Punti di forza e di debolezza della nuova strategia europea sulla disabilità

Durante la Sessione plenaria del 7 luglio, il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) ha adottato il suo parere sulla nuova Strategia europea sui Diritti della Disabilità, considerata un significativo passo avanti rispetto alla Convenzione ONU sullo stesso tema. Il CESE  raccomanda tuttavia che la Strategia UE venga fortemente legata all’accesso ai fondi europei del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, con l’obiettivo di aiutare le persone con disabilità a riprendersi dalle conseguenze della pandemia, in quanto facenti parte dei gruppi sociali più penalizzati.

Nonostante il Comitato abbia sottolineato l’importanza di questa iniziativa, ha messo in luce alcuni aspetti critici. Le prospettive di una sua effettiva realizzazione da parte dei singoli Stati Membri e la deplorevole mancanza di misure legalmente vincolanti, nonché di adeguate risorse umane e finanziarie. Chiede inoltre che una più stretta collaborazione fra Stati membri e Istituzioni europee avvenga attraverso la ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità dell’ONU (UNCRPD). In modo tale che l’Unione potrà richiedere un rispetto più rigoroso delle misure previste dalla Convenzione.

Un’altra criticità messa in luce riguarda le discriminazioni contro le donne e le ragazze affette da disabilità. Un focus particolare anche sulle questioni della violenza di genere e sulle donne come badanti dei propri famigliari affetti da disabilità.

Il Comitato ha accolto con interesse la proposta di un centro risorse chiamato AccessibleEU. L’obiettivo sarà quello di riunire le autorità nazionali responsabili delle misure di accessibilità insieme a esperti e professionisti per cercare un miglioramento e un rafforzamento di queste ultime. È stata lodata anche l’iniziativa riguardante la Carta sulla Disabilità Europea per il suo possibile grande potenziale. A condizione che venga riconosciuta dai singoli Stati Membri e dia la possibilità alle persone con disabilità di poter partecipare pienamente alla vita politica delle proprie comunità. 


Per saperne di più: il comunicato del CESE
(Articolo rielabotato da apiceuropa.com)

Recovery plan e disabilità: nuove risorse e lacune antiche

Sulla disabilità che cosa esprime il PNRR? Chi ha redatto il Piano dimostra di conoscere gli elementi portanti della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 che spazia dalla piena inclusione, alle politiche per il lavoro, all’accessibilità, all’istruzione più inclusiva, al miglioramento dell’assistenza medica e dei sistemi di protezione sociale sostenibili e di alta qualità. Tuttavia, il “tema” disabilità è sostanzialmente confinato nella missione sull’inclusione sociale. Anzi, in una parte di quella missione

Inquadriamo lo scenario usando la stessa sintassi governativa. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento predisposto a Bruxelles per rispondere alla crisi provocata dalla pandemia da Covid-19. È strettamente necessario che il Piano sia elaborato in modo congruente alle richieste UE per poter contare su un contributo mai visto e che sfiora i 200 miliardi. Il Governo Conte ne aveva elaborato una prima deficitaria versione.

Il Governo Draghi ci ha rimesso le mani ne ha inviato testo e schede tecniche al Parlamento. Sarà al centro del Consiglio dei Ministri di domani e poi della discussione parlamentare lunedì e martedì prossimi. Infine sarà approvato in una nuova riunione del CdM e inviato a Bruxelles.
Il Piano (chiamato anche Recovery Plan) è articolato in sei missioni: digitalizzazione; innovazione; competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità sostenibile; istruzione; cultura e ricerca; inclusione e sociale; salute.

Attorno alle oltre 318 pagine del PNRR, non solo per la vastità del documento, è difficile esprimere sia una stroncatura, che certo non merita, che un acritico apprezzamento. Molti invece gli interrogativi, talora pessimistici ma più spesso sinceramente ispirati dalla curiosità di conoscerne la effettiva applicazione e ricaduta sulle persone, sulle famiglie, sulla collettività.

Sulla disabilità che cosa esprime il PNRR? Chi ha redatto il Piano dimostra di conoscere gli elementi portanti della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 che spazia dalla piena inclusione, alle politiche per il lavoro, all’accessibilità, all’istruzione più inclusiva, al miglioramento dell’assistenza medica e dei sistemi di protezione sociale sostenibili e di alta qualità. Lo dimostra e la cita assieme ai preoccupati report (2017) del Parlamento europeo.

