Agevolazioni fiscali disabili 2021: regole e guida aggiornata dalle Entrate

Sul portale dell’Agenzia entrate è disponibile il documento di dettaglio delle agevolazioni fiscali spettanti per i soggetti colpiti da disabilità, aggiornato al mese di maggio 2021. La guida alle agevolazioni fiscali disabili 2021 affronta le misure di favore per le persone con disabilità, specificandone destinatari, modalità di calcolo e documenti richiesti.

Due sono le macro-sezioni:

Agevolazioni per il settore auto;

Altre agevolazioni, come detrazioni per figli a carico o per interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.

Analizziamo i principali aspetti trattati dalla guida, anticipando che le misure di favore possono estendersi anche ai familiari che hanno fiscalmente a carico il portatore di handicap ed hanno altresì sostenuto la spesa interessata dall’agevolazione.

Agevolazioni fiscali disabili 2021: la guida aggiornata

Il documento aggiornato a maggio 2021, a cura dell’Agenzia delle entrate, fornisce il dettaglio delle agevolazioni fiscali spettanti ai portatori di handicap o loro familiari.
La guida è disponibile accedendo al portale dell’Agenzia delle Entrate, sezione “Aree tematiche – Agevolazioni per le persone con disabilità”.

Scaricabile anche in formato pdf, il documento si divide in “agevolazioni per il settore auto” ed “altre agevolazioni”. Queste ultime comprendono:

Detrazione per figli a carico;

Spese sanitarie;

Detrazione per addetti all’assistenza a persone non autosufficienti;

IVA ridotta per i mezzi di ausilio ed i sussidi tecnici e informatici;

Altre agevolazioni per i non vedenti;

Eliminazione delle barriere architettoniche;

Detrazione per polizze assicurative;

Imposta agevolata su successioni e donazioni.

Scarica la guida completa in pdf

Agevolazioni fiscali disabili 2021 per il settore auto

Con esclusivo riferimento alle agevolazioni fiscali legate al settore auto, queste comprendono:

Detrazione del 19% della spesa sostenuta per l’acquisto di mezzi di locomozione, calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro (ivi compresi i costi di riparazione straordinaria);

IVA ridotta al 4% sull’acquisto di autovetture nuove o usate con cilindrata non superiore a 2.000 centimetri cubici (se a benzina o ibride), 2.800 centrimetri cubici (diesel o ibrido) ovvero potenza non eccedente i 150 kW con motore elettrico;

Esenzione dal bollo auto (valgono gli stessi limiti di cilindrata o potenza indicati per l’IVA ridotta);

Esenzione dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà.

In particolare, possono accedere alle misure di favore appena citate:

Sordi e non vedenti;

Disabili con handicap psichico o mentale e titolari dell’indennità di accompagnamento;

•con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni;

•con ridotte o impedite capacità motorie.

Le agevolazioni fiscali possono spettare:

Direttamente al soggetto affetto da disabilità;

In alternativa, al familiare che ha fiscalmente a carico il disabile ed ha altresì sostenuto la spesa nell’interesse di quest’ultimo.

Si ricorda che per essere considerato “a carico” chi è affetto da handicap deve possedere un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro. Il limite è stato elevato 4.000,00 euro, dal 1° gennaio 2019, per i figli di età non superiore a 24 anni.

Nel calcolo del tetto reddituale non si deve tenere conto dei redditi esenti quali, ad esempio:

Pensioni sociali;

Indennità (come l’accompagnamento);

Pensioni ed assegni erogati a ciechi civili, ai sordi ed invalidi civili.

Agevolazioni fiscali disabili 2021: detrazione per figli a carico

Nell’ambito delle “Altre agevolazioni” la guida dell’Agenzia entrate analizza in primis le maggiorazioni previste in tema di detrazioni per figli a carico, nel caso in cui a questi venga riconosciuto uno stato di disabilità ai sensi della Legge numero 104/1992.
Le detrazioni – base riconosciute per i figli pari a:

220,00 euro se di età inferiore a tre anni;

950,00 se di età pari o superiore a tre anni;

aumentano di 400 euro in presenza di handicap.
Al fine di ottenere l’ammontare effettivo della detrazione il dato – base (equivalente pertanto a 1.620,00 o 1.350,00 euro a seconda dell’età del figlio) dev’essere poi moltiplicato per il coefficiente ottenuto con la seguente operazione:
(95.000 – reddito complessivo del beneficiario la detrazione) / 95.000.
Nel caso in cui i figli siano più di uno, l’importo di 95.000 euro dev’essere aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo.

