Parole di Carta: La Disabilità Visiva (Parte 2)

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione
Consigli di vita quotidiana

In un precedente articolo è stato affrontato il tema della disabilità visiva. Con il contributo della dottoressa Arianna Ranauro, psicologa, ci si è mossi provando a comprendere ciò che accade quando la disabilità si presenta improvvisa e ci si è anche soffermati sulla differenza rispetto a quando si tratta di una disabilità acquisita da lungo tempo o alla nascita.

Si sono inoltre esplorate possibili strategie a supporto delle persone con disabilità visiva e la dottoressa ha suggerito possibili modi per arginare i problemi e aggirare gli ostacoli.

Proseguiamo oggi nel cammino verso l’individuazione di consigli da dare a chi ha una disabilità visiva e a chi vive a contatto con una persona con disabilità, spunti validi soprattutto perché forniti da una persona competente in materia sia per averla studiata sia perché vive in prima persona questa condizione.

Chiediamo alla dottoressa quali passaggi siano necessari per poter acquisire sempre maggiore autonomia e migliorare pertanto la qualità della vita.

IL CONSIGLIO

“Risulta molto importante frequentare almeno un corso di Autonomia domestica e uno di Orientamento e mobilità – consiglia Arianna – Se condotti con operatori qualificati, infatti, sono molto utili per imparare non solo a procedere in sicurezza con il bastone bianco, ma anche per imparare tecniche di orientamento come ad esempio cogliere la forma di uno spazio in base a come vi si diffonde la voce, o anche rendersi conto del contesto stradale in cui ci si trova in base al rumore prodotto dal traffico.

Se lo si sa decodificare, il rumore è un fondamentale strumento di orientamento anche dentro casa e per le occupazioni quotidiane. In cucina si può capire se la pasta è cotta dal suono prodotto in pentola o dal profumo. Quando uno dei sensi è penalizzato, è vero che gli altri si potenziano e quindi una persona non vedente ha un olfatto e un udito più sviluppati che l’aiutano a compensare.

In cucina si usano le mani molto di più di quanto faccia chi non è ipovedente e quindi ci si sporca di più. Nell’imparare, conta molto una buona dose di buon senso; essere precipitosi può risultare pericoloso ma è essenziale dare fiducia a chi ha una disabilità e consentirgli di agire quanto più possibile in autonomia rispettando i suoi tempi ed evitando di cedere alla tentazione di sostituirsi a lui per facilitare o accelerare il compimento di un’azione.

Disabilità visiva

Pur condividendo quest’affermazione, viene da chiedersi se non sia pericoloso per chi ha una disabilità visiva avvicinarsi ai fornelli o usare il coltello. La dottoressa risponde:

“Anche in questo caso contano la giusta misura e un adeguato grado di prudenza. La persona non vedente deve avvicinarsi con criterio al fornello acceso, così sentirà il calore e saprà dove fermarsi evitando di scottarsi. Per quanto riguarda l’uso del coltello, ho sperimentato una soluzione che per me è risultata valida: metto il dito a un paio di centimetri dalla lama e lo uso come unità di misura per capire che distanza mantenere; devo dire che funziona, non mi sono mai tagliata.”

Altro aspetto non trascurabile è la cura di sé, il desiderio di apparire in ordine e vestiti in modo armonioso. Come fa un non vedente a orientarsi nella scelta dei colori da abbinare?

Articolo consigliato: “Parole di Carta: La Disabilità Visiva (Parte 1)

Una via può essere quella di scegliere di acquistare capi di abbigliamento con colori sempre abbinabili tra loro e disporli poi nell’armadio con un ordine riconoscibile da parte della persona non vedente. Se si sceglie di comprare qualche capo dai colori particolari, lo si può conservare in una parte precisa dell’armadio in modo che si sappia dove rintracciarlo senza il rischio di sbagliare.