Tuttavia, il “tema” disabilità è sostanzialmente confinato nella missione sull’inclusione sociale. Anzi, in una parte di quella missione. Se alcuni elementi sono certamente apprezzabili (al netto di come verranno effettivamente realizzati), non emerge una visione d’insieme articolata e che colga, almeno in nuce, le complessità irrisolte su disabilità e non autosufficienza, su inclusione e pari opportunità, su segregazione e isolamento.

Nella missione riservata all’inclusione sono previste per la disabilità due specifiche linee di intervento. La prima è quella delle infrastrutture sociali che dovrebbero “rafforzare il ruolo dei servizi sociali locali come strumento di resilienza mirare alla definizione di modelli personalizzati per la cura e il miglioramento della qualità della vita delle persone con disabilità, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture sociali che coinvolgono il terzo settore.” Non è ancora chiaro di cosa si intenda nel dettaglio, ma verosimilmente vi saranno inclusi servizi residenziali, semiresidenziali e di accompagnamento.

Ci si attendeva in queste parti un più articolato dettaglio, solo ad esempio, sul tema della non autosufficienza. Aspetto invece che rimane molto debole in tutto l’impianto del Piano con quello che ne deriva per una parte significativa della popolazione.

Più stringente la seconda linea che contempla invece i percorsi di autonomia per le persone con disabilità cogliendo in parte , almeno in termini programmatici, molte istanze avanzate in questi anni. Gli intenti espressi – su cui si possono elaborare differenti letture – sono quelli di evitare la istituzionalizzazione o di favorire la destituzionalizzazione soprattutto attraverso l’assistenza domiciliare ma anche di accompagnamento all’autonomia personale. Si delineano anche sostegni all’abitare, agli interventi per la ristrutturazione delle abitazioni anche con il ricorso a strumenti di domotica o tecnologicamente avanzati. Un passaggio è dedicato al ricorso a strumentazione e allo sviluppo di competenze digitali in funzione del telelavoro. Il tutto dovrebbe essere inquadrato nella definizione di progetti personalizzati.

In altri passaggi non si rileva invece alcuna particolare attenzione alla disabilità; in particolare l’assenza brilla nelle politiche per l’occupazione (grave!) e nell’housing sociale. Come pure in altre linee dedicate alla disparità di genere e, ancora, all’istruzione o, infine, alla reale accessibilità alla salute, alla prevenzione, alla cura.
Si tace sulla disabilità anche nella parte riservata all’innovazione nella Pubblica amministrazione. Qui di apprezzabile vi è il richiamo all’accessibilità degli atti e delle risorse pubbliche (peraltro già previsto da un corpus regolamentare nazionale ed UE).

Rimane quindi la spiacevole sensazione che la visione della disabilità sia costretta nell’ambito dell’assistenza e della protezione sociale (nel senso minimale dell’espressione) e non piuttosto in quella di una condizione umana trasversale cui riservare inclusione e opportunità.
Non è una sensazione ma una certezza invece, la lacuna rispetto alle riforme strutturali strettamente necessarie al successo stesso del Recovery Plan. È una lacuna che sappiamo essere ben chiara nella sua ampiezza sia a Draghi che al suo entourage: è quello della governance. E governance non significa solo e tanto vigilare che gli obiettivi siano raggiunti per distribuire i quattrini. Significa conservare la regia e i poteri sufficienti per far sì che quegli obiettivi siano realmente perseguiti.

Nel sociale – a noi qui quello interessa – ciò è particolarmente infido. Tentiamo di spiegarla facile e in poche righe. La legge quadro sull’assistenza (recte: sistema integrato di interventi e servizi sociali) risale al 2000. Norma risultante di una stagione di forti idealità, di condivisione, di confronti, la 328/2000 è verosimilmente la legge meno applicata alle nostre latitudini. Anche per una banale coincidenza storica: quasi contestualmente è stato riformato il Titolo V della Costituzione restituendo alle Regioni pressoché tutte le competenze in ambito sociale. Anziché generare mirabolanti effetti la pretesa sussidiarietà ha partorito 21 sistemi sociali regionali ed una profonda disparità territoriale, fortissime disequità allevate nell’assenza di livelli essenziali di assistenza sociale. E niente: con una punta di provocazione possiamo di che che forse l’unico “livello essenziale” reale è oggi l’indennità di accompagnamento, quella che eroga INPS per conto dello Stato.

