Cinema, la disabilità come ricchezza in 200 cortometraggi

XII edizione Festival Cinema Nuovo dal 5 al 7 ottobre a Bergamo

Dopo la sosta forzata a causa della pandemia, il Festival del Cinema Nuovo, la rassegna che premia i migliori cortometraggi interpretati da persone con disabilità, sceglie Bergamo per la sua XII edizione, che si terrà in città dal 5 al 7 ottobre. Il numero dei partecipanti è più di 200, contro una media di circa 70 nelle edizioni precedenti.

Due giorni di proiezioni, mercoledì 5 e giovedì 6, al Cinema Conca Verde e una serata evento di premiazione, venerdì 7, al Teatro Donizetti. Una collaborazione, quella tra il Festival e Bergamo, nata – spiegano gli organizzatori – dal convinto coinvolgimento del sindaco Giorgio Gori e dell’assessora alle Politiche Sociali Marcella Messina, che guarda all’appuntamento di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023, e al tema centrale della cultura come cura, proponendo, sin da questa edizione, una riflessione sul cinema come forma d’arte capace di aiutare le persone con disabilità ad emanciparsi, accrescere la propria consapevolezza e indipendenza e, soprattutto, divertirsi.

Il Festival del Cinema Nuovo nasce infatti con la volontà di creare momenti di gioia, soddisfazione e benessere tra i ragazzi con disabilità che vi partecipano. Le esperienze e le testimonianze raccolte durante le precedenti edizioni raccontano che fare cinema può favorire il raggiungimento dell’obiettivo psicosociale più profondo che sta alla base dell’impegno dell’Associazione Romeo Della Bella e di tutti gli enti che partecipano al Festival. 

Dalla settima edizione del Festival, nel 2010, Mediafriends, l’associazione onlus di Mediaset, Mondadori e Medusa, concorre attivamente all’organizzazione della rassegna cinematografica e dal 2018 Fondazione Allianz UMANA MENTE sostiene e promuove il progetto. (ANSA).

“Corro da te” con Favino e Miriam Leone: la disabilità raccontata con gli occhi dell’amore

“Corro da te” Il nuovo film di Riccardo Milani in arrivo nelle sale il 17 marzo cerca di andare contro i falsi pietismi nei confronti della disabilità attraverso il tono della commedia

Dopo i quadri familiari di Come un gatto in tangenziale e il seguito Ritorno a Coccia di morto, Riccardo Milani torna a quelle commedie cariche di ironia nel tentativo di mostrare con leggerezza alcuni lati d’ombra dell’uomo, come gli era riuscito con Benvenuto Presidente nel 2013. In uscita il 17 marzo, Corro da te è il remake della pellicola francese del 2018 Tutti in piedi (Tout le monde debout) di Franck Dubosc, storia fortemente improbabile ma piena di comicità e cinismo volti a trattare un argomento delicato come la disabilità senza sfociare in moralismi.

Il debutto alla regia di Dubosc fu un trionfo del politicamente scorretto, un mix di comicità paradossale e storie d’amore tipiche della commedia, che mise d’accordo il pubblico francese. La versione italiana è anch’essa gustosamente leggera, ma manca forse di quella verve surreale d’oltralpe. 

Oltre ai protagonisti Pierfrancesco Favino e Miriam Leone, nel cast troviamo Pietro Sermonti, Vanessa Scalera, Pilar Fogliati, Andrea Pennacchi, Carlo De Ruggieri, Giulio Base e Michele Placido, oltre a Piera Degli Esposti, in una delle sue ultime apparizioni – con tanto di cannule per la respirazione – prima della scomparsa nell’agosto del 2021.

Corro da te, la trama del film

Ormai prossimo ai 50 anni, Gianni (Pierfrancesco Favino) è un importante uomo d’affari, proprietario di una catena di articoli sportivi e soddisfatto della sua vita, in particolare di quella sentimentale, fatta di continue conquiste occasionali. Passando da una donna all’altra, finge di essere una persona sempre diversa per il gusto della sfida. Un giorno, poco dopo i funerali, Gianni incontra Alessia (Pilar Fogliati) che, vedendolo seduto sulla vecchia sedia a rotelle della madre scomparsa, lo crede disabile.

L’enorme equivoco viene alimentato da Gianni, che decide di aggiungere la ragazza alla sua lista calandosi nei panni di questo assurdo quanto complicato “personaggio”. Alessia ha però ben altri piani e gli presenta sua sorella Chiara (Miriam Leone), violinista e tennista paraplegica per davvero. Gianni decide di accettare anche questa sfida basata sulla menzogna, per dimostrare una volta di più a sé stesso e ai suoi amici la sua forza di Don Giovanni, ma dovrà presto rendersi conto che, in realtà, il suo amore per Chiara si fa ogni giorno più autentico.

Il trailer
Ironia e amore, amore e ironia

Come anticipato, la comicità surreale francese e la forza trasgressiva del film di Dubosc non trovano pienamente i propri corrispettivi nella pellicola di Riccardo Milani.

Corro da te è sì un mix di ironia e amore, ma non riesce ad amalgamare bene il tutto, separandolo un po’ troppo nettamente in una prima metà dedicata al primo e forte impatto di Gianni con il mondo della disabilità – fatto di uscite scomode, aneddoti divertenti e riflessioni all’insegna della comicità leggera – e una seconda parte dedicata alla storia d’amore dei protagonisti, carica di romanticismo ma priva di quella forza paradossale che dovrebbe dettare la situazione.

