#WeThe15: L’Italia si tinge di viola per i diritti delle persone disabili

All’imbrunire, il Colosseo, uno dei siti archeologici più importanti del nostro Paese e nel mondo si è illuminato di viola, il colore internazionale della disabilità, per celebrare il lancio di #WeThe15, la campagna promossa dall’International Paralympic Committee (IPC) e dall’International Disability Alliance (IDA) per porre l’attenzione sui diritti delle persone con disabilità, circa 1,2 miliardi di cittadini, pari al 15% della popolazione mondiale. 

#WeThe15, il Colosseo in timelapse diventa viola per i diritti delle persone disabili

Nello stesso momento lo stesso colore è andato a impreziosire i territori che saranno protagonisti dei Giochi invernali del 2026: Palazzo Lombardia e Palazzo Pirelli (sedi della Regione Lombardia); Palazzo Marino (sede del Comune di Milano); la Torre Allianz di Milano (sede della Fondazione Milano Cortina 2026) e il Palazzo del Municipio di Cortina d’Ampezzo.

Sky Tree – Tokyo

Un’iniziativa che ha visto illuminarsi oltre 115 tra i siti più iconici al mondo: la Sky tree e il Rainbow Bridge a Tokyo; il Geneva’s Jet d’Eau, la Torre di Ostankino e lo Stadio Luzhniki (che fu teatro dei 200 d’oro di Pietro Mennea all’Olimpiade del 1980 e che da ieri fino al 29 agosto ospita i Mondiali di beach soccer) a Mosca; il London Eye di Londra e le Cascate del Niagara tra Canada e Stati Uniti.

London Eye – Londra

L’iniziativa #WeThe15, lanciata a 5 giorni dalla cerimonia inaugurale dei Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, mira a porre fine alla discriminazione nei confronti delle persone con disabilità e ad agire come un movimento globale che promuove l’inclusione e l’abbattimento delle barriere fisiche e culturali.

Luzhniki – Mosca

Questo il commento di Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico: «Abbiamo voluto fortemente supportare e promuovere anche nel nostro Paese questa campagna internazionale ideata dall’IPC che punta a porre l’attenzione sui diritti di cittadinanza delle persone con disabilità di tutto il mondo. Ed è importante che ciò avvenga a pochi giorni dall’inizio delle Paralimpiadi che rappresentano il motore di una rivoluzione culturale volta a cambiare la percezione della disabilità nel mondo.

Siamo felici – continua – che la Fondazione Milano Cortina, diverse amministrazioni territoriali e un partner del Comitato Paralimpico Internazionale come Allianz, abbiano voluto sposare questa causa. Insieme possiamo dare ancora più forza a questa importante battaglia culturale con la speranza che le imprese degli atleti paralimpici possano essere fonte di ispirazione per tante ragazze e ragazzi con disabilità».

(lastampa.it)

“O anche no”. Il format RAI andrà in onda anche in estate

La disabilità non va in vacanza”. È questo lo slogan scelto per accompagnare nei prossimi mesi il programma di Rai 2 O anche no, format in onda ogni venerdì a mezzanotte e mezza (ed in replica la domenica alle 9,15) che quest’anno avrà anche una versione estiva, in partenza il 4 giugno. I temi trattati resteranno quelli legati all’inclusione, alla solidarietà e ai diritti dei disabili. Ci saranno comunque diverse modifiche nella strutturazione delle puntate e nel tipo di contenuti presentati.

Alla conduzione ci sarà ancora Paola Severini Melograni, che aprirà ogni puntata con un intervento introduttivo per fornire notizie ed informazioni sul mondo della disabilità e sui temi legati all’inclusione. Presenteranno i reportage realizzati in giro per l’Italia due giovani conduttori, Mario Acampa e Riccardo Cresci. Volti già noti di Rai Pubblica Utilità e Rai Ragazzi. I due inviati si alterneranno nel corso delle settimane visitando vari luoghi del nostro Paese, nei quali le opportunità per le persone disabili vengono implementate e tutelate quotidianamente attraverso azioni concrete ed efficaci.

“O anche no”. Il format Rai dedicato ad inclusione e disabilità andrà in onda anche in estate

In particolare saranno girati servizi in alcune di quelle scuole che, rispondendo all’appello del  Ministro dell’Istruzione, hanno deciso di restare aperte anche nei mesi estivi per poter seguire i ragazzi disabili che resteranno a casa. Saranno intervistati i docenti, i ragazzi stessi e le famiglie, per raccontare le loro esperienze a riguardo. Oltre alle scuole saranno visitate strutture abitative, oratori, luoghi attrezzati per il turismo accessibile ed altro ancora. Grande attenzione poi anche per il mondo dello sport, documentando l’attività di alcune squadre di calcio paralimpico ed occupandosi delle prossime paralimpiadi.

La prima puntata si aprirà con una riflessione introduttiva della conduttrice, che presenterà un videomessaggio inviato dal celebre disegnatore satirico Staino. A seguire verrà mostrato il reportage realizzato da Riccardo Cresci nelle Marche. Punto di partenza da Macerata dove si trova la Cooperativa Sociale Il Faro – Centro Orizzonte, che si occupa di ragazzi autistici. Saranno intervistati i responsabili della struttura e si conosceranno alcuni dei ragazzi insieme alle loro famiglie. Poi, restando a Macerata, ci si sposterà allo Sferisterio, monumento storico sede del “Macerata Opera Festival” e teatro di un importante progetto di inclusione per ragazzi diversamente abili.

Qui saranno raccontate le storie di Brando, 15enne affetto da una malattia degenerativa che sta compromettendo la sua vista, e Nitui, 13enne indiana cieca dalla nascita che è stata adottata da una famiglia marchigiana. I due giovani, appassionatisi fortemente al suddetto progetto, sono entrati a far parte dello staff organizzativo.
(adginforma.it)

Odio verso i disabili: Perché è importante approvare il DDL Zan

Le persone con disabilità sono esposte a insulti e disprezzo che si traducono spesso in comportamenti discriminatori, anzi spesso si tratta di una doppia discriminazione.

Le persone con disabilità sono spesso esposte a insulti e disprezzo che si traducono poi in comportamenti discriminatori. Anzi spesso si tratta di una doppia discriminazione. Il disegno di legge Zan è attualmente in discussione alla Commissione Giustizia del Senato, mentre èstato giàapprovato dalla Camera dei Deputati. Il testo prevede l’estensione alle discriminazioni relative all’identità di genere, al sesso, all’orientamento sessuale e alla stessa disabilità delle sanzioni già previste dalla Legge Mancino su atteggiamenti e i comportamenti discriminatori relativi all’etnia, alla razza e alla religione.

Le persone con disabilità sono esposte a insulti e disprezzo che si traducono spesso in comportamenti discriminatori originati da pregiudizi e stereotipi. Gli episodi vanno dal bullismo e cyberbullismo nelle scuole ai maltrattamenti e violenze in alcune RSA, fino alla sosta vietata delle autovetture negli spazi riservati. Basta scorrere il dossier “L’odio contro le persone disabili” pubblicato a gennaio 2021 dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, per quantificare la gravità della situazione.