Agevolazioni fiscali disabili 2021: detrazione per addetti all’assistenza

Beneficiano di una detrazione IRPEF pari al 19% le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza del disabile nel compimento degli atti della vita quotidiana.
La detrazione dev’essere applicata su una spesa non superiore a 2.100 euro, a patto che il reddito complessivo del contribuente non sia superiore a 40.000 euro.
La misura è estesa altresì al familiare che sostiene le spese in parola, anche nell’ipotesi in cui il soggetto da assistere non sia fiscalmente a carico.

Agevolazioni fiscali disabili 2021: IVA ridotta per i mezzi di ausilio

È riconosciuta un’aliquota IVA del 4% (anziché del 22%) per l’acquisto di mezzi necessari all’accompagnamento, alla deambulazione ed al sollevamento dei disabili.
Si citano ad esempio:

Servoscala o piattaforme elevatrici;

Protesi ed ausili per menomazioni di tipo funzionale permanenti;

Protesi dentarie, apparecchi di ortopedia e oculistica;

Apparecchi per facilitare l’audizione ai sordi.

Agevolazioni fiscali disabili 2021: eliminazione di barriere architettoniche

Gli interventi di ristrutturazione edilizia:

Eseguiti per eliminare le barriere architettoniche (ad esempio montacarichi ed ascensori);

Per la realizzazione di strumenti che, attraverso la comunicazione o la robotica siano idonei a favorire la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di handicap grave;

possono accedere ad una detrazione IRPEF pari al 50%, da calcolare su un importo massimo di 96.000 euro.
Per i costi sostenuti a decorrere dal 1º gennaio 2022 la detrazione scende al 36%, da applicare su una spesa non superiore a 48 mila euro.

Disabilità: Lavoratrici caregiver a rischio licenziamento

Essere un caregiver familiare oggi è decisamente drammatico, specie se si è donne: madri, mogli, sorelle di persone con disabilità, in molti casi di persone con malattie rare e croniche gravemente invalidanti, o di persone anziane non autosufficienti. Parliamo di una stima di 7milioni di persone in Italia, per la stragrande maggioranza donne.

Lo Sportello Legale dell’Osservatorio Malattie Rare riceve continue richieste di aiuto: “Hanno utilizzato tutti i permessi (104 e non), tutte le ferie, i congedi, perfino l’aspettativa”, spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale. “Se non sono collocabili in smart working? Se i loro familiari non possono assolutamente rischiare il contagio Covid, che fare? E quando i familiari devono essere assistiti h24 e non è più possibile affidarli a strutture semiresidenziali o caregiver professionisti non ancora vaccinati? Dal DPCM 2 marzo 2021, l’ultima misura prevista dal Governo, nessuna risposta per queste persone. Quanti di loro (e quante donne soprattutto) perderanno il posto?

La situazione dei lavoratori fragili ad oggi è drammatica, perché la maggior parte delle misure di tutela introdotte nella prima fase dell’emergenza sanitaria non sono state rinnovate”, si legge in un comunicato di Omar Osservatorio Malattie Rare. “Il DPCM 2 marzo non menziona alcuna proroga rispetto alle originali tutele previste dal Decreto Cura Italia che permettevano ai lavoratori fragili di assentarsi dal lavoro, men che meno prevede forme di tutela per i cargiver familiarei. Il ricorso allo smart working è solo fortemente raccomandato, ma nessun obbligo legale è previsto in nessun caso.

Resta attivo solo il congedo parentale straordinario per i genitori dipendenti in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza (in zona rossa sostanzialmente) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado”, prosegue il comunicato Omar. “Lo stesso Congedo è stato previsto per i genitori di figli in situazione di disabilità grave – riconosciuta ai sensi dell’Art. 3 comma 3 della Legge 104/92 – in caso di sospensione della didattica in presenza di scuole di ogni ordine e grado o in caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza. Il congedo prevede il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dalla normativa precedente.”

Gli unici specifici riferimenti alla disabilità del DPCM 2 marzo riguardano le attività sociali e socio-sanitarie (da svolgere secondo i piani territoriali e seguendo i protocolli previsti), la deroga al distanziamento sociale per le categorie effettivamente impossibilitate a rispettarlo e la possibilità di svolgere sempre attività motoria all’aperto per queste stesse categorie”, riporta la nota. “A questo si aggiunge la novità, forse l’unica davvero positiva, introdotta dal comma 5 dell’Art. 11, che introduce – per i soli territori in ‘zona gialla’ – una deroga fondamentale all’assistenza da parte di caregiver per gli accessi a visite mediche e ai pronto soccorso per persone affette da grave disabilità. Gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono ora accedere al pronto soccorso insieme al paziente.

