Niente assegno di invalidità se la persona disabile lavora

L’Inps ha fatto sapere che l’assegno mensile di invalidità “sarà liquidato solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario”. Si tratta di un cambio di passo rispetto al passato in cui l’Istituto di previdenza sociale riconosceva un’interpretazione estensiva alla norma, ammettendo al contributo anche chi svolgesse attività lavorativa senza superare il tetto massimo di 4.931 euro all’anno. Intanto, le associazioni criticano la scelta e chiedono un intervento delle istituzioni “per sanare questa stortura”.

L’assegno di invalidità sarà riconosciuto solo a chi non svolge alcun tipo di attività lavorativa. Il contributo mensile di circa 290 euro non sarà più erogato alle persone con disabilità non grave che lavorino, neanche se la retribuzione percepita non superi il totale annuo di 4.931 euro fissato come condizione per ottenere l’assegno.

È la novità introdotta dall’Inps che, in un messaggio del 14 ottobre, ha comunicato che l’assegno mensile di assistenza “sarà liquidato, fermi restando tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario“.

Insomma, l’inattività lavorativa diventa un requisito per ottenere il sostegno alla pari della stessa disabilità. E le conseguenze non sono certo da sottovalutare perché questo cambio di rotta significa che una persona con disabilità deve cercare di sopravvivere facendo affidamento sul solo contributo economico che non supera i 290 euro. Nel caso in cui, invece, trovasse un impiego lavorativo – seppur pagato poco – perderebbe il diritto all’assegno.

Assegno di invalidità solo per chi non lavora

In realtà è la stessa previsione normativa a stabilire come condizione per ottenere l’assegno di invalidità, il mancato svolgimento di attività lavorativa. L’articolo 13 della legge 118 del 1971 (modificato con la legge 247 del 2007), infatti, dispone che:

Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’articolo 12.

Il punto è che, fino ad oggi, era stata data un’interpretazione estensiva della norma nella parte in cui si riferiva all’inattività lavorativa. L’Inps, infatti, ammetteva al contributo economico anche persone con disabilità che svolgessero attività lavorativa purché fossero iscritte alle liste di collocamento mirato e a condizione che il lavoro non determinasse una retribuzione annua superiore a 4.931 euro, considerato il limite oltre il quale non si aveva più diritto all’assegno.

Il cambio di passo dell’Inps, in senso più restrittivo, si rifà a due pronunce della Corte di Cassazione secondo cui “il mancato svolgimento dell’attività lavorativa integra non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio“.

Le associazioni chiedono l’intervento del Parlamento

Un risparmio residuale per le casse dell’Inps, ma un impatto grave per molte famiglie. Commentano così la novità CoorDown, il Coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con Sindrome di Down e Uniamo, la Federazione delle Associazioni di persone con malattie rare. Parlano di “una scelta che in questi giorni sta gettando nello sconforto molte persone e molte famiglie“. E aggiungono: “Una scelta miope che sospinge le persone all’autoisolamento, alla rinuncia di percorsi di autonomia, di inclusione“.

Le conseguenze, secondo le associazioni, sarebbero allarmanti non solo per le singole persone con disabilità, ma anche per le loro famiglie: “L’impatto è grave per le persone con disabilità già a bassissimo reddito, per le loro famiglie, per la possibilità di svolgere lavori con orari limitati e magari con finalità più terapeutiche e socializzanti che di reale sostentamento“. Per questo, l’appello alle istituzioni, affinché Parlamento e governo intervengano “per sanare questa stortura a tutela dei più fragili, dei più poveri, dei più esclusi e anche per restituire un segnale positivo a favore dell’occupabilità delle persone con disabilità“.

(fanpage.it)

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Covid: Un miliardo di euro in pensioni che l’Inps risparmia ogni anno

Considerando l’alternativa, invecchiare è la miglior cosa che possa capitare nella vita. Possibilmente in salute. Sappiamo che purtroppo non va sempre così. In Italia ci sono 3 milioni di non autosufficienti (5% della popolazione) e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030. Parliamo di persone che non sono in grado di fare niente da soli e hanno bisogno di un accompagnamento. E allora proviamo a metterci nei loro panni: cosa devono fare per avere il sostegno a cui hanno diritto?

