La “bellezza accessibile” di Roma in 42 immagini di persone con disabilità

Verrà ospitata da domani, 15 settembre, fino al 20 novembre, presso il Museo di Roma in Trastevere la mostra fotografica denominata GirovagArte, scaturita dall’omonimo progetto dell’Associazione Handicap Noi e gli Altri, e composta da quarantadue ritratti di persone con disabilità firmati da Samanta Sollima.

«Questa esposizione – spiegano da Handicap Noi e gli Altri  – racconta le emozioni dell’incontro con l’arte, ma anche l’avventura nel ridisegnare una mappa della cultura accessibile a Roma attraverso il nostro progetto GirovagArte, programma di visite guidate nato nel 2018.

Nei ritratti di Samanta Sollima emergono le sensazioni vissute nel profondo dai visitatori e delle loro famiglie nella cornice delle tappe toccate in quattro anni: dai Musei Capitolini al Museo di Roma in Palazzo Braschi, al Chiostro del Bramante e la Basilica di San Paolo Fuori le Mura, a cui si aggiungono i Musei di Villa Torlonia, la Centrale Montemartini e i Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali, ma anche l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata e la street art di Tor Pignattara. Destinazioni scelte non solo per la loro varietà, storia e bellezza, ma anche basandosi sul criterio dell’accessibilità, selezionando e mappando, quindi, quei luoghi il cui impianto risulta più facilmente accessibile alle persone con disabilità motorie».

Mostra fotografica a Roma
Uno dei ritratti fotografici di Samanta Sollima, che compongono la mostra scaturita dal progetto “GirovagArte”

Ideato da Rocco Luigi Mangiavillano dell’Associazione Handicap Noi e gli Altri, attiva da trentacinque anni sul territorio capitolino di Tor Bella Monaca, il progetto GirovagArte è nato appunto per promuovere la fruizione e l’accessibilità presso i luoghi della cultura e dell’arte di Roma e dintorni, in relazione alle persone con disabilità, in svantaggio socio-economico e con forte rischio di emarginazione ed esclusione sociale.

Un’iniziativa realizzata anche grazie al sostegno dell’8 per mille proveniente dalla Chiesa Valdese, con cui i promotori hanno voluto intessere connessioni tra periferia e centro, usando l’arte come medium e affidando alla bellezza il compito di abbattere le barriere invisibili che determinano dinamiche di emarginazione ed esclusione sociale.

Nata e residente a Roma, Samanta Sollima ha lavorato a lungo per il cinema e la televisione come aiuto regista, sviluppando e applicando la passione per la fotografia con foto di scena, ritratti di attori e foto di backstage. Il suo primo progetto fotografico, Vita sulle Punte, realizzato in collaborazione con Officine Fotografiche e finalista al Sony World Photography Awards, è stato oggetto di varie esposizioni personali. Come fotografa ritrattista e di scena, ha collaborato con vari teatri, tra cui il Teatro Parioli e il Teatro di Tor Bella Monaca di Roma, il Teatro della Pergola e il Teatro Comunale di Firenze. Attiva nel volontariato, collabora da anni come fotografa con l‘Associazione Handicap Noi e gli Altri.

Da ricordare, in conclusione, che l’esposizione è promossa da Roma Culture – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (Servizi Museali Zètema Progetto Cultura). (S.B.)Per ogni ulteriore informazione e approfondimento: Ufficio Stampa HF4 (Alessandra Zoia: alessandra.zoia@hf4.it; Marta Volterra: marta.volterra@hf4.it).

Handicap Noi e gli Altri

È un’Associazione di Promozione Sociale senza fini di lucro nata ufficialmente nell’VIII Circoscrizione di Roma nel 1987, grazie all’impulso di un medico di famiglia, di una biologa e di un pilota dell’aviazione civile. Sotto la guida ventennale di una persona con disabilità, insieme alla collaborazione attiva di operatori sociali e volontari, ha stabilito la propria sede nel quartiere di Tor Bella Monaca, con il proposito di costruire una rete territoriale per la tutela dei diritti delle persone con disabilità e l’impegno di creare spazi di solidarietà, iniziative collettive, incontri, progetti e attività sociali. Essa persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale, umana, civile e di promozione culturale. (superando.it)

La disabilità in immagini. “Basta con la fotografia del dramma e del dolore”

Scadono il prossimo 31 agosto i termini per partecipare alla seconda edizione di Scatto inSuperAbile, il concorso fotografico indetto da Inail. Il vincitore della passata edizione, Fabio Moscatelli, riflette sulla rappresentazione della disabilità: “Manca il racconto della vita quotidiana”