Nel caso delle persone con disabilità, inoltre, la discriminazione spesso è una discriminazione multipla perché la persona con disabilità può subire anche ulteriori atti discriminatori inerenti al genere, all’etnia, all’orientamento sessuale o ad altre caratteristiche.
Già nel 2017 la Commissione parlamentare Joe Cox contro i crimini d’odio aveva lanciato l’allarme sul fatto che le persone con disabilità, come in generale tutti coloro che presentano qualche tipo di fragilità visibile, risultavano le più vulnerabili ad aggressioni fisiche.

La stessa Commissione aveva avvertito che nel linguaggio comune l’attributo di una disabilità fisica o mentale è utilizzato frequentemente come un insulto. Questo fatto pone le persone con disabilità in una situazione di difficoltà e inferiorità, in quanto percepiscono che nell’opinione comune avere una disabilità è un attributo negativo sul piano della valutazione sociale. Ciò vale per tutti i tipi di disabilità, ma soprattutto per quelle di tipo psichico o mentale.

Servono leggi e norme, quindi, ma anche risorse da investire in maniera adeguata. Serve anche creare consapevolezza tra le persone contro i crimini d’odio. Serve una strategia per il contrasto alle discriminazioni verso le persone con disabilità. C’è bisogno, davvero, di una autentica operazione culturale per garantire realmente l’inclusione e le pari opportunità nel nostro Paese. 

È necessario anche l’utilizzo di strumenti statistici che vadano oltre l’aspetto sanitario. Valutare il reale livello di partecipazione e di inclusione delle persone con disabilità, ivi compresi, per l’appunto, i crimini d’odio. Inoltre si rende particolarmente necessaria una vasta opera di sensibilizzazione presso l’opinione pubblica e la società civile, in tutti i luoghi dove si fa comunità e aggregazione sociale.

Detto tra Noi: 2 Aprile tutti i giorni

Rubrica a cura di Angiola Rotella – Presidente di Insieme per l’Autismo Onlus
La giornata mondiale di consapevolezza dell’autismo quest’anno si fa sentire ancor di più negli animi delle persone. Dei caregiver in particolar modo che hanno dovuto affrontare e continuano ad affrontare questo periodo extra ordinario di pandemia in un assordante silenzio.

Continuano a trascinarsi le difficoltà del quotidiano rimandando le soluzioni a tempi migliori. Ma a questo siamo, malamente, abituati. La legge 134/2015 avrebbe dovuto essere una prima pietra per la costruzione di un vero progetto di vita delle persone con autismo ma quando le linee guida nazionali vengono recepite in maniera diversa da ogni singola Regione, possiamo dire che alla fine non solo non è cambiato nulla ma anzi, in alcuni casi, siamo rimasti molto indietro. Dalla diagnosi precoce, alla presa in carico, passando dalla formazione all’inserimento lavorativo fino al dopo di noi, siamo anni luce indietro rispetto a diversi paesi europei, per non amare troppo lontano e aggiungo in barba all’agenda ONU 2030.

Consolati solo dalla buona volontà e dalla passione di singoli professionisti in ogni ambito che mettono in campo tutti i loro sforzi personali per supportare le famiglie, i caregiver soffrono la pressione di una burocrazia intransigente che non solo non solleva, ma addirittura schiaccia le famiglie in una morsa dalla quale, e’ davvero difficile uscire. Accendere i riflettori un solo giorno all’anno è un atto che le famiglie non comprendono più. Ogni altro giorno si trovano sole a rincorrere le istituzioni e a proporre soluzioni che non vengono mai attuate se non completamente ignorate. Per alcuni enti non si è autistici abbastanza per avere sostegno, per altri e’ una forma di sostegno al reddito abusivo come se rivendicare un proprio diritto sia un atto illecito.

E allora la domanda nasce spontanea: la consapevolezza la su richiede alle persone con autismo o al mondo che le circonda? Perché il mondo che le circonda, ancora oggi, tutta questa consapevolezza non la sta dimostrando. Quanto alla persone con autismo e le loro famiglie l’unica consapevolezza che emerge e’ l’indifferenza della società.

(Vietata le riproduzione – Tutti i diritti riservati)

“Tutti Uguali” aiuta i bimbi con disabilità in Camerun

L’iniziativa di Dokita sostiene cure mediche e fisioterapiche, accoglienza e supporto scolastico. arantire il diritto di camminare verso un futuro serena ai bambini vulnerabili ospiti del Foyer de l’Esperance di Sangmelima, del Foyer Père Monti di Ebolowa e del Centro Prohandicam di Yaoundé che complessivamente ospitano 5mila minori

Garantire cure mediche, accoglienza e supporto scolastico ai bambini con disabilità del Camerun, Paese in cui oltre il 23% delle persone con età compresa tra i 2 e i 9 anni lotta ogni giorno con almeno una forma di disabilità. Disabilità spesso legata alle conseguenze di malattie infettive come la polio, la malaria, la lebbra o il morbillo (63% dei casi). Questo l’obiettivo della campagna sms solidale “Tutti Uguali“, lanciata dall’organizzazione umanitaria Dokita che da oltre 30 anni offre un aiuto concreto ai più fragili in Italia e nel mondo.

«In questi mesi di emergenza Covid-19», spiega il direttore di Dokita Mario Grieco « la vita dei disabili è ancora più difficile, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove spesso le persone con disabilità si scontrano con la mancanza di strutture sanitarie adeguate e con rigide barriere sia architettoniche che socioculturali. I bambini disabili del Camerun, purtroppo, non sono uguali a tutti gli altri bambini: a causa delle grandi difficoltà di accesso a terapie adeguate, all’istruzione e spesso persino al calore di una famiglia, non godono delle stesse opportunità garantite ai loro coetanei nati in Paesi più ricchi e sviluppati.

In Camerun i servizi per i disabili sono spesso carenti, le strutture attrezzate per accogliere bambini con bisogni speciali pochissime e, nella maggior parte dei casi, i bambini con fragilità vengono rifiutati persino dalle loro famiglie, sia per mancanza di risorse economiche che per ragioni legate allo stigma ancora troppo spesso associato alla loro condizione. Essere un bambino disabile in Camerun significa, nella maggior parte dei casi, non avere la possibilità di accedere ai servizi medici e fisioterapici, non poter frequentare la scuola e non poter ricevere un’adeguata assistenza e nutrizione, in altre parole essere emarginato. Superare questa ingiustizia è un dovere e per farlo dobbiamo fornire a questi bimbi gli strumenti per vivere un’infanzia felice esattamente come quella dei loro compagni: cure mediche e fisioterapiche, accoglienza e istruzione».

I progetti che Dokita porta avanti in Camerun sono volti ad offrire supporto integrale ai disabili, offrendo loro servizi di assistenza e di cura della persona, ma anche di empowerment, affinché possano partecipare attivamente alla vita sociale ed economica della loro comunità. In particolare la campagna “Tutti Uguali” a favore della quale è attivo fino al 28 marzo il numero solidale 45580, sostiene le attività di tre centri dedicati all’accoglienza, alla cura e al sostegno scolastico dei bimbi con disabilità in Camerun. Il Foyer de l’Esperance di Sangmelima che sostiene giovani con disabilità motorie e intellettive; il Foyer Père Monti di Ebolowa, che dal 1984 si prende cura di minori con disabilità nelle funzioni della voce, uditive, visive e dell’apparato motorio; il Centro Prohandicam di Yaoundé che gestisce una delle poche scuole per bambini ciechi in Camerun.

