Terzo settore, disabilità e non autosufficienza nel PNRR

Il Presidente del Consiglio ha presentato ieri al Parlamento il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ecco alcuni punti. In arrivo una riforma della disabilità e una per la non autosufficienza

«Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà.

La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato»: ha esordito così il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel presentare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia davanti alla Camera. «Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare. Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio».

Il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme, organizzate in sei Missioni, con obiettivi quantitativi e traguardi intermedi. Le sei Missioni sono:

•Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura;

•Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica;

•Infrastrutture per una mobilità sostenibile;

•Istruzione e Ricerca;

•Politiche attive del lavoro e della formazione, all’inclusione sociale e alla coesione territoriale;

•Salute.

Le sei Missioni puntano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono obiettivi trasversali dell’intero Piano. Le disparità regionali tra il Mezzogiorno e il Centro Nord, le diseguaglianze di genere e i divari generazionali.

Aspettando che le decisioni sul governo del PNRR chiariscano che ruolo avrà il Terzo settore – ma più propriamente quale parte avrà la sussidiarietà nel governo del più grande piano di investimenti dal dopoguerra ad oggi (vedi dossier Caritas) e nel governo delle scelte che guideranno anche i governi prossimi e venturi – vediamo cosa intanto dicono le 273 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia che entro il 30 aprile verrà inviato a Bruxelles.

Terzo settore

Il posto del Terzo settore è esplicitato nella Missione 5, quella riguardante “Inclusione e coesione”. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi, più ulteriori 7,3 miliardi di interventi beneficeranno delle risorse di REACT-EU.
Vi si legge che: «L’azione pubblica potrà avvalersi del contributo del Terzo settore. La pianificazione in coprogettazione di servizi sfruttando sinergie tra impresa sociale, volontariato e amministrazione, consente di operare una lettura più penetrante dei disagi e dei bisogni al fine di venire incontro alle nuove marginalità e fornire servizi più innovativi, in un reciproco scambio di competenze ed esperienze che arricchiranno sia la PA sia il Terzo settore».
E più avanti: «In coerenza con gli interventi del Piano, si prevede l’accelerazione dell’attuazione della riforma del Terzo settore, al cui completamento mancano ancora importanti decreti attuativi. Si intende inoltre valutare gli effetti della riforma su tutto il territorio nazionale».

Nel capitolo sui Piani urbani integrati viene richiamato anche l’articolo 55 del Codice del Terzo settore. Il 31 marzo scorso il Ministero del lavoro ha emanato le linee guida sul rapporto tra Pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore.

Vi si legge: «Gli interventi potranno anche avvalersi della co-progettazione con il Terzo settore ai sensi dell’art. 55 decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’art.1, comma2, lettera b) legge 6 giugno 2016, n.106) e la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30% con possibilità di far ricorso allo strumento finanziario del “Fondo dei fondi” BEI. Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità una identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali e economiche con particolare attenzione agli aspetti ambientali».

La Missione 5 prevede un investimento di oltre 11 miliardi di euro su tre riforme: la legge quadro della disabilità (con finanziamento nazionale); una riforma riguardante un sistema di interventi in favore degli anziani non autosufficienti; una riforma per il superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.

Disabilità e non autosufficienza

Tre linee di Investimento: Sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti 0,50 miliardi di euro; Percorsi di autonomia per persone con disabilità 0,50 miliardi di euro; Housing temporaneo e stazioni di posta 0,45 miliardi di euro.

Due Riforme strutturali: Legge quadro per le disabilità; Sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti.

«Specifiche linee d’intervento sono dedicate alle persone con disabilità e agli anziani, a partire dai non autosufficienti. Esse prevedono un rilevante investimento infrastrutturale, finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione attraverso soluzioni alloggiative e dotazioni strumentali innovative che permettano di conseguire e mantenere la massima autonomia, con la garanzia di servizi accessori, in particolare legati alla domiciliarità, che assicurino la continuità dell’assistenza secondo un modello di presa in carico socio-sanitaria coordinato con il parallelo progetto di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale previsto nella componente 6 Salute (in particolare il progetto Riforma dei servizi sanitari di prossimità e il progetto Investimento Casa come primo luogo di cura)», si legge nel PNRR.

