ragazzi autistici». La barca, ancorata al porto di Loano che mette a disposizione anche i locali per le manifestazioni, viene data in comodato d’uso all’associazione che la utilizza per far vivere una giornata di mare alle famiglie con bambini con disabilità.

«Quasi fosse una terapia», spiega Busè che nel progetto ha coinvolto anche gli esperti del servizio di Neuropsichiatria infantile di Cuneo, «riusciamo a portare un po’ di serenità a questi bambini. E’ un’emozione impagabile poter guardare negli occhi felici un bimbo con disabilità intellettive seduto al timone della barca quando dispieghiamo i 135 metri quadri di vela. Si sente realmente importante, fiero e allo stesso livello degli altri membri dell’equipaggio». La magia della galleggiabilità, la chiama Busè, il fascino che un guscio di noce o un grande veliero producono su piccoli e adulti, il pensiero di essere in balia delle onde e di uno sterminato mare e allo stesso tempo sentirsi protetti da quel piccolo involucro di vetroresina. Sentirsi un vero equipaggio, il tutti per uno e uno per tutti se volessimo dirla alla maniera di Dumas (padre), che permette di condividere le emozioni e di sentirsi una famiglia.

«Le prime volte che portai mia figlia in barca lo feci perché volevo condividere con lei le emozioni del mare, quasi fosse un campeggio marittimo», confessa Busé. «Ci sono riuscito e ne sono stato ripagato tanto che ora voglio, attraverso l’associazione, far ripetere le esperienze ad altre famiglie, aiutarle a vivere qualche momento di serenità tutti insieme. E’ sorprendente vedere come, durante alcune manifestazioni che organizziamo (la prossima è domenica 30 giugno 2013 a Loano: info 339.4393029, hakunamataloano@gmail.com), le differenze si annullino. Un giorno una signora venne da me e mi chiese “ma quali sono i bambini con problemi?” Non li riconosceva in quella torma di ragazzi. Avevo vinto, ragazzi con e senza disabilità si erano mescolati in maniera tale che nessuno poteva fare distinzioni».

Il mare (e non solo) alla portata di tutti: job chair

Frequentemente poter vivere una spiaggia piuttosto che percorrere un sentiero poco usuale rappresenta, per una persona con necessità speciali, un ostacolo difficilmente superabile.
Vi propongo di dare uno sguardo a questo ausilio che permette di affrontare “terreni” che di solito si trovano in zone di svago, villeggiatura e turismo.

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J.O.B. Chair è una sedia per il trasporto di disabili ed anziani adatta al mare, alla neve o al trekking off-road.
E’ munita, infatti, di una coppia di ruote studiate per il trasporto agevole su tutti i tipi di fondo (sabbia, ciottoli, neve).
Permette di entrare in acqua restando comodamente seduti poiché è costruita con materiali in lega che non temono l’attacco della salsedine. E’ completamente disassemblabile per il trasporto anche in veicoli di piccole dimensioni.
J.O.B. Chair è inoltre facile e divertente da usare: è la soluzione ideale per gli impianti balneari, stazioni sciistiche e campeggi non provvisti di attrezzature per l’agevole soggiorno di persone con problemi di mobilità temporanea e permanente.

Caratteristiche tecniche
Ruote diametro 44 cm – pneumatiche estraibili
Smontabilità: schienale, poggiapiedi, supporto anteriore, ruote
Ingombro telaio smontato: 90X45X30 (escluso ruote)
Telaio in Alluminio
Trattamenti superficiali: Trattamenti galvanici e verniciatura a polveri epossidiche

La J.O.B. Chair è prodotta dalla Neatech, azienda che progetta e realizza soluzioni semplici ed efficaci per la mobilità, basate sull’innovazione tecnica e stilistica.

di Giovanni Cupidi