Oggi comunque ci sono nuovi ausili che aiutano tanto a riconoscere i colori. Penso ad esempio a delle penne speciali che, appoggiate sul capo d’abbigliamento, ne “leggono” a voce alta il colore; o ancora esistono speciali etichette con un codice che permette di registrare un messaggio vocale che contiene le informazioni utili, non solo il colore ma anche la temperatura e il tipo di lavaggio da far fare in lavatrice a quello specifico abito. Le etichette sonore sono utilissime anche nella catalogazione del cibo, in special modo di quello congelato, difficile da riconoscere al tatto.

Ringraziamo la dottoressa Ranauro per le preziose indicazioni fornite a chi vive una condizione simile, ma anche per aver implementato la conoscenza di una realtà molto più complessa, attiva e propositiva di quella che dall’esterno si può immaginare.

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Tatto meglio dell’udito per i bambini con disabilità visiva

Scoperta dell’Iit apre a nuove strategie per la riabilitazione

I bambini con disabilità visiva puntano più sul tatto che sull’udito per esplorare il mondo intorno a loro: lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova in collaborazione con l’Università di Birmingham (Regno Unito), il Centro di Neuro-oftalmologia infantile della Fondazione Irccs Mondino di Pavia e l’Asilo Nido “Elfi del Boschetto” a Genova.

La ricerca permetterà di progettare dispositivi riabilitativi e protocolli per aiutare i bambini con disabilità sin dai primi mesi di vita. È coordinata da Monica Gori, responsabile del Laboratorio U-Vip (Unit for Visually Impaired People) dell’Iit e a capo di una serie di studi finanziati dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) volti a comprendere la rappresentazione spaziale nel cervello dai primi mesi di vita fino all’adolescenza.

In questo ultimo lavoro, i ricercatori hanno studiato il comportamento di bambini dai 5 ai 35 mesi di età, con e senza disabilità visiva, nelle cui mani erano stati messi dei dispositivi sviluppati in Iit in grado di suonare e vibrare in maniera indipendente.

Si è così scoperto che i bambini non vedenti o fortemente ipovedenti reagiscono maggiormente agli stimoli tattili rispetto a quelli uditivi; i bambini privi di disabilità non presentano questa differenza.

Quando gli stimoli sensoriali vengono proposti nella stessa mano, i bambini vedenti sono in grado di rispondere molto più accuratamente e velocemente; al contrario i bambini con disabilità visiva non ricavano lo stesso vantaggio.

Questo lavoro ci mostra che i bambini con disabilità visiva percepiscono già da piccoli un mondo differente dal nostro”, spiega Monica Gori.

Per la prima volta – continua Gori – abbiamo approfondito l’integrazione dei sensi nei neonati non vedenti solo attraverso l’uso di stimolazioni sensoriali. Gli scorsi anni abbiamo sviluppato tecnologie per bambini non vedenti di maggiore età. Questo studio ci permetterà di pensare a nuovi strumenti riabilitativi per intervenire in modo precoce in un periodo molto delicato per lo sviluppo del bambino”.

(ansa.it)

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Il laser svela gli effetti della disabilità visiva sul cervello

Nuova tecnica di indagine sviluppata al Politecnico di Milano

Il laser svela gli effetti della disabilità visiva sul cervello. Sviluppata al Politecnico di Milano una nuova tecnica di indagine non invasiva che sfrutta brevi impulsi laser per studiare gli effetti della disabilità visiva sul cervello: sperimentata con successo su 98 persone con e senza glaucoma, apre nuove strade nello studio di questa malattia ancora in parte sconosciuta, mentre in futuro potrà essere impiegata direttamente in ambulatorio per valutare le condizioni dei pazienti.

Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Studio dei ricercatori del Politecnico in collaborazione con Ospedale Sacco, Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ifn-Cnr) e Università degli Studi di Milano.

Dettagli dell’iride (fonte: Nick Fedele da Flickr)

Il laser svela gli effetti della disabilità visiva sul cervello

Per la prima volta – spiega Rebecca Re del Politecnico di Milano – con questa tecnica è stato osservato che nei pazienti con glaucoma le risposte cerebrali durante la visione appaiono più moderate rispetto al gruppo di controllo, confermando un coinvolgimento della corteccia cerebrale visiva non solo dal punto di vista anatomico, come struttura del cervello, ma anche dal punto di vista funzionale, cioè nel modo in cui il cervello risponde agli stimoli visivi”.