Negli ultimi anni si è malamente tentato di metterci una toppa, usando i decreti di riparto di alcuni Fondi nazionali come leva a lungo braccio per imprimere un minimo di uniformità di trattamento almeno su alcuni aspetti (non autosufficienza, dopo di noi …). Ma le risorse sono troppo limitate per forzare cambiamenti radicali e strutturali nei territori. Per usare una immagine bucolica: se si gettano semi un terreno che oramai è ghiaioso, difficilmente germoglieranno. Lo stesso fenomeno che accade quando risorse arrivano in un territorio in cui i servizi sociali sono largamente assenti.
Nel sociale lo Stato non ha poteri sufficienti per governare, rendere omogenei servizi e politiche, eliminare odiose disparità territoriali (che la UE mal sopporta); deve quindi contrattare al ribasso le regole con le Regioni, tornare ai consueti decreti di riparto e incidere assai poco nei casi di latitanza.

E che c’entra il Recovery Plan? Ci si ritrova nella stessa situazione di governance monca e che le più mirabolanti intuizioni rimangano impaludate in antichi meccanismi.
A meno che… A meno che Mister Draghi, forte del consenso che per ora conserva, non tiri fuori un coniglio dal cilindro, modificando regole e norme che ci condizionano da parecchi lustri. Se ciò dovesse avvenire, ci auguriamo si inizi dal sociale.
(di Carlo Giacobini su vita.it)

Città e vita urbana a misura di disabili – Access City Award 2020

Access City Award 2020 – Concorso a cura della Commissione europea e del Forum europeo delle disabilità

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Tutti i cittadini con disabilità dell’Unione Europea devono poter votare

«Questo Parere ribadisce un problema in modo più forte e preciso: ostacoli di tipo normativo escludono dal voto tanti cittadini con disabilità intellettiva, mentre problemi di accessibilità escludono quelli con disabilità motoria. L’obiettivo è dunque che nessuno sia privato della possibilità di votare, perché il suffragio universale è il fondamento di ogni democrazia. Per questo, una volta che il Parere sarà approvato dalla nostra plenaria e trasmesso alle Istituzioni Europee, ci auguriamo che queste intervengano per riconoscere le infrazioni come tali, laddove questo diritto non sia rispettato»: lo ha dichiarato alla testata «SuperAbile.it» Pietro Barbieri, presidente del Gruppo di Studio sui Diritti delle Persone con Disabilità nel CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), fondamentale organo consultivo della Commissione Europea, a proposito del Parere approvato in questi giorni dalla Sezione Occupazione, Affari Sociali, Cittadinanza dello stesso CESE, denominato The need to guarantee real rights for persons with disabilities
to vote in European Parliament elections (“La necessità di garantire il reale diritto delle persone con disabilità a votare nelle elezioni europee”), documento disponibile integralmente (in inglese) a questo link.

Una persona con disabilità solleva una sciarpa, all’interno del Parlamento Europeo, con la scritta “Right to Vote for All” (“Diritto di voto per tutti”)

«Purtroppo – ha sottolineato ancora Barbieri – dall’ultimo rapporto del CESE, risalente al mese di marzo dello scorso anno, sul diritto di volto delle persone con disabilità [“La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle Elezioni del Parlamento Europeo”], poco è cambiato fino ad oggi e troppi restano i Paesi in cui questo diritto non è riconosciuto. Come si legge infatti nel Parere che abbiamo approvato in questi giorni, tuttora le Leggi Nazionali di 14 Stati Membri escludono ancora circa 400.000 cittadini europei con disabilità dal diritto di voto alle Elezioni Europee. In otto Paesi, ad esempio, le persone che non possono recarsi un in seggio elettorale per via di una disabilità o una malattia, incluse quelle che vivono in strutture residenziali, non hanno alcun modo per votare, mentre sono ben diciotto i Paesi in cui le persone cieche sono escluse dal voto».
«L’Italia – ha concluso Barbieri – non è messa male. Il problema maggiore riguarda infatti gli elettori ciechi, per la difficoltà di fare accedere accompagnatori in cabina, mentre non risulta che sia stato mai impedito a una persona con disabilità intellettiva di esprimere il proprio voto». 