Stando alla norma il caregiver, inoltre, può prestare assistenza anche nel reparto di degenza, ma unicamente nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura. Il che potrebbe implicare una certa discrezionalità rispetto alla possibilità di restare con il proprio familiare durante tutto il ricovero.

Al DPCM 2 marzo seguirà il Decreto Legge ‘Sostegni’, che dovrebbe prevedere – secondo le bozze non ufficiali circolate nei giorni precedenti – un articolo dedicato alla tutela dei lavoratori fragili. Nulla – conclude il comunicato – è previsto, ancora una volta, per i caregiver, sempre più invisibili agli occhi del mondo. Specie se donne.

(clicmedicina.it)

Nuovo servizio INPS: Arriva il Q-CODE

Disabilità e invalidità civile, l’INPS ha introdotto un nuovo servizio per accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice.

Disabilità, l’INPS ha introdotto un nuovo servizio che consente di attestare lo status di invalido direttamente dallo smartphone o dal tablet, senza bisogno del verbale sanitario. Si tratta del QR-Code dell’invalidità civile. Come si legge nel messaggio pubblicato dall’INPS, le persone con disabilità, grazie a questo strumento innovativo, possono accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice e veloce.

QR-Code dell’invalidità civile, nuovo servizio INPS

Il QR-Code è un particolare codice a matrice in grado di memorizzare informazioni leggibili e interpretabili da dispositivi mobili. È in grado di garantire informazioni sempre attendibili in quanto è associato all’interessato, e non a uno specifico verbale, ed è sempre aggiornato a seguito di verbali definitivi di prima istanza, aggravamento, revisione, verifica straordinaria e autotutela.

Disabilità, come fare per ottenere il nuovo QR-Code?

Occorre collegarsi al servizio online “Generazione QR-Code invalidi civili per attestazione status“, sul portale dell’Istituto, accedendo con le proprie credenziali.
Il servizio genera automaticamente e in tempo reale il QR-Code, direttamente in formato pdf. Il codice può essere stampato, inviato, salvato sul computer o dispositivo mobile ed esibito quando è necessario per accedere alle agevolazioni.

I gestori dei servizi, per controllare lo stato di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità o handicap, possono leggere il codice tramite un qualsiasi lettore di QR-Code. Per la concessione di alcune particolari agevolazioni, che richiedano il giudizio sanitario e il grado di invalidità civile con l’eventuale percentuale, è possibile ottenere anche un esito più approfondito. In questo caso i gestori devono inquadrare il QR-Code, autenticarsi con le proprie credenziali e inserire il codice OTP, che il sistema in automatico genererà e invierà sul numero di cellulare dell’interessato.
Qui potrete trovare la brochure illustrativa messa a disposizione dall’INPS e un video tutorial.

(scuolainforma.it)

Invalidi e disabili significati e differenze per la legge italiana

Punto in comune di entrambe le situazione è l’indispensabilità di una visita di accertamento che certifichi nero su bianco la condizione dell’interessato.


Precisiamo subito che invalidità e disabilità sono due condizioni molto diverse e che non possono essere accomunate. Lo sono sia dal punto di vista della persona che ne è colpita, ma anche sotto il profilo delle agevolazione fiscali e non che è possibile ricevere.

Non a caso le disposizioni legislative di riferimento sono differenti. In linea di massima si parla di invalidità in relazione alle persone con menomazioni fisiche, intellettive e psichiche con una permanente incapacità lavorativa non inferiore a un terzo.
La disabilità richiama invece la difficoltà d’inserimento nella società e nella vita di tutti i giorni per via della presenza di una patologia o di una menomazione. Nel primo caso una delle norme di riferimento è la 118 del 1971, nel secondo la legge 104 del 1992. Punto in comune di entrambe le situazione è l’indispensabilità di una visita di accertamento che certifichi nero su bianco la condizione dell’interessato.
Anche se le procedure da seguire sono simili, le visite mediche di accertamento sono diverse e il riconoscimento di un stato non implica anche l’altro.

A dirla tutta, la normativa italiana riconosce lo stato di handicap. Ed è proprio nella legge 104 che troviamo il significato di questo termine, diverso sia dalla disabilità (con cui ci sono punti in comuni) e sia dall’invalidità.
Secondo questa norma, la persona affetta da handicap è quella che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Vediamo meglio i dettagli ovvero