In Italia ci sono 3 milioni di non autosufficienti (5% della popolazione) e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030

Odissea tra uffici e sportelli

Per il riconoscimento di una invalidità al 100% perché non riesco a camminare, lavarmi, vestirmi né a mangiare senza l’aiuto di un accompagnatore, devo andare dal medico di famiglia che mi fa la certificazione, che poi invio all’Inps per ottenere un codice identificativo. Con questo codice vado a fare la visita medica all’Asl, e poi presento online la domanda. Ma se non ho dimestichezza posso rivolgermi ad un patronato. A questo punto il mio caso viene esaminato da una commissione presieduta da un medico Inps. Una volta ricevuto dall’Istituto di previdenza il verbale di indennità civile, compilo il modulo AP70 che mi consente di ricevere dalla stessa Inps l’indennità di accompagnamento di 522,10 euro al mese, indipendentemente dal reddito. Non ci sono dati ufficiali sui tempi di questo iter, ma le esperienze raccolte sul campo dicono che passano dai cinque ai sei mesi.

Una commissione diversa per ogni servizio

Da non autosufficiente ho poi bisogno di altre cose: un posto in una struttura diurna che mi ospita per sei/otto ore durante il giorno; dell’infermiere che viene a casa (si chiama Adi, e sta per Assistenza domiciliare integrata), oppure dei pannoloni. Devo quindi rivolgermi all’Asl, perché questi servizi sono finanziati dal Sistema sanitario nazionale. Ogni Regione, e perfino ogni Asl, è organizzata a modo suo. In linea di massima queste richieste passano da tre commissioni diverse dove un geriatra, uno psicologo, un infermiere e un medico di famiglia decidono se ho diritto o meno a quel che chiedo.

Se ho un reddito basso e nessun familiare in grado di occuparsi di me, e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti ad alzarmi dal letto, a vestirmi e a mangiare, mi reco agli sportelli dei Servizi sociali del Comune, dove un’altra commissione valuterà se mi spetta il voucher per pagare quello che in gergo tecnico è il Sad, ossia il Servizio di assistenza domiciliare. Ma sempre il Comune, oltre al servizio sanitario, può mettere a disposizione strutture semi-residenziali per trascorrere la giornata. Morale: se beneficio dell’indennità di accompagnamento dell’Inps, dell’assistenza domiciliare del Ssn e di servizi semi-residenziali del Comune devo passare da tre iter diversi. Ognuno con i suoi tempi e criteri di accesso. Un calvario per le famiglie che rende di per sé sfinente e disincentivante richiedere il sostegno che spetta.

Morale: se beneficio dell’indennità di accompagnamento dell’Inps, dell’assistenza domiciliare del Ssn e di servizi semi-residenziali del Comune devo passare da tre iter diversi

Sostegno solo a un anziano su due

Il quadro è così frammentato che nemmeno i ministeri competenti oggi possiedono una mappa completa della situazione reale: né sul tasso di copertura dei servizi, né sui costi perché le varie banche dati non comunicano tra loro. Una stima è appena stata realizzata dal Cergas-Bocconi. Gli anziani che ricevono l’indennità di accompagnamento sono 1,4 milioni, per una spesa pubblica di 8,8 miliardi di euro. Di questi 911 mila anziani beneficiano anche di servizi domiciliari: in 779 mila dall’Asl, mentre in 131 mila dal Comune. Per quel che riguarda l’assistenza presso i centri diurni, 270 mila anziani la ricevono nelle strutture semi-residenziali dei Comuni, mentre 24 mila dal sistema sanitario nazionale. La spesa pubblica totale per questi servizi è di 200 milioni. Il costo complessivo ammonta a 11,16 miliardi, che diventano 15,22 se ci aggiungiamo le case di riposo, dove sono ospitati altri 287 mila anziani.

Una spesa consistente per interventi che tuttavia raggiungono poco più del 50% degli anziani non autosufficienti e con servizi scarsi. Basti pensare che le ore di assistenza a domicilio con l’Adi sono in media 21 in un anno, mentre per il Sad la spesa media annua in voucher è di 2.090 euro. Di fatto la cura degli anziani viene scaricata sulle famiglie: sono 8 milioni i familiari che assistono non autosufficienti.

Per supplire alla mancanza di assistenza pubblica è stata fatta la legge 104 del 1992: i parenti fino al terzo grado possono prendere 3 giorni al mese di permesso retribuito per assistere la persona bisognosa assentandosi dal lavoro: da un lato ciò è insufficiente per chi è solo, dall’altro la norma si presta a una lunga serie di abusi difficilmente controllabili. Inoltre si aggiungono un milione di badanti, per una spesa complessiva di 6,8 miliardi. E quando le famiglie non sono in grado di pagare di tasca loro i servizi domiciliari o semiresidenziali, gli anziani finiscono ricoverati in modo improprio in ospedale.

Il Recovery Plan: gli investimenti e la promessa di riforma

In Italia una riforma è attesa dalla fine degli anni Novanta. Ora sono previsti 500 milioni di investimenti in «Sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dei ricoveri» e 3 miliardi alla voce «Assistenza domiciliare». I soldi arriveranno dal Recovery Plan che ha raccolto alcune delle proposte sviluppate dal Network Non Autosufficienza, coordinato da Cristiano Gori, e promosse e sostenute da decine di associazioni fra cui Caritas, il Forum Diseguaglianze e Diversità e Cittadinanzattiva.