I fondi raccolti serviranno per rafforzare e mantenere il Foyer de l’Esperance, il Foyer Pere Monti e Prohandicam; consolidare le attività di accoglienza, di supporto e di trasporto dei bambini disabili dei tre centri; potenziare le attività di ricognizione e monitoraggio delle zone rurali circostanti e continuare a sostenere le attività di riabilitazione fisioterapica.
I tre centri aiutano complessivamente oltre 5.000 persone con disabilità ogni anno. Il Foyer de l’Esperance è gestito da Suor Laura Figueroa. Il Foyer Père Monti a Ebolowa e il Centro Promhandicam a Yaoundé sono gestiti dai padri missionari della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione.

(vita.it)

Tessera europea di disabilità, più facile rivendicare i propri diritti in tutta l’Ue

Per Bruxelles è giunto il momento di potenziare l’azione comunitaria per tutelare le persone con disabilità sia in abito sociale che lavorativo. Necessaria la collaborazione tra Commissione e Stati membri e un dialogo continuo con i Paesi extra europei

Le persone con disabilità hanno il diritto di partecipare a tutti gli ambiti della vita, esattamente come tutti gli altri. Per questo la Commissione europea ha presentato la strategia strategia per il periodo 2021-2030 che punta a tutelare dei loro diritti al fine di garantirgli la piena partecipazione alla società su un piano di parità con gli altri. Sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti progressi nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, all’occupazione, alle attività ricreative e alla partecipazione alla vita politica, permangono molti ostacoli. La nuova strategia guiderà l’azione degli Stati membri e delle istituzioni dell’Ue, basandosi sui risultati conseguiti nei dieci anni precedenti e provando a offrire soluzioni alle sfide future.

La strategia sostiene anche l’attuazione da parte dell’Ue e dei suoi Stati membri della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità a livello sia comunitario che nazionale. “La protezione dei diritti delle persone con disabilità deve essere al centro dei nostri sforzi, anche nella risposta al coronavirus, che le ha colpite duramente” ha dichiarato la vicepresidente per i Valori e la trasparenza Vera Jourová.

Una tessera europea di disabilità e il diritto alle pari opportunità

Nonostante le persone con disabilità abbiano lo stesso diritto di tutti gli altri di trasferirsi in un altro Paese dell’Ue o di partecipare alla vita politica, quando decidono di trasferirsi in un altro Stato membro, non è sempre riconosciuto il loro status e quindi hanno difficoltà nell’accedere a prestazioni o servizi. Per questo la Commissione proporrà la creazione di una tessera europea di disabilità al fine di facilitare il riconoscimento reciproco dello status di disabilità in tutti i 27 Stati membri.

Tra le altre cose, Bruxelles vuole impegnarsi per garantire a queste persone il diritto alle pari opportunità e per tutelarle da discriminazioni e violenze. Secondo i dati della Commissione non solo il 52 % delle persone con disabilità si sente discriminato, ma bisogna considerare che corrono un rischio maggiore di diventare vittime di violenze e abusi nel proprio ambiente domestico e nelle istituzioni. Inoltre, ben il 20 % dei giovani con disabilità abbandona precocemente la scuola. Per questo la l’esecutivo comunitario invita gli Stati membri a creare scuole inclusive e innovative per tutti.

Inserimento nella società e nel mercato del lavoro

Entro il 2023 la Commissione europea pubblicherà una guida per gli Stati membri in materia di vita indipendente e inclusione nella comunità. Solo il 50 % delle persone con disabilità ha un lavoro, rispetto al 75 % delle persone senza disabilità, per questo Bruxelles invita gli Stati membri a sfruttare il loro potenziale e a migliorare la loro posizione sul mercato del lavoro. Inoltre, intende elaborare un pacchetto per migliori risultati sul mercato del lavoro per le persone con disabilità. La strategia proporrà anche azioni volte a migliorare la protezione sociale.

La strategia rafforzerà i diritti delle persone con disabilità in tutto il mondo

Secondo la relazione mondiale sulla disabilità, circa il 15 % della popolazione mondiale è affetto da qualche forma di disabilità. Per questo nel 2021 la Commissione aggiornerà il suo pacchetto di strumenti per un “approccio basato sui diritti, che comprende tutti i diritti umani per la cooperazione allo sviluppo dell’Ue“, al fine di affrontare tutte le disuguaglianze nelle azioni esterne, compresa la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità. Inoltre, l’Unione svilupperà un dialogo strategico con gli altri Stati che sono parti e firmatari della convenzione delle Nazioni Unite, nonché con altre organizzazioni regionali. Nell’ambito di tale strategia saranno organizzati dialoghi strutturati e sarà rafforzata la cooperazione in materia di accessibilità e occupazione.

M5S: “Serve più impegno degli Stati membri”

Nonostante un solido quadro giuridico che ha permesso di migliorare l’accessibilità, molti ambiti non sono ancora contemplati dalle norme dell’Ue e vi sono differenze tra i diversi Stati membri“. Così ha dichiarato l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Chiara Gemma. Ha inoltre aggiunto “per realizzare le ambizioni della strategia sarà necessario un forte impegno da parte di tutti gli Stati membri, in quanto attori chiave nell’attuazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità“. Per l’eurodeputata per consentire a tutti i cittadini con disabilità di prosperare e vivere al meglio “dobbiamo garantire loro le condizioni che permettano effettivamente di vivere in modo indipendente, imparare in un ambiente inclusivo e lavorare secondo norme adeguate”.
(europatoday.it)

Disability Lives Matter*

di Pietro Vittorio Barbieri**

Si potrebbe chiudere il ragionamento su Unione Europea e disabilità con un concetto chiaro: le competenze in materia di salute, politiche sociali, occupazione e scuola sono di totale competenza degli Stati membri. L’unica competenza effettiva è però sui diritti umani. Il Testo Fondamentale dell’Unione Europea (TFUE, a partire dalle modifiche di Nizza del 2001 e di Lisbona 2007) infatti delega le istituzioni comunitarie ad essere garanti e della discriminazione che subiscono tutti cittadini dell’unione ivi incluse le persone con disabilità. Da qui nasce il terreno su cui si sviluppano molte attività dell’unione in materia di disabilità. È un pertugio stretto ma interessante. L’UE per la prima volta nella storia è stata nelle condizioni di poter ratificare un trattato sui diritti umani: la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

È chiaro che esistono due binari paralleli: le competenze effettive e i diritti umani che attraversano costantemente i limiti delle competenze sancite dall’accordo di Lisbona. Ci sono paesi dell’unione che hanno frenato l’attraversamento. In particolare occorre ricordare il ruolo della Gran Bretagna: qualunque governo abbia avuto di destra o di sinistra, pro Brexit o anti Brexit, ha ostacolato in tutti modi una maggiore convergenza verso maggiori poteri dell’Unione Europea, divenendo il principale sostenitore della cosiddetta Europa interstatale.