Invalidità: significato e differenze con disabilità per la legge italiana

La certificazione dell’invalidità fa riferimento alla capacità lavorativa della persona mentre quella della disabilità alla difficoltà delle relazioni sociali di una persona. Non è un caso che il riconoscimento dell’invalidità può avvenire nella fascia d’età tra 18 anni e 66 anni e 7 mesi ovvero in quella lavorativa.
Lo status è accertato dalla commissione medica attiva nel distretto sociosanitario dell’Azienda sanitaria del paziente. Se la riduzione della capacità lavorativa è inferiore a un terzo (33%), il soggetto è dichiarato non invalido.
L’ordinamento italiano riconosce una condizione particolare di invalidità per la sordità e la cecità per cui occorre presentare una domanda differente.
La tutela del soggetto invalido si sostanza con agevolazioni sia di carattere economico e sia non economico ovvero di natura socio-assistenziale. Le facilitazioni sono collegati alla percentuale di invalidità:

•100%: qualifica di invalido totale e diritto alla pensione di inabilità

•75%: due mesi di contribuzione figurativa, fino a un massimo di cinque e qualifica di invalido parziale con accesso all’assegno di invalidità

•67%: esenzione dal ticket per le prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e per altre prestazioni; titoli di viaggio agevolati per i servizi di trasporto pubblico locale su strada

•51%: fruizione ogni anno di 30 giorni di congedo retribuito per effettuare cure connesse al proprio stato invalidante

•46%: requisito minimo per richiedere il riconoscimento di disabilità con la finalità di promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa

•34%: fornitura gratuita delle protesi, ortesi e ausili previsti dal nomenclatore-tariffario in rapporto alle singole menomazioni accertate

•33%: benefici per i quali è prevista la qualifica di invalido civile

Disabilità: significato e differenze con invalidità per la legge italiana

Anche nel caso della disabilità è una commissione medica a effettuare la valutazione, ma è finalizzata al riconoscimento della difficoltà d’inserimento sociale dovuta alla malattia o alla menomazione e non all’impossibilità di lavorare.
Come anticipato, la principale normativa di riferimento è la legge 104 che descrive il soggetto disabile come colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
Anche in questo caso non mancano le facilitazioni economiche e non, ma che hanno un fine differente rispetto a quelle previste per gli invalidi. Si tratta di

•detrazioni fiscali per familiari a carico

•detrazioni fiscali per spese mediche e di assistenza

•agevolazioni per l’acquisto autoveicolo proprio

•tre giorni di permesso mensili anche frazionabili in ore oppure permessi orari retribuiti rapportati all’orario giornaliero di lavoro

Solo ai disabili è riconosciuto il contrassegno di parcheggio ovvero il pass disabili rilasciato dal comune di residenza che lo autorizza a circolare in zone a traffico limitato e a parcheggiare negli spazi riservati. Il certificato ha validità di 5 anni e il rinnovo avviene con la presentazione del certificato del medico curante.

(businnessonline.it)

Invalidi, un aumento tira l’altro. L’impegno del governo per i disabili

A settembre in Consiglio dei ministri la legge delega per il nuovo Codice con un approccio multilivello