Dal Recovery Plan arriva anche la promessa di realizzare con un’apposita legge, da varare entro la primavera 2023, una «riforma organica degli interventi (…). I suoi cardini saranno la semplificazione dei percorsi di accesso alle prestazioni, un rafforzamento dei servizi territoriali di domiciliarità, e quando la permanenza in un contesto familiare non è più possibile, la progressiva riqualificazione delle strutture residenziali». Ovvero: meno burocrazia, più assistenza a casa e più case di riposo. Come tradurre nella pratica questi intenti, e integrarli di quel manca, è scritto invece nelle proposte di Francesco Longo e Gianmario Cinelli del Cergas-Bocconi, presentate nelle scorse settimane ai ministeri della Salute e del Lavoro e politiche sociali. I ricercatori del Cergas-Bocconi hanno elaborato una proposta di riforma complessiva del sistema che prevede di istituire un servizio nazionale per gli anziani non autosufficienti, come avvenuto nel 1978 per il Ssn.

Più assistenza senza aumento di spesa

Il nuovo sistema si fonda su tre elementi chiave. In primo luogo, facciamola finita con anziani e famiglie che devono peregrinare all’Inps, all’Asl e ai Comuni e istituiamo un’unica commissione che stabilisce chi può avere accesso ai servizi di sostegno. In secondo luogo, diamo un’assistenza commisurata alle effettive condizioni di salute degli anziani. Oggi il sostegno è uguale per tutti gli assistiti. Ad esempio, ricalcando il modello tedesco introdotto nel 1995, un anziano in condizione di autosufficienza limitata che sceglie un aiuto in denaro riceverebbe 288 euro al mese; un non autosufficiente che sceglie l’assistenza a domicilio e in strutture residenziali beneficerebbe di servizi per 1.815 euro al mese. Infine, bisogna affrontare di petto la questione delle badanti, spesso non in grado di assistere gli anziani adeguatamente e alle quali oggi lo Stato non riconosce il ruolo di cura. Vanno formate e regolarizzate: oggi il 60% sono clandestine.

Sarebbe, dunque, giusto indirizzare verso l’assistenza quel miliardo di euro in pensioni all’anno che l’Inps sta risparmiando sui morti Covid

Senza spendere un euro in più, ma solo riorganizzando il sistema si possono assistere meglio 590.000 anziani in più. Ma dal totale restano sempre esclusi un milione di non autosufficienti. Sarebbe, dunque, giusto indirizzare verso l’assistenza quel miliardo di euro in pensioni all’anno che l’Inps sta risparmiando sui morti Covid. La riduzione della spesa pensionistica calcolata per il 2020 è di 1,11 miliardi di euro, se la proiettiamo sul decennio 2020-2029 sulla base delle aspettative di vita rilevate dalle tavole di mortalità Istat 2019, arriviamo ad un totale di circa 11,9 miliardi di pensioni che nei prossimi 10 anni non verranno erogate.

(dataroom@rcs.it)

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Assegno Unico Figli Disabili: maggiorazioni, a chi spetta

L’Assegno Unico Figli Disabili è stato previsto all’interno dell’Assegno Universale e prevede una maggiorazione tra il 30 e il 50%.

Assegno Unico Figli Disabili. L’Assegno unico universale è stato approvato il 30 marzo scorso e, nelle intenzioni dei legislatori, dovrà essere uno strumento che riordina, semplifica e potenzia le misure a sostegno dei figli a carico. All’interno di questa legge è prevista una maggiorazione per tutte le famiglie con uno o più figli disabili.

Grazie all’assegno unico figli disabili queste famiglie potranno avere importi maggiori del 30 o del 50% rispetto agli altri. La percentuale esatta dipende dalla gravità della disabilità del figlio a carico.
L’Assegno Unico Figli Disabili è legge, dunque, ma bisognerà attendere l’emanazione dei decreti attuativi che forniranno nei dettagli sia l’importo, sia i meccanismi.

Assegno Unico Figli Disabili, ecco a chi spetta

L’Assegno Unico sarà erogato a tutte le tipologie di famiglie:

•lavoratori dipendenti, pubblici e privati

•lavoratori autonomi e liberi professionisti

•disoccupati

I requisiti

Questi sono i requisiti fondamentali per poter accedere al sussidio economico.
Il richiedente deve essere:

•cittadino italiano o di uno Stato dell’Unione Europea, o suo familiare, titolare di diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. Il sussidio è esteso anche ai cittadini di uno Stato che non appartiene all’Ue ma hanno un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo o un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale;

• soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;

•essere residente e domiciliato con figli a carico in Italia per la durata del beneficio:

•essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi. O essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno biennale.