A questo si aggiunge un cambio di personalità di Gianni, da cinico uomo d’affari a ultimo dei romantici, un po’ repentino, seppur inserito in un contesto dove la sospensione dell’incredulità è naturalmente – come richiede tanta commedia – più che obbligatoria. 

Il nuovo film di Riccardo Milani ha dunque il merito di riprendere i mezzi più potenti di Tout le monde debout: il politicamente scorretto, i falsi pietismi, l’ipercorrettismo nei confronti dell’handicap, il tutto in un quadro che fa riflettere sulla condizione del disabile nel mondo.

Tra battute, equivoci e continue gaffe, Gianni è un personaggio quasi liberatorio nell’affrontare finalmente con tanta leggerezza un tema così delicato, facendolo sempre con intelligenza e offrendoci anche un Pierfrancesco Favino cinico, furbo e al tempo stesso innamorato, come non l’avevamo ancora visto.

Corro da te si scontra così solo coi limiti della commedia, non riuscendo a trovare la misura e l’armonia nel dare il giusto spazio alla struttura comica, goffa e surreale e a quella della verità sentimentale. Questo problema di tono non pregiudica o spezza comunque quella che è una commedia garbata su un argomento difficile e, in parte, inedito.

VOTO 6 (today.it)

Corro da te

“Social Film Festival ArTelesia”: cinema per riflettere sulla disabilità

Si apre oggi, 24 novembre, per protrarsi fino al 28 del mese, il 13° Social Film Festival ArTelesia, rassegna internazionale dedicata al cinema sociale che animerà la città di Benevento.

«Questo Festival – ha dichiarato l’ideatore Francesco Tomasiello, in occasione della recente Giornata Mondiale della Prematurità del 17 novembre –  è anche la dimostrazione che la disabilità non rappresenta un limite alla creatività e alla partecipazione alle attività culturali e sociali».

In tale circostanza, Tomasiello, nato prematuro con una tetraparesi spastica e appassionato di cinema e teatro, è tornato anche a parlare e a rivendicare l’importanza di dare spazio ad attori che abbiano realmente una disabilità nel cinema e nel teatro. Egli stesso non ha mai smesso di sognare in tal senso, diventando attore, scrittore e sceneggiatore e appunto “mente” della rassegna beneventana, organizzata dall’Associazione Culturale Libero Teatro di Mariella De Libero e con la direzione artistica di Antonio Di Fede.

«Cresciuto di anno in anno – sottolineano i promotori – questo Festival è oggi la vetrina per un cinema che fa riflettere, fatto di opere appartenenti al circuito indipendente e non, con l’intento di parlare e far parlare di impegno civile e tematiche sensibili. Purtroppo, ancora oggi, registi, produttori, distributori non lavorano in maniera inclusiva e per interpretare ruoli di persone con disabilità non vengono scritturati attori con disabilità.

ArTelesia si pone quindi l’importante obiettivo di utilizzare la Settima Arte come strumento per veicolare messaggi dal grande impatto sociale, su cui riflettere con senso critico e sentirsi coinvolti attivamente, come attori di un cambiamento sociale a cui dare voce».

Il tema di questa edizione del Festival – che si svolgerà sia in presenza che online – sarà quello della Rinascenza, con 45 film selezionati per il Concorso Internazionale, sui 1.600 iscritti tra corto e lungometraggi, di cui due anteprime mondiali, e tanti volti noti del cinema e del teatro (Paolo Ruffini, Lina Sastri, Andrea Roncato, Claudio Santamaria e Francesca Barra, per citarne solo alcuni), che si alterneranno sul palcoscenico del Teatro San Carlo di Benevento, per parlare di disabilità e bullismo, violenza sulle donne e tematiche LGBT, razzismo e tutti gli altri argomenti sensibili che toccano l’attualità: in collegamento e molti altri.

In foto: Francesco Tomasiello, qui con l’attrice Daniela Poggi, è la “mente” del “Social Film Festival ArTelesia” di Benevento

Il trentatreenne Tomasiello vanta già molteplici interpretazioni, partecipazioni a concorsi e manifestazioni, e anche premi come quelli vinti dal suo cortometraggio Così, su due ruote, prodotto nel 2007 dal Giffoni Film Festival. È proprio dal suo continuo fermento intellettuale agli albori delle sue esperienze teatrali che si è concretizza l’idea di organizzare un festival “diverso”, che aiutasse ad uscire dagli schemi e fosse in grado di ampliare lo sguardo, trattando apertamente e senza paura i temi più vari, dall’inclusione sociale all’impegno civile, dalle minoranze alle problematiche dei giovani, dall’integrazione ai migranti, dalle violenze alle discriminazioni.

Dopo la Laurea in Scienza dell’Educazione, inoltre, Tomasiello si è anche dedicato alle tematiche collegate alla formazione, realizzando il progetto La Banca del Tempo, che consente alle persone di mettere a disposizione il proprio tempo per prendersi cura di persone con disabilità. Ora sta lavorando per creare un “Dopo di Noi”, che garantisca alle persone con disabilità una continuità nell’assistenza qualificata, dopo e oltre quella dei familiari.