In tutta onestà, su temi specifici, di volta in volta, larga parte dei paesi membri si sono esercitati nella tutela delle proprie prerogative. Al contrario di quanto si pensa, la versione neoliberista dell’unione di marca anglosassone. L’Europa dei mercati è infatti ciò che interessava il core business inglese, ovvero la finanza. Il modello di sviluppo di altri paesi è molto più orientato al manufatturiero e soprattutto ad un modello sociale d’impresa in cui gli stessi lavoratori partecipano agli orientamenti se non anche alla gestione stessa dell’azienda.

Non a caso non a caso la Brexit ha lasciato spazio necessario per immaginare prima, ed approvare poi, il cosiddetto pilastro sociale dell’Unione Europea. Non ci si doveva preoccupare più del vero della Gran Bretagna. Si potrebbe dire che si tratta di una prima traccia di livelli essenziali in materia di politiche sociali valide in tutta l’UE. Tra questi c’è proprio la Convenzione ONU, assieme al reddito minimo, al diritto al contratto nazionale, al salario minimo e da tanto altro. È anche vero che l’altra spinta essenziale è stata l’avvento dei populismi in molti paesi europei.

Al netto dei Recovery Fund, uno degli spazi centrali a livello europeo è proprio occupato dal come tradurre i 17 principi del pilastro sociale in pratiche e obblighi dei paesi membri. Lo scontro ovviamente oggi è tra i paesi membri e la loro paura di cedere potere. Ora ad esempio è in discussione il salario minimo: è complesso stabilire a quale livello minimo si può definire una remunerazione effettivamente rispettosa della prestazione svolta, in ogni Stato membro che ha standard di costo di vita così diversificati. Esistono calcoli matematici difficilmente traducibili in principi. Questa difficoltà non sembra scoraggiare la volontà di arrivare a definire quello che in Italia chiamiamo un livello essenziale.

Questo è il nodo da affrontare anche sulla disabilità, tra spinte che vanno verso la convergenza e quelle che bloccano l’autonomia di ogni Stato, tra definizione di standard sui diritti umani che sconfinano verso quelli civili e sociali oppure enunciazioni di principio che si traducono in indirizzi scarsamente vincolanti. A tutto ciò si aggiunge ciò che l’emergenza Covid ci ha fatto riscoprire: la tendenza in tutta Europa a orientarsi verso la segregazione specie delle persone con disabilità più gravi. Con la motivazione della protezione, portata all’eccesso estremo in questa fase, le persone vengono istituzionalizzate in luoghi chiusi e lontane della società. Per la stessa ragione si interrompono i percorsi virtuosi di inclusione nella scuola e nel lavoro delle persone con disabilità.

Il presidente dello European Disability Forum Ioannis Vardakastanis sostiene che in questa epoca non dobbiamo più combattere per l’inclusione, ma per non essere esclusi. Invita anche a mutuare in chiave europea la campagna americana Black Lives Matter sulle persone con disabilit: anche nostra vita ha un valore. Troppe persone hanno perso la vita per potersene dimenticare. Questo ha messo a nudo il fenomeno della segregazione mai effettivamente abbandonato in larga parte dei Paesi dell’Unione. Come pure la fragilità dei percorsi di inclusione, dato che i primi ad essere espulsi da sistemi scolastici e dei luoghi di lavoro risultano essere proprio le persone con disabilità e le donne con carichi familiari ancor più se con figli o parenti con disabilità.

È un compito complicato oggi porsi nell’ottica di garantire i diritti umani per le persone con disabilit. Ancora più di prima. Va ha detto che alla Commissione Europea non manca il coraggio. Su pressione delle organizzazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari la commissione, sta per mettere in campo una strategia decennale, la seconda. Una sorta di piano d’azione che intende muovere i suoi passi proprio dall’allargamento delle competenze. Oggi infatti siamo in una stagione decisamente nuova per l’Unione Europea, rappresentata anzitutto dai meccanismi del Recovery Fund. Si tratta di debito condiviso da tutti i paesi dell’Unione Europea. Questo passaggio implica un vincolo sempre più stretto tra i paesi dell’Unione, che non condividono più solo una moneta ed un mercato unico, ma anche l’indebitamento per scopi comuni che si sviluppano sull’asse del Green New Deal.

La sostenibilità secondo l’Unione Europea riguarda sia l’ambiente che l’inclusione sociale. Non viene per primo l’uno e poi l’altro, sono contestuali. Il piano di riforme richiesto per ottenere qualunque fondo europeo (PNR), incluse le nuove misure, non è ancorato più solo alla sostenibilità economica, come ad es. il fatidico rapporto deficit Pil, ma anche a quella ambientale e sociale. Contemporaneamente. Non è più la stagione per avere prima i conti in ordine e poi, sempre che avanzino risorse, fare politiche sociali e ambientali. La stessa battaglia sui vincoli del Recovery Fund è emblematica. l rispetto dello Stato di diritto è il principale vincolo per avere accesso al prestito europeo ed alle risorse a fondo perduto. Questo ci riguarda da vicino poiché la misura dello stato di diritto è anche nel come si trattano le minoranze, e tra queste ci sono le persone con disabilità.

C’è quindi un cambio di passo significativo. Lo potremmo misurare sin dalla presentazione della nuova strategia europea per le persone con disabilità che avverrà a marzo. Ma anche sulla sua discussione che si avrà nelle istituzioni europee a partire dal Parlamento. Misureremo quindi se le richieste del Cese (Comitato Economico Sociale Europeo) e delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari troveranno accoglienza. Tra queste si segnala la necessità di avere un focal point specifico sulla disabilità in ogni direzione generale della Commissione. Quindi in ogni ambito in cui si esprime il governo dell’Unione Europea. Fare in modo che le persone con disabilità non perdano la possibilità dell’inclusione attraverso l’eliminazione di tutti gli ostacoli presenti la nostra società. Soprattutto con l’implementazione di tutti i sostegni necessari affinché le persone siano messe condizione di essere protagonisti del proprio destino.

*(articolo redatto in gentile e esclusiva concessione da Pietro Vittorio Barbieri)

**Vice presidente Gruppo 3 Diversity Europe e presidente Gruppo Studi Disabilità Cese (comitato economico e sociale europeo)

COVID-19, IL DIRITTO ALLA SALUTE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ: “NON POSSIAMO RESTARE IN PORTO PER PAURA DEL MARE”

di Alessandro Mella (Scrittore e divulgatore storico), Marilena Apuzzo (Psichiatra), Federica Galli (Psicologa Clinica, Ricercatrice)
Foto di Ben Allan/Unsplash

Le misure di mitigazione attualmente in atto in tutto il mondo rischiano di esacerbare molte sfide psicologiche, finanziarie e quotidiane delle persone con disabilità.


Se c’è qualcosa che la vita ci ha insegnato in questa fase è come gli stravolgimenti siano costanti, imprevedibili ed improvvisi. A riprova di come la nostra normalità non sia scontata. Nel mio caso, come nel caso di molti, l’ho sperimentato due volte. Se ne parlo non è per vanagloria, anzi avevo riserve a farlo in questi termini, ma perché credo che questa storia sia del tutto simile a migliaia di altre storie, di altre persone cui spero di contribuire a dare voce.

Abituato ad una vita “vivace” nel 2015, all’improvviso, sintomi sospetti mi portarono a scoprire di essere caduto in un abisso. Mi fu diagnosticata una dolorosa e violenta forma di artrite reumatoide con fattore reumatoide ed anti-ccp positivi ad alto titolo.