La tecnica TD-fNIRS misura in modo non invasivo l’attivazione delle aree del cervello (fonte: Polimi)

La diversa reazione del cervello è evidenziata grazie alla nuova tecnica TD-fNIRS, un tipo di spettroscopia che attraverso brevi impulsi laser permette di quantificare l’emoglobina con o senza ossigeno presente in diverse aree cerebrali: un aumento di emoglobina ossigenata e una contestuale diminuzione di emoglobina deossigenata sono i segni caratteristici di un’attivazione cerebrale.

Nel corso della sperimentazione, la tecnica TD-fNIRS permette di valutare l’attivazione della corteccia visiva (localizzata nella regione occipitale del cervello) mentre i pazienti guardano uno schermo su cui viene mostrata una scacchiera a quadri neri e bianchi che si alternano.

(ANSA.it)

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Prevenire le disabilità visive in Sud Sudan: il lavoro di CBM

Prevenire le disabilità visive in Sud Sudan in uno Stato dove la mortalità infantile e materna sono tra le più alte a livello globale. vere una disabilità rappresenta motivo ulteriore di povertà, perché per chi è povero la disabilità comporta maggiore difficoltà di sostentamento.

Il Sud Sudan è uno dei paesi più poveri del mondo a causa di conflitti civili che dilaniano la zona da decenni. In uno Stato dove la mortalità infantile e materna sono tra le più alte a livello globale, avere una disabilità rappresenta motivo ulteriore di povertà, perché per chi è povero la disabilità comporta maggiore difficoltà di sostentamento. CBM è un’organizzazione umanitaria che si occupa della prevenzione e cura della cecità evitabile nei Paesi in via di sviluppo e in Sud Sudan supporta i partner locali per la fornitura di assistenza oculistica di base e specialistica alla popolazione.

Le malattie oftalmiche più frequenti sono: cataratta (oltre la metà dei pazienti), tracoma, glaucoma, difetti refrattivi (normali disturbi della vista come, ad esempio, astigmatismo e miopia), retinoblastoma e oncocercosi. CBM lavora sul posto sia formando personale sanitario, sia erogando servizi ambulatoriali e chirurgici.

CBM: assistenza alle persone con disabilità visive dal 1908

È il 1908 l’anno di nascita di CBM (Christian Blind Mission). Da sempre l’organizzazione promuove la prevenzione e la cura delle patologie visive nei Paesi in via di sviluppo. CBM Italia Onlus nel 2019 ha contribuito con 48 progetti in 17 paesi raggiungendo circa 1,9 milioni di beneficiari.
Nel dicembre 2020 ha promosso la campagna Break the Cycle per spezzare il ciclo che lega disabilità e povertà con 26 progetti in 12 paesi di Asia, Africa e America Latina. Il Sud Sudan è uno di questi e l’obiettivo di CBM Italia Onlus è quello di mettere al centro i diritti delle persone con disabilità secondo pratiche di promozione della salute, educazione e inclusione sociale, lavorando insieme alle comunità e non lasciando emarginati i soggetti in difficoltà.

Il progetto in Sud Sudan

Il progetto triennale (2018-2021) di CBM in Sud Sudan, con il supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e in partenariato con le organizzazioni CUAMM, CORDAID e il Ministero della Salute dello Stato di Central Equatoria, parte dai valori della campagna Break the Cycle ed ha obiettivi concreti, alcuni già raggiunti. La maggior parte delle strutture sanitarie del Paese non sono idonee alla cura delle patologie oftalmiche, motivo per cui CBM ha supportato, fin dal 2003, lo sviluppo di strutture specializzate come il Centro Oculistico BEC con sede a Juba, la capitale.