«Attualmente – spiega – il mio impegno nel sociale è totale. Credo che si debba portare all’attenzione di tutti il fatto che non debbano essere più tollerati soprusi, differenze, discriminazioni. Bisogna rimettere al centro la persona e l’uomo in quanto tale, in una sorta di Nuovo Umanesimo per una Nuova Rinascenza. Ma oltre ad attenzionare l’opinione pubblica, cosa che già faccio con il Social Film Festival ArTelesia, dobbiamo trovare soluzioni concrete e metterle in atto con risoluta volontà, senza falsi perbenismi o pregiudizi. Personalmente credo di essere l’esempio concreto che tutto si può fare e mi impegno ad essere portavoce per coloro che non riescono o non possono farlo».

questo link è disponibile il programma completo del 13° Social Film Festival ArTelesia. Per ogni ulteriore informazione: Barbara Mazzocco (barbara.mazzocco@fluidacomunicazione.it); Elena Bellistracci (elena.bellistracci@fluidacomunicazione.it).

‘Un Giorno La Notte’, viaggio a 20 anni in disabilità visiva

Da 27/4 in streaming docu di Michele Aiello e Michele Cattani

Sainey, un ventenne gambiano che a causa di un male irreversibile rischia di diventare totalmente cieco, si racconta in ‘Un giorno la notte‘. Il documentario di Michele Aiello e Michele Cattani eccezionalmente martedì 27 aprile, in occasione della sua uscita, sarà disponibile gratuitamente nella versione audio descritta con la voce di Andrea Pennacchi sulle piattaforme partecipa.zalab.org e su MioCinema.com. Poi dal 28 aprile sarà disponibile, in streaming a noleggio, sulle due piattaforme nella doppia versione con l’audiodescrizione e senza.

Il film non fiction è prodotto da Zalab Film Srl con il contributo di Regione Veneto -Por Fesr Veneto 2014-2020 e il sostegno della Regione Emilia Romagna. Segue il percorso di Sainey che, solo dopo aver attraversato il Sahara e il Mediterraneo con l’obiettivo di trovare una cura, ha scoperto che la malattia si chiama “retinite pigmentosa” e che purtroppo è degenerativa e incurabile. Dopo aver raggiunto l’Italia e aver saputo che anche qui non esiste una cura, è deciso a imparare più cose possibili per prepararsi alla cecità. In questo viaggio verso l’oscurità, Sainey incontra un nuovo amico e scopre e la passione per un nuovo sport, il baseball. Così decide di filmare la sua storia in prima persona e di mostrare al mondo che bisogna reagire anche contro le difficoltà più grandi.

Ci sono due punti di vista nel film – spiegano i due cineasti nelle note di regia – uno soggettivo, che è girato dal protagonista e co-autore di questa storia, Sainey; e uno osservativo, girato da noi registi“. L’auto-narrazione di Sainey “fa uso del video partecipativo, una tecnica che offre a tutte le persone, anche principianti, l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista attraverso la produzione audiovisiva“.
Per Sainey è stato importante soprattutto “far conoscere alle persone una rara e poco nota disabilità visiva” e allo stesso tempo “far scoprire un intero nuovo mondo alle persone con una disabilità simile: un mondo fatto di sport, arte, istruzione e molto altro“. (ANSA).

Crip camp: la “rivoluzione” per i diritti delle persone con disabilità

Il documentario prodotto dalla società degli Obama tra favoriti agli Oscar

Un campeggio estivo per ragazzi con disabilità fisiche e mentali. Camp Jened, creato negli anni ’50 e chiuso nel 2009 sui monti Catskills nello Stato di New York a inizio anni ’70, diventa il luogo di ‘fondazione‘ di un gruppo unito, libero e motivato di giovanissimi destinato a diventare una parte importante nelle proteste collettive per i diritti dei disabili. Simbolo di questo percorso è Judith Heumann, sopravvissuta alla polio e attivista in prima linea, diventata un’icona internazionale per il suo impegno.

Una storia affascinante raccontata da un altro ‘ragazzo‘ di Camp Jened, Jim LeBrecht. Regista con Nicole Newnham di Crip Camp – Disabilità rivoluzionarie disponibile su Netflix, ha conquistato nel 2020 il premio del pubblico per i documentari al Sundance. Adesso è dato fra i favoriti per l’Oscar al miglior documentario. Fra i primi a credere in Crip Camp ci sono stati Barack e Michelle Obama. La loro società, la Higher Ground è coproduttrice del film e loro compaiono anche come coproduttori esecutivi. “Il presidente Obama ha visto tre diversi montaggi del documentario, ci ha dato i suoi feedback ed è stato molto generoso nel promuovere il film – spiega Nicole Newnham nell’incontro online con Jim LeBrecht organizzato dall’American Cinemateque -. Ha voluto dire tantissimo per noi“.

Crip camp grazie all’uso dei filmati girati a inizio anni ’70 a Camp Jeden dal People’s Video Theater, ci fa scoprire da adolescenti i protagonisti della storia, che rivediamo nel presente, e la straordinaria esperienza condivisa nel campeggio. Un luogo dove erano arrivati gli echi del ’68. I ragazzi, aiutati da giovani volontari, si ritrovavano a fare gruppo, tra nascita di amicizie andate avanti per una vita e le prime esperienze di innamoramento e sesso. Giorni uniti da momenti di divertimento e di confronto fra coetanei, sulle difficoltà comuni, come i pregiudizi subiti o le continue preclusioni che gli imponeva la società. “L’esperienza del campo ci ha emancipati, abbiamo capito che lo status quo doveva cambiare” spiega nel film Judith Heumann. (ANSA).