«La linea di attività più corposa del progetto (oltre 300 milioni) è finalizzata a finanziare la riconversione delle RSA e delle case di riposo per gli anziani in gruppi di appartamenti autonomi, dotati delle attrezzature necessarie e dei servizi attualmente presenti nel contesto istituzionalizzato. Gli ambiti territoriali potranno anche proporre progetti ancora più diffusi, con la creazione di reti che servano gruppi di appartamenti, assicurando loro i servizi necessari alla permanenza in sicurezza della persona anziana sul proprio territorio, a partire dai servizi domiciliari. In un caso e nell’altro, l’obiettivo è di assicurare la massima autonomia e indipendenza della persona in un contesto nel quale avviene una esplicita presa in carico da parte dei servizi sociali e vengono assicurati i relativi sostegni.

Elementi di domotica, telemedicina e monitoraggio a distanza permetteranno di aumentare l’efficacia dell’intervento, affiancato da servizi di presa in carico e rafforzamento della domiciliarità, nell’ottica multidisciplinare, in particolare con riferimento all’integrazione sociosanitaria e di attenzione alle esigenze della singola persona».

Il secondo investimento riguarda i percorsi di autonomia per le persone con disabilità, con il fine di accelerare la deistituzionalizzazione.

Gli interventi saranno centrati sull’aumento dei servizi di assistenza domiciliare e sul supporto delle persone con disabilità per consentire loro di raggiungere una maggiore qualità della vita rinnovando gli spazi domestici in base alle loro esigenze specifiche, sviluppando soluzioni domestiche e trovando nuove aree anche tramite l’assegnazione di proprietà immobiliari confiscate alle organizzazioni criminali. Inoltre, l’investimento fornirà alle persone disabili e vulnerabili dispositivi ICT e supporto per sviluppare competenze digitali, al fine di garantire loro l’indipendenza economica e la riduzione delle barriere di accesso al mercato del lavoro attraverso soluzioni di smart working.

Previste invece due vere e proprie riforme: quella del sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti e quella della disabilità, con una legge quadro.

Come per infanzia, anche le “pari opportunità per le persone con disabilità” e il “sostegno agli anziani non autosufficienti” hanno due box specifici dedicati. Sono 18 le occorrenze per “non autosufficienti”, 8 quelle per “non autosufficienza”, 48 quelle per “disabilità”, 6 quelle per “disabili”.

LA DISABILITÀ “ACCESSIBILE” DI AREA ONLUS

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Intervista con Rossella Bo, del consiglio direttivo di Area Onlus, realtà torinese che si occupa di disabilità, bambini e famiglie, da oltre 30 anni.

Area Onlus è una realtà sociale che esiste a Torino dal 1982, sostiene le persone colpite da handicap ed è uno dei punti di riferimento sul territorio cittadino per l’assistenza a bambini e famiglie. Sono centinaia i nuclei famigliari che si rivolgono ad Area per cercare sostegno, soprattutto dal punto di vista psicologico. Per il terzo anno consecutivo, la onlus era presente al Salone del Libro di Torino con uno stand, nel quale ha ospitato incontri, testimonial e un ricco spazio dedicato all’editoria accessibile.

Rossella Bo è la direttrice di Area Onlus, abbiamo parlato con lei durante il Salone del Libro, una chiacchierata informale sulle attività dell’associazione e, in generale, sull’approccio alla disabilità. «Non affrontiamo la disabilità specifica – ha raccontato – ma lavoriamo con il disabile e la sua famiglia, coinvolgendo la scuola se e quando possibile». L’idea è creare un percorso di accompagnamento per il bambino (o ragazzo) e per i genitori, che spesso, per paura, diventano un forte argine all’inclusione sociale del figlio con handicap. L’attività di Area Onlus si struttura in quattro macro-aree che, in modi diversi, offrono strumenti.