L’AR è una malattia cronica e degenerativa, purtroppo tendenzialmente invalidante. Ti cambia totalmente la vita. Devi rinunciare a molte cose, moltissime, e accettare il fatto che ogni sforzo ti costerà poi un prezzo, una rappresaglia da mettere in conto. Pochi mesi prima avevo letto di questa malattia interessandomi dell’improvvisa sospensione delle attività dell’attrice Anna Marchesini. Leggendone mi spaventai e mi dissi che mai avrei voluto vedere qualcuno caro doverla affrontare. Ironia della sorte dopo pochi mesi toccò a me.

Non è facile trovarsi a trent’anni con il corpo di un novantenne, con dolori fortissimi, con l’impossibilità di provvedere a se stessi in piena autonomia, con le rinunce lavorative, sportive, sociali e umane. Premetto che ho avuto la fortuna di trovare medici di prim’ordine, bravissimi, attenti e scrupolosi verso i quali nutro un costante senso di gratitudine e con i quali mi interfaccio per ogni decisione. Dopo vari esperimenti decidemmo di passare ai farmaci biotecnologici e la terapia fu una iniezione di un potente immunosoppressore a casa (benefico per la malattia ma pieno di effetti collaterali che vanno dalle nausee a molto altro) affiancato da infusioni, somministrate in ospedale, di un farmaco similare biotecnologico. Associato ad un antistaminico di sicurezza. Ogni sei settimane, quindi, andavo in ospedale per riceverlo.

Durante il periodo del lockdown, ovviamente, non fu possibile recarsi in ospedale ed il percorso terapeutico fu sospeso. Potevo fare solo il primo farmaco ma non il biologico e quindi avere una terapia dimezzata. Scelta incontestabile, comprensibile, mai mi sognerei di contestarla a chi l’ha presa obtorto collo. Feci l’ultima infusione a febbraio e poi iniziarono i problemi. Solo a maggio iniziò ad aprirsi qualche spiraglio ed ai primi di giugno fu possibile tornare in ospedale tuttavia, avendo subito una parziale “disintossicazione” forzata, concordai con i medici di passare, anche per il biologico, ad un sottocute per ridurre le presenze in reparto ed i rischi futuri. Ma questo va ritirato non in farmacia normale ma in un altro ospedale di zona presso la relativa farmacia asl. Ergo in caso di lockdown la sicurezza di riceverlo, in cuor mio, non può che calare.

Vi è da dire che questi sono farmaci molto molto spossanti (e in genere immunosopressori) e si vive in perenne stanchezza pur tentando di conquistare, giorno dopo giorno, spazi di libertà e di autonomia. Quel che si guadagna è sempre frutto di compromessi e fatica, propri e delle persone care.

Contestualmente a tutto questo, in quei mesi, mi fu impedito, ovviamente, di vedere la persona che amo molto e che mi ha scelto e mi sta accanto malgrado la mia invalidità e disabilità perpetue. Può sembrare puerile, infantile, financo stupido a dirsi, ma lei è il mio primo farmaco. La sua presenza è un effetto placebo insostituibile. Preferirei rinunciare a tutti i farmaci che a lei. Sceglierei il dolore del corpo piuttosto che quello dell’anima. E specialmente in quel modo improvviso.

Quelle settimane lontane furono uno strazio per l’anima, così forte che ancora oggi ne sento il peso e vivo con l’angoscia che ricapiti. Io sono sempre stato, nel mio piccolo, impegnato culturalmente e socialmente ma sto facendo molta fatica a tornare a leggere e scrivere ed occuparmi dei miei doveri. Devo e sto cercando di tornare a vivere e riprendere il mio mondo. Ma quelle ferite dell’anima riemergono spesso. I titoli dei media, poi, non aiutano e ritrovare pace ed i giornali, alle volte, sembrano voler infondere un “male di vivere” quotidiano.

So che si tratta solo di un’impressione ingenerosa ma questo è quello che si percepisce. Ogni giorno l’angoscia sale, il malessere cresce, poi arriva un poco di speranza e poco dopo si ricrolla nella paura. Non è vivere questo, forse nemmeno sopravvivere.
Per cui talvolta mi espongo per rimarcare un tema che non sento solo mio. Sono convinto, convintissimo intimamente, che appartenga a decine o centinaia di altre persone con malattie croniche e già provate da queste. Tutti abbiamo sofferto, chi più chi meno, ed io non giudico mai la sofferenza del prossimo. Ognuno ha la sua e sa quanto la sente. Io, poi, forse sono stato anche meglio e più fortunato di altri (se non altro, ad esempio, con il bastone cammino) e sollevo il tema, davvero, anche per loro. Ma se dentro di me sento il terrore del lockdown, di ritrovarmi lontano da lei, di poter magari di nuovo restare a terapie ridotte od interrotte (malgrado lo ribadisco non mi permetta nemmeno per un istante di contestare la scelta fatta allora dai medici, che reputo comprensibile e saggia malgrado i disagi), devo davvero sentirmi stupido o colpevole o meschino?

Dobbiamo vivere con prudenza, responsabilità e vigile attenzione ma anche con speranza, serenità e libertà. Noi immunodepressi, poi, spesso veniamo indicati come più fragili da mettere sotto attenzione. Si, forse lo siamo ma proprio per questo abbiamo una cultura, una forma mentis, dell’autoprotezione di gran lunga più datata e consolidata. Ma non possiamo noi disabili, e intendo chiunque viva la disabilità per una ragione od un’altra, morire di crepacuore per non morire di Covid. E, aggiungo, nessun lavoratore, nessun piccolo o grande imprenditore, dovrebbe sprofondare nella disperazione. Il mio cuore è anche per le partite iva e chi ha subito danni diversi.

Queste mie parole non vogliono essere uno sterile lamentarsi ma solo uno sprone alle autorità, alle istituzioni, a consolidare questa “navigazione tra i due scogli”. Vele spiegate e partiamo, la vita continua, le tempeste ci saranno e le affronteremo con fede e coraggio. Perché non possiamo restare in porto per paura del mare.


Qual è stato l’impatto del Covid-19 sul diritto alla salute delle persone con disabilità?
L’OMS definisce la disabilità come “qualsiasi condizione del corpo o della mente che renda più difficile per la persona che ne è affetta svolgere determinate attività e interagire con il mondo che la circonda” (Organizzazione Mondiale della Sanità 2020a, b). Anche prima della pandemia COVID-19, le persone con disabilità manifestavano maggiori difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria, nello svolgimento delle attività quotidiane e nel mantenimento del benessere finanziario (Kweon 2020; Lenze et al.2001) e le misure di mitigazione attualmente in atto in tutto il mondo rischiano di esacerbare molte sfide psicologiche, finanziarie e quotidiane (Gershman 2020). E’ dunque semplice immaginare la forza dell’impatto della pandemia sulle persone che quotidianamente vivono con una disabilità; basti pensare, ad esempio, alle persone con disabilità visive che, oltre a essere maggiormente suscettibili al virus, soffrono particolarmente delle misure restrittive e di controllo raccomandate dal governo, inclusa l’adozione di nuovi cambiamenti comportamentali (ad esempio, distanza sociale, limitazione del contatto tattile), oppure alle persone affette dal morbo di Parkinson, che vedono peggiorare i loro sintomi quando sono confinati in ambienti chiusi (Senjam et al. 2020; Kumar et al. 2020).