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa CESE (Daniela Marangoni), daniela.marangoni@eesc.europa.eu.
(superando.it)

Il Summit Europeo sull’Inclusione delle persone con disabilità

In occasione della Presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione Europea, il Commissario per la Disabilità del Governo Federale della Germania ha organizzato per il 17 novembre prossimo l’European Inclusion Summit, importante iniziativa che vuole essere l’occasione per un ampio scambio di idee sulle tematiche legate all’inclusione delle persone con disabilità, in previsione della messa a punto della nuova Strategia Europea sulla Disabilità per il decennio 2020-2030 (che in realtà si chiamerà Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030.
L’evento si terrà in una speciale edizione virtuale e consisterà in una giornata di confronto tra rappresentanti dei Governi e delle Istituzioni europee, con la partecipazione di organizzazioni che si battono per i diritti delle persone con disabilità, oltreché dei principali esperti che si occupano di disabilità in Europa e di realtà aziendali.
Un focus particolare sarà dedicato alla Direttiva Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act), ma il programma toccherà, attraverso tavole rotonde e l’organizzazione di gruppi di lavoro tematici, anche i temi della digitalizzazione, della cooperazione per l’inclusione, nonché della violenza verso le fasce più a rischio come le donne o i bambini e le bambine con disabilità.
A dare sostanza alla partecipazione italiana sarà presente un rappresentante del Governo, Antonio Caponetto, capo dell’Ufficio per le Politiche in favore della Disabilità della Presidenza del ConsiglioCristina Mussinelli, segretario generale della Fondazione LIA (Libri Italiani Accessibili). Essi interverranno entrambi all’interno del gruppo di lavoro tematico dedicato alla digitalizzazione (ore 13.30), durante il quale LIA presenterà le proprie attività, come esempio di “buona prassi” internazionale nel campo della creazione e distribuzione di contenuti editoriali digitali accessibili. Grazie infatti alla collaborazione di quasi ottanta marchi editoriali, LIA ha creato negli anni il più ampio catalogo di e-book digitali accessibili a livello internazionale, che oggi offre oltre 26.000 titoli. 

Tutti gli incontri previsti il 17 novembre nell’àmbito dell’European Inclusion Summit saranno disponibili in streaming live in lingua inglese, tedesca e francese, e tutti gli interventi prevedono traduzione simultanea nella Lingua dei Segni, audiodescrizione e sottotitoli, per garantire la partecipazione a chiunque sia interessato. A questo link è disponibile il programma completo dell’evento. 
(superando.it)

Permesso disabili in auto valido Ztl tutta Italia

Ministero Innovazione, misura in dl Semplificazioni

Le persone con disabilità potranno circolare con i loro veicoli su tutto il territorio nazionale con un unico permesso: ne basterà uno “per accedere alle Ztl in tutta Italia”. E’ questa una delle novità introdotte dal dl Semplificazione, uscito in Gazzetta ufficiale, secondo quanto riporta il ministero dell’Innovazione sul suo sito, facendo un elenco delle misure volte alla digitalizzazione. Ciò “sarà possibile grazie ad una piattaforma unica informatica, presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che consentirà di verificare le targhe associate a permessi di circolazione dei titolari di contrassegni”, si spiega. Oggi invece, viene ricordato, “il permesso di circolazione per accedere nelle zone a traffico limitato (Ztl) per i veicoli delle persone con disabilità è valido solo nel Comune in cui è stato richiesto. Per poter accedere alle Ztl in altri Comuni è necessario effettuare una pratica”. 