Mi sembra che al centro del rapporto tra fotografia e disabilità ci sia uno stereotipo continuo: è difficile vedere lavori nei quali emergano non dico l’aspetto positivo, ma almeno le diverse possibilità che possono avere le persone con disabilità”. Non è indulgente Fabio Moscatelli, fotografo romano che ha vinto, nel 2017, la prima edizione del concorso fotografico “Scatto inSuperAbile” sezione “Disabilità”, categoria “Fotoreportage” con il suo “Gioele”: un lavoro, tuttora in corso, sul percorso di crescita di un bambino autistico che diventa adolescente e, oggi, si avvia all’età adulta (in foto Gioele mentre gioca con Siria, durante una vacanza degli scorsi giorni con la famiglia Moscatelli a Torvaianica). 

Invece – puntualizza il reporter – la fotografia insiste sempre sul lato più drammatico, per non dire pietoso, della disabilità e sulla sua spettacolarizzazione”. In queste settimane (scadenza il 31 agosto) è aperto il bando di concorso della nuova edizione del concorso indetto da Inail, stavolta interamente focalizzato sul tema disabilità e lavoro. utte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito web dedicato.

Con l’occasione, parlando a SuperAbile, il portale dell’Inail che promuove il concorso, Fabio Moscatelli ha argomentato a che punto è, secondo la sua esperienza, la rappresentazione fotografica della disabilità. Ecco la sua opinione, raccolta da Antonella Patete

Qual è la cosa che trova più fastidiosa?

È la spettacolarizzazione della disabilità insieme alla rappresentazione del disagio e del dolore. C’è, invece, poca attenzione nei confronti della quotidianità.

Intendiamoci, tutto può essere rappresentato, non è tanto importante cosa si fotografama come lo si fa. Per esempio, mi viene in mente un lavoro molto bello della fotografa statunitense Mary Ellen Mark, intitolato “Extraordinary Children” che, pur raccontando il lato più doloroso della disabilità, lo fa comunque in modo delicato. Questo per dire che anche gli aspetti più drammatici possono essere rappresentati con sensibilità.

Analogamente può essere raccontato fotograficamente perfino l’aspetto per così dire “meraviglioso” della disabilità. Penso a un progetto come “ElevenMillion Reasons” di Sean Goldthorpe, che mostra con grande bravura l’aspetto più “sorprendente” della disabilità, mostrando immagini che non ti aspetti.

Poi ci sono i tanti genitori fotografi, come Leon Borensztein, che in “Sharon”, al pari di tutte le mamme e i papà del mondo, ha costruito l’album dei ricordi della propria figlia. Sharon, che oggi è ormai una donna, è nata cieca ed autistica, ma il racconto che suo padre ne fa è quello di una normale quotidianità.

Dal suo particolare osservatorio, le cose sono migliorate negli ultimi tempi?

No, direi che sono peggiorate. a rappresentazione della disabilità rimane per lo più drammatica e pietosa, viene fatta con poco tattoe tende a stupire attraverso la negatività e non conla bellezza. Non so se sia colpa dei fotografi, del mercato o dell’indirizzo che ha preso il mondo della fotografia, probabilmente si tratta di una serie di concause, ma di fatto il risultato è dei peggiori.

Ultimamente ho visto un reportage molto fastidioso sull’autismo, dove i ragazzi sono stati immortalati con un filo di bava alla bocca. Al contrario un lavoro sulla vitiligine, una condizione che crea lo schiarimento di alcune zone della pelle, estremamente patinato. In questo lavoro c’è un’estetica portata all’estremo, che vuol far apparire per forza bello ciò che bello non è. La fotografia richiederebbe maggiore schiettezza e sincerità.

Ma perché non rappresentare le situazioni drammatiche se il ruolo del fotografo è anche quello della denuncia?

Oggi esiste una sovrabbondanza di immagini, che ci fa perdere di vista l’oggetto della rappresentazione. Non siamo più alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, quando Gianni Berengo Gardin raccontò, con un bellissimo lavoro, la vita negli ospedali psichiatrici italiani.

Non abbiamo più quella cultura delle immagini che poteva essere funzionale negli anni Settanta, quando comunque il nostro Paese era indietro, potendo vantare solo organi di informazione come “Epoca” e “L’Espresso”, neppure lontanamente paragonabili all’esperienza di una rivista statunitense come “Life”.