Mattia e Christian sono due ragazzoni di 29 anni. La voglia di lavorare non gli mancherebbe, ma ogni volta che si prospetta qualche – peraltro rara – possibilità, l’assunzione per loro non si concretizza mai. «Pesano i loro deficit cognitivi, soffrono di una forma di autismo dalla nascita e nonostante un’invalidità del 75% uno e del 78% il fratello gemello, il collocamento obbligatorio non ha mai funzionato», spiega la mamma Carla Abruzzese. «Così loro finiscono per avere solo l’assegno di invalidità di 287 euro al mese. E non avranno diritto neppure all’aumento sollecitato dalla sentenza della Corte costituzionale che è riservato solo a chi ha un’invalidità del 100%».
Per questa madre si tratta di «un’ingiustizia, perché di fatto pur con una disabilità considerata non-totale, i ragazzi non hanno possibilità reale di lavorare, guadagnare, diventare autonomi o almeno compartecipare al loro mantenimento. Noi in famiglia siamo in sei e solo mio marito lavora come operaio, mentre io pur essendo maestra non ho mai potuto insegnare, dovendo assistere i miei gemelli, soggetti spesso anche a crisi epilettiche. Vi assicuro che è difficilissimo far quadrare i conti…». E se 287 euro al mese sono una cifra «innegabilmente, e manifestamente, insufficiente» ad assicurare agli interessati il «minimo vitale», come hanno stabilito i giudici costituzionali nella sentenza 152, «questo è altrettanto vero anche per chi, come i miei figli, non ha un’invalidità al 100% ma comunque forti limitazioni eppure avrebbe diritto a vivere dignitosamente».
Una storia esemplare, quella di questa famiglia di Vecchiano (Pisa), che rende esplicita la richiesta emersa da tempo da parte delle associazioni di persone con disabilità di non limitarsi all’aumento delle pensioni secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ma rivedere tutto il sistema delle prestazioni reddituali per le invalidità.
E, per la prima volta, ora il governo apre più di uno spiraglio in questa direzione. «Sono situazioni, quelle delle invalidità parziali che abbiamo ben presenti – risponde ad Avvenire Giuseppe Recinto, consigliere del Presidente del Consiglio in materia di disabilità –. La nostra intenzione è di andare oltre l’incremento a 648 euro al mese già deciso per gli invalidi totali, e stabilire un incremento significativo delle provvidenze anche per chi attualmente ha tra il 75 e il 99% di disabilità».
Un aumento su cui, assicura Recinto, c’è «l’impegno personale del presidente del Consiglio Giuseppe Conte a verificarne la fattibilità e per il quale stiamo cercando le risorse in vista della legge di bilancio di quest’anno». L’idea su cui si sta orientando il governo è quella anche di modificare il sistema di accertamento delle disabilità e, in prospettiva, di abbandonare l’attuale sistema di classificazione percentuale.
«Siamo ormai a buon punto nell’elaborazione della legge delega contenente un nuovo Codice delle persone con disabilità che, con il presidente Conte, speriamo di portare all’approvazione in uno dei primi Consigli dei ministri alla ripresa delle attività a settembre», spiega Recinto. Un nuovo Codice che abbandonerà la logica meramente socio-sanitario alla disabilità «per assumere, in coerenza con la convenzione Onu, un approccio più complessivo al tema, multilivello – spiega ancora il consigliere di Palazzo Chigi, che è anche docente di Diritto privato alla Federico II di Napoli –. In questo quadro, si intende superare la classificazione a percentuale, favorendo invece una valutazione maggiormente personalizzata, un esame degli effettivi bisogni, ma anche potenzialità, della singola persona. E quindi di quali tutele quella persona abbia necessità e nel contempo di quali potenzialità possa essere favorito lo sviluppo».
Altri capitoli qualificanti del Codice, infatti, dovrebbero essere quelli del superamento delle attuali disomogeneità territoriali nello sviluppo dell’«autonomia possibile» della persona con disabilità, la de-istituzionalizzazione favorendo la possibilità per le famiglie di assistere le persone con invalidità e un potenziamento di quanto già previsto con la legge sul «Dopo di noi» approvata nella scorsa legislatura. Su quest’ultimo punto è già stato aperto un tavolo con i notai, mentre sul Codice il confronto continuerà con il mondo associativo.
«Il rapporto con le associazioni, a partire da Fish e Fand, è buono e proficuo – conclude Recinto –. Il loro motto a proposito dei disabili è “Nulla su di noi senza di noi”. Il governo lo rispetta e anzi ci si riconosce».
Intanto, con la – si spera prossima – pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo finale del decreto Agosto si avvierà l’iter per l’incremento a 648 euro mensili delle pensioni per invalidi, ciechi e sordi totali. Le stime del governo parlano di 470mila persone interessate. Al lordo dei tetti di reddito, se tutti ne beneficiassero l’aumento della spesa potrà arrivare fino a un massimo di 2,2 miliardi l’anno. L’Inps, una volta verificati i requisiti reddituali, procederà in automatico al pagamento dei nuovi importi e degli arretrati a valere dal 20 luglio.

(avvenire.it)

Aumento pensioni di invalidità: tutte le ultime novità nel decreto Agosto

Con la bozza del decreto legge di Agosto, arrivano alcune novità per quanto riguarda l’aumento delle pensioni di invalidità, soprattutto per gli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti a partire dai 18 anni invece che dai 60 anni. Al momento ricordiamo che dopo la sentenza della consulta del 23 giugno 2020 dal mese di agosto per gli inabili al lavoro scatta l’aumento dagli attuali 286,81 euro ai 516 euro mensili.

Aumento Pensioni di invalidità: nel DL agosto diminuisce l’età minima a 18 anni

Per prima cosa ricordiamo ancora una volta che al momento l’aumento delle pensioni di invalidità spetta soltanto agli invalidi civili con una percentuale del 100% e entro una certa soglia di reddito: i 516 euro al mese scattano soltanto entro un reddito annuo personale di 6.713,98 euro, mentre per il momento resta uguale l’assegno per tutti coloro con un reddito compreso tra i 6.713,98 fino ai 16.982,49 euro annui.
La novità più importante che si può leggere nella bozza del Decreto legge di Agosto però riguarda l’età minima. Infatti stando a quanto si legge nella bozza avranno diritto alla maggiorazione sociale della pensione gli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti a partire dai 18 anni senza dover aspettare i 60 anni. L’età minima necessaria era già stata abbassata nel 2001 passando da 70 a 60, mentre ora potrebbe fare un salto d

Decisamente maggiore e scendere ancora fino ai 18 anni. Per la sentenza della consulta infatti: E’ irragionevole il requisito anagrafico stabilito dalla legge: non è logico rimandare il cosiddetto incremento dal momento che le minorazioni psico-fisiche non dipendono dall’invecchiamento ma derivano a monte da una condizione patologica intrinseca.