Il trailer originale del documentario che è candidato agli Oscar

Disabilità: Intrattenimento in evoluzione?

In tutto il mondo e su tutte le piattaforme i professionisti dell’intrattenimento si stanno impegnando per diventare sempre più inclusivi nella rappresentazione delle minoranze sui media. Il successo di film come Black Panther, Wonder Woman e Coco ci dimostra che la diversità può vincere anche al botteghino. Ma a punto siamo con la rappresentazione delle persone con disabilità, una delle minoranze più numerose al mondo? Ancora oggi ci si dimentica della disabilità nelle conversazioni su Diversity & Inclusion. Si ritiene forse che non sia un tema così accattivante o si continuano a toccare solo le corde emotive, troppo sbilanciati verso l’abilismo o l’inspiration porn. La mancanza di rappresentanza delle persone con disabilità nei film – si stima che solo nel 3% delle serie TV e ancor meno nei programmi per bambini (meno dell’1%) ci sia un protagonista con un qualche tipo di disabilità – significa che milioni di persone oggi non sono in grado di vedersi rappresentate nei media; milioni di ragazzi non sono in grado di sognare una storia d’amore guardando quel personaggio nello schermo televisivo.

C’è poi il tema degli attori senza disabilità che vengono ingaggiati per rappresentare il 95% di tutti i personaggi con disabilità in televisione. E quando la rappresentazione c’è spesso è fuorviante. Un esempio? Quasi tutti i ritratti delle persone con disabilità nei media sono con la pelle bianca, mentre sappiamo che la disabilità ha un impatto su tutti, senza distinzioni di razza. Secondo un rapporto di “The Media, Diversity, & Social Change (MDSC) Initiative” solo il 2,7% di tutti i personaggi nominati nel cinema ha dimostrato di convivere con una disabilità. Nessuno dei personaggi principali proviene da un gruppo razziale/etnico sottorappresentato o dalla comunità LGBTQ. Le storie che riflettono la vita dei personaggi con disabilità e la diversità demografica di questa comunità rimangono ancora troppo sfuggenti nel cinema.

Ma cosa possiamo fare noi come attivisti dei diritti delle persone con disabilità o come semplici spettatori delle varie serie televisive? Innanzitutto, possiamo educare giornalisti, registi e produttori ad un linguaggio e ad una rappresentazione equa nei media. Questa ad esempio è la guida ‘Hollywood Disability Toolkit’ a cura di Respectability, un’organizzazione americana che da anni porta avanti una battaglia per combattere gli stigma e offrire nuove opportunità alle persone con disabilità.
E poi abbiamo il telecomando in mano. Possiamo selezionare le serie e i programmi TV che rispondono a criteri di inclusione contemporanei, escludendo invece quelle trasmissioni ancora tutte italiane che alimentano lo spirito voyeuristico nei confronti del ‘fuori norma’, che ridicolizzano alcune caratteristiche somatiche o rappresentano la vita quotidiana dei bambini con disabilità con i balletti, facendoci riflettere sul ‘come siamo stati fortunati, noi normali’.

Abbiamo cercato di raccogliere e commentare i principali film e le serie TV che parlano a diverso titolo di disabilità, sulle piattaforme disponibili in Italia. E inevitabilmente abbiamo toccato anche le emozioni di fronte alla diagnosi di una malattia, alla consapevolezza di una diversità e all’impegno dell’essere caregiver.

I film cult

Cominciamo dai film storici. La rappresentazione della disabilità qui può essere stonata rispetto ai canoni attuali ma sono un buon punto di partenza per farsi una cultura sul tema e confrontarne poi i messaggi e i toni con i film più attuali.

Freaks: un film degli anni ’30, un film di culto, un po’ horror e un po’ dramma, ma molto onesto nel far vedere come i veri mostri possano avere le sembianze di umani con tutti gli arti al loro posto.

Anna dei miracoli (‘The miracle worker’, in inglese): un film in bianco e nero del 1962 che racconta la storia di Hellen Keller, una delle prime attiviste americane per i diritti delle persone con disabilità.

The elephant man: tra David Lynch e Mel Brooks questo film degli anni ’80 è ispirato ad una storia vera di malattia, di quelle che portano ad una diversità visibile a tutti. Dice il protagonista con la Sindrome di Proteo ‘Vede, la gente ha paura di quello che non riesce a capire… E… Ed è difficile anche per me capire, perché… vede… Mia madre era… bellissima.’

Forrest Gump: Forrest e la mamma, Forrest e i tutori per camminare meglio, Forrest e i test sul QI a scuola, ma anche Forrest che corre, si sposa e diventa padre. Da vedere anche in famiglia, un’iniezione di ottimismo per tutti.

Rainman: la critica lo ha elogiato, gli attivisti un po’ meno, per un’interpretazione recitata e per uno spaccato della sindrome autistica non così comune. Se non è infatti abilità da tutti quella di contare gli stuzzicadenti, il film ha contribuito a far conoscere lo stereotipo dell’autismo.

Figli di un Dio minore: finalmente una protagonista realmente sorda, Marlee Matlin, può valere la pena rivederlo in questi giorni in cui si parla tanto delle comunità terapeutiche e dei limiti dei metodi.