Ormai neppure le foto di guerra riescono a sorprenderci e sono rari i casi in cui uno scatto raggiunge l’obiettivo a scuotere l’opinione pubblica, come è accaduto per esempio con il piccolo Alan Kurdi, fotografato senza vita su una spiaggia dopo il naufragio della piccola imbarcazione a bordo della quale si era messo in viaggio per raggiungere l’Europa. Come scrive il fotografo spagnolo Joan Fontcuberta nel volume “La furia delle immagini”, oggi siamo tutti fotografi perché abbiamo in mano la macchina fotografica che ti consente di fare telefonate.

Quale aspetto della disabilità non è stato ancora rappresentato secondo lei?

L’aspetto meno evidente della vita di una persona disabile. Mi piacerebbe vedere un lavoro sulla giornata tipo di una persona in carrozzina o con un altro tipo di disabilità. er esempio come occupa il suo tempo o cosa fa nell’arco delle 24 ore. Mi intrigano gli aspetti meno superficiali e scontati della realtà, preferisco chi va più a fondo senza fermarsi alla superfice delle cose.

(redattoresociale.it)

‘NESSUNO ESCLUSO’: fotografie tra sogni, disabilità e inclusione

Apre il 5 maggio alla Fabbrica del Vapore la mostra di Christian Tasso. Con le sue immagini fa emergere storie, situazioni e aspirazioni di persone con disabilità in varie parti del mondo

(foto copertina Narok, Kenya 2017 @Christian Tasso)

Apre il 5 maggio a Milano alla Fabbrica del Vapore – Sala delle ColonneNESSUNO ESCLUSO. La nuova mostra di Christian Tasso, a cura di Adelina von Fürstenberg. Con le sue immagini l’artista fa emergere storie, situazioni e aspirazioni di persone con disabilità in varie parti del mondo. La sua fotografia non mette in evidenza la loro “diversità”, ma il forte contributo che la loro inclusione porta alla società.

Provincia del Hovsgol, Mongolia 2017 © Christian Tasso

Ogni immagine scattata da Christian Tasso riflette sulla storia personale del soggetto fotografato prima di tutto come individuo con la sua storia e con le sue ambizioni personali. La disabilità diventa così un elemento tra i tanti che costituiscono la sua identità. La serie fotografica cerca di liberare lo sguardo dell’osservatore da visioni basate sulla disinformazione e su idee oggi controverse riguardanti le persone con disabilità. Diversamente dalle fotografie estreme della grande fotografa americana Diane Arbus sul mondo della diversità, Tasso porta alla luce l’aspetto sensibile e umano dei soggetti che fotografa, facendoci scoprire la loro vita quotidiana, il loro lavoro, il piacere di stare in famiglia e il piacere della vita.

Siem Reap, Cambogia 2016 © Christian Tasso

Con NESSUNO ESCLUSO l’artista presenta una serie di lavori fotografici di grande e medio formato – esclusivamente in pellicola sviluppata manualmente in camera oscura – che celebrano la diversità come risorsa per l’intera umanità. Con questo specifico lavoro, Tasso ha voluto ispirarsi a situazioni e persone in diverse parti del mondo (Italia, Ecuador, Romania, Nepal, Germania, Albania, Cuba, Mongolia, India, Irlanda, Svizzera, Kenya, Cambogia, Paraguay ed Etiopia) che abbracciano la “diversità” come una risorsa integrata nel contesto sociale in cui vivono. Presentando al pubblico stralci di vita delle persone con disabilità, la mostra (aperta dal 5 al 28 maggio) si propone come uno strumento di incontro e avvicinamento all’inclusione.

Manzanillo, Cuba 2016 © Christian Tasso

Christian Tasso, nato a Macerata nel 1986, vive e lavora tra l’Italia e la Svizzera. È artista e regista e nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi internazionali. Sviluppa progetti a medio e lungo termine su temi come la comunità, i costumi e i rituali, la ricerca dell’identità attraverso e con gli altri, l’interazione tra umanità e natura e il rapporto tra memoria e territorio.

WEB TASSO

(rollingstones.it)

Lo sguardo delicato sulla disabilità di Valentina De Rosa

Nel progetto ‘Villa Monteturli’ i protagonisti sono persone con gravi disabilità motorie e psichiche, ritratte dalla fotografa napoletana


Il primo elemento che colpisce osservando i ritratti realizzati da Valentina De Rosa sono i colori brillanti e intensi, con l’energia delle immagini che scaturisce dall’armonia tra le tonalità e gli sguardi dei soggetti, definiti con pennellate di luce naturale. Del resto, la fotografa ha iniziato i suoi studi proprio con il corso di pittura e fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, proseguendo il suo percorso artistico all’interno del Laboratorio Irregolare a cura di Antonio Biasiucci, una masterclass biennale focalizzata sulla ricerca personale e la fotografia d’autore. È proprio in questa fase che Valentina inizia a realizzare una ricerca sociale e psicologica che ruota intorno alla condizione umana e a i suoi aspetti impercettibili a occhio nudo.