Possono essere concesse specifiche deroghe da una commissione nazionale per famiglie che hanno comprovate esigenze connesse a casi particolari e per periodi definiti. Le richieste devono essere inoltrate dai servizi sociali e sanitari territoriali che si occupano della tutela della natalità, della maternità, dell’infanzia e dell’adolescenza. La Commissione nazionale chiamata a decidere caso per caso sarà istituita con un decreto del Ministro con delega per la Damiglia in accordo con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

La maggiorazione per i figli disabili

Nella legge sull’Assegno Unico si fa poi riferimento alla maggiorazione, ed è la parte che riguarda l’Assegno Unico per Figli Disabili a carico. Come detto questa maggiorazione varia tra il 30 e il 50% in più rispetto a quanto erogato per i figli senza disabilità.

Assegno Unico Figli Disabili, l’importo previsto

L’articolo 2 della Legge sull’Assegno Universale specifica che l’ammontare dell’assegno varia in base alla condizione economica del nucleo familiare ed è individuata con l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE). Si tiene conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per la seconda persona che produce reddito all’interno della famiglia.
Gli importi saranno dunque variabili e dipenderanno dalla situazione economica così come viene espressa dall’ISEE di ciascuna famiglia per ogni figlio a carico fino ai 21 anni di età.

Ai figli maggiorenni, quindi i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 21 anni, l’assegno verrà concesso solo se frequentano un percorso di formazione scolastica o professionale; un corso di laurea o un tirocinio; sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro in un centro per l’impiego o in una agenzia per il lavoro; svolga il servizio civile universale.
All’interno di questa struttura normativa è inserito l’Assegno Unico Figli Disabili, con quella maggiorazione tra il 30 e il 50%.
Con i decreti attuativi si chiariranno – come detto – gli importi precisi, ma anche le modalità per la richiesta e l’erogazione del sussidio che partirà il prossimo primo luglio (2021).
Per i figli disabili il sussidio non sarà sospeso dopo i 21 anni, ma continuerà a essere percepiti fino a quando resteranno a carico della famiglia che ne ha fatto richiesta.

(thewam.net)

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Nuovo servizio INPS: Arriva il Q-CODE

Disabilità e invalidità civile, l’INPS ha introdotto un nuovo servizio per accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice.

Disabilità, l’INPS ha introdotto un nuovo servizio che consente di attestare lo status di invalido direttamente dallo smartphone o dal tablet, senza bisogno del verbale sanitario. Si tratta del QR-Code dell’invalidità civile. Come si legge nel messaggio pubblicato dall’INPS, le persone con disabilità, grazie a questo strumento innovativo, possono accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice e veloce.

QR-Code dell’invalidità civile, nuovo servizio INPS

Il QR-Code è un particolare codice a matrice in grado di memorizzare informazioni leggibili e interpretabili da dispositivi mobili. È in grado di garantire informazioni sempre attendibili in quanto è associato all’interessato, e non a uno specifico verbale, ed è sempre aggiornato a seguito di verbali definitivi di prima istanza, aggravamento, revisione, verifica straordinaria e autotutela.

Disabilità, come fare per ottenere il nuovo QR-Code?

Occorre collegarsi al servizio online “Generazione QR-Code invalidi civili per attestazione status“, sul portale dell’Istituto, accedendo con le proprie credenziali.
Il servizio genera automaticamente e in tempo reale il QR-Code, direttamente in formato pdf. Il codice può essere stampato, inviato, salvato sul computer o dispositivo mobile ed esibito quando è necessario per accedere alle agevolazioni.

I gestori dei servizi, per controllare lo stato di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità o handicap, possono leggere il codice tramite un qualsiasi lettore di QR-Code. Per la concessione di alcune particolari agevolazioni, che richiedano il giudizio sanitario e il grado di invalidità civile con l’eventuale percentuale, è possibile ottenere anche un esito più approfondito. In questo caso i gestori devono inquadrare il QR-Code, autenticarsi con le proprie credenziali e inserire il codice OTP, che il sistema in automatico genererà e invierà sul numero di cellulare dell’interessato.
Qui potrete trovare la brochure illustrativa messa a disposizione dall’INPS e un video tutorial.