L’importanza di prevenire le disabilità visive in Sud Sudan: il lavoro di CBM

L’obiettivo è quello di estendere le prestazioni sanitarie ad altre zone, in particolare agli Stati Western e Eastern Equatoria. Questo attraverso la formazione di personale specializzato con l’implementazione di unità mobili oftalmiche (dotate della possibilità anche di trattamenti chirurgici) da cui poter riferire i casi più gravi al Centro Oculistico BEC. Il tutto con un’attività di sensibilizzazione nelle scuole e coinvolgimento delle comunità. Nonostante le ulteriori difficoltà avute a causa dell’emergenza Covid-19, questi alcuni dei risultati raggiunti:

  • 87 figure sanitarie formate in Salute Visiva Primaria (PEC) e specialistica negli Stati di Central Equatoria, Western e Eastern Equatoria
  • 547 cure oculistiche nel solo Stato di Central Equatoria, di cui 5.255 interventi chirurgici.
  • 305 bambini visitati in scuole, centri di aggregazione e campi sfollati in Eastern e Western Equatoria a cui vanno aggiunti altri 2.979 visitati in Central Equatoria.
  • 716 le persone che hanno ricevuto servizi nelle cliniche mobili.
  • I bambini a cui è stato diagnosticato il retinoblastoma (tumore all’occhio) sono stati trasferiti nell’ospedale Ruharo in Uganda per ricevere le cure specialistiche per questa patologia.
  • È stata effettuata una raccolta dati nell’area di Juba per rilevare le patologie visive prevalenti attraverso una collaborazione tra Università di Juba e l’Università Milano-Bicocca.

I risultati attesi prevedono un aumento delle persone monitorate e curate, ma anche eventi di sensibilizzazione in Italia.

La storia di Linda Lasuba

Linda Lasuba lavorava come impiegata in un ufficio di trasferimento di denaro. È madre di quattro figli, avuti dal marito Emmanuel, di professione ragioniere. Linda perde il lavoro perché non vede più chiaramente, fino alla perdita di vista da un occhio. Ha 28 anni e non riesce a immaginare il futuro della sua famiglia con lei che non può prendersene cura. Sente del Centro Oculistico BEC alla radio e, noleggiando una moto taxi, riesce ad arrivare. Le viene diagnosticata una cataratta che necessita di operazione immediata. La sua speranza di poter recuperare la vista per riprendere a lavorare e a occuparsi dei figli è stata resa possibile grazie all’intervento perfettamente riuscito.

Questa storia dimostra che chi viene colpito da patologie oftalmiche in Sud Sudan è spesso molto giovane. L’assistenza umanitaria fornita da CBM Italia Onlus è quindi di fondamentale importanza per la tutela del diritto alla salute ma anche nella lotta alla povertà. Per dare futuro in un Paese dove l’aspettativa di vita è tra le più basse al mondo.
(ilfaroonline.it)

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“VISApp”: Stimolazione visiva di bimbi e bimbe con disabilità della vista

«Quando nasce un bambino o una bambina con una disabilità visiva, i suoi genitori si chiedono fin da subito: il mio bambino o bambina vedrà? Quanto e come vedrà? C’è qualcosa che si può fare per stimolare l’apprendimento della funzione visiva? Se come genitori, come pediatri o come educatori della scuola dell’infanzia vi siete posti anche voi queste domande, il nostro consiglio è quello di partecipare all’incontro del 12 giugno»: viene presentato così, dall’Associazione Aniridia Italiana, impegnata su tale malattia genetica rara (l’aniridia, appunto) che colpisce la vista (se ne legga nel box in calce), l’incontro online in programma per il pomeriggio di sabato 12 giugno (ore 15), centrato sulla presentazione di VISApp, un’innovativa applicazione per la stimolazione visiva di bambini o bambine con una disabilità della vista, di età compresa fra 0 e 6 anni.