Nel progetto Villa Monteturli, esposto all’ottava edizione del festival Castelnuovo Fotografia, i modelli di Valentina De Rosa sono persone di età diverse con gravi disabilità motorie e psichiche. La “Villa” in realtà è una struttura di riabilitazione estensiva a Firenze che ospita una trentina di pazienti che hanno bisogno di cure e attenzioni particolari. Una circostanza umana che intimorisce ma che viene fortemente esorcizzata nel lavoro dell’artista.

È interessante andare a comprendere il grado di fiducia che Valentina De Rosa instaura con le persone da lei ritratte che per un attimo, solo per un attimo, sembrano dimenticare il luogo in cui si trovano. I soggetti sono sempre al centro dell’inquadratura, cristallizzati, elemento che crea una strana condizione, innaturale e vera insieme, come se trovassero una via di fuga nell’istante dello scatto. La fotografia regala bellezza e libertà. Con Villa Monteturli non ci si trova di fronte a un classico reportage, perché le immagini non denunciano una condizione, tutt’altro: la disabilità viene narrata con delicatezza e profonda dolcezza. È palese come la fotografa sia riuscita creare empatia con i pazienti e a raccontarli con grande rispetto. «Ho iniziato a scattare quando non ero più un’estranea per loro» dice Valentina.

Villa Monteturli © Valentina De Rosa

La composizione di ogni immagine è simmetrica e minimale, lo sfondo costituito da pareti di colore diverso, ora giallo, poi verde o turchese, colori che rendono ogni ritratto chiaro e ben definito. Le tinte sempre più accese avvolgono il soggetto in primo piano, smussando a volte la sofferenza o la timidezza oppure, come nel caso dell’uomo su parete verde, alcune disabilità fisiche esterne. Nel tentativo di normalizzazione e di evasione dalla sofferenza attraverso l’immagine, risiede un’influenza stilistica di Diane Arbus che in qualche modo Valentina De Rosa ha attualizzato e portato fino al 2013, anno in cui inizia il suo lavoro a Villa Monteturli.

La paura e di conseguenza il senso di marginalità vengono allontanati attraverso il mezzo fotografico. L’obiettivo ha un potere “espiatorio”, è un passaggio tra i soggetti e il mondo esterno e Valentina De Rosa con grande sensibilità accompagna i suoi soggetti in questo percorso.  Si riconosce la capacità di metterli a proprio agio, di aiutarli a trovare una “posa” per tirar fuori quello che vogliono far vedere a chi li osserva. Ne è un esempio lo sguardo della signora con i due fiori, a tratti freddo ma carico e immenso che ti cattura e le conferisce una figura solenne. L’iter di questa ricerca, che possiamo definire iconica e sociale al tempo stesso, non è stato facile; è chiaro come il risultato finale sia l’esito di un rapporto costruito giorno dopo giorno e che ha richiesto molta energia da parte della fotografa. Sono assolutamente innegabili la lucidità e l’attenzione nella definizione dei ritratti ed è notevole la cura artistica nella rappresentazione di un tema così delicato come la disabilità.
(rollingstone.it)

“Luoghi inaccessibili”: un concorso fotografico internazionale

Fotografie che mostrino luoghi inaccessibili alle persone con disabilità, in vari àmbiti della vita (luoghi pubblici, privati, legati al lavoro, al tempo libero, alla vita culturale o sportiva ecc.), intendendo il termine di inaccessibilità come mancanza di misure adeguate, a partire da un’infelice progettazione, che impedisca appunto l’accesso alle persone con disabilità su base di parità con gli altri.

È con questo tipo di immagini che i nostri connazionali di ogni età, così come tutti i cittadini dell’Unione Europea e quelli della SEE (Spazio Economico Europeo), potranno partecipare fino al 30 ottobre al concorso fotografico Inaccessible Places (“luoghi inaccessibili”, appunto), lanciato dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ricordando, come spiegano i promotori dell’iniziativa che  «i luoghi inaccessibili impediscono anche un approccio indipendente, l’ingresso, l’evacuazione e/o l’utilizzo dei luoghi e delle strutture da parte di persone con disabilità, rappresentando quindi anche un rischio per la salute, la sicurezza e il benessere di tali persone».
La partecipazione al concorso è individuale (non come organizzazione) e non è prevista alcuna quota di iscrizione.
Tre i premi finali previsti (rispettivamente di 500, 300 e 200 euro), per assegnare i quali si terrà conto della qualità, dell’incisività e della carica innovativa delle foto inviate, oltreché della rilevanza rispetto al tema proposto. (S.B.)