Dalla famiglia alla classe.
Prima di tutto c’è la Mediateca, che avvicina bambini e famiglie agli strumenti informatici in grado di affiancarsi alla disabilità, ma non solo. «Un bambino dislessico, ad esempio – ha spiegato Rossella Bo – che entra in classe con un computer perché, magari, lo aiuta a seguire la lezione, segna immediatamente una differenza rispetto ai suoi compagni. È quello che chiamiamo “marcatore”. Oltre all’utilizzo del computer, abbiniamo quindi un accompagnamento psicologico che aiuta il bambino a vivere questa “differenza” nella maniera migliore per lui».

Dopo aver seguito la lezione, il bambino compie l’attitivà che compiono tutti i suoi coetanei: socializzare. Qui entra in gioco Filorosso. «In questa fase – ha precisato Rossella – aiutiamo a creare legami sociali, ponendo molta attenzione alle dinamiche famigliari e, soprattutto, supportando i genitori». Spesso sono proprio le famiglie a frenare la socializzazione dei figli disabili, più che altro per il timore di non poterli controllare e, nel caso, aiutare. In questo modo, però, il bambino non riuscirà mai a emanciparsi dalla propria condizione.

Web e psicologia.
Il terzo filone di attività è Di.To, un portale di servizi dedicati alla comunicazione sociale. Sul sito sono presenti documenti informativi, ricerche e un ampio spazio dedicato all’editoria accessibile, che era protagonista al Salone del Libro. «Una risorsa straordinaria per le famiglie». Si arriva poi al quarto percorso di intervento che è rappresentato dall’assistenza in senso stretto, quella di tipo psico-sociale che si rivolge, ad esempio, ai fratelli di persone colpite da disabilità. «Spesso – ha aggiunto Rossella Bo – quando in famiglia c’è un disabile tutte le attenzioni, giustamente, sono su per lui. I suoi fratelli, se ci sono, spesso vengono dimenticati, noi ci occupiamo anche di loro, parlando con le famiglie».

Libri accessibili.
Che cos’è, però, l’editoria accessibile? «Si tratta di libri che propongono supporti e adattamenti al testo – ha spiegato Rossella Bo – e che di solito sono “multicodice”: contengono il testo normale e il testo accessibile, in maniera tale che possano essere letti da tutti». Il bambino con handicap può leggerlo insieme a un bambino normodotato e viceversa. O più semplicemente può ascoltarlo da un genitore e poi leggerlo per conto proprio. È molto importante anche la forma, perché i libri proposti da Area Onlus sono identici agli altri nell’aspetto.«Volevamo che fossero libri “veri” – ha precisato Rossella Bo –quindi privi di marcatori di disabilità, affinché si possa condividere e generare inclusione». L’obiettivo, infatti, è includere, far sì che il bambino, o il ragazzo, diventi consapevole dei propri limiti e li accetti, sfruttandoli e valorizzandoli. E con lui anche la sua famiglia.

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Lo stand di Area Onlus al Salone del Libro 2015.

Parlare con i bambini.
Anche le storie contenute nei libri sono storie “vere”. Vengono ripubblicati libri già esistenti, ma anche racconti inediti. Non sono soltanto racconti accessibili ai bambini disabili ma anche racconti che parlano di disabilità ai bambini. «Ci sono anche – ha aggiunto Rossella Bo – delle traduzioni dei libri di Henry Winkler (forse più conosciuto, in Italia, con il nome di “Fonzie”, ndr), che ha preso coscienza della sua dislessia quando è diventato padre».

La storia è molto illuminante: «Quando era piccolo – ha continuato Rossella – era considerato un alunno svogliato, “scemo”, perché non capiva le spiegazioni, e lui stesso pensava di esserlo. Quando è diventato padre, ha capito di essere dislessico, poiché la dislessia si può trasmettere di padre in figlio. I suoi tre figli, tutti dislessici, gli hanno fatto capire che da piccolo era stato giudicato in maniera sbagliata, passando un’infanzia bruttissima. A quel punto ha deciso di scrivere libri per bambini nei quali racconta che cos’è la dislessia, per far capire ai suoi bambini, ma anche agli altri, che non sono stupidi, ma semplicemente dislessici».