Il Progetto

«Il progetto VISApp – spiegano da Aniridia Italiana – nasce dalla collaborazione internazionale di più Associazioni (insieme alla nostra, Aniridia Europa, Aniridi Norge, RedTree, Small Codes e ALBA–Associazione Spagnola dell’Albinismo), nell’àmbito del progetto A School for All, finanziato dal fondo dell’Unione Europea per l’educazione interculturale Erasmus+. Oltre all’intervento di stimolazione visiva dedicato ai bambini e alle bambine, tale progetto ha consentito anche la creazione di una piattaforma per la condivisione di approcci e buone prassi con gli insegnanti e gli educatori degli asili nido e le scuole dell’infanzia».

«VISApp – aggiungono – propone molteplici livelli di azione e interazione, con l’obiettivo di portare il bimbo o la bimba a capire come individuare un oggetto che si muove sullo schermo, abbinarlo a un altro oggetto simile, gestirne il movimento e lo spostamento sul dispositivo digitale. Nel complesso la stimolazione visiva prodotta dal gioco consentirà al bambino di allenare l’occhio al riconoscimento di forme e colori, in maniera semplice e veloce e in un ambiente digitale strutturato per una fruizione sicura, protetta e idonea per l’età».

Per l’incontro online del 12 giugno è richiesta la prenotazione, scrivendo a aniridia.italiana@gmail.com o a Barbara Poli (barbara.poli965@gmail.com), indirizzi ai quali chiedere pure ogni altra informazione.

Aniridia

Questa parola significa letteralmente “senza iride”. Si tratta di una malattia genetica rara che colpisce la vista ed è caratterizzata dalla formazione incompleta dell’iride (la parte colorata che circonda la pupilla).
Anche altre parti dell’occhio, come il nervo ottico e la macula (la parte centrale della retina), possono non essere correttamente sviluppate. Le alterazioni della struttura dell’occhio possono altresì provocare l’insorgenza di altre patologie oculari.
L’aniridia e queste condizioni associate colpiscono ciascuno in modo diverso. Così, mentre alcune persone affette sono ipovedenti o non vedenti, altre possono avere una vista quasi normale (per approfondire ulteriormente, fare riferimento a questo link, nel sito di Aniridia Italiana).
(superando.it)

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La radiocronaca per i tifosi con disabilità visiva del Manchester City

UN’INIZIATIVA DI ENORME SUCCESSO CHE HA SUPERATO I VENT’ANNI DI ATTIVITÀ
La stagione 2020/2021 di Premier League volge al termine con il titolo vinto per la terza volta sotto la guida di Pep Guardiola. All’interno dello staff del Manchester City c’è qualcuno, oltre ai calciatori, che fa costantemente la differenza, ogni settimana, per il divertimento e l’esperienza dei tifosi.
Da oltre vent’anni, infatti, il Manchester City si avvale di un team di sei componenti che realizza una radiocronaca descrittiva come servizio ufficiale del club a favore dei tifosi con disabilità visiva. Qualcosa che, fra il 2020 e quest’anno, in piena pandemia e con lo stadio rimasto a porte chiuse, ha assunto una rilevanza e un aiuto ancor più grande.

Il Manchester City non è nuovo a interventi e progetti di inclusione verso tutti i suoi tifosi e le loro eventuali necessità. Per le persone con disabilità visive “guardare” una partita non basta più e diventano molto più importanti i suoni, i profumi e il brusio collettivo dello stadio. Già normalmente, il servizio di “audio commentary” specifico per queste persone era disponibile ma, con gli stadi chiusi causa-Covid, il City ha voluto potenziarlo, offrendolo in diretta dall’Etihad Stadium anche per i tifosi delle squadre avversarie e facilmente ascoltabile da casa tramite i vari dispositivi mobili.

MANCHESTER CITY, LA RADIOCRONACA DESCRITTIVA PER I TIFOSI CON DISABILITÀ VISIVE

Andrew Nelson e Paul Raffo fanno parte del team di radiocronisti del club dedicati a questa iniziativa. La loro diretta parte un quarto d’ora prima dell’inizio della partita. La suddivisione dei compiti, qualche domanda e risposta e brevi spunti pre-partita, poi, fanno parte della routine normale del classico radiocronista. Ma anche loro sanno quanto questo servizio sia importante, e di conforto, per tanti tifosi.