Profumo di donna: nella versione italiana del 1974 o in quella più celebre con Al Pacino del 1992, un po’ troppo costruito a tavolino e un po’ troppa retorica americana.

Mi chiamo Sam: ancora un passo in avanti nella rappresentazione delle persone con una neurodiversità, ma ancora molto romanzato nel lieto fine.

Il mio piede sinistro: anche qua si è gridato al capolavoro per l’interpretazione magistrale di un attore che poteva essere invece interpretato da una persona con Paralisi Cerebrale Infantile. E anche qua un po’ di retorica nella figura della madre-coraggio e dell’infermiera innamorata.

Buon compleanno Mr. Grape: storia di autismo tra i paesaggi dell’Iowa, utile per capire perché da soli si fa molta più fatica e perché è così strategico il ruolo dei ‘siblings’ in famiglia, i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità.

L’olio di Lorenzo: la storia di una famiglia italiana negli Stati Uniti, che lotta di fronte ad una diagnosi di malattia rara del proprio figlio, tanti scenari sono cambiati da allora ma è sempre utile rivederlo per capire come di fronte ad un disagio la risposta può essere ancora nello studio, nell’alleanza terapeutica e nella ricerca scientifica.

Quasi amici: qua trovate la ricetta perfetta dei film che mettono d’accordo tutti, la persona di colore con una storia di adozione alle spalle che diventa badante e quasi amico della persona ricca e in carrozzina. Lo trovate ovunque, anche nelle produzioni argentina, indiana e americana.

Il discorso del re: la balbuzie di un principe che oggi si sarebbe preso un bollino di DSA a scuola, da vedere se siete logopediste o se ne frequentate.

La teoria del tutto: film da premio Oscar all’attore protagonista, che interpreta il ruolo dello scienziato Stephen Hawking nell’avanzare della malattia, l’atrofia muscolare progressiva. Interessante la figura della giovane moglie e caregiver, e l’utilizzo delle prime tecnologie assistive per la comunicazione.

Film italiani free

Su RAI play troviamo principalmente film italiani, o film che riportano la narrazione di personaggi che sono diventati famosi per le loro battaglie:

Il figlio della luna: è la storia vera di Fulvio Frisone nato con tetraplegia spastica distonica a causa di un parto difficile e divenuto da grande un esperto nel campo della fisica; ma è soprattutto la storia di questa mamma determinata ad andare oltre la diagnosi, in una Sicilia degli anni ‘70 in cui pesano sia il confronto con i pari che l’esigere dei diritti per la prima volta.

La classe degli asini: da vedere perché è una storia vera di orgoglio italiano nel mondo, la storia della professoressa Mirella Casale che riuscirà a far chiudere le classi differenziali a favore dell’inclusione degli studenti con disabilità a scuola e con il riconoscimento della figura dell’insegnante di sostegno con la legge 517 del 4 agosto 1977.

La guerra è dichiarata: ancora una storia vera di una malattia non così rara nelle famiglie, un tumore al cervello del figlio di Juliette e Romeo. Un film francese, interpretato dalla stessa regista, che si mette dalla parte dei caregiver e ne racconta le risorse apparentemente infinite.

Volevo nascondermi: è la storia del pittore Ligabue, tra disturbi mentali e un talento artistico che tarderà ad affermarsi proprio a causa delle sue difficoltà relazionali.

Ognuno è perfetto: una miniserie italiana che racconta le vicende di due giovani innamorati tra problemi di lavoro e permessi di soggiorno. E un cast di bravi attori con sindrome di Down.

The greatest showman: è un musical ambientato nei primi dell’800, la storia del fondatore del Circo Barnum, noto ai più anche per la canzone ‘This is me’.

Sulle piattaforme a pagamento

Netflix ha un catalogo ampio e aggiornato, sia nei film dedicati alla consapevolezza sulla disabilità e alle minoranze in generale, sia per le pratiche di inclusione adottate nelle serie autoprodotte:

Crip Camp: documentario molto interessante per capire le origini dell’attivismo americano da parte delle persone con disabilità; racconta la storia di Camp Jened negli anni ‘70, una sorta di Woodstock in cui si segue la vita dei partecipanti dal campeggio al ritorno nel mondo reale.

Frida: la storia affascinante della pittrice messicana, diventata disabile a seguito di un incidente e della poliomelite, una storia di diversità e libertà, esemplare per gli anni in cui è ambientata.

Rising Phoenix: se non l’avete visto, correte subito ai ripari, è la storia delle Paralimpiadi raccontata dagli stessi protagonisti, perché ‘alle Olimpiadi creano gli eroi, alle Paralimpiadi vanno gli eroi’.

The fundamental of caring (o ‘Altruisti si diventa’, nella traduzione italiana): giovane con distrofia muscolare, madre iperprotettiva, padre non pervenuto e caregiver professionista che si deve redimere, in un road movie che fa anche ridere. Americano, ovviamente.

Rosso come il cielo: ambientato negli anni ’70 in Italia, questo film racconta bene la storia di un bambino diventato cieco a causa di un infortunio e costretto in un istituto per imparare il braille. In realtà affinerà una sensibilità particolare per i suoni, facendola poi diventare la sua professione.

Margarita with a straw: è un film indiano e già per questo sarebbe da guardare; racconta la storia di una ragazza con Paralisi Cerebrale Infantile che decide di andare a vivere da sola per studiare in America, e affronta così i temi dell’indipendenza dalla famiglia, dell’accettazione, dell’inclusione, della sessualità. Dal titolo e dalla scena finale, capirete perché bandire le cannucce flessibili di plastica può non essere una soluzione per tutti.