(ansa.it)

Verso la nuova Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030

«Negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose, il che significa che la Strategia sulla Disabilità per il prossimo decennio dovrà essere molto più ambiziosa di quella attualmente in atto, in particolare per quanto riguarda l’attuazione concreta e il monitoraggio»: lo aveva dichiarato all’inizio di quest’anno Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, a proposito della Strategia Europea sulla Disabilità fino al 2030, passaggio destinato a incidere concretamente sulla vita di oltre cento milioni di persone con disabilità del Vecchio Continente.
In realtà la road map per il nuovo decennio non si chiamerà più “Strategia”, ma diventerà l’Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030 (European Disability Rights Agenda), verrà definita nei prossimi mesi dall’Unione Europea e resa pubblica nel 2021. Essa elencherà le varie leggi, i programmi e le azioni che guideranno appunto per i prossimi dieci anni le politiche dell’Unione in tema di diritti delle persone con disabilità, coincidendo con una serie di impegni precisi, da perseguire con le risorse più adeguate.
Con la consapevolezza, quindi, dell’importanza di porre sin d’ora istanze chiare e definite, l’EDF ha prodotto l’ampio documento intitolato EDF input to the European Disability Rights Agenda (consultabile integralmente a questo link), basato innanzitutto su cinque obiettivi principali, che qui di seguito elenchiamo.
1. Porre fine alla segregazione e garantire un livello di vita adeguato, tramite l’accesso a un’istruzione inclusiva, all’inclusione sociale e alla vita nella comunità, al lavoro e alla protezione sociale. In particolare il Forum punta molto sulla fine progressiva della segregazione nelle strutture residenziali, rivendicando il fatto che le persone con disabilità hanno il diritto di vivere in modo indipendente.
2. Libertà di circolazione: ovvero le persone con disabilità devono essere libere di vivere, lavorare, viaggiare, studiare e partecipare alla vita pubblica in ogni Paese dell’Unione Europea, senza perdere alcun diritto né il diritto a un sostegno finanziario. Ora non succede, a causa del perdurare di molte barriere e ostacoli.
3. Sarà fondamentale promuovere la parità per le persone con disabilità e la protezione contro ogni forma di discriminazione, violenza e abuso.
4. L’Unione Europea dovrà farsi portatrice dei diritti delle persone con disabilità in ogni sua relazione internazionale, ovvero presso le Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa e in tutte le attività di cooperazione internazionale, compresa l’azione umanitaria.
5. Le Istituzioni, gli Organi e le Agenzie dell’Unione Europea dovranno garantire i diritti delle persone con disabilità innanzitutto nel loro funzionamento interno (dipendenti, personale, beneficiari).
Il documento dell’EDF propone poi una serie di azioni da concretizzare a breve/media scadenza, a partire dall’istituzione di un’“Unità Convenzione ONU” all’interno della Commissione Europea, responsabile cioè dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, organismo che dovrebbe collocarsi presso la Direzione Generale della Giustizia e dei Consumatori dell’Unione Europea.
Altro punto di particolare importanza è quello concernente l’avvio di una struttura formale (Structured Dialogue), che garantisca la partecipazione delle organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità all’attuazione della nuova Agenda, con una linea di bilancio indipendente e sufficienti risorse finanziarie.
Sul piano quindi dei Fondi Europei, l’EDF chiede che ne venga proibito l’utilizzo in qualsiasi àmbito di assistenza, in ogni struttura o servizio che sia inaccessibile alle persone con disabilità o che comporti la discriminazione di queste ultime.
Altre istanze riguardano l’accessibilità, con la creazione di un Comitato Europeo che verifichi in tutti i Paesi dell’Unione l’applicazione delle norme comunitarie in tale settore, nonché una raccolta di statistiche sulla disabilità finalmente ampia e corretta, disaggregando i dati in base al tipo di disabilità, al genere e all’età, oltreché includendo anche le persone con disabilità che vivono in contesti istituzionali.