«Ci sono molte persone che fanno affidamento su questo servizio ed è fantastico che il club stesso lo consideri importante»

Stuart Beckett, tifoso

«Nell’ultimo periodo l’importanza del nostro compito è aumentata. C’è molto lavoro da fare per realizzarlo al meglio, ma intanto abbiamo avuto il privilegio di entrare allo stadio come sempre nonostante la pandemia, e soprattutto abbiamo la consapevolezza che i loro occhi sono la nostra voce», ha spiegato Andrew. «Cerchiamo di descrivere l’azione e l’atmosfera nel modo più accurato possibile, con dettagli e colori che possano renderla al meglio a chi ci ascolta».

«Abbiamo una grande responsabilità», gli fa eco Paul, «la proviamo nei confronti di chi ci ascolta, perché li consideriamo anche nostri amici. Prima della pandemia, quando arrivavamo allo stadio ci fermavamo sempre a chiacchierare con qualcuno di loro, perché molti venivano all’Etihad, si sedevano in tribuna e seguivano il match ascoltando la nostra radiocronaca dagli auricolari. Li conosciamo personalmente e per questo il nostro compito diventa ancora più speciale».

E per gli stessi tifosi la gratitudine è ricambiata. Stuart Beckett arrivò a Manchester alla fine degli anni ’70 per intraprendere un lavoro come docente nella località di Wythenshawe. Si innamorò immediatamente del City dopo essere andato alla sua prima partita al vecchio stadio Maine Road nel 1977. Nonostante una frenetica vita lavorativa continuò ad andare il più possibile allo stadio, fino a quando un graduale deterioramento della vista non lo costrinse a seguire le partite da casa.

L’arrivo del servizio di radiocronaca descrittiva fu un momento di svolta e di estrema gioia: «Scoprire che il club realizzava questo servizio fece una differenza enorme, perché in caso contrario non credo sarei mai tornato allo stadio. Invece ricominciai ad andarci, seduto al mio posto in Colin Bell Stand (la Tribuna ovest, ndr) ad ascoltare il loro commento in ogni partita!».

Anche per Fred Yeomans, tifoso dei Citizens da 70 anni, il servizio di radiocronaca descrittiva ha permesso di rimanere legato al Manchester City e alle sorti del club come in passato: «La cosa bella è sentire l’affetto di Andrew e Paul per la squadra, perché non fanno solo una radiocronaca ma è come se parlassero con noi che li ascoltiamo. Se qualcuno sta giocando male o bene, lo dicono, ce lo fanno capire. E questo è ottimo, perché ti tiene coinvolto e ti senti parte dello sviluppo della partita, dell’atmosfera».

Nella fase di pandemia e di gare a porte chiuse, il Manchester City ha implementato una funzione di domande/risposte tramite la quale i tifosi possono interagire con il team di commento nei pre-partita e sentirsi ancor di più coinvolti e parte di un gruppo, condividendo opinioni, speranze, previsioni. Inoltre ha già pianificato di renderlo disponibile anche per tutte le partite della squadra femminile, a partire dalla stagione 2021/2022.

«Ci sono molte persone che fanno affidamento su questo servizio ed è fantastico che il club stesso lo consideri importante», confermano Stuart e Fred. «Tutto ciò che sta succedendo in questo periodo è spaventoso, e solo avere questo momento, e un po’ di tempo per riunirsi idealmente insieme e ascoltare la partita della tua squadra e interagire con qualche chiacchiera e qualche battuta, ti migliora la giornata e ti fa davvero sentire parte di qualcosa».
(archistadia.it)

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“Bene Fai per tutti”, anche il Giardino della Kolymbethra accessibile ai visitatori con disabilità intellettiva

Nel 2020 il progetto del FAI – Fondo Ambiente Italiano “Bene FAI per tutti” volto a rendere la cultura un bene accessibile alle persone con disabilità intellettiva – ideato e realizzato dall’Associazione L’abilità Onlus con la Fondazione De Agostini e reso possibile grazie al prezioso sostegno di JTI (Japan Tobacco International) – si amplia e arriva a coinvolgere due nuovi Beni del FAI, per un totale di undici in tutta Italia.