La disabilità è una parte della vita.
Si può raccontare la disabilità ai bambini? Si può e si deve, perché va conosciuta e accettata come parte della vita. Usare uno stratagemma narrativo come fa Henry Winkler è utile per spiegare ai più piccoli dei concetti complessi. «La disabilità – ha ribadito Rossella Bo – impone un limite che va compreso». Ed è una questione che emerge soprattutto nelle situazioni in cui i bambini, quando crescono, vogliono fare ciò che fanno i loro coetanei.

Avere un handicap non significa non avere le pulsioni tipiche dell’età. Che fare, ad esempio, quando il figlio disabile vuole iscriversi a Facebook? «I ragazzi vanno aiutati ad accedere ai social network – ha spiegato Rossella –, diventano adolescenti come tutti e vivono le stesse dinamiche dei coetanei. Oggi, però, i genitori hanno comportamenti diversi rispetto a 30 anni fa. C’è più consapevolezza. Inoltre la legislazione italiana che regolamenta l’inclusione a scuola è tra le più avanzate d’Europa, quindi ci sono tutti gli strumenti per gestire bene queste situazioni. È cambiato anche l’approccio della psicologia». Una vera e propria “rivoluzione culturale” che ha portato, dopo anni di battaglie, a riconoscere i disabili come persone, affette da handicap, certo, ma prima di tutto persone. Con bisogni, sentimenti, passioni e turbamenti tipici dell’età che vivono.

Foto: Area Onlus.
(thelastreporter.com) 

di Giovanni Cupidi

Autismo: quando la tecnologia è una risorsa

Come tutti coloro che hanno una disabilità e come tutti coloro che nei più svariati modi sono vicini a questo ambiente sanno bene, la tecnologia e le applicazioni tecniche non rappresentano una moda da seguire ( anche se non vi è nulla di sbagliato in ciò) ma bensì rappresentano una risorsa che può ripristinare parzialmente o del tutto alcune funzionalità che altrimenti resterebbero inespresse.
A tal proposito una nuova APP recentemente disponibile per smartphone e tablet può essere d’aiuto alle persone affette da autismo e alle loro famiglie.
Nota dolente, come spesso accade per diversi ausili tecnologici, è il fatto di non essere riconosciuti dal nostro SSN e di conseguenza non prescrivibili o rimborsati.

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L’applicazione “Immaginario”, realizzata da Finger Talks, è la nuova applicazione (app) di comunicazione per immagini verso bambini con autismo. Nata lo scorso anno con la volontà di offrire una risposta alternativa ed efficace alle necessità dell’infanzia con bisogni educativi speciali, sfruttando le caratteristiche di accessibilità, motivazione e interattività di smartphone e tablet, Finger Talks ha scelto in particolare di progettare e sviluppare una serie di applicazioni pensate per rispondere alle difficoltà di condivisione e comprensione dei concetti che riguardano in particolare i bambini che soffrono di autismo (o non verbali con ritardo cognitivo) e chi interagisce con loro.
Nello specifico, Immaginario è un’applicazione per iPhone e iPod touch, che permette di portare sempre con sé le card che associano immagine e concetto (le “parole” della comunicazione visiva), di ricercarle velocemente e di costruire frasi in modo efficace e pratico. 
Rappresenta un vero ausilio pratico dedicato non solo ai terapeuti e agli operatori, ma finalmente anche ai genitori e agli insegnati.
È una risposta efficace alla necessità di apprendimento e integrazione dell’infanzia con bisogni speciali considerato che il play training per bambini autistici rappresenta una fase determinante dato che il gioco è l’ambito in cui risultano meno resistenze da parte dei bambini in generale e tanto più in quelli deficitarii a livello interattivo-comunicativo.
La App comunica e quindi interagisce giocando con le immagini, permette di scrivere per immagini e di pianificare visivamente il tempo, aiutando così il bambino nelle attività giornaliere o della settimana. Come la nostra lingua parlata fatta di parole artificiali e convenzionali null’affatto naturali, qui la comunicazione è semplicemente visiva, le parole si tramutano in immagini utilizzando cioè “carte” che associano immagini a concetti compensando i deficit del linguaggio.

( alcune parti del testo sono rielaborate dal testo originale su http://www.infooggi.it )

di Giovanni Cupidi

per maggiori informazioni:

contatti@fingertalks.it

di Giovanni Cupidi