Nel decreto di Agosto sono stati previsti 48 milioni di euro per l’anno 2020.

Isee, nuovo metodo danneggia i disabili: “Pensioni invalidità assimilate a stipendi”

Le associazioni per i diritti delle persone con disabilità hanno presentato tre ricorsi al Tar contro l’aggiornamento del metodo di calcolo dell’indicatore indispensabile per accedere a prestazioni sociali agevolate. Chi riceve assegni e altre indennità risulta in molti casi “ricco” e perde il diritto a ulteriori aiuti o l’accesso alle case popolari

Stop al nuovo Isee. La protesta dei famigliari delle persone disabili va avanti da mesi. La revisione dell’Indicatore della situazione economica equivalente rischia infatti di sfavorire soprattutto chi è in condizioni più gravi. Le novità sono state approvate dal governo a fine 2013, ma sono entrate in vigore solo a inizio 2015, dopo che a novembre un decreto del ministero del Lavoro ha predisposto i nuovi modelli per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee. A essere coinvolti dalle modifiche sono milioni di persone, visto che la dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso aprestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. L’Isee è stato ripensato anche per rendere il modello meno permeabile a elusionie abusi. Ma ora sfavorisce i disabili più gravi. Queste almeno le accuse di diverse associazioni, che hanno presentato ben tre ricorsi al Tar, la cui sentenza è attesa a breve.

In particolare, tra gli aspetti più criticati c’è il fatto che i contributiricevuti a fine assistenziale devono essere conteggiati nel reddito. Sebbene il decreto del 2013 prevedesse di prendere in considerazione tutti i trattamenti pensionistici, le indennità e gliassegni percepiti, il modello approvato a dicembre indica esplicitamente solo gli aiuti erogati dall’Inps, come le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento. Rimangono pertanto esclusi nel computo del reddito i contributi erogati dagli enti locali, come per esempio quelli per la rimozione delle barriere architettoniche, per i progetti di vita indipendente, per il trasporto o lasocial card. Un cambiamento in corsa che si è reso necessario forse proprio per rispondere ad alcune delle contestazioni mosse nei ricorsi.

Ma questo non basta a chi si è rivolto alla giustizia amministrativa: “E’ assurdo dal punto di vista giuridico che tali entrate vengano equiparate al reddito da lavoro – sostiene Silvana Giovannini, referente del coordinamento Disabili Isee No Grazie -. Disabilità e lavoro sono la stessa cosa?”. E non è sufficiente a placare le polemiche una serie difranchigie – comprese tra 4mila e 9.500 euro in base a gravità della disabilità e a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne – previste proprio per abbattere la parte di reddito derivante dai contributi di tipo assistenziale. “Io sono madre di un ragazzo costretto a letto che ha diritto a due indennità, come invalido civile e come non vedente – racconta Chiara Bonanno, una delle coordinatrici di Stop al nuovo Isee, altra realtà che è ricorsa al Tar -. Ora questi soldi faranno reddito e avranno conseguenze sulla mia richiesta di affitto agevolato nelle case popolari, nonostante abbia lasciato il lavoro per assistere mio figlio. Noi siamo considerati più ricchi rispetto a una famiglia senza handicap, con una madre vedova e un figlio che risultino senza occupazione, magari perché lavorano in nero. Il problema è questo”.

Altro punto sotto accusa è il tetto da 5mila euro per le spese che si possono detrarre nel calcolo dell’Isee, come quelle mediche o per l’acquisto di cani guida. “Anche questa è una illegittimità palese – continua Giovannini -. Una persona disabile di solito è costretta dalle sue condizioni a cure particolari e costose”. Per la richiesta di prestazioni sociosanitarie il nuovo Isee dà poi la possibilità ai disabili maggiorenni, senza coniuge e senza figli, che vivano con i genitori, di indicare un nucleo famigliare ristretto, composto dalla sola persona con disabilità senza i genitori. Un vantaggio che non hanno invece i disabili minorenni. E nemmeno i disabili anziani, che nel calcolo del loro reddito devono considerare anche quello di coniugi e figli non conviventi. “Se parliamo di non autosufficienza – sostiene Giovannini – non fa differenza essere minorenni o meno. Perché un disabile minorenne o anziano devono essere penalizzati? Non si possono considerare in modo diverso stati di disabilità identici”. “Facendo così lo Stato dice che un anziano non autosufficiente è un problema della famiglia, non dello Stato stesso”, aggiunge Bonanno.