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Etichetta narrante, informazioni alimentari più accessibili alle persone con disabilità visive grazie allo smartphone

Fare la spesa in autonomia per una persona non vedente o ipovedente è ancora un’ardua impresa. Semplici gesti quotidiani come riconoscere i prodotti, scoprire se sono presenti allergeni, leggere le date di scadenza e tutte le altre informazioni presenti sulle confezioni alimentari sono ancora operazioni inaccessibili per i consumatori con disabilità visiva. Il problema dell’inclusività delle etichette è stato al centro di un webinar organizzato dal Crea, in collaborazione con la Fondazione per lo studio degli alimenti e della nutrizione (Fosan), durante il quale si è parlato anche del progetto di un’etichetta narrante (letteralmente), che è stata sperimentata dai ricercatori del centro di Olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura.

L’etichetta, sviluppata in collaborazione con l’Unione italiana ciechi ed ipovedenti di Cosenza e la start up Sisspre Srl, punta a rendere più accessibili le informazioni utilizzando due strumenti: da una parte il linguaggio braille, dall’altra lo smartphone. Con il braille, infatti, è possibile aiutare i consumatori con disabilità visiva a riconoscere e identificare i prodotti e fornire alcuni dati essenziali, come la scadenza. Tuttavia non è possibile tradurre in braille le tantissime informazioni presenti in etichetta, per mere questioni di spazio. C’è anche da considerare che non tutte le persone con disabilità visive, soprattutto quelle che hanno perso la vista in tarda età, conoscono il linguaggio braille.
L’etichetta narrante ha tra gli obiettivi quello di rendere accessibili le informazioni alimentari alle persone con disabilità visiva
È a questo punto che intervengono le nuove tecnologie: servono solo un QR code e uno smartphone. Con il sistema “scan, tap e slide” messo a punto da Sisspre, dopo aver inquadrato il codice con la fotocamera (scan), si viene reindirizzati automaticamente al sito dove si trovano tutte le informazioni in formato audio, quindi letteralmente narrate, che possono essere riprodotte con un semplice tocco sullo schermo (tap). Per passare alle informazioni successive basta scorrere lateralmente con un dito (slide). Resta però il problema di dover puntare il QR code con la fotocamera: un’operazione piuttosto complessa per una persona non vedente. Il sistema, infatti, era originariamente pensato per le persone ipovedenti, ma può esserne ampliata l’accessibilità, per esempio, segnalando la posizione del codice da inquadrare con il braille o mettendolo in rilievo.

L’etichetta narrante ha tra gli obiettivi quello di rendere accessibili le informazioni alimentari alle persone con disabilità visiva

Il progetto, applicato sperimentalmente alle bottiglie di olio extravergine di oliva dell’azienda agricola Oli Tucci, in una prima fase prevedeva solo la riproduzione di file audio, e in un secondo momento anche video, testi e foto, per fornire informazioni aggiuntive anche alle persone normovedenti, per esempio su tracciabilità e origine, oppure sui metodi di coltivazione e produzione. In questo modo si è creato uno strumento che oltre a essere inclusivo e accessibile alle persone con disabilità visiva, espande l’etichetta e aumenta la trasparenza per tutti i consumatori. Ora non resta altro che sperare di vederlo comparire sugli scaffali del supermercato.

ilfattoalimentare.it

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Milano, arriva MusA: l’app che apre i musei ai non vedenti creata dai ricercatori della Statale

Il progetto di realtà aumentata permetterà ai cittadini disabili di fruire del patrimonio artistico

Quanti sono in Italia i cittadini con disabilità? 3 milioni e 100mila, il 5,2% della popolazione complessiva. Secondo gli ultimi dati Istat, solo il 19,2% si ritiene soddisfatto della propria vita, e appena il 9,3% di loro va al cinema, a teatro, a concerti e nei musei almeno una volta l’anno.
Tra i motivi di una percentuale così bassa ci sono le gravi limitazioni percettive che impediscono ai cittadini con disabilità di godersi normali momenti di svago come la visita di una mostra. A tal proposito, alcuni ricercatori e ricercatrici dell’Università Statale di Milano hanno presentato una App che rende possibile per gli ipovedenti e per i non vedenti fruire a pieno dell’esperienza artistica.