(scuolainforma.it)

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Pensione invalidità Inps: aumenti da novembre 2020. Chi ne ha diritto e quanto si prende

Aumenti in arrivo per i percettori degli assegni di invalidità con almeno 18 anni: con la prossima rata di novembre 2020 l’Inps – si legge in una nota dell’Istituto – provvederà a mettere in pagamento la maggiorazione sociale in favore dei soggetti titolari di pensione per invalido civile totale al 100%, pensione per i sordi, pensione per i ciechi civili assoluti e dei titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984.
L’ incremento fino a 651,51 euro per 13 mensilità (il cosiddetto «incremento al milione»), riconosciuto dalla legge n. 448/2001 per i soggetti con più di 60 anni di età con il decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020 è stato esteso ai soggetti riconosciuti invalidi civili totali, sordi o ciechi civili assoluti a partire dai 18 anni di età.


Aumenti riconosciuti da luglio 2020

Per i soggetti invalidi al 100% titolari di prestazioni di invalidità civile e in possesso dei requisiti di legge, – spiega l’Inps nella nota – l’adeguamento sarà riconosciuto in automatico, con decorrenza dal 20 luglio 2020. Tali soggetti quindi non dovranno presentare nessuna domanda.
Per i soggetti titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984, invece, l’adeguamento sarà attribuito a seguito domanda dell’interessato. Per le domande presentate entro il 30 ottobre 2020 la decorrenza, in presenza dei requisiti di legge, sarà riconosciuta dal 1 agosto 2020. Negli altri casi, la decorrenza sarà dal primo giorno del mese successivo alla domanda.
Per avere diritto alla maggiorazione la legge prevede una soglia di reddito annuo personale pari a euro 8.469,63 (che sale a euro 14.447,42, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato).

I redditi da considerare nel computo

Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad Irpef, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da Irpef, sia del titolare che del coniuge. Non concorrono invece al calcolo reddituale il reddito della casa di abitazione; le pensioni di guerra; l’indennità di accompagnamento; l’importo aggiuntivo di 154,94 euro (legge 388/2000); i trattamenti di famiglia; l’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
(corriere.it)

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Aumento pensioni di invalidità: tutte le ultime novità nel decreto Agosto

Con la bozza del decreto legge di Agosto, arrivano alcune novità per quanto riguarda l’aumento delle pensioni di invalidità, soprattutto per gli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti a partire dai 18 anni invece che dai 60 anni. Al momento ricordiamo che dopo la sentenza della consulta del 23 giugno 2020 dal mese di agosto per gli inabili al lavoro scatta l’aumento dagli attuali 286,81 euro ai 516 euro mensili.

Aumento Pensioni di invalidità: nel DL agosto diminuisce l’età minima a 18 anni

Per prima cosa ricordiamo ancora una volta che al momento l’aumento delle pensioni di invalidità spetta soltanto agli invalidi civili con una percentuale del 100% e entro una certa soglia di reddito: i 516 euro al mese scattano soltanto entro un reddito annuo personale di 6.713,98 euro, mentre per il momento resta uguale l’assegno per tutti coloro con un reddito compreso tra i 6.713,98 fino ai 16.982,49 euro annui.
La novità più importante che si può leggere nella bozza del Decreto legge di Agosto però riguarda l’età minima. Infatti stando a quanto si legge nella bozza avranno diritto alla maggiorazione sociale della pensione gli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti a partire dai 18 anni senza dover aspettare i 60 anni. L’età minima necessaria era già stata abbassata nel 2001 passando da 70 a 60, mentre ora potrebbe fare un salto d

Decisamente maggiore e scendere ancora fino ai 18 anni. Per la sentenza della consulta infatti: E’ irragionevole il requisito anagrafico stabilito dalla legge: non è logico rimandare il cosiddetto incremento dal momento che le minorazioni psico-fisiche non dipendono dall’invecchiamento ma derivano a monte da una condizione patologica intrinseca.

Nel decreto di Agosto sono stati previsti 48 milioni di euro per l’anno 2020.

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Isee disabili 2017: calcolo e novità, ecco cosa cambia


Isee disabili 2017, novità relative al calcolo e alle detrazioni previste. Ecco come fare e quali sono le novità che interesseranno le famiglie con disabili a partire da gennaio
 

Isee disabili 2017: cambia la modalità di calcolo e le detrazioni previste per i familiari che assistono un disabile.



Le novità introdotte con la Legge di Stabilità 2016 saranno applicate a partire dal mese di gennaio 2017 e i contribuenti nel quale nucleo familiare è presente un soggetto disabile si troveranno a confrontarsi con importanti cambiamenti relativi soprattutto alle modalità di calcolo e ai documenti necessari.
Con l’aggiornamento della procedura di determinazione della situazione economica equivalente delle persone con disabilità viene meno l’obbligo di dichiarare tutti i redditi percepiti sotto forma di prestazioni assistenziali e previdenziali da parte dell’Inps ma cambiamenti riguardano anche le detrazioni fiscali e la scala di equivalenza applicata.
La novità relativa al modello Isee disabili 2017 è stata anche specificata e illustrata con l’aggiornamento delle FAQ Inps relativamente alla documentazione necessaria ai fini del calcolo.
Si specifica quindi che per richiedere il modello Isee disabili 2017 non sarà necessario indicare nella DSU i contributi erogati a titolo di rimborso spese, le prestazioni socio-assistenziali e le riduzioni di tributi, l’erogazione di buoni servizio o voucher che sostituiscono l’erogazione di servizi.
Vediamo cosa cambia e quali le novità sul calcolo del modello Isee disabili 2017.