37 seconds: da vedere, una regia molto bella in una storia per niente scontata; ambientato in Giappone, tra manga, sesso e autodeterminazione; anche se al solito i personaggi delle madri delle persone con disabilità non escono molto bene da questi film.

Special: è una mini-serie che trae ispirazione dal divertente libro di Ryan O’Connell ‘I’m Special: And Other Lies We Tell Ourselves’, fa ridere ma mica tanto, trattando problemi veri come le prime esperienze di lavoro, la scoperta dell’omosessualità in una persona con disabilità e una madre ancora ingombrante.

Atypical: è una serie giunta ormai alla terza stagione; affronta un pò tutti gli stereotipi della disabilità, attraverso la lente del protagonista con sindrome autistica. Il senso di responsabilità della sorella, i gruppi di mutuo aiuto per le mamme e la loro sensibilità per il linguaggio appropriato (‘autistico o persona con autismo?’), le coppie che scoppiano, il cartellone degli impegni della famiglia redatto dalle mamme premurose, il padre che scappa, il legame con la terapista, la gita scolastica e una scuola che ci prova a fare dei tentativi di inclusione.

Il mio grande amico Dude: miniserie da guardare in famiglia; racconta la storia di un giovane adolescente con fobia sociale e i suoi approcci al reintegro in società grazie a Dude, un cane di supporto emotivo.

Deaf U: è un documentario sulla vita universitaria di un gruppo di studenti sordi, interessante e semplice nel suo sguardo sulla quotidianità.

Amore nello spettro: è una mini docu-serie girata con gli intenti di una ricerca scientifica, per raccontare l’amore tra giovani uomini e donne con autismo.

Aspergers are us: è un documentario che racconta l’amicizia e la realizzazione di uno spettacolo comico tra quattro giovani con diverse forme di autismo.

100 metri: film spagnolo su una storia (vera) di diagnosi di sclerosi multipla: il protagonista messo di fronte alla decisione di lottare o accettare il destino.

Breaking Bad: potreste guardare questa famosa serie per mille altri motivi, ma anche perchè uno dei protagonisti è l’attore RJ Mitte, con Paralisi Cerebrale Infantile come il suo personaggio.

The Speed Cubers: è un documentario sui massimi esperti del cubo di Rubik, è interessante per la storia di Max Park, uno dei campioni in carica con autismo, che trova nel cubo magico lo strumento per fare progressi e trovare una sua strada.

Tall Girl: perché anche essere più alti della media può essere un problema o un vantaggio.

Anche su Amazon Video l’offerta di film in streaming o per noleggio a pagamento è varia e comprende produzioni italiane e internazionali:

Mio fratello rincorre i dinosauri: tratto dal libro omonimo di Giacomo Mazzariol, il film segna una nuova stagione del cinema italiano che parla di disabilità; è la storia di Giacomo e della relazione con suo fratello Gio con sindrome di Down. È utile guardarlo anche solo per leggere i segnali deboli dei fratelli adolescenti che si rapportano con la disabilità in famiglia.

Tutto il mio folle amore: anche qui un film liberamente ispirato al romanzo ‘Se ti abbraccio non aver paura’ di Fulvio Ervas; un road movie che racconta la storia di Andrea e Franco Antonello, padre e figlio autistico e del loro viaggio catartico in moto.

Wonder: tratto dal romanzo di successo di R.J. Palacio, il film non poteva che essere un successo di pubblico e di critica; è la storia di Auggi, un bambino di 10 anni con sindrome di Treacher Collins e della sua relazione con la società, minata da atti di bullismo a causa di una malformazione cranio-facciale. Ci sono dentro anche l’home schooling, la relazione conflittuale con i fratelli, il ruolo dei genitori costretti ad indossare diversi cappelli.

In viaggio verso un sogno – The Peanut Butter Falcon: molto americano ma almeno uno sport e uno scenario diverso; il protagonista con sindrome di Down, che scappa da un istituto in Carolina del Sud per inseguire il sogno di diventare un campione di wrestling.

La famiglia Belier: film francese, criticato dalla comunità sorda; indaga da dentro la vita di una famiglia di persone sorde ad eccezione di una figlia che risulta essere così l’interprete principale verso il mondo esterno.

Gleason: documentario sulla vita di Steve Gleason; ex campione di football americano che a seguito dell’avanzare della malattia di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) si trova ad interagire con il mondo grazie alle tecnologie assistive.

Le streghe: tratto dal racconto di Roald Dahal e con la regia di Zemeckis; quest’ultima edizione è da vedere anche solo per il dibattito che ha generato, ce ne ha parlato Fabia Timaco qui. Se non vi piacciono i topi, magari evitate.

Non ci resta che vincere (‘Campeones’, nella versione originale): un film spagnolo da vedere con i ragazzi. Un’interpretazione esemplare di Jesus Vidal; ingredienti tipici (la squadra di atleti con disabilità intellettiva, l’allenatore che deve scontare una pena facendo lavori socialmente utili…). Finalmente protagonisti veri che interpretano il loro ruolo.

Io sono Mateusz: film polacco. Obiettivo sfatare il principio abilista per cui le persone con una disabilità fisica devono essere per definizione anche incapaci di intendere e di volere.

