Disabilità: Lavoratrici caregiver a rischio licenziamento

Essere un caregiver familiare oggi è decisamente drammatico, specie se si è donne: madri, mogli, sorelle di persone con disabilità, in molti casi di persone con malattie rare e croniche gravemente invalidanti, o di persone anziane non autosufficienti. Parliamo di una stima di 7milioni di persone in Italia, per la stragrande maggioranza donne.

Lo Sportello Legale dell’Osservatorio Malattie Rare riceve continue richieste di aiuto: “Hanno utilizzato tutti i permessi (104 e non), tutte le ferie, i congedi, perfino l’aspettativa”, spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale. “Se non sono collocabili in smart working? Se i loro familiari non possono assolutamente rischiare il contagio Covid, che fare? E quando i familiari devono essere assistiti h24 e non è più possibile affidarli a strutture semiresidenziali o caregiver professionisti non ancora vaccinati? Dal DPCM 2 marzo 2021, l’ultima misura prevista dal Governo, nessuna risposta per queste persone. Quanti di loro (e quante donne soprattutto) perderanno il posto?

La situazione dei lavoratori fragili ad oggi è drammatica, perché la maggior parte delle misure di tutela introdotte nella prima fase dell’emergenza sanitaria non sono state rinnovate”, si legge in un comunicato di Omar Osservatorio Malattie Rare. “Il DPCM 2 marzo non menziona alcuna proroga rispetto alle originali tutele previste dal Decreto Cura Italia che permettevano ai lavoratori fragili di assentarsi dal lavoro, men che meno prevede forme di tutela per i cargiver familiarei. Il ricorso allo smart working è solo fortemente raccomandato, ma nessun obbligo legale è previsto in nessun caso.

Resta attivo solo il congedo parentale straordinario per i genitori dipendenti in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza (in zona rossa sostanzialmente) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado”, prosegue il comunicato Omar. “Lo stesso Congedo è stato previsto per i genitori di figli in situazione di disabilità grave – riconosciuta ai sensi dell’Art. 3 comma 3 della Legge 104/92 – in caso di sospensione della didattica in presenza di scuole di ogni ordine e grado o in caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza. Il congedo prevede il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dalla normativa precedente.”

Gli unici specifici riferimenti alla disabilità del DPCM 2 marzo riguardano le attività sociali e socio-sanitarie (da svolgere secondo i piani territoriali e seguendo i protocolli previsti), la deroga al distanziamento sociale per le categorie effettivamente impossibilitate a rispettarlo e la possibilità di svolgere sempre attività motoria all’aperto per queste stesse categorie”, riporta la nota. “A questo si aggiunge la novità, forse l’unica davvero positiva, introdotta dal comma 5 dell’Art. 11, che introduce – per i soli territori in ‘zona gialla’ – una deroga fondamentale all’assistenza da parte di caregiver per gli accessi a visite mediche e ai pronto soccorso per persone affette da grave disabilità. Gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono ora accedere al pronto soccorso insieme al paziente.

Stando alla norma il caregiver, inoltre, può prestare assistenza anche nel reparto di degenza, ma unicamente nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura. Il che potrebbe implicare una certa discrezionalità rispetto alla possibilità di restare con il proprio familiare durante tutto il ricovero.

Al DPCM 2 marzo seguirà il Decreto Legge ‘Sostegni’, che dovrebbe prevedere – secondo le bozze non ufficiali circolate nei giorni precedenti – un articolo dedicato alla tutela dei lavoratori fragili. Nulla – conclude il comunicato – è previsto, ancora una volta, per i caregiver, sempre più invisibili agli occhi del mondo. Specie se donne.

(clicmedicina.it)

Dad e Barriere architettoniche. Il percorso a ostacoli nelle scuole per i disabili

Mancanza di scivoli e ascensori, barriere architettoniche dove non dovrebbero essercene, bagni inadeguati: in Campania quattro scuole su cinque non rispettano le norme sull’accessibilità delle persone con disabilità motoria. La regione meridionale è ultima in Italia con appena il 21% delle scuole prive di barriere fisiche. È questa la fotografia scattata dall’Istat, l’istituto di statistica nazionale, sulla situazione dell’istruzione relativamente all’anno scolastico 2019-2020 appena trascorso. La Campania si trova ben al di sotto della media nazionale, dove solo 1 scuola su 3 è accessibile per disabilità motorie.