 

Isee disabili 2017: calcolo e novità, ecco cosa cambia

Per la determinazione del reddito DSU ai fini della richiesta modello Isee 2017 i disabili non saranno più soggetti alla presentazione e alla dichiarazione di tutte le somme percepite come rimborso o sotto forma di prestazioni assistenziali.
Questa la prima novità con la quale, sulla base delle disposizioni contenute dal dl n.42/2016 si prevede che i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari percepiti da un disabile restano esclusi dalla DSU ai fini dichiarazione Isee 2017.
Con l’aggiornamento delle Faq Inps è stato inoltre specificato che i sordi prelinguali rientrano nella definizione dei sordomuti e pertanto nella categoria dei soggetti agevolati.
Le novità modello Isee 2017 riservano molta attenzione alla questione dei disabili e sanciscono un importante principio per la determinazione degli indicatori della situazione economica. Ma novità riguardano anche le detrazioni: non si avrà diritto alle detrazioni per le spese sostenute ai fini di assistenza di un familiare disabile ma si avrà una maggiorazione della scala di equivalenza dello 0,5% per ogni componente il nucleo con disabilità media, grave o non autosufficiente.
Ecco nel dettaglio quali sono i redditi che non bisogna dichiarare ai fini del calcolo e le novità Isee 2017 per i disabili.
Isee disabili 2017: ecco i redditi fuori dalla DSU

Nel nuovo modello Isee disabili 2017 non bisognerà più computare ai fini della determinazione del reddito le prestazioni e contributi erogati da enti diversi dall’Inps: Regioni, Amministrazioni statali, Comuni e Inail. Lo stesso vale per i contributi erogati dall’Inps: prestazioni di invalidità civile e indennità di accompagnamento sono già di conoscenza dell’Ente erogatore e quindi non è necessario indicarli nella DSU.
Non devono essere indicati i contributi erogati come rimborso spese relativamente alle spese sostenute per lo svolgimento delle normali attività quotidiane: assegni di cura, contributi per l’assistenza indiretta, contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per l’acquisto di strumenti tecnologici legge 104/1992.
Per la DSU relativa al modello Isee 2017 i disabili non sono tenuti alla rendicontazione e alla dichiarazione di esenzioni o agevolazioni per il pagamento di tributi e servizi.
La novità stabilisce che quindi non concorrono alla determinazione del reddito e alla compilazione della DSU le seguenti prestazioni:

  • contributo per l’abbattimento delle barriere architettoniche
  • voucher per servizi all’infanzia
  • assegni di cura
  • bonus gas e elettrico

altre forme di compartecipazione al costo di beni o servizi del disabile.

(Forexinfo.it)

Disabilità e diritti. Come richiedere la rideterminazione dell’Isee

Il Ministero dichiara che è in corso di modifica l’articolo 4 del Dpcm sul nuovo Isee, ma intanto il Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili e ADUC annunciano battaglia e predispongono interventi collettivi

A poche settimane dalla sentenze del Consiglio di Stato con cui si sono escluse dal calcolo dei redditi dell’Isee le indennità relative alla disabilità, i cittadini si trovano in una situazione di confusione, dovuta al fatto che l’apparato di enti coinvolti (CAAF, INPS, Comuni e strutture…) nonha ancora recepito le sentenze, e il tutto resta invariato e sospeso, permanendo in una situazione, di fatto, di non legalità. 

MODIFICHE IN CORSO – Dal canto suo, il Governo – tramite il Ministero del Lavoro – “conferma che, al fine di dare attuazione alla sentenza, è già in corso il processo di modifica dell’articolo 4” del Dpcm sul nuovo Isee “che si snoderà, in particolare attraverso l’individuazione degli specifici trattamenti indennitari/risarcitori, percepiti dai disabili, da escludere dal computo del reddito rilevante ai fini Isee, come prescritto dal giudice amministrativo, nonché attraverso l’idonea rimodulazione delle franchigie, previste dalla stessa norma, così da consentire di ristabilire l’equilibrio complessivo del sistema”. Ad affermarlo, riporta Public Policy, il viceministro all’Economia, Enrico Morando, il 14 marzo scorso, rispondendo a un’interrogazione di Sandra Savino (FI) in commissione Finanze alla Camera. 