Adam: una rappresentazione facile, quella del protagonista con sindrome di Asperger. Naturalmente ingegnere ed appassionato di astronomia, che si innamora della scrittrice di libri per ragazzi. Insomma.

Perdiamoci di vista: commedia all’italiana leggera. Carlo Verdone ridicolizza i talk show abilisti e poi si innamora di Asia Argento nel ruolo di una ragazza in carrozzina.

Per i più piccoli

Può essere utile vedere e commentare questi film in famiglia. Comunque esistono anche alcune serie o cartoni animati dedicati ai bambini e che offrono un utile spunto per parlare di diversità:

Nemo e Alla ricerca di Dory: Nemo è per definizione il cartone con cui meglio si identificano i bambini con una diversità agli arti, grazie alla sua pinna atrofica; ma anche nel sequel su Dory abbiamo la coraggiosa protagonista con perdita di memoria a breve termine, la balena miope Destiny, il beluga Bailey che ha perso la sua capacità ‘sonar’ ed Hank, il polpo a cui manca un tentacolo. Eppure tutti trovano un posto nel mondo.

Dumbo: ovvero la filmografia su circo e disabilità spiegata ai bambini; vi consigliamo il remake più recente di Tim Burton per mostrare ai bambini che anche gli elefanti volano, con qualche adattamento e se abbattiamo le barriere legate all’ambiente che li circonda.

Daniel Tiger: è una serie di un cartone americano che rappresenta la vita di una famiglia di tigrotti; nelle varie puntate vengono toccati argomenti legati ad empatia e valorizzazione delle diversità, includendo anche personaggi con disabilità come Chrissie.

Inside out: film da vedere per riuscire a spiegare la regolazione delle emozioni, che spesso si accompagna ad alcune disabilità intellettivo-relazionali.

Frozen: un film che rappresenta un’occasione per parlare di superpoteri a volte scomodi e per la relazione tra le due sorelle Elsa ed Anna.

Avatar: uno dei primi film di fantascienza in 3D. Definito un ‘film con la disabilità e non sulla disabilità. Racconta un mondo alla rovescia in cui un diverso dagli uomini del suo mondo, perché vive su una sedia a rotelle, è anche diverso dagli abitanti di Pandora, popolo extraterrestre dalla pelle azzurra e dal fisico imponente’.

A portata di mano su YouTube

Anche su Youtube si trovano film che vengono spesso segnalati dalle famiglie o dai giovani con disabilità; in una rete quasi clandestina o forse solo perché usciti fuori da tutti i circuiti; tra questi ricordiamo:

Il circo della farfalla: interpretato dal ‘motivatore’ Nick Vujicic. Il film rappresenta anche qui il mondo onirico del circo e dei ‘fenomeni da baraccone’ a cui viene offerta una nuova opportunità.

The Pearson twins: la storia dei gemelli Pearson la trovate in versione originale anche su Vimeo; in soli 12’ riesce a raccontare una storia di malattia genetica, la neurofibromatosi, che condiziona però in maniera diversa i due fratelli.

First do no harm: da guardare per capire la condizione disabilitante con cui convivono le persone con epilessia, e le loro famiglie.

La mia fedele compagna (‘Front of the class’ in inglese): la storia vera di un bambino con Sindrome di Tourette. Le sue sfide nel desiderio di diventare insegnante in quella scuola che tanto lo aveva deriso.

Speechless: la serie è prodotta da ABC, è stata trasmessa in Italia anche da Fox e TV2000 ma se ne può visionare qualche scena anche su Youtube. È la storia di una famiglia americana contemporanea che si trasferisce alla ricerca dell’ambiente di vita più adatto al figlio con Paralisi Cerebrale Infantile.

Stelle sulla terra: una produzione indiana. Il genere è quello del bambino con dislessia che dopo varie peripezie incontra il maestro che capisce il suo talento artistico e trova il giusto canale per insegnargli a leggere e scrivere. Fantasia.

E per finire, un cortometraggio recente e italiano, ‘Ciruzziello’, a cura di Ciro D’Aniello. Per capire al meglio la disperazione che può accompagnare le persone con disabilità e i loro familiari, quando non esistono reti di supporto o quando non si sentono rappresentati e ascoltati.
La prossima volta che cambi canale, facci caso.

(Parzialmente rielaborato da ilsole24ore.it)

Octavia Spencer esorta Hollywood a dare più spazio per i disabili

Il premio Oscar Octavia Spencer sta esortando Hollywood a dare priorità nel casting delle persone con disabilità.


L’attrice si è unita, insieme a George Clooney, Joaquin Phoenix, Ed Norton, Bryan Cranston, Mark Ruffalo, Glenn Close, Peter Farrelly, Bobby Farrelly ed Eva Longoria,  alla Ruderman Family Foundation che richiede una maggiore inclusione delle persone con disabilità nell’intrattenimento. Ha affermato dell’importanza che tutti possano vedere se stessi e le loro vite riflesse sul grande o piccolo schermo. “Nulla può sostituire l’esperienza vissuta o la rappresentazione autentica“, ha esplicitamente dichiarato.

La Spencer ha sottolineato l’importanza della rappresentazione parlando anche della marginalizzazione delle donne, delle persone di colore e appartenenti alla comunità LGBTQ+.