Secondo il Report “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilita’ – A.S. 2019-2020” dell’Istat, la situazione è migliore nel Nord Italia, dove si registrano valori superiori alla media nazionale (36% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (27%). La Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche (21%), mentre la regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con il 63% di scuole accessibili. Quali sono le principali barriere architettoniche nelle scuole? Al primo posto c’è la mancanza di un ascensore o la presenza di un ascensore non adatto al trasporto delle persone con disabilità (44%). Seguono le scuole sprovviste di bagni a norma (26%) o servoscala (interno ed esterno, 25%). Meno frequente l’assenza di scale o porte non a norma (rispettivamente 6% e 3%). A soffrire i maggiori disagi sono gli alunni con disabilità sensoriali: in Italia appena il 2% delle scuole dispone di tutti gli ausili senso-percettivi destinati a favorire l’orientamento all’interno del plesso e solo il 18% delle scuole dispone di almeno un ausilio. Anche in questo caso si passa dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Mezzogiorno. Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 12% delle scuole – evidenzia l’Istat – ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

L’inclusione

Le politiche di inclusione attuate negli anni hanno favorito un “progressivo” aumento della partecipazione – spiega l’Istat- nell’anno scolastico 2019/2020 gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane sono quasi 300 mila,il  3,5% degli iscritti, oltre 13 mila in più rispetto all’anno precedente, con un incremento percentuale, ormai costante negli anni, del 6%. Gli altri studenti che non partecipano costituiscono invece l’8% degli iscritti. Anche in questo caso: le regioni del Centro si distinguono per la più bassa percentuale di studenti esclusi con il 5%, mentre nel Sud del Paese si arriva al 9%. I motivi di allontanamento I motivi più frequenti che hanno reso difficile la partecipazione degli alunni con disabilità alla Didattica a distanza sono: il 27% per la gravità della patologia; per il 20% la mancanza di collaborazione dei familiari e il disagio socio-economico, il 17%. Ma uno dei motivi è anche la  difficoltà di adattare il Piano educativo per l’inclusione (Pei) alla Didattica a distanza (6%), alla mancanza di strumenti tecnologici (6%) e, per una parte residuale, alla mancanza di aiuti didattici specifici (3%).

Barriere architettoniche

Ma non c’è solo la Dad, misura adottata durante questa pandemia, ad ostacolare gli alunni disabili a partecipare alle lezioni scolastiche. Ci sono infatti le barriere architettoniche, queste sconosciute. Sempre l’Istat nel report, segnala che  solo una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. Anche qui nella classifica delle meno impreparate si trovano al Nord del Paese dove si registrano valori superiori alla media nazionale con il 36%, livello che scende nel Mezzogiorno con un 27%. La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con il 63% di scuole accessibili, mentre la Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche con il 21%.

Gli ostacoli

Gli ostacoli maggiori con un bel 44% sono ascensori non adatti alle persone con disabilità. Seguono i bagni. Per porte e scale ci si attesta dal 6% al  3%.  I più penalizzati, sottolinea il report Istat, sono gli alunni con disabilità sensoriali: in Italia appena il 2% delle scuole dispone di tutti gli ausili senso-percettivivi destinati a favorire l’orientamento all’interno del plesso e solo il 18% delle scuole dispone di almeno un ausilio. Anche in questo caso si passa dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Mezzogiorno. Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 12% delle scuole – evidenzia l’Istat – ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

(testo da rainews.it e fanpage.it)

Oltre 100mila alunni con disabilità coinvolti nella didattica a distanza

Sono 111 mila gli alunni con disabilità nelle scuole statali costretti dal DPCM 3 novembre a starsene a casa e a seguire l’attività didattica a distanza. Sono invece almeno 68mila i docenti di sostegno che lo stesso DPCM obbliga ad operare a distanza. I dati di Tuttoscuola

Sono 111 mila gli alunni con disabilità nelle scuole statali costretti dal DPCM 3 novembre a starsene a casa e a seguire l’attività didattica a distanza. Sono invece almeno 68mila i docenti di sostegno che lo stesso DPCM obbliga ad operare a distanza. Secondo i calcoli di Tuttoscuola, sono in tutto 3 milioni e 700 mila gli studenti che da oggi non possono seguire le lezioni in presenza, come era avvenuto nel primo mese e mezzo di scuola. Ma per i 111 mila ragazzi con disabilità la situazione è ben diversa e, come già avvenuto nella primavera scorsa, sono loro a pagare il prezzo più alto della esclusione dalla scuola.

Il docente preposto al sostegno, costretto ad operare da lontano, non può infatti mettere in atto quei contatti e quegli interventi quotidiani che aiutano a conquistare autonomia operativa. Inoltre, senza l’intervento di un adulto, molti ragazzi con disabilità spesso non sono in grado di utilizzare efficacemente la strumentazione tecnologica per seguire gli interventi in DAD.