La battaglia al Tar contro il nuovo Isee va di pari passo a quella da portare avanti negli enti locali per l’innalzamento delle soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate. Il rischio, altrimenti, è uno. “L’esclusione dai servizi essenziali di persone con disabilità gravi e non autosufficienti e con un reddito molto basso”, dice Giovannini. Un rischio reale anche secondo Carlo Giacobini, direttore della testata onlineHandyLex.org, che dopo avere eseguito una serie di simulazioni spiega: “Nella maggior parte dei casi con il nuovo Isee, ferme restando le soglie di accesso ai servizi, non cambia molto. E in certi casi ci sono pure dei miglioramenti. Ma per chi ha disabilità più gravi e ha quindi diritto a indennità plurime, il nuovo sistema rischia di essere svantaggioso. E questi sono proprio coloro che avrebbero più bisogno di tutele, come i pluriminorati con nuclei famigliari ristretti. Elementi di svantaggio ci sono pure per i non vedenti e per gli invalidi sul lavoro”.
(ilfattoquotidiano.it)

di Giovanni Cupidi

Disabilità: tagliare gli sprechi veri

Quanto spreca l’Italia per l’accertamento dell’invalidità? E quanto deriverebbe in termini di risparmio dalla semplificazione amministrativa? 

È l’oggetto di una elaborazione propositiva che la Federazione per il Superamento dell’Handicap invierà nei prossimi giorni ai Ministeri della Salute, della Funzione Pubblica, del Lavoro e delle politiche sociali, e dell’Economia.L’intero ambito della disabilità è regolamentato da norme disorganiche prive, fra l’altro, di attenzione ai costi dell’impianto di valutazione e di verifica delle condizioni soggettive. Nelle norme italiane si rinvengono numerosissime definizioni “medico-legali”, quasi mai sovrapponibili, legate ad altrettanti status. Per ciascuno status sono previste modalità diverse che innescano percorsi differenziati. Costi su costi, visite su visite, spesso inutili e superflue: si pensi che la legge prevede che al 18esimo anno di età qualsiasi persona con invalidità debba essere rivalutata, anche se affetta da una menomazione gravissima.Oppure si pensi alla moltiplicazione delle visite per poter accedere alla riabilitazione (una del medico territoriale, l’altra del medico della struttura convenzionata) o per ottenere il sostegno scolastico, o per iscriversi alle liste di collocamento. La FISH nella sua analisi evidenzia l’elevatissimo numero di operatori, in particolare medici, coinvolti nelle attività di accertamento, valutazione, verifica, conferma, controllo delle diverse condizioni sanitarie.
Ciò comporta un costo elevatissimo e non giustificabile, oltre che sottrarre risorse utili ad altri servizi e prestazioni. Ad esempio ogni Commissione ASL di accertamento di invalidità è composta da tre medici ASL (dipendenti o convenzionati), un medico INPS, un medico rappresentate delle Associazioni di categoria (a carico dello Stato). Per un totale di 5 medici. Ma i verbali rilasciati da questa prima commissione vengono poi verificati da una seconda commissione dell’INPS di uguale composizione.
Nel solo 2011 le domande di accertamento per invalidità (o handicap o disabilità) sono state 1.200.000 con altrettante valutazioni e relativi costi. La FISH riporta, fra gli esempi, il caso non infrequente dei bambini nati con una severa patologia congenita: prima dei venti anni di vita la persona viene visitata mediamente, per i motivi “fiscali” più disparati, 7 volte, con il coinvolgimento di 67 medici. E il numero può aumentare se la persona viene anche convocata a controlli straordinari.
A questo si aggiungano i costi spaventosi per i controlli straordinari sulle invalidità (800mila dal 2009 al 2011, altri 450mila nei prossimi tre anni). Si pensi che, solo per pagare medici esterni all’Istituto, la spesa INPS è passata da 9 milioni nel 2010 a 25 milioni nel 2011. E questa è solo una parte minima della spesa complessiva: 1.250.000 lettere di convocazione, le spese amministrative, i medici dipendenti coinvolti, i costi dell’assistenza dei Caaf e i successivi ricorsi.Infatti tale impianto normativo e burocratico è poi motivo di contenzioso. 325.926 sono le cause civili pendenti in materia di invalidità (Fonte: Corte dei Conti, Determinazione 91/2012), per un giro d’affari stimato – per legali, periti e patronati – in circa 2 miliardi di euro. E per non parlare della lentezza del sistema: fra la presentazione della domanda di accertamento e l’erogazione delle provvidenze economiche trascorrono in media 278 giorni per l’invalidità civile, 325 giorni per la cecità civile e 344 giorni per la sordità.