A questo link, nel sito del Forum Europeo sulla Disabilità, sono elencate tutte le modalità che consentono di partecipare al concorso fotografico, oltre ad ogni altra informazione sullo stesso. (superando.it)

Sessualità e disabilità, fotografie di un dibattito necessario

Il desiderio non si ferma con la disabilità: come sconfiggere i pregiudizi anche con una campagna Instagram.


Non ho mai accettato la malattia né quello che essa porta con sé, quindi ho sempre lavorato per migliorare il mio fisico e le mie emozioni. Ho iniziato con il valorizzare il corpo: con il trucco creavo maschere perfette, con i vestiti camuffavo ciò che la malattia rendeva un’area difettosa e svelavo le zone più sensuali“. A parlare è Giulia, una dei 121 utenti disabili e caregiver di MySecretCase intervistati grazie a Disabile DesiderAbile, la campagna che rovescia i tabù, in nome del diritto al piacere inclusivo e universale, con la quale il brand che ha cambiato l’immaginario sulla sessualità in Italia e primo shop online per il piacere delle donne e delle coppie, vuole raccontare desideri, testimonianze e storie di persone con disabilità e di coloro che se ne prendono cura. “Così scoprivo me stessa – prosegue la donna – conoscevo la nuova “me” e la ricostruivo. Mi piacevo un po’ di più! Da lì, ricominciando a guardarmi intorno, notavo degli sguardi affascinati, curiosi e intrigati da me. Grazie a questi sono riuscita a tirare fuori maggiormente la mia interiorità, facendomi conoscere agli altri e così sono nate nuove amicizie, nuovi flirt e il vero amore! Anche se in un modo totalmente diverso, sono tornata a sentirmi come un tempo“.

A prendere parte a questo progetto che invita a vivere la sessualità oltre i pregiudizi, oltre l’ossessione di corpi perfetti e performanti, ci sono decine e decine di utenti che con Giulia condividono la disabilità che però a seconda della propria specificità manifesta problematiche diverse. C’è chi a causa di una malattia all’apparato riproduttivo e ai conseguenti dolori causati da un rapporto sessuale ha paura del sesso, chi per via della sclerosi multipla ha poca sensibilità, ma grazie alla ginnastica intima è tornato a provare piacere. Un ragazzo che ha perso la gamba sinistra e ha avuto la fortuna di incontrare ragazze cui importava poco della sua protesi e una ragazza che fa molta fatica a entrare in intimità con i ragazzi “perché quello che prima di tutto si nota di me è la mia carrozzina. Tutti pensano, prima di ogni cosa, “ma come farà?”, “Ah, ma perché puoi scopare?”. Ed ecco che vengono precluse tante esperienze”.



Ma quanto è ancora radicato in Italia il tabù “sessualità e disabilità“? Era davvero necessario un progetto che si occupa di questi temi? Sì, stando ai risultati del sondaggio diffuso a giugno e a luglio alle associazioni italiane che si occupano di disabilità e supporto ai caregiver familiari e agli utenti di MySecretCase. Da questo, infatti, è emerso che il 60% degli utenti afferma di vivere la sessualità all’interno della coppia, il 14,6% di non avere mai avuto alcun tipo di relazione e di non sentirsi a proprio agio con la sessualità, né in solitudine, né in coppia, l’8,5% di vivere solo l’autoerotismo e il 38% di vivere la sessualità in modo naturale, sia in coppia sia in solitudine. Altri dati: il 56% dei disabili vive la sessualità con il proprio compagno, il 31,7% la vive in solitudine, il 6,1% con una lavoratrice del sesso e quasi il 10% dei caregiver ricorre a questa figura per supportare il proprio familiare.
La maggior parte delle persone disabili è vista come asessuata, quasi fosse scontato che la disabilità precluda la sfera sessuale“, spiega un caregiver. “Disabilità e sesso sono tabù che si sommano: è giusto parlarne per smantellare tutto questo riserbo ipocrita. Un altro passo verso l’autonomia!”. Ci sono dei genitori che su richiesta del figlio che ha subìto danni neuro-psichici in seguito a un incidente motociclistico lo accompagnano da una escort una volta al mese. Di più non possono permettersi. Un altro caregiver esprime il desiderio che questo argomento possa essere affrontato e discusso già nelle scuole a partire dall’adolescenza. Un’educatrice che vuole specializzarsi su questa tematica afferma che “in Italia soprattutto, è ancora un tabù, sia da parte delle istituzioni sia nell’ambiente familiare. Le famiglie spesso non vogliono parlarne anche se magari il/la loro figlio/a si masturba regolarmente e a volte attuando comportamenti antisociali, oppure ti dicono di non svegliare il can che dorme. Pochissime sono disposte a concedere questa libertà al proprio figlio proprio perché hanno finora fatto molta fatica ad accettare il fatto che se ne dovranno prendere cura per tutta la vita, quindi non concepiscono questo bisogno “adulto”. In tutto questo discorso chiaramente sto parlando di disabilità non solo fisiche ma anche cognitivo-comportamentali”.