Il documento redatto dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU il 29/04/2020, “COVID-19 and the rights of persons with disabilities: guidance”, ha sottolineato che le persone con disabilità sono state colpite in modo particolare dall’emergenza sanitaria e dal lockdown, a causa di barriere attitudinali, ambientali e istituzionali, che hanno reso particolarmente difficile l’accesso alle cure e ai siti ospedalieri.

Il documento sottolinea come:

– molte persone con disabilità hanno condizioni di salute preesistenti che li rendono più suscettibili a contrarre il virus ed a sperimentare sintomi più gravi dopo l’infezione;

– i disabili hanno sperimentato un grave isolamento al proprio domicilio legato alle restrizioni imposte o, se ricoverate in istituti, sono state più vulnerabili, come dimostra l’alto numero di morti nelle case di cura residenziali e nelle strutture psichiatriche;

– si sono intensificate le barriere nell’accesso ai servizi sanitari e alle informazioni, nonché le barriere nell’accesso al sostegno, al sostentamento e al reddito, alla partecipazione a forme di istruzione online e alla ricerca di protezione dalla violenza.

Recenti pubblicazioni scientifiche hanno fornito ampie raccomandazioni per limitare l’impatto della pandemia sulle persone con disabilità (Senjam 2020; Kessler Foundation 2020; National Association of the Deaf 2020), ma ci sono ancora pochi strumenti disponibili per valutare l’impatto su tale gruppo di popolazione. Di conseguenza, alcuni autori hanno puntato a sviluppare un nuovo strumento di indagine, il Coronavirus Disability Survey (COV-DIS), allo scopo di valutare l’impatto della pandemia COVID-19 e delle relative misure di mitigazione delle malattie su questo gruppo di persone.

L’indagine include elementi per valutare la salute generale e psicologica, le attività della vita quotidiana, l’isolamento sociale, la tensione finanziaria e l’accesso alle informazioni e ai trasporti. Si chiede agli intervistati di confrontare le esperienze attuali con le loro esperienze prima di diventare consapevoli della pandemia. Tale strumento è attualmente in uso in alcuni Stati d’America.
Atteso quanto sopra, è stato proposto di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto della pandemia sulle persone con disabilità e sui loro diritti e di attirare l’attenzione su alcune pratiche promettenti già intraprese in tutto il mondo.

Quali sono alcune pratiche promettenti?
Il Comitato Bioetico della Repubblica di San Marino ha prodotto linee guida COVID-19 sul triage, che vieta la discriminazione sulla base della disabilità: “L’unico parametro di scelta, quindi, è la corretta applicazione del triage, rispettando ogni vita umana, sulla base dei criteri di appropriatezza clinica e proporzionalità dei trattamenti. Qualsiasi altro criterio di selezione, come l’età, il sesso, l’affiliazione sociale o etnica, la disabilità, è eticamente inaccettabile, in quanto implementerebbe una classifica delle vite solo apparentemente più o meno degne di essere vissute, costituendo una violazione inaccettabile dei diritti umani.”

L’Ufficio per i diritti civili presso il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti ha emesso un bollettino per garantire che le autorità proibiscano la discriminazione sulla base della disabilità, affermando che “alle persone con disabilità non dovrebbe essere negata l’assistenza medica sulla base di stereotipi, valutazioni della qualità della vita o giudizi sul relativo “valore” di una persona in base alla presenza o assenza di disabilità o di età“.

Nelle Filippine, la Commissione per i diritti dell’uomo ha pubblicato informazioni a sostegno delle agenzie sanitarie che personalizzano i messaggi pubblici per i gruppi vulnerabili delle comunità, compresi i bambini e le persone con disabilità.

In Canada, è stato istituito il “COVID-19 Disability Advisory Group” (gruppo consultivo per la disabilità COVID-19) con la partecipazione delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative, per consigliare il governo su questioni specifiche per la disabilità, su sfide, lacune, strategie e misure da adottare.

L’ONU auspica che tra le azioni da intraprendere ci siano:

• Proibire azioni che possano discriminare l’accesso a trattamenti medici sulla base della disabilità, sul livello delle esigenze di sostegno, sulle valutazioni della qualità della vita o su qualsiasi altra forma di pregiudizio medico nei confronti delle persone con disabilità, anche per quanto concerne l’assegnazione di risorse scarse (come i ventilatori o l’accesso alle terapie intensive);

• Garantire in maniera prioritaria test a persone con disabilità che presentino i sintomi del COVID

• Identificare e rimuovere gli ostacoli al trattamento, comprese le barriere architettoniche e garantire la diffusione di informazioni sanitarie e comunicazioni in modalità, mezzi e formati accessibili.
Promuovere la ricerca sull’impatto del COVID-19 sulla salute delle persone con disabilità.

•Garantire la fornitura e l’accesso ai farmaci per le persone con disabilità.
Sensibilizzare gli operatori sanitari per prevenire la discriminazione basata su pregiudizi e pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità.

Fondamentale, in questa fase, è anche sensibilizzare ugualmente la politica perché, nel prendere provvedimenti e decisioni talvolta difficili, essa tenga in considerazione anche queste problematiche.

Ha piacevolmente sorpreso, nelle dichiarazioni del presidente del consiglio Giuseppe Conte di domenica 18 ottobre, il riferimento alle famiglie con persone disabili. L’auspicio è che queste parole, inedite ed inattese, siano rivelatrici di una ritrovata attenzione al tema. A queste si spera che subentrino azioni concrete a conferma di questa speranza.

Bibliografia
Bernard et al., Assessing the impact of COVID-19 on persons with disabilities: development of a novel survey. Int J Public Health. 2020 Jul 23 : 1–3.

Gershman J (2020) A Guide to State Coronavirus Reopenings and Lockdowns. The Wall Street Journal, Dow Jones & Company www.wsj.com/articles/a-state-by-state-guide-to-coronavirus-lockdowns-11584749351.
Kessler Foundation (2020)

COVID-19 and spinal cord injury: minimizing risks for complications. https://kesslerfoundation.org/info/covid-19-and-spinal-cord-injury-minimizing-risks-complications. Accessed 30 June 2020

Kumar et al. Impact of home confinement during COVID-19 pandemic on Parkinson’s disease, Parkinsonism and Related Disorders 80 (2020) 32–34

Kweon S (2020) Pandemics hit people with disabilities hard. https://www.iapb.org/news/pandemics-hit-people-with-disabilities-hard/. Accessed 30 June 2020

Lenze EJ, Rogers JC, Martire LM, Mulsant BH, Rollman BL, Dew MA, Reynolds CF., III The association of late-life depression and anxiety with physical disability: a review of the literature and prospectus for future research. Am J Geriatr Psychiatry. 2001;9(2):113–135. doi: 10.1097/00019442-200105000-00004.