AZIONI COLLETTIVE DEI CITTADINI – Ma intanto, cosa devono fare i cittadini che non hanno ricevuto risposte affermative dopo aver chiesto al CAAF o Comune di ricalcolare la propria posizione, o che devono in questi giorni consegnare l’ISEE? E per quelli che hanno richiesto alle RSA di poter pagare l’importo corretto? 
Su questo interviene il Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili che annuncia una collaborazione con ADUC,  l’Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori, che ne sarà il punto di riferimento per le azioni collettivevolte al riconoscimento dei diritti dei cittadini. “L’accordo – dichiara il Coordinamento – nasce soprattutto dalla comunione di intenti tra le nostre due Associazioni, entrambe del tutto indipendenti e che non incassano, a nessun titolo, alcun tipo di finanziamento pubblico”.

IL MODULO DA INVIARE – La prima azione congiunta concordata dal Coordinamento insieme con ADUC, è la compilazione e l’invio agli enti interessati (INPS, CAAF, Comuni…) di una  richiesta di rideterminazione dell’ISEE. Si tratta di una RACCOMANDATA a/r DI MESSA IN MORA, elaborata dall’ADUC stessa, utilizzabile dai cittadini che sono stati penalizzati dal nuovo Indicatore della Situazione Economica Equivalente. 
Di seguito, i punti salienti del testo.

Premesso che 
1. in data(…) presentavo richiesta di prestazione agevolata(….) depositando l’Isee effettuato per il tramite del CAAF(…) in data.(…);
 2. che detto ISEE non ha tenuto conto delle esclusioni dal computo dell’ISR, imposte dalle pronunce immediatamente esecutive del Tar Lazio del 11 febbraio 2015 (Sez. I, n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15), oggi divenute definitive grazie alle sentenze n.838, 841 e 842/2016 del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2016; 
3. che fra i redditi indicati vi erano ricompresi i seguenti emolumenti assistenziali legati alla disabilità (…); 
4. che le franchigie applicate a riduzione del reddito devono essere calcolate nella loro misura massima anche per le persone con disabilità maggiorenni 
5. che occorre rideterminare l’ISEE in base ai precetti definitivi della Giustizia amministrativa, escludendo gli importi di cui al punto 3. e sottraendo le franchigie di cui al punto 4. 
CHIEDE 
che sia rideterminato l’ISEE per il 2015 (e anche per il 2016 per chi lo ha già fatto per l’anno in corso) escludendo tali sussidi dall’ISR, non essendo ricompresi nella nozione di “reddito” e sottraendo le franchigie nella loro misura massima anche per i disabili maggiorenni e per l’effetto, 
CHIEDE all’Ente Erogatore (…), di adottare tutte le conseguenti misure riparatorie del caso, quali la rideterminazione della quota di compartecipazione a carico dell’utente per l’anno 2015 e l’anno 2016, e la conseguenterestituzione degli importi dovuti. In difetto, si provvederà ad adire tutte le sedi giudiziarie conseguenti. 

Aduc e Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili ricordano che non è importante inviare la comunicazione tramite raccomandata A/R anche alle loro segreterie, ma è sufficiente la posta ordinaria o via E-mail a: aduc@aduc.it epresidenza@famigliedisabili.org.

A questo link trovate il testo completo , compilabile e utilizzabile da ciascun cittadino .  
(disabili.com)