Cosa è emerso ancora dalla campagna Disabile DesiderAbile? Il 94% dei disabili, il 100% dei caregiver intervistati e il 98% degli utenti di MySecretCase ritiene necessario che il percorso terapeutico e di cura venga affiancato, da parte delle istituzioni, da un percorso con una psicologa o una sessuologa; quasi il 50% degli utenti ritiene che i sex toys abbiano avuto un ruolo importanti nella scoperta del proprio piacere personale e di coppia. Il 92,7% dei disabili, l’85,7% dei caregiver familiari e il 93% degli utenti di MySecretCase, risulta, inoltre, d’accordo con la legalizzazione, in Italia, della figura dell’assistente sessuale, un operatore che dopo un percorso di formazione psicologico, sessuologico e medico, è in grado di aiutare le persone a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale oltre che personale e affettiva.

Il benessere sessuale è stato inserito dall’OMS tra i diritti primari dell’uomo ma sappiamo bene che, in alcune condizioni, rappresenta una dimensione “esclusiva” che spesso necessita di risposte istituzionali e che, ancora oggi, viene liquidata da alcuni media con una retorica del pietismo, ben lontana dalla realtà di persone DesiderAbili: abili, appunto, di desiderio”, dichiara Norma Rossetti, fondatrice di MySecretCase. Il progetto inoltre ha coinvolto Valentina Tomirotti, scrittrice, attivista e influencer, e Max Ulivieri, fondatore di Love Giver, e comprende una campagna visiva di autoritratti – postata sull’account Instagram di MySecretCase – di chi affetto da disabilità o malattie croniche ha deciso di metterci la faccia, interviste, testimonianze scritte e un ciclo di dibattiti e dirette Instagram. Dopo il primo incontro Parliamo di orgasmo andato in onda 31 luglio, in occasione della Giornata mondiale dell’orgasmo, in co-diretta con Valentina Tomirotti seguiranno, a partire da fine agosto, i seguenti incontri: Come seduco una donna con Max Ulivieri, Mi avevano detto che con la Chemio il desiderio sarebbe calato con Fraintesa, Sesso, intimità e trasformazioni con Ginevra di Spirito e Innamoramento e romanticismo con Iacopo Melio.
(marieclaire.com)

Fotografia e disabilità protagoniste nell’edizione 2021 di “Materiali resistenti”

Realizzare una mostra in grado di unire fotografia e disabilità: è questo l’obiettivo di “Astolfo sulla Luna – Riflessioni sulla disabilità intellettiva e il disagio mentale”, iniziativa organizzata dalle associazioni Arte Totale e Il Terzo Occhio Photography e patrocinata dalla Regione Piemonte e dall’Anpi. L’esposizione (nell’ambito dell’8° Biennale di Arti Visive – Materiali Resistenti) si terrà presso il Salone Esposizioni della Regione Piemonte (Via Garibaldi 2, Torino) dal 6 al 23 maggio 2021; l’inaugurazione si svolgerà giovedì 6 alle ore 18,00. Le opere, realizzate da persone con disabilità, saranno concentrate su aspetti della vita quotidiana: “Nella normalità – fanno sapere gli organizzatori – ogni opera realizzata da una persona con disabilità cognitivo relazionale lascia trapelare una difficoltà o una caratteristica creativa propria che sovente condiziona, positivamente o negativamente, la percezione dell’ opera. Nella fotografia, invece, è possibile mantenere una sorta di anonimato, una neutralità nella valutazione tale che solo se rivelato appositamente è possibile scoprire chi c’è dietro l’obiettivo. Come affermava il famoso fotografo Henry Cartier Bresson, è un’illusione pensare che le foto si facciano con la macchina: le foto si fanno con gli occhi, con il cuore e con la testa.”
Uno degli obiettivi è quello di offrire occasioni di espressione: “Le persone con disabilità cognitivo relazionale – proseguono – sono ancora troppo invisibili. Far sentire la loro voce, permettere loro di esprimere la loro storia interiore e il loro modo unico di vedere il mondo. La dimostrazione che, a fronte di una o più disabilità, possiedono delle abilità costituisce il più significativo messaggio sociale.”
Al progetto potranno aderire le associazioni, dalle quali verranno selezionati due artisti con due fotografie a testa; il formato deve rientrare nelle misure 50×50 e le opere, scelte dall’educatore e artista Salvatore Giò Gagliano, dovranno essere incorniciate o appositamente montate su supporti rigidi. La scheda di adesione dovrà essere inviata entro il 31 agosto 2020.
Per ulteriori informazioni clicca qui.