National Association of the Deaf (2020) COVID-19: deaf and hard of hearing communication access recommendations for the hospital. https://www.nad.org/covid19-communication-access-recs-for-hospital/. Accessed 30 June 2020

Senjam SS. Impact of COVID-19 pandemic on people living with visual disability. Indian J Ophthalmol. 2020;68(7):1367. doi: 10.4103/ijo.IJO_1513_20
United Nation Human Rights “COVID-19 and the rights of persons with disabilities: guidance”. 29 April 2020

World Health Organization (2001) International classification of functioning, disability and health: ICF. https://apps.who.int/iris/handle/10665/42407. Accessed 30 June 2020

(tratto dalla pagina Facebook “Pillole di Ottimismo)

Verso la nuova Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030

«Negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose, il che significa che la Strategia sulla Disabilità per il prossimo decennio dovrà essere molto più ambiziosa di quella attualmente in atto, in particolare per quanto riguarda l’attuazione concreta e il monitoraggio»: lo aveva dichiarato all’inizio di quest’anno Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, a proposito della Strategia Europea sulla Disabilità fino al 2030, passaggio destinato a incidere concretamente sulla vita di oltre cento milioni di persone con disabilità del Vecchio Continente.
In realtà la road map per il nuovo decennio non si chiamerà più “Strategia”, ma diventerà l’Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030 (European Disability Rights Agenda), verrà definita nei prossimi mesi dall’Unione Europea e resa pubblica nel 2021. Essa elencherà le varie leggi, i programmi e le azioni che guideranno appunto per i prossimi dieci anni le politiche dell’Unione in tema di diritti delle persone con disabilità, coincidendo con una serie di impegni precisi, da perseguire con le risorse più adeguate.
Con la consapevolezza, quindi, dell’importanza di porre sin d’ora istanze chiare e definite, l’EDF ha prodotto l’ampio documento intitolato EDF input to the European Disability Rights Agenda (consultabile integralmente a questo link), basato innanzitutto su cinque obiettivi principali, che qui di seguito elenchiamo.
1. Porre fine alla segregazione e garantire un livello di vita adeguato, tramite l’accesso a un’istruzione inclusiva, all’inclusione sociale e alla vita nella comunità, al lavoro e alla protezione sociale. In particolare il Forum punta molto sulla fine progressiva della segregazione nelle strutture residenziali, rivendicando il fatto che le persone con disabilità hanno il diritto di vivere in modo indipendente.
2. Libertà di circolazione: ovvero le persone con disabilità devono essere libere di vivere, lavorare, viaggiare, studiare e partecipare alla vita pubblica in ogni Paese dell’Unione Europea, senza perdere alcun diritto né il diritto a un sostegno finanziario. Ora non succede, a causa del perdurare di molte barriere e ostacoli.
3. Sarà fondamentale promuovere la parità per le persone con disabilità e la protezione contro ogni forma di discriminazione, violenza e abuso.
4. L’Unione Europea dovrà farsi portatrice dei diritti delle persone con disabilità in ogni sua relazione internazionale, ovvero presso le Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa e in tutte le attività di cooperazione internazionale, compresa l’azione umanitaria.
5. Le Istituzioni, gli Organi e le Agenzie dell’Unione Europea dovranno garantire i diritti delle persone con disabilità innanzitutto nel loro funzionamento interno (dipendenti, personale, beneficiari).
Il documento dell’EDF propone poi una serie di azioni da concretizzare a breve/media scadenza, a partire dall’istituzione di un’“Unità Convenzione ONU” all’interno della Commissione Europea, responsabile cioè dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, organismo che dovrebbe collocarsi presso la Direzione Generale della Giustizia e dei Consumatori dell’Unione Europea.
Altro punto di particolare importanza è quello concernente l’avvio di una struttura formale (Structured Dialogue), che garantisca la partecipazione delle organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità all’attuazione della nuova Agenda, con una linea di bilancio indipendente e sufficienti risorse finanziarie.
Sul piano quindi dei Fondi Europei, l’EDF chiede che ne venga proibito l’utilizzo in qualsiasi àmbito di assistenza, in ogni struttura o servizio che sia inaccessibile alle persone con disabilità o che comporti la discriminazione di queste ultime.
Altre istanze riguardano l’accessibilità, con la creazione di un Comitato Europeo che verifichi in tutti i Paesi dell’Unione l’applicazione delle norme comunitarie in tale settore, nonché una raccolta di statistiche sulla disabilità finalmente ampia e corretta, disaggregando i dati in base al tipo di disabilità, al genere e all’età, oltreché includendo anche le persone con disabilità che vivono in contesti istituzionali.
Sempre sul fronte delle azioni a breve/medio termine, ve ne sono poi due riguardanti altrettante Convenzioni, la prima delle quali – la Convenzione di Oviedo (Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina) – aveva già suscitato qualche tempo fa la preoccupata attenzione delle organizzazioni impegnate in favore dei diritti delle persone con disabilità. O meglio a preoccupare era il progetto di Protocollo Aggiuntivo a tale Trattato, rispetto al quale proprio l’EDF era stata la prima firmataria di una lettera inviata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, scrivendo che «qualsiasi autorizzazione al trattamento coatto e all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità costituisce una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, in particolare degli articoli 14 (Libertà e sicurezza della persona), 15 (Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti), 17 (Protezione dell’integrità della persona) e 25 (Salute)». Anche ora, pertanto, viene rinnovata la richiesta di opporsi esplicitamente, all’interno della nuova Agenda Europea, a quel Protocollo Aggiuntivo.
Infine, l’Unione dovrà far sì che tutti i Paesi Membri aderiscano alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (la Convenzione di Istanbul), ciò che non è ancora avvenuto, come passaggio fondamentale per combattere la violenza contro le donne e le ragazze con disabilità.
A livello di nuova legislazione da introdurre nei prossimi anni, il Forum guarda in particolare a una norma europea che tuteli le persone con disabilità dalla discriminazione in ogni àmbito della vita, una norma dalle caratteristiche assai simili alla nostra Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), una Legge decisamente avanzata, anche se tuttora relativamente poco sfruttata, tanto da diventare una sorta di “modello” a livello continentale.
Altri importanti settori da regolamentare con specifiche Direttive Europee dovranno essere quelli volti a garantire un reddito standard di tutela sociale, per garantire una vita dignitosa alle persone con disabilità e alle loro famiglie, un criterio comune per la valutazione della disabilità in tutti i Paesi dell’Unione, così come costi ragionevoli per le cosiddette “tecnologie assistive”, nonché una legislazione che armonizzi i requisiti minimi di accessibilità per ogni aspetto dell’ambiente costruito, dei veicoli di trasporto e delle stazioni, trasporto urbano compreso.
E naturalmente da ultima, ma non certo ultima, una norma che garantisca il diritto di voto alle Elezioni Europee per tutte le persone con disabilità dell’Unione.
Per garantire la reale attuazione di tutto quanto proposto, serviranno, a parere dell’EDF, alcuni strumenti, come la Carta Europea della Disabilità, che tutti gli Stati Membri dovranno adottare, per fornire il riconoscimento automatico della valutazione di disabilità di una persona, nonché dei diritti connessi.
Serviranno inoltre risorse economiche per incentivare e facilitare l’accesso al mercato comunitario del lavoro, da parte delle persone con disabilità, mentre su un altro versante, il Forum chiede che gli Stati dell’Unione vengano obbligati a rendere pubblici i dati riguardanti le discriminazioni in materia di accessibilità.
Nel documento dell’EDF, infine, vengono menzionate una serie di linee generali, che dovranno ispirare le politiche dei prossimi anni.
In primo luogo, sulla scia delle varie ristrutturazioni edilizie volte a migliorare il patrimonio edificato, ai fini anche di una migliore efficienza energetica, l’accessibilità dovrà sempre costituire un requisito di base.
Nel campo dei trasporti, inoltre, l’Unione Europea dovrà affrontare e risolvere a tutti i livelli, le questioni riguardanti i voli aerei e segnatamente il problema dei “negati imbarchi” alle persone con disabilità e la definizione dei “motivi di sicurezza” che li possono motivare, garantendo altresì l’accessibilità dei velivoli, degli aeroporti e delle informazioni negli scali e a bordo. Riguardo invece ai viaggi ferroviari, dovranno essere rimossi in tutti gli Stati i tempi di pre-notifica richiesti per l’assistenza, consentendo, a lungo termine, viaggi liberi e indipendenti per tutti.
E ancora, il programma comunitario Garanzia Giovani dovrà essere pienamente inclusivo per tutti i giovani che si affacceranno sul mercato del lavoro, compresi quelli con disabilità.
Ulteriori passaggi sono quindi dedicati alla necessità di garantire che venga fornito sostegno adeguato ai richiedenti asilo e ai rifugiati con disabilità, oltreché all’inclusione nella nuova Agenda Europea della cosiddetta “discriminazione intersezionale”, riguardante in particolare le donne e i bambini con disabilità, ma anche le persone LGBTI con disabilità (lesbiche, gaby, bisessuali, transessuali e intersessuali).
Infine, ulteriore punto qualificante del documento dell’EDF è costituito dalla necessità di garantire l’attuazione della Nota orientativa sull’inclusione delle persone con disabilità nelle operazioni di aiuto umanitario finanziate dall’Unione Europea, da parte della Commissione Europea per gli Aiuti Umanitari, in linea con tutti i principali Trattati internazionali degli ultimi anni. 
(superando.it)