Sempre sul fronte delle azioni a breve/medio termine, ve ne sono poi due riguardanti altrettante Convenzioni, la prima delle quali – la Convenzione di Oviedo (Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina) – aveva già suscitato qualche tempo fa la preoccupata attenzione delle organizzazioni impegnate in favore dei diritti delle persone con disabilità. O meglio a preoccupare era il progetto di Protocollo Aggiuntivo a tale Trattato, rispetto al quale proprio l’EDF era stata la prima firmataria di una lettera inviata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, scrivendo che «qualsiasi autorizzazione al trattamento coatto e all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità costituisce una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, in particolare degli articoli 14 (Libertà e sicurezza della persona), 15 (Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti), 17 (Protezione dell’integrità della persona) e 25 (Salute)». Anche ora, pertanto, viene rinnovata la richiesta di opporsi esplicitamente, all’interno della nuova Agenda Europea, a quel Protocollo Aggiuntivo.
Infine, l’Unione dovrà far sì che tutti i Paesi Membri aderiscano alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (la Convenzione di Istanbul), ciò che non è ancora avvenuto, come passaggio fondamentale per combattere la violenza contro le donne e le ragazze con disabilità.
A livello di nuova legislazione da introdurre nei prossimi anni, il Forum guarda in particolare a una norma europea che tuteli le persone con disabilità dalla discriminazione in ogni àmbito della vita, una norma dalle caratteristiche assai simili alla nostra Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), una Legge decisamente avanzata, anche se tuttora relativamente poco sfruttata, tanto da diventare una sorta di “modello” a livello continentale.
Altri importanti settori da regolamentare con specifiche Direttive Europee dovranno essere quelli volti a garantire un reddito standard di tutela sociale, per garantire una vita dignitosa alle persone con disabilità e alle loro famiglie, un criterio comune per la valutazione della disabilità in tutti i Paesi dell’Unione, così come costi ragionevoli per le cosiddette “tecnologie assistive”, nonché una legislazione che armonizzi i requisiti minimi di accessibilità per ogni aspetto dell’ambiente costruito, dei veicoli di trasporto e delle stazioni, trasporto urbano compreso.
E naturalmente da ultima, ma non certo ultima, una norma che garantisca il diritto di voto alle Elezioni Europee per tutte le persone con disabilità dell’Unione.
Per garantire la reale attuazione di tutto quanto proposto, serviranno, a parere dell’EDF, alcuni strumenti, come la Carta Europea della Disabilità, che tutti gli Stati Membri dovranno adottare, per fornire il riconoscimento automatico della valutazione di disabilità di una persona, nonché dei diritti connessi.
Serviranno inoltre risorse economiche per incentivare e facilitare l’accesso al mercato comunitario del lavoro, da parte delle persone con disabilità, mentre su un altro versante, il Forum chiede che gli Stati dell’Unione vengano obbligati a rendere pubblici i dati riguardanti le discriminazioni in materia di accessibilità.
Nel documento dell’EDF, infine, vengono menzionate una serie di linee generali, che dovranno ispirare le politiche dei prossimi anni.
In primo luogo, sulla scia delle varie ristrutturazioni edilizie volte a migliorare il patrimonio edificato, ai fini anche di una migliore efficienza energetica, l’accessibilità dovrà sempre costituire un requisito di base.
Nel campo dei trasporti, inoltre, l’Unione Europea dovrà affrontare e risolvere a tutti i livelli, le questioni riguardanti i voli aerei e segnatamente il problema dei “negati imbarchi” alle persone con disabilità e la definizione dei “motivi di sicurezza” che li possono motivare, garantendo altresì l’accessibilità dei velivoli, degli aeroporti e delle informazioni negli scali e a bordo. Riguardo invece ai viaggi ferroviari, dovranno essere rimossi in tutti gli Stati i tempi di pre-notifica richiesti per l’assistenza, consentendo, a lungo termine, viaggi liberi e indipendenti per tutti.
E ancora, il programma comunitario Garanzia Giovani dovrà essere pienamente inclusivo per tutti i giovani che si affacceranno sul mercato del lavoro, compresi quelli con disabilità.
Ulteriori passaggi sono quindi dedicati alla necessità di garantire che venga fornito sostegno adeguato ai richiedenti asilo e ai rifugiati con disabilità, oltreché all’inclusione nella nuova Agenda Europea della cosiddetta “discriminazione intersezionale”, riguardante in particolare le donne e i bambini con disabilità, ma anche le persone LGBTI con disabilità (lesbiche, gaby, bisessuali, transessuali e intersessuali).
Infine, ulteriore punto qualificante del documento dell’EDF è costituito dalla necessità di garantire l’attuazione della Nota orientativa sull’inclusione delle persone con disabilità nelle operazioni di aiuto umanitario finanziate dall’Unione Europea, da parte della Commissione Europea per gli Aiuti Umanitari, in linea con tutti i principali Trattati internazionali degli ultimi anni. 
(superando.it)