(volonwrite.org)

“Naked”, la disabilità (senza aggettivi) nelle foto di Oliviero Toscani

La mostra, realizzata in collaborazione con il centro di ricerca Fabrica, su iniziativa del Comitato italiano paralimpico, è stata presentata al Festival della cultura paralimpica, che si è svolto a Padova. Dodici campioni paralimpici in 36 scatti, per raccontarsi oltre ogni barriera culturale e fisica

Si è chiusa ieri, a Padova, la seconda edizione del Festival della cultura paralimpica, ideato dal Comitato Italiano Paralimpico. Dopo la prima edizione, che si è svolta lo scorso anno presso la stazione Tiburtina di Roma, quest’anno il Festival si è spostato a Padova, in un ideale accompagnamento verso il 2020, quando la città sarà Capitale Europea del Volontariato. Tra incontri, dibattiti, interventi che si sono susseguiti in questa tre giorni di sport e cultura, evento di spicco è la mostra fotografica “Naked“, realizzata da Oliviero Toscani.

Naked, le foto di Oliviero Toscani

Mettere a nudo la disabilità, spezzare la tirannia dei modelli estetici dominanti, affermare che esiste anche un corpo dell’atleta paralimpico e che ciascuno di noi è unico nelle sue forme, nei suoi pensieri. Senza aggettivi. Mettere a nudo la propria anima, la propria storia e le proprie abilità in un’unica visione. Sono questi alcuni degli spunti offerti dalle 36 fotografie realizzate da Toscani – con la collaborazione di Fabrica, centro di ricerca per la comunicazione moderna, fondato dallo stesso Toscani nel 1994 – su iniziativa del Comitato Italiano Paralimpico, l’Ente pubblico che si occupa di promuovere nel Paese lo sport per persone con disabilità anche come strumento di riscatto personale e di inclusione sociale.

I 12 campioni ritratti da Oliviero Toscani

Dodici campioni paralimpici si sono messi davanti all’obiettivo di Oliviero Toscani con la voglia di raccontarsi e di dimostrare che è il momento di abbattere ogni barriera culturale e fisica, con il coraggio di essere sé stessi. Il risultato è una galleria umana che è stata allestita, nel chiostro antico di Palazzo del Bo, dal 5 al 7 novembre. Si tratta di ragazze e ragazzi che rappresentano l’eccellenza sportiva paralimpica del nostro Paese. Dai campioni di nuoto paralimpico Simone Barlaam e Arianna Talamona, freschi di titoli mondiali agli ultimi Mondiali di Londra, allo snowboarder toscano Jacopo Luchini, vincitore nel 2019 della Coppa del Mondo di boardercross; dal campione paralimpico di sollevamento pesi Donato Telesca (un argento fra i grandi e campione mondiale Junior con record del mondo) all’arciera plurimedagliata Eleonora Sarti (un titolo mondiale paralimpico e un argento iridato olimpico); dal pilastro della nazionale di basket in carrozzina Giulio Maria Papi, agli schermidori paralimpici Edoardo Giordan (argento mondiale) e Andreea Mogos (argento paralimpico). Nel progetto anche la campionessa di para rowing Anila Hoxha (3 titoli internazionali e 5 italiani), il portabandiera azzurro alle scorse Paralimpiadi di PyeongChang e leader della nazionale italiana di Para Ice Hockey Florian Planker (campione europeo nel 2011 e bronzo paralimpico nel 2020 nello sci alpino) e due giocatrici della nazionale italiana di sitting volley – rivelazione di quest’anno con una storica qualificazione alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, Giulia Aringhieri e Silvia Biasi. La mostra è composta da trittici a grandezza monumentale. Gli atleti, secondo la visione di Oliviero Toscani, vengono rappresentati in primo piano, in tenuta da competizione e senza veli. Gli atleti paralimpici si presentano al pubblico come dei giganti. Il progetto toccherà varie città italiane e approderà in Giappone in occasione delle prossime Paralimpiadi estive di Tokyo 2020.

