Whable, la piattaforma che ‘classifica’ ristoranti e hotel accessibili ai disabili

Nasce dall’idea di un 42enne cagliaritano e punta diventare una startup per garantire la ‘libera circolazione’ delle persone con difficoltà motoria. Un team al lavoro per sviluppare l’app

 Una sorta di Tripadvisor delle barriere architettoniche: Whable è una piattaforma che valuta l’accessibilità di locali e strutture ricettive “verificate dai disabili per i disabili”. Nata da un’idea di Marco Altea – 42 anni di Cagliari con laurea e master conseguiti a Londra – la pagina di Whable punta a diventare una startup capace di garantire la libera circolazione di chi ha una difficoltà motoria. “Per chi ha una disabilità uscire di casa è una sfida: buche, gradini, pochissimi scivoli diventano un problema di sicurezza e qualcuno rinuncia rinchiudendosi in casa”, ha spiegato Altea.

Spesso le recensioni si rivelano inesatte

Così l’ideatore di Whable ora, con il suo team, sta sviluppando un’app che consenta di individuare i locali raggiungibili in sedia a rotelle. “Capita troppo spesso che le recensioni sull’accessibilità poi si rivelino inesatte. Invece noi vogliamo un mondo dove i disabili possano usufruire delle strutture in sicurezza e senza dover chiedere niente a nessuno”, ha aggiunto Altea.
Oggi Whable è una pagina social dove gli utenti possono lasciare le loro valutazioni sull’accessibilità o meno di bar, ristoranti e alberghi, ma l’obiettivo è anche quello anche quello di arrivare a una certificazione con bollino di garanzia.

Successo tra gli esperti del settore

Al lavoro, per trovare finanziamenti, promuovere campagne social di sensibilizzazione e sviluppare le tecnologie necessarie ci sono Karim Galici (Chief Operations Manager), Valentina Tutone (Esperta Turismo Sostenibile), Davide Piccioli (Social media manager), Valentina Delfino (Social Media Specialist), Stefano Troilo (chief graphic designer), Mersia Carboni (chief Financial Operator) quasi tutti reclutati online, su piattaforme specializzate come Linkedin, perché, come ha chiarito Altea: “Su internet siamo davvero liberi di muoverci”.
L’idea sta riscuotendo successo non solo tra i tanti utenti che si sono uniti alla community, ma anche tra gli esperti di settore. Nel gennaio dello scorso anno il gruppo di Whable è stato selezionato durante l’International Job Meeting 2020 promosso dall’Aspal, azienda sarda per le politiche attive sul lavoro, aggiudicandosi un viaggio a San Francisco per arricchire le loro conoscenze sulle startup e i migliori business model. La pandemia ha bloccato il viaggio, ma non Altea che vuole fare di Whable un punto di riferimento per la ‘comunità disabile‘.
(agi.it)

(In foto ©  Marco Altea – Marco Altea, ideatore di ‘Wable’)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per poter dare un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €

«Mille orti per la città», la Romagna coltiva il turismo grazie alla disabilità

Ventidue hotel tra Rimini e Riccione hanno adottato altrettanti orti in cui lavorano ragazzi con sindrome di down e disabilità cognitive. E i prodotti a km0 poi finiscono in tavola

In Romagna, quella Riviera in cui gli alberghi caratterizzano la skyline della costa e l’entroterra che ospita le periferie rurali dei grandi centri urbani che si affacciano sul mare a molti appaiono lontani. Mondi diversi per stagioni diverse ma chi abita a Rimini o Riccione sa che quei luoghi sono più vicini di quel che si creda. E l’iniziativa “Mille Orti per il Turismo” dedicata ai ragazzi con disabilità cognitive, intrapreso da 22 hotel con il contributo della web agency www.infoalberghi.com e in collaborazione con una cooperativa e associazione culturale e solidale locali lo testimonia.

Ciascun hotel ha adottato un orto in un grande area verde appena fuori dal centro di Rimini, contribuendo alla formazione e all’inserimento lavorativo di questi giovani che partecipano a un progetto già avviato da due anni dalla cooperativa locale “Il Millpiedi” e l’associazione “Crescere Insieme”. Il progetto si chiama “Mille Orti per la città”. Impegna da due anni dieci ragazzi con sindrome di down e disabilità cognitive tutte le mattine e spesso anche al pomeriggio. Da poco, affiancati da due agronomi e due educatori, lavorano anche ai 22 orti affittati dagli hotel, i cui nomi campeggiano sulle targhe che gli stessi ragazzi hanno posizionato al campo.

La cultura del lavoro

A spiegare il senso del progetto è Eugenio Quartulli della Cooperativa il Millepiedi. “Questi ragazzi non devono imparare a fare i contadini. i sta a cuore, piuttosto che imparino ad arrivare puntuali sul posto di lavoro, che capiscano quando è il momento di fare una pausa e quando e il momento di rimboccarsi le mani. E funziona, perché i ragazzi imparano velocemente che cosa sia lo spirito di collaborazione e in un certo senso anche il rispetto per i ruoli che ricoprono e il rispetto quelli che ricoprono i loro compagni e i loro educatori“. Nell’area verde Macanno, alla periferia rurale di Rimini, questi ragazzi imparano anche a differenziare i rifiuti, apprendono l’arte del riciclo e il significato di queste pratiche. “E poi naturalmente anche le peculiarità del mestiere: sanno che quando arriva la pioggia non sarà necessario innaffiare le piante quando invece batte il sole è vitale farlo“.

Agricoltura e turismo

A Casa Macanno ci sono 60 orti. Si coltivano bietole, piselli, insalata, peperoni, finocchi, addirittura il cavolo nero. «Da una parte – continua – ci sono gli orti affittati dalle famiglie che li vengono a coltivare e lavorare e che noi ci limitiamo a curare, dall’altra invece ci sono orti di cui noi ci occupiamo a tutto tondo. E poi ci sono gli ultimi 22 allestiti presi in affido dagli albergatori». Sono gli unici dove ancora la semina non ha dato i suoi frutti, ma è questione di tempo. Le piante cresceranno in tempo per l’inizio dell’estate e quando gli hotel potranno riaprire il raccolto contribuirà a riempire le loro cucine di verdure e ortaggi a chilometro zero. A osservare gli orti coltivati sorprendono la cura e l’ordine, la linearità dei terreni arati e delle piantine che iniziano a farsi strada alla fine dell’inverno.

Si potrebbe dire – racconta ancora Quartulli – che accompagniamo per mano questi ragazzi in ogni momento. Abbiamo messo alcuni cartelli con sopra scritto il nome di una via. C’è Via Eugenio, che sono io, Via Millepiedi e alcune vie con i nomi dei ragazzi. Sembra un gioco e forse lo è, ma è così che hanno imparato ad orientarsi. Con loro non bisogna lasciare nulla al caso».
(Corriere.it)

Sostieni il Blog

Il tuo contributo è fondamentale per avere un’informazione di qualità. Diventa un Sostenitore, decidi tu quante quote donare!

5,00 €