Ciò che tale situazione comporta – sorvolando sull’enorme disagio subito dai Cittadini – è meritevole di un intervento di semplificazione e di revisione immediata. È in questa direzione che la FISH proporrà una revisione dei criteri di valutazione di invalidità, un intervento normativo di revisione delle disposizioni vigenti per renderle omogenee, una massiccia semplificazione normativa che restituisca ai soli servizi pubblici territoriali il compito di valutare la disabilità in funzione dell’inclusione sociale e dell’autonomia personale.(fishonlus.it)

di Giovanni Cupidi

INVALIDITA’: NON CONTA IL REDDITO FAMIGLIARE MA QUELLO INDIVIDUALE

 Sono state sciolte le riserve sulla questione del limite reddituale da considerarsi per la pensione d’invalidità e inabilità. Lo ha chiarito in modo netto oggi il Consiglio dei Ministri, che ha infine deliberato che il reddito del coniuge non conta, ma va valutato solo il reddito dell’interessato. Si tratta di un chiarimento da tempo atteso, poiché la confusione interpretativa era grande. Tutto era partito con una circolare INPS del dicembre scorso (la n.149/2012), con la quale si indicava il reddito famigliare come riferimento reddituale al quale attenersi per avere o non avere diritto alla pensione di inabilità. A questo era seguita una alzata di scudi di tutto il mondo della disabilità, con il ritiro della circolare stessa. La questione era stata però “congelata” in attesa di intervento definitivo da parte del Governo. Intervento che con le dichiarazioni di oggi sembrerebbe chiudere la partita una volta per tutti. 

di Giovanni Cupidi

Corte Costituzionale: prestazioni assistenziali garantite agli stranieri anche senza carta di soggiorno di lungo periodo

Indennità di accompagnamento e pensione di inabilità vanno garantite anche ai cittadini stranieri con gravi disabilità che soggiornano legalmente nel nostro Paese: un diritto che non può essere subordinato al possesso della carta di soggiorno di lungo periodo. Lo ha ribadito una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 40, dichiarando illegittima la legge n. 388 del 23 dicembre 2000 nella parte in cui subordina l’erogazione delle prestazioni al requisito della titolarità della carta di soggiorno.

A sollevare la questione di legittimità erano stati i Tribunali di Urbino e Cuneo. Al primo si era rivolto un cittadino straniero al quale l’Inps aveva negato l’indennità di accompagnamento per il figlio, pur essendoci i requisiti sanitari, perché il ragazzo era privo della carta di soggiorno di lungo periodo. Al Tribunale di Cuneo, invece, aveva fatto ricorso un altro cittadino di un Paese non comunitario: la Commissione medica lo aveva riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e impossibilitato a muoversi senza l’aiuto di un accompagnatore, ma l’Inps aveva respinto le domande per ottenere la pensione di inabilità civile e l’indennità di accompagnamento, in quanto privo dello stato di lungo-soggiornante.

La Corte Costituzionale ha accolto le loro richieste pronunciandosi con una sentenza unica. «Richiamando anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte ha ribadito che persone con disabilità di Paesi non comunitari non possono essere discriminate in base alla loro cittadinanza – commenta l’avvocato Angelo Marra, coautore del volume “Disability studies” -. Al pari dei cittadini italiani, coloro che soggiornano nel nostro Paese, anche se privi della carta di soggiorno di lungo periodo, hanno diritto ad accedere a prestazioni come pensione di inabilità e indennità di accompagnamento. La prima spetta a chi ha una invalidità totale e permanente del 100% e non supera determinati limiti di reddito personali – chiarisce l’avvocato -, la seconda a chi, oltre ad essere invalido al 100%, è impossibilitato a compiere gli atti quotidiani della vita, per cui ha bisogno di un’assistenza continua».

Già in passato la Corte si era pronunciata definendo «manifestamente irragionevole» subordinare l’attribuzione di prestazioni assistenziali, che presuppongono uno stato di invalidità e disabilità, al possesso della carta di soggiorno di lungo periodo. «Per ottenere il suo rilascio, però, occorre avere un determinato reddito – fa notare Marra -. Al contrario, per accedere a una prestazione come la pensione di inabilità non bisogna superare una soglia minima. La sentenza della Corte, come tutte le altre sentenze emesse da quest’organo – chiarisce l’avvocato – ha efficacia erga omnes, cioè è valida per tutti i cittadini».

di Maria Giovanna Faiella

(corriere.it)