Strategia Europea per la Disabilità. A che punto è l’Italia nell’inclusione scolastica dei disabili?

Strategia Europea per la Disabilità rientra nel più ampio quadro di Europa 2020 “Misure a sostegno dell’occupazione, della produttività e della coesione sociale in Europa”.

Si tratta di un programma che prevede la coesione di tutti gli Stati membri dell’UE verso un unico, non semplice obiettivo: l’inclusione sociale delle persone disabili.
Questi ultimi, infatti, devono vedersi garantire benessere e il pieno esercizio dei propri diritti – in un’Europa senza barriere.

Le 8 aree d’intervento e la scuola

Nel 2010 la Commissione Europea, in tal senso, ha individuato 8 aree d’azione congiunta tra gli Stati membri dell’Unione Europea:
1- Accessibilità: perché le persone con disabilità possano fruire liberamente di beni, servizi e dispositivi di assistenza specifica per la propria patologia – oltre che dei trasporti, delle strutture e delle tecnologie a disposizione di tutti.
2- Partecipazione: l’inclusione passa innanzitutto per la partecipazione sociale e per l’esercizio della cittadinanza attiva. Ciò prevede che si rimuovano le barriere architettoniche che ostacolano la mobilità dei disabili.
3- Uguaglianza: che significa la promulgazione di leggi contro la discriminazione.

4- Occupazione: ovvero la creazione in tutti gli Stati membri di categorie protette volte ad incentivare l’occupazione delle persone disabili.

5- Istruzione e Formazione: gli studenti disabili necessitano di attenzioni in più, che si traducono in: accesso all’istruzione e alla formazione pubblica e privata, nonché misure di accompagnamento individuale durante il percorso di studio (anche all’Università). Infine, le persone con disabilità devono avere pari opportunità di accesso ai programmi di mobilità studentesca (come l’Erasmus).

6- Protezione Sociale: necessaria per contrastare la disparità di reddito, la povertà e l’esclusione sociale, tramite programmi di protezione sociale come quelli pensionistici.

7- Salute: accesso semplificato al sistema sanitario nazionale e sicurezza sul lavoro.

8- Azione esterna: che vuol dire finanziamenti verso i Paesi membri e istanze internazionali riguardanti le politiche pubbliche per la disabilità.

La situazione in Italia

Nonostante dal 2010 ad oggi ci siano stati netti miglioramenti e risultati tangibili con la Strategia europea per la disabilità, è indubbio che per molte persone disabili la situazione sia ancora difficile.

Per rendersene conto basta dare uno sguardo ai report disponibili, che purtroppo sono ancora pochissimi: ciò significa che, innanzitutto, la prima cosa che serve per migliorare è l’attenzione da parte di studiosi, sociologi e medici che possano effettivamente segnalare buone pratiche da seguire.

Gli studi condotti in questi ultimi 10 anni mostrano che, nel settore del lavoro, c’è un vasto divario (addirittura in crescita), tra il tasso di occupazione delle persone senza disabilità e quello delle persone con disabilità.

Ciò affonda le sue radici nella scuola: il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è esattamente il doppio di quello della popolazione generale.

Inoltre, è importante ricordare la disabilità è catalizzatore povertà.

A questo va aggiunto il quadro specifico di donne e bambini disabili, spesso oggetto di una discriminazione più forte rispetto a quella di cui sono vittime gli uomini.

Disabilità e dispersione scolastica

La discriminazione, purtroppo, parte anche dalla scuola. Probabilmente, infatti, i motivi per cui le persone disabili abbandonano precocemente la scuola vanno ricercati in aula.

È innegabile che, nonostante gli alunni delle generazioni odierne siano maggiormente abituati alla presenza di compagni con disabilità in classe, ciò non è abbastanza per frenare il fenomeno del bullismo nei loro confronti, che purtroppo ancora esiste.

Poi, non ci sono solamente problematiche relazionali tra pari: ciò che, per un disabile, l’andare a scuola una battaglia quotidiana è sicuramente la presenza di barriere architettoniche ancora vive in molti edifici scolastici, nonché le scelte didattiche (o relative ad attività para-scolastiche) che spesso non tengono in considerazione le esigenze degli alunni con disabilità.