Va ricordato che l’ultimo DPCM ha previsto la possibilità della frequenza in presenza per gli alunni con disabilità (e per quelli che devono utilizzare i laboratori) “in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali“. C’è chi ha visto in questo un balzo all’indietro nel tempo con il ritorno delle ‘classi speciali’, abolite dalla legge 517 del 1977 proprio con l’obiettivo di realizzare la piena integrazione di tali alunni nelle classi ordinarie.
Per questo il Ministero dell’istruzione ha invitato in una circolare contenente indicazioni sull’applicazione del DPCM gli istituti scolastici ad assicurare il “coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento, che potrà variare nella composizione o rimanere immutato, in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua“.
Una soluzione di incerta applicazione (con quali insegnanti? Soltanto con quelli di sostegno che comunque non possono assicurare la totale copertura oraria?), criticata dalla Confad (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità), favorevole invece a una terza strada: le lezioni domiciliari.

Secondo le stime di Tuttoscuola, in Campania più di 14.500 piccoli alunni con disabilità inseriti nelle scuole dell’infanzia e primaria sono quasi del tutto esclusi dall’utilizzo dei device che li possono tenere collegati con il mondo esterno e con i loro insegnanti. A meno che non vi sia a sostenerli e guidarli a casa qualche familiare.

Complessivamente 4 ragazzi con disabilità ogni 10 (41,2%) sono coinvolti in questa esclusione dalla didattica in presenza (soprattutto negli istituti superiori): 111 mila su 269 mila. Campania e Lombardia, con oltre 50 mila alunni con disabilità complessivi, raggiungono quasi la metà dei ragazzi obbligati a casa e in contatto con la loro scuola tramite la DAD.

Passando dall’altro lato della cattedra (o del video), Tuttoscuola calcola che sono almeno 68mila i docenti di sostegno che il DPCM 3 novembre obbliga ad operare a distanza per i 111mila alunni con disabilità affidati, fatta salva la possibilità per questi di frequenza in presenza solo per loro. Rappresentano quasi il 40% dei 172 mila docenti di sostegno in servizio l’anno scorso nelle scuole statale. Ma con tutta probabilità per l’anno in corso i docenti di sostegno saranno molti di più (secondo le stime riportate nel dossier di Tuttoscuola sul sostegno, circa 185 mila); e saranno di più anche quelli che si troveranno in DAD con possibile accentuazione di alcune criticità proprie di questo nevralgico settore: potrebbero arrivare a 70-75 mila.

Si tratta di criticità purtroppo consolidate, a cominciare dal crescente incremento dei posti “in deroga” assegnati per legge a docenti precari. Alla situazione di precarietà dei posti in deroga va aggiunta quella di circa il 15-20% di posti di sostegno stabili vacanti in attesa della conclusione dei concorsi e assegnati a docenti con contratto annuale a tempo determinato.

Complessivamente secondo Tuttoscuola si può quindi ritenere che almeno la metà dei docenti di sostegno in servizio abbia un rapporto di lavoro a tempo determinato; tra i 68 mila costretti ad operare a distanza circa 35 mila sono docenti precari. A quasi tutti sono stati affidati alunni diversi rispetto all’anno scorso, con i quali ora sarà ancora più difficile la relazione educativa nelle condizioni imposte dal contrasto al virus, mancando una reciproca conoscenza. E’ la prova che la continuità didattica a favore degli alunni con disabilità per il momento resta una chimera. Un numero imprecisato di quei docenti di sostegno precari è anche privo di specializzazione.

Per ultimo va considerato il fatto che i docenti di sostegno in DAD vengono privati dell’interazione di gruppo con gli altri docenti della classe indebolendo il lavoro in team, che è una delle condizioni per rendere efficace l’inclusione degli alunni affidati.

In Campania, per effetto dell’ordinanza De Luca, sono in DAD tutti i 20.151 docenti di sostegno in servizio. Complessivamente le tre regioni in fascia rossa superano i 18 mila docenti di sostegno: in Lombardia 9.528, in Piemonte 5.701 e in Calabria 2.988.

Sicilia e Lazio hanno rispettivamente 5.442 e 4.209 docenti di sostegno in DAD. La minore incidenza di insegnanti di sostegno in didattica a distanza si ha in Veneto, con il 23,5%.
Ecco i dati per Regione, elaborati da Tuttoscuola su dati del Ministero dell’istruzione.

(vita.it)