di Giovanni Cupidi

PENSIONI: TEMPO DI MODELLO ICRIC E AUTOCERTIFICAZIONI PER LE INDENNITÀ INPS

inps
Entro il 30 giugno (prorogato al 31 luglio 2013) le persone che usufruiscono di prestazioni  assistenziali erogate dall’INPS dovranno presentare le consuete  autocertificazioni   Ricordiamo una scadenza importante per tutte le persone che usufruiscono di prestazioni assistenziali erogate dall’INPS. Entro il 30 giugno 2013 (prorogato al 31 luglio 2013), infatti, dovranno essere restituiti compilati i moduli di autocertificazione di eventuale ricovero per i titolari di accompagnamento e di redditi per i titolari di assegno d’invalidità. A questo proposito, l’INPS sta inviando in questi giorni a casa di ciascun pensionato, quello che viene definito “bustone“, come affermato dal messaggio INPS numero n. 8761, che specifica anche le tipologie di moduli.
Nel “bustone” sarà contenuto, a seconda dei singoli casi, il   modello RED italiano o modello RED estero, il  modello 503 AUT italiano, l’integrazione RED 2010 – campagna RED 2011, i modelli di dichiarazione per i titolari di PRESTAZIONI ASSISTENZIALI, il modello per INDENNITA’ di FREQUENZA – Denominazione della scuola. Si tratta dei modelli ICRIC, ICLAV, ACCAS/PS.
Per quanto riguarda le persone disabili, ricordiamo che ogni anno chi è titolare di provvidenze economiche d’invalidità civile, è tenuto a presentare la dichiarazione che attesti la permanenza o meno dei requisiti amministrativi di ricovero gratuito e della mancanza di attività lavorativa (vedi art. 1 legge 662/1996, legge 247/2007). Il requisito del ricovero è richiesto anche ai fini della misura dell’assegno sociale (legge 335/1995 e Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 13 gennaio 2003). Per chi invece riceva l’assegno sociale o pensione sociale, è richiesta la attestazione in merito alla residenza stabile e continuativa nel nostro Paese. Ad essere interessati sono quindi i titolari di indennità di accompagnamento o di frequenza (modello Icric), di assegno mensile (Iclav), pensione sociale o di assegno sociale (Accas/Ps).
Queste le tipologie di modelli per le dichiarazioni di cui sopra: Modello ICRIC I titolari di prestazione INV CIV di fascia 33, 38, 41, 42, 44, 45, 47, 49, 50, devono effettuare una dichiarazione di responsabilità relativa all’eventuale ricovero a titolo gratuito.
Modello ICRIC – Indennità di Frequenza I titolari di prestazione INV CIV di fascia 47, 49, 50 devono effettuare una dichiarazione di responsabilità relativa alla loro frequenza scolastica obbligatoria, frequenza di centri formazione-addestramento professionale, frequenza di centri ambulatoriali
Modello ICLAV I titolari di prestazione INV CIV di fascia 34, 35, 36, 40, 48, devono effettuare una dichiarazione di responsabilità relativa allo svolgimento o meno di attività lavorativa.
Modello ACCAS/PS I titolari di pensione sociale e assegno sociale devono effettuare una dichiarazione di responsabilità relativa alla permanenza del requisito della residenza stabile e continuativa in Italia. Inoltre i titolari di Assegno Sociale devono effettuare una dichiarazione di responsabilità relativa all’eventuale ricovero a titolo gratuito.
Per quanto riguarda l’indennità di frequenza, l’INPS specifica che da quest’anno è necessario fornire informazioni circa la denominazione della scuola frequentata e del periodo interessato, per alcune tipologie di prestazioni. Pertanto è previsto anche il Modello per INDENNITA’ di FREQUENZA – Denominazione della scuola
Per maggiori informazioni:
Il Messaggio INPS n. 8761

Limiti di reddito e pensioni di invalidità: decreto-legge

Nel bozza del Decreto-legge approvato ieri dal Governo (Interventi urgenti per la promozione dell’occupazione) c’è anche un articolo che porrà fine (se convertito) alla diatriba sui limiti reddituali da conteggiare ai fini della concessione della pensione agli invalidi civili.Come si ricorderà nella Circolare INPS 149/2012 era previsto un grave elemento di novità che riguardava i soli invalidi civili al 100% titolari di pensione di invalidità. Fino ad allora il limite reddituale considerato era quello relativo ai redditi strettamente personali. Dal 2013 sarebbe stato considerato anche quello del coniuge.Quella decisione amministrativa di INPS non si basava su alcun dettato normativo, ma su una Sentenza Corte di Cassazione (Sezione Lavoro) n. 4677/2011 La conseguenza immediata della Circolare sarebbe stata che gli invalidi totali titolari, assieme al coniuge di un reddito lordo annuo superiore a 16.127,30 euro, avrebbero perso il diritto alla pensione (275,87 euro al mese).
In seguito alle opportune reazioni delle associazioni e di una presa di posizione del Ministero del Lavoro, con il Messaggio della Direzione Generale INPS n. 717 del 14 gennaio 2013, INPS ha sospeso l’applicazione di quella disposizione amministrativa. Ma successivamente la Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, Sentenza n. 7320 del 22 marzo 2013) aveva ribadito il parere precedente: il reddito è quello dell’interessato e del coniuge, facendo sorgere nuovi timoriDa più parti era stato richiesto l’intervento legislativo e alla Camera era stata deposita nel frattempo una proposta di legge (atti della Camera n. 538, prima firmataria On. Margherita Miotto) finalizzata a fornire una interpretazione autentica favorevole alle persone con disabilità. Ora, il testo di quella proposta viene ripreso dal Governo che lo inserisce del Decreto legge approvato ieri (e in attesa di pubblicazione).
Finalmente, all’articolo 9 si precisa espressamente che «Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all’articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».
Se ne attende ora la probabile conversione in legge dopo la discussione in Parlamento.
(www.handylex.org)

di Giovanni Cupidi