La normativa auspicata

Per ovviare a queste problematiche, un rafforzamento della normativa europea è fondamentale: la nuova Commissione Europea dovrebbe rendersi garante dell’inserimento integrale, all’interno della Strategia sulla Disabilità 2020-2030, di quanto stabilito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Dovrebbe inoltre attuare pienamente gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile presenti nell’Agenda ONU 2030, nonché i princìpi del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (trascurati dalla Strategia 2010-2020).

(orizzontescuola.it)

Nel 2047 record di disabilità tra gli europei over 65

Fra trent’anni, in Europa una donna su quattro e un uomo su sei nella popolazione di età superiore a 65 anni avrà una disabilità fisica tale da compromettere le attività quotidiane. Lo afferma un nuovo studio basato su dati epidemiologici europei, lanciando l’allarme sull’impatto di un’ampia popolazione anziana bisognosa di assistenza sui sistemi sanitari nazionali e privati

La popolazione europea sta invecchiando: negli ultimi decenni la longevità è aumentata continuamente mentre la natalità è costantemente diminuita o è rimasta ferma a valori bassi. In questa situazione, il numero di soggetti malati o in cattive condizioni di salute continuerà ad aumentare.

Una valutazione quantitativa precisa delle dimensioni del problema arriva da un nuovo studio pubblicato sulla rivista “BMJ Open” da Sergei Scherbov e Daniela Weber dell’International Institute for Applied Systems Analysis di Laxenburg, in Austria.

Gli autori hanno infatti stimato che nel 2047, nella popolazione degli over 65, una donna su quattro e un uomo su sei avrà una disabilità fisica tale da compromettere le sue attività quotidiane.

Percentualmente, non ci saranno grandi variazioni; a preoccupare è piuttosto il numero assoluto di questi anziani fragili, che aumenterà molto perché le persone di età superiore a 65 anni fra trent’anni saranno molte di più. Senza misure preventive efficaci, dunque, il fenomeno avrà un impatto enorme sui sistemi sanitari nazionali e privati di tutta Europa.

I risultati sono stati ottenuti sulla base di una analisi dei dati EU-SILC (Statistics on Income and Living Conditions) raccolti dall’Unione Europea ogni anno tra il 2008 e 2014 in 26 paesi del Vecchio Continente, messi a confronto con le proiezioni demografiche e di speranza di vita tra il 2015 e il 2050 delle Nazioni Unite.

Focalizzandosi sulla popolazione europea più anziana, i ricercatori hanno combinato i dati per calcolarne la speranza di vita in salute, un parametro epidemiologico che rende conto degli anni di vita non gravati da problemi sanitari invalidanti.

Hanno così calcolato la quota

di persone anziane la cui attività quotidiana potrebbe essere gravemente limitata, tenendo conto non solo delle differenze nell’assistenza sanitaria tra paese e paese, che hanno un’influenza significativa sul mantenimento dello stato di salute, ma anche delle differenze culturali.

Le indagini demoscopiche, infatti, sono state condotte mediante questionari diretti ai cittadini, e perciò sono influenzate dallo stato di salute percepito dalla popolazione anziana: tra gli svedesi solo una donna su 10 ha riferito di aver restrizioni nelle attività quotidiane contro una donna slovacca su tre.

Al di là delle differenze, secondo lo studio la percentuale di popolazione in cattive condizioni di salute sarà simile nei 26 paesi: nel 2047 il 21 per cento delle donne e il 17 per cento degli uomini oltre i 65 anni potrebbero avere forti restrizioni nelle attività quotidiane.

A risentirne di più saranno le donne, che vivono mediamente più degli uomini e quindi avranno una prevalenza maggiore di disabilità. Tuttavia, non sembrano esserci differenze di genere nel tasso con cui peggiora la salute dei cittadini.

Alla luce di queste cifre, concludono i ricercatori, occorrerà mettere in atto delle contromisure che consentano di ridurre l’impatto sociale delle disabilità degli anziani. Sarà necessario per esempio abbattere le barriere architettoniche e aumentare le risorse dedicate alla formazione di medici, infermieri e caregiver su questo specifico ambito dell’assistenza sanitaria.

(Le Scienze)