Pancalli: “Una mostra che parla di noi”

Il Comitato Italiano Paralimpico – afferma il presidente Luca Pancalli prosegue il suo percorso di collaborazione con le più importanti realtà culturali del Paese, con l’obiettivo di cambiare la percezione della disabilità nella nostra società. Quest’anno abbiamo l’onore di poter vantare la collaborazione di Oliviero Toscani, maestro di fotografia e di creatività che con le sue opere ha influenzato profondamente la cultura e la comunicazione italiane e internazionali. Gli abbiamo chiesto di offrirci una visione sullo sport paralimpico. Toscani ha accettato e ha lavorato cogliendo, con grande sensibilità umana e artistica, gli aspetti più profondi del nostro mondo. I nostri campioni, con coraggio e intelligenza, hanno subito accettato questa sfida. Il risultato è una mostra meravigliosa che parla di noi, senza filtri, ma parla anche di tutte le persone, delle proprie sfide, dell’importanza di superare le difficoltà, le paure e le insicurezze”.

Toscani: “Impariamo dal vostro coraggio”

Questi ragazzi sono dei super-uomini e delle super-donne che hanno sviluppato un altro muscolo, quello del cervello e del cuore, della generosità e soprattutto del coraggio. Il muscolo del coraggio vostro è quello da dove noi dobbiamo imparare” ha dichiarato Oliviero Toscani.

Fabrica è un centro di ricerca per la comunicazione moderna. Fondata nel 1994 da una visione di Luciano Benetton e Oliviero Toscani, ha sede a Treviso, in uno spazio di architettura magica restaurato e ampliato dall’architetto giapponese Tadao Ando. Di ispirazione rinascimentale e con un approccio che si basa sull’imparare facendo, Fabrica accoglie talenti curiosi, irrequieti, ambiziosi, generosi, testa libera e cuore in mano, che sperimentano la comunicazione contemporanea attraverso una costante contaminazione tra diverse discipline, quali fotografia, video, grafica, design, scrittura, musica e digital.

(redattore sociale)

Tre fotografe mettono in mostra la disabilità nell’ambito della Città visibile

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Resterà aperta sino al 9 novembre la mostra fotografica allestita nell’ambito della Città Visibile a Follonica che vede esposte le opere di tre fotografe follonichesi sul tema “l’invisibilità delle persone diversamente abili”. Le foto mostrano solo una carrozzella “vestita” e in diversi momenti o situazioni immaginate della vita di una persona con disabilità motoria. Quasi mai si guarda veramente la persona, la sua personalità, ma la sua disabilità puntando sempre gli occhi sulla carrozzella.

Francesca Manetti, Elena Biagetti e Monica Iacopini, le giovani fotomamatrici sono riuscite in modo avanguardistico ad “inquadrare” la persona, facendola incarnare, utilizzando solo degli accessori. Un gioco di emozioni e scatti attraverso la Maremma. Un lavoro molto particolare e delicato che è il primo in Italia ad essere realizzato. «Ringrazio, come disabile, come persona impegnata nell’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali, e, membro fondatore della Fondazione Il Sole Francesca, Elena e Monica per il grande generosità e professionalità donata per migliorare la cultura per la qualità della vita delle persone diversamente abili. – ha affermato Lorella Ronconi che conclude – Una mostra assolutamente da non perdere».
(ilgiunco.it)

di Giovanni Cupidi

Partecipa a “Fotografa la disabilità”: abbattiamo i pregiudizi!

“Fotografa la disabilità” è un’interessante e, perchè no, divertente iniziativa che il blog (disabilità senza barriere) sta seguendo da qualche mese. Abbiamo pensato che l’idea di inviare proprie foto riguardanti la disabilità vista o vissuta anche come sfida, come abilità, come momento per far vedere a tutti che si può fare ed essere tutto, anche se si è disabili, fosse una cosa simpatica, oggetto di riflessione, motivante, per andare oltre ai tanti muri e alle numerose barriere mentali che ancora oggi esistono nel nostro Paese. 

Una provocazione? Potrebbe essere, ma perchè no?! 
Le vostre foto verranno pubblicate in una galleria fotografica che uscirà a breve sul sito. 

Che aspettate? Inviateci le vostre foto (possibilmente di buona qualità), compilando il modulo che troverete cliccando qua: modulo
(disabilità senza barriere.it)