L’applicazione si chiama MusA – Museo Accessibile, ed è stata realizzata dal dipartimento di Informatica “Giovanni Degli Antoni” in collaborazione con ANS (Associazione Nazionale Subvedenti) e finanziata dalla Fondazione di Comunità Milano. Come spiegato dai ricercatori, il progetto si concluderà nel 2021.

Come funziona MusA

L’idea è nata nel contesto di DescriVedendo, un progetto inclusivo di accessibilità culturale che ha come obiettivo quello di ampliare il più possibile la platea di fruitori delle opere d’arte attraverso la collaborazione tra persone con disabilità e non.
L’App sarà accessibile a tutte le persone con disabilità visive, grazie all’integrazione con gli strumenti di accessibilità già disponibili sugli smartphone, come zoom per persone ipovedenti e lettura del testo per persone non vedenti.
Entro il 2020, ad esempio, sarà possibile visitare altri capolavori del Castello Sforzesco, come la Pietà Rondanini di Michelangelo.

Fonte: Descrivedendo

Per le persone ipovedenti, inoltre, saranno disponibili anche funzionalità apposite come i filtri, che permetteranno di vedere l’opera a colori invertiti, con maggiore luminosità o con maggiore contrasto.
In «questo mondo dominato da immagine», scrivono dal progetto DescriVedendo, «la parola resta, nonostante tutto, uno strumento spesso sottovalutato, ma ancora molto efficace e flessibile per un impiego assistivo nei confronti di molte disabilità. Può infatti essere facilmente trasformata in diversi formati: audio, caratteri ingranditi, Braille, lingua dei segni, lingua controllata, lingua semplificata, ecc».

(open.online)

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LA LENTE CAPACE DI AUMENTARE LA VISTA DI TRE VOLTE

Per zoomare basta fare l’occhiolino una volta. Assurdo? Con le lenti a contatto telescopiche sarà possibile farlo.
Queste lenti consentono a chi le indossa di passare dalla visione normale a quella ingrandita, aumentando la vista di 3 volte. L’ultimo prototipo, presentato all’AAAS Annual Meeting a San Josè, in California, potrebbe un giorno aiutare le persone con disabilità visive a recuperare pienamente la vista.
Le lenti potrebbero essere particolarmente utili per le persone con degenerazione maculare, problema che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Una condizione debilitante in cui le persone perdono gradualmente la visione centrale.
Sviluppato da un team guidato da Eric Tremblay, presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna, la lente a contatto rigida copre la sclera, o il bianco degli occhi, rendendola più grande. Al suo interno ci sono piccoli specchi di alluminio, disposti in un anello attorno al centro. Quando la luce fluisce attraverso, gli specchi fanno apparire gli oggetti 2,8 volte più grandi di quanto non siano realmente.
Per passare dalla visualizzazione ingrandita a quella normale, gli obiettivi, per ora, devono essere indossati con un paio di occhiali elettronici. Un occhiolino con un occhio fa passare gli occhiali alla modalità ingrandita. Strizzando l’occhio con l’altro occhio, l’impostazione torna normale.
Il prototipo per ora fa passare poca aria, e l’occhio rischia di rimanere senza ossigeno. Per questo oggi ci sono dei piccoli canali per ossigenare la retina, facendo passare l’aria necessaria. Ma già si sta lavorando ad una lente più piccola e magari un giorno indossabile come una lente a contatto.
Finora i ricercatori hanno testato la tecnologia con un modello meccanico a grandezza naturale dell’occhio che trasmette quello che vede sullo schermo di un computer. Con un migliore flusso d’aria, i ricercatori sperano di iniziare le prove sull’uomo molto presto.

(beppegrillo.it)