Mai è legittimo comprimere i processi decisionali di una persona con disabilità

«Già l’uso frequente, nel linguaggio comune, dell’aggettivo “disabile” non accompagnato da un sostantivo – “persona”, “minore”, “anziano” o “adulto” – rivela che la dimensione soggettiva della persona viene spesso sottovalutata o non presa in considerazione con pienezza. Soggettività negata e poi rubata da familiari, operatori, strutture quando, sostituendosi alla persona con disabilità, prendono decisioni riguardanti il luogo dove vivere, le scuole o gli amici da frequentare, i programmi televisivi da guardare, la frutta da mangiare, le scarpe da indossare. Spesso ci si dimentica che la disabilità è una condizione, non una malattia. La disabilità, peraltro, può intervenire in qualsiasi momento della vita, assumere connotazione fisica del tutto svincolata da alcuna caratteristica psichica; può far riscoprire abilità diverse nelle proprie potenzialità soggettive e dialogare in modo reciprocamente fruttuoso con la cosiddetta “normalità».
Non ha certo bisogno di troppi commenti, riprendendo concetti costantemente presenti anche sulle nostre pagine, la parte con cui si apre il capitolo dedicato alla disabilità (pagine 104-105), nella Relazione al Parlamento 2020, presentata il 26 giugno scorso dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
«Non sono solo le immagini delle Paralimpiadi – prosegue il documento – ad averci insegnato le potenzialità che permangono e che determinano la capacità di progettarsi e di prendere iniziative come la persona era abituata a fare prima di un’eventuale causa accidentale o come l’ha affinata sin dalla nascita, nel caso in cui la sua disabilità abbia accompagnato tutta la sua vita. Sono le vite riconosciute delle persone incontrate da ognuno di noi e che ci presentano modalità decisionali anche diverse da quelle che ci siamo sempre figurate. Vite piene, differenti, con cui saper interagire, leggendo ciò che accomuna e apprezzando ciò che distingue».
Ribadendo quindi una serie di argomenti messi particolarmente in luce dal Garante, prima e più di altri, anche nei mesi recenti dell’emergenza sociosanitaria, evidenziando con dettagliati rapporti le drammatiche conseguenze del contagio nelle strutture residenziali e sociosanitarie dedicate anche a persone con disabilità, la Relazione prosegue sottolineando che «nessuna compressione dei processi decisionali è legittima e anche nel caso di disabilità mentale la consapevolezza di poter decidere, nei diversi gradi possibili, deve essere conservata attraverso una rete di figure professionali giuridiche e tecniche, capaci di sviluppare, interpretare e sostenere i processi di autodeterminazione. Tuttavia, condizionamenti esterni ostacolano a volte l’espressione delle potenzialità della persona con disabilità sia in termini di personale contributo allo sviluppo della società civile sia in termini di autonomia: interessi, gusti, aspirazioni, inclinazioni e affetti profondi vengono appiattiti su un’unica linea retta tracciata dal mancato riconoscimento della sua capacità di scelta».
In tal senso, secondo il Garante, «ancora c’è molto cammino da fare, anche nel nostro Paese, per ammettere che la persona disabile può avere una sua progettualità di vita: rispetto alla professione, all’affettività, alla sessualità, ai rapporti interpersonali. Alla costruzione del proprio sé: compito difficile per tutti, ma ancor meno riconosciuto per chi presenta una disabilità. Perché essere persona con disabilità rischia spesso di implicare una perdita sociale non solo in termini di rapporti interpersonali nei quali si può finire di riconoscere gli altri come “diversi” da sé, in senso positivo e non raggiungibile. È indubbio, infatti, il peso ancora esercitato dal pregiudizio negativo nei diversi ambiti di vita quotidiana, compreso quello lavorativo, che può riflettersi come uno specchio deformante sulla propria costruzione personale».
La parte conclusiva del capitolo è dedicata agli ostacoli, fisici e non solo, frapposti dalla società a una reale inclusione delle persone con disabilità, con una chiusa “aperta” a possibili nuovi scenari che si incominciano ad intravvedere. «Non aiutano certo – si scrive infatti nel documento – il disegno urbano degli spazi e la tradizionale architettura che fino ad anni recenti hanno regolato l’organizzazione degli interni: anche degli uffici pubblici. Né le auto parcheggiate a chiudere i rari scivoli che permettono a una carrozzina di superare l’ostacolo del marciapiede. Barriere nella mobilità, usabilità, comunicazione, informazione, comprensibilità e carenze nell’orientamento costituiscono di fatto impedimenti all’accesso a risorse e a servizi, ostacolandone, pertanto, la fruibilità in condizione di concreta uguaglianza. Qualche spiraglio però appare nella riflessione presente in questo settore. La dimensione sociale del disegno architettonico e della connotazione degli spazi non è più riflessione di nicchia, ma espressione di una inarrestabile tendenza delle discipline a non considerarsi più ambiti di contenuti propri separati gli uni dagli altri e non interagenti con la concretezza della vita delle persone, ma a interrogarsi su come il proprio sapere possa essere un elemento, tra gli altri, costruttore di una diversa socialità». 

Il testo integrale della Relazione al Parlamento 2020, presentata il 26 giugno dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, è disponibile a questo e a questo link (rispettivamente prima e seconda parte). 

(superando.it)

Elaborazione grafica dedicata alla segregazione delle persone con disabilità (©Dadu Shin)