Parole di Carta: Piccoli Tiranni

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione

Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice

Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione.

Ci prendono per tenerezza, ci prendono per stanchezza. Comunque sia, alla fine a volte cediamo.
Sono i nostri figli, tutti, indistintamente, guerrieri dell’ Io voglio, strateghi dell’Altrimenti ti assedio e ti sfianco.

Che siamo genitori “con disabilità” o “normotipici”, prima di dire “Io no, io mai” riflettiamo e, magari, ammettiamo: quante volte abbiamo detto di sì pur di non sentire più quel cicaleccio continuo e “inspegnibile”?
Magari dopo una giornata faticosa, o per non fare tardi o perché presi ANCHE da altri pensieri.
O semplicemente perché siamo umani, con limiti e punti di forza, e non c’è da sentirsi in colpa o vergognarsi dei momenti in cui ci sentiamo più fragili e vorremmo solo essere dimenticati da qualche parte per due o tre ore, o forse anni, giusto il tempo di riposare.

Se la loro strategia d’attacco armato funziona in discreta percentuale, ancora più efficace nella maggior parte dei casi risulta la richiesta con dolcezza. Come dire di no a quegli occhi che ti fissano acquosi e speranzosi, come se il destino del mondo dipendesse dalla tua risposta positiva alla preghiera che ti inoltrano in quel preciso istante?

IL CONSIGLIO

Il discorso rischia di complicarsi quando il figlio ha una disabilità: in questo caso può essere più difficile dire di no.
Porre dei limiti, insegnare le regole del vivere sociale è invece essenziale. Se certi atteggiamenti sono teneri e anche divertenti quando messi in atto da bambini, crescendo rischiano di diventare discriminanti.

Ne sa qualcosa Gabriella, mamma di Isabella, una ragazza autistica di 24 anni. Della loro vita insieme parla sulla loro pagina Facebook, La stalattiteccentrica.
A noi racconta di cosa l’abbia fatta riflettere sulla necessità di circoscrivere le concessioni a sua figlia e insegnarle da subito quali comportamenti assumere nella relazione con gli altri.

Vedere il figlio di nostri conoscenti fare sistematicamente il bagno in piscina nudo benché già adulto – spiega – o osservare mia figlia, che pure sa usare le posate, mangiare con le mani gli affettati, mi ha fatto capire che è necessario intervenire quanto prima per insegnare il comportamento socialmente corretto ai figli in generale, e in particolare ai nostri che spesso costruiscono la propria identità sulle abitudini e sui gesti rituali. Anche se pare che gli si tolga qualcosa nel dire di no, in realtà in quel momento stiamo facendo per loro la cosa giusta.”

E’ già difficile per le persone con disabilità essere incluse senza diffidenza nel flusso del vivere “civile”. Lasciare che i nostri figli strutturino e consolidino atteggiamenti che, sia pure involontariamente e con un’incredibile innocenza di fondo, possano ledere la sensibilità delle persone che incontreranno nel loro cammino è, alla lunga, fargli del male, sia pure per amore.

Disabilità: Lavoratrici caregiver a rischio licenziamento

Essere un caregiver familiare oggi è decisamente drammatico, specie se si è donne: madri, mogli, sorelle di persone con disabilità, in molti casi di persone con malattie rare e croniche gravemente invalidanti, o di persone anziane non autosufficienti. Parliamo di una stima di 7milioni di persone in Italia, per la stragrande maggioranza donne.

Lo Sportello Legale dell’Osservatorio Malattie Rare riceve continue richieste di aiuto: “Hanno utilizzato tutti i permessi (104 e non), tutte le ferie, i congedi, perfino l’aspettativa”, spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale. “Se non sono collocabili in smart working? Se i loro familiari non possono assolutamente rischiare il contagio Covid, che fare? E quando i familiari devono essere assistiti h24 e non è più possibile affidarli a strutture semiresidenziali o caregiver professionisti non ancora vaccinati? Dal DPCM 2 marzo 2021, l’ultima misura prevista dal Governo, nessuna risposta per queste persone. Quanti di loro (e quante donne soprattutto) perderanno il posto?

La situazione dei lavoratori fragili ad oggi è drammatica, perché la maggior parte delle misure di tutela introdotte nella prima fase dell’emergenza sanitaria non sono state rinnovate”, si legge in un comunicato di Omar Osservatorio Malattie Rare. “Il DPCM 2 marzo non menziona alcuna proroga rispetto alle originali tutele previste dal Decreto Cura Italia che permettevano ai lavoratori fragili di assentarsi dal lavoro, men che meno prevede forme di tutela per i cargiver familiarei. Il ricorso allo smart working è solo fortemente raccomandato, ma nessun obbligo legale è previsto in nessun caso.

Resta attivo solo il congedo parentale straordinario per i genitori dipendenti in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza (in zona rossa sostanzialmente) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado”, prosegue il comunicato Omar. “Lo stesso Congedo è stato previsto per i genitori di figli in situazione di disabilità grave – riconosciuta ai sensi dell’Art. 3 comma 3 della Legge 104/92 – in caso di sospensione della didattica in presenza di scuole di ogni ordine e grado o in caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza. Il congedo prevede il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dalla normativa precedente.”

Gli unici specifici riferimenti alla disabilità del DPCM 2 marzo riguardano le attività sociali e socio-sanitarie (da svolgere secondo i piani territoriali e seguendo i protocolli previsti), la deroga al distanziamento sociale per le categorie effettivamente impossibilitate a rispettarlo e la possibilità di svolgere sempre attività motoria all’aperto per queste stesse categorie”, riporta la nota. “A questo si aggiunge la novità, forse l’unica davvero positiva, introdotta dal comma 5 dell’Art. 11, che introduce – per i soli territori in ‘zona gialla’ – una deroga fondamentale all’assistenza da parte di caregiver per gli accessi a visite mediche e ai pronto soccorso per persone affette da grave disabilità. Gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono ora accedere al pronto soccorso insieme al paziente.

Stando alla norma il caregiver, inoltre, può prestare assistenza anche nel reparto di degenza, ma unicamente nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura. Il che potrebbe implicare una certa discrezionalità rispetto alla possibilità di restare con il proprio familiare durante tutto il ricovero.

Al DPCM 2 marzo seguirà il Decreto Legge ‘Sostegni’, che dovrebbe prevedere – secondo le bozze non ufficiali circolate nei giorni precedenti – un articolo dedicato alla tutela dei lavoratori fragili. Nulla – conclude il comunicato – è previsto, ancora una volta, per i caregiver, sempre più invisibili agli occhi del mondo. Specie se donne.

(clicmedicina.it)

SCUOLA DISABILI: LE FAMIGLIE FANNO SQUADRA CONTRO IL SOSTEGNO CHE MANCA

Per il diritto allo studio dei loro figli, i genitori di alunni disabili si uniscono in azioni collettive e si ritrovano sui social networkSettembre, tempo di tornare sui banchi. Ma per molte famiglie questo rientro non ha la serenità che dovrebbe: parliamo dei casi, purtroppo sempre più numerosi, in cui agli alunni disabili vengono assegnate insufficienti  ore di sostegno, a fronte invece di una loro necessità certificata.
Insomma, spesso non basta la certificazione di gravità della disabilità, non basta avere dalla propria parte la legge (la norma prevede che l’organico di sostegno sia assegnato alla scuola in ragione mediamente di un posto ogni due alunni disabili – vedi circolare ministeriale n. 61/12 -, inoltre la Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 80/10, ha sancito il dovere di assegnare ore in deroga nei casi di gravità). Questa situazione  ha aperto la strada a una serie di ricorsi che le famiglie hanno e stanno presentando ai tribunali amministrativi, incassando finora sempre vittorie. Tra le più recenti, quella della LEDHA (Lega per i diritti delle persone con handicap)  di Milano sul ricorso collettivo per discriminazione.
Per far fronte a questa situazione, l’orientamento delle famiglie è, quindi, sempre più spesso quello di unire le proprie forze, confrontandosi ed eventualmente agendo in maniera collettiva. In questo, divengono utili tutti gli strumenti che la rete offre, come i Social Network. E’ proprio su Facebook, ad esempio, che è stata lanciata unainiziativa, gestita in primis da due mamme, che hanno creato un “evento” rivolto  a tutti i genitori che si trovino in questa situazione, per sostenersi, per aiutarsi e per informare. L’intento del gruppo è quello innanzitutto di fare squadra: capire quanti si trovano nella situazione di dover agire per vie legali per far rispettare il diritto dei loro figli, ed eventualmente dare vita ad un ricorso collettivo nazionaleo, se non possibile, molteplici, di tipo regionale e locale, anche per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema.Così una delle due mamme promotrici: “l’obiettivo è essere insieme per far presente al MIUR che l’integrazione scolastica è un diritto innegabile e che i nostri figli hanno il diritto di imparare come gli altri bambini: devono avere le loro stesse possibilità e soprattutto bisogna attuare tutte le strategie didattico ed educative per promuovere l’inclusione scolastica e sociale, cosa che non può avvenire se le ore si sostegno e educative vengono tolte”. In questo caso i social network si rivelano uno strumento utile, che consente di dire ai genitori: non siamo soli.

(disabili.com)

di Giovanni Cupidi