Octavia Spencer spiega l’importanza della causa

Tutte queste comunità hanno dovuto sopportare il fatto che le loro storie non fossero raccontate in modo autentico, ma anche che non fossero rappresentate in modo autentico. Niente può sostituire l’esperienza vissuta e la rappresentazione autentica“ – spiega la Spencer. “Ecco perchè è importante scritturare l’interprete appropriato per il ruolo appropriato, e ciò implica anche persone con disabilità. Dare ad attori senza disabilità dei ruoli di personaggi disabili è offensivo, ingiusto e priva un’intera comunità di occasioni“.

VISIONI DIVERSE” CINEFORUM A VILLA BUTERA DEDICATO ALLA DISABILITÀ E ALLA DIVERSITÀ

Si chiama “Visioni diverse” ed è una serie di appuntamenti cinematografici organizzati dall’associazione “La terra nelle nostre mani” e patrocinata dal Comune di Bagheria su interessamento dell’assessorato alle Politiche sociali coordinato da Emanuele Tornatore.
Il cineforum che prenderà il via martedì 28 luglio 2020 vuole puntare ad accendere i riflettori sul mondo della diversità, della disabilità. Ogni appuntamento sarà introdotto dalla dottoressa Giusy Calò

 Si tratta di proiezioni con “visioni diverse”, sia per il contenuto delle pellicole che affrontano il tema della disabilità, ma anche per il punto di vista dal quale si affronta la condizione della disabilità. una occasione per riflettere, per incontrarsi e confrontarsi, senza pregiudizi, senza orpelli e ipocrisie.

Il primo spettacolo di martedì 28 luglio 2020, alle ore 21,00 si intitola “Figlia del silenzio” (titolo originale: The Memory Keeper’s Daughter) è un romanzo dell’autrice statunitense Kim Edwards che racconta la storia di un uomo che abbandona sua figlia appena nata, affetta da sindrome di Down. Pubblicato da Viking Press nel giugno 2005, il romanzo ebbe molto successo nel 2006, ed è stato inserita nella lista dei best seller del New York Times. 
Seguiranno: “Mi chiamo Sam” il 4 agosto; “Quasi amici” il 25 agosto e “Wonder” il primo settembre. 
Le proiezioni si teranno nella corte di villa Butera alle ore 21, 00. Saranno rispettate le norme anticovid così come previsto dalla normativa vigente relativamente al distanziamento. Potranno avere accesso sino ad un massimo di 50 persone.

Si prega gli spettatori che vorranno intervenire di portare con sé i DPI mascherina e gel disinfettante. 
L’ingresso è gratuito.

(comune.bagheria.pa.it)

Cinema oltre le barriere. 8 film per raccontare le persone con disabilità

Dal film “Mio fratello rincorre i dinosauri”

Un ciclo per raccontare la condizione delle persone con disabilità, otto istantanee di senso da (ri)scoprire in ambito pastorale, familiare ed educativo. È la proposta per l’estate della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) – Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza Episcopale Italiana. Ogni venerdì, a partire dal 3 luglio, sul sito Cnvf.it e sul portale del Servizio per le persone con disabilità (Pastoraledisabili.chiesacattolica.it http://Pastoraledisabili.chiesacattolica.it), verrà pubblicata una scheda cinematografica di approfondimento critico-pastorale.
Abbiamo scelto 8 sguardi – sottolinea Massimo Giraldi, presidente della Cnvf – che affrontano la disabilità non in chiave drammatica, bensì ricorrendo all’umorismo garbato e brillante. Film che si sono imposti nell’ultimo decennio aiutando a cambiare lo storytelling sulla disabilità, abbandonando stereotipi e offrendo istantanee realistiche nel segno della speranza”.
Le narrazioni cinematografiche o televisive degli ultimi anni – sottolinea suor Veronica Donatello – responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità, “hanno offerto suggestioni importanti nella rappresentazione della quotidianità delle persone con disabilità. Molte opere hanno finalmente allargato l’orizzonte dello sguardo sulle loro esigenze per poter vivere un’esistenza piena, a cominciare dall’inserimento nel mondo del lavoro e dall’accesso ai vari cicli formativi, non dimenticando inoltre il bisogno di affettività”. Il ciclo cinematografico nasce dunque come proposta di riflessione per animare il territorio nei mesi estivi, nel rispetto delle disposizioni al tempo dell’emergenza Covid-19. Una proposta per superare barriere sociali e isolamento imposto dal Coronavirus.
Cinema e disabilità in 8 film
Si inizia venerdì 3 luglio con la commedia “Mio fratello rincorre i dinosauri” (2019) di Stefano Ciani, rivelazione alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia e vincitrice del David Giovani ai premi David di Donatello 2020, film che esplora con tenerezza il legame tra fratelli, di cui uno con sindrome di Down, tratto dal romanzo di Giacomo Mazzariol. Segue, il 10 luglio, “La famiglia Bélier” (2015) di Éric Lartigau, sul rapporto genitori-figli opera che offre uno sguardo originale sulla disabilità uditiva. Il 17 luglio c’è la commedia “Tutto il mio folle amore” (2019) di Gabriele Salvatores, storia di un padre riluttante e un giovane adolescente con Asperger che provano a riannodare i fili del cuore. Il 24 luglio spazio al mondo della scuola con la commedia educational “Wonder” (2017) di Stephen Chbosky dal libro di R.J. Palacio. Il 31 luglio è la volta del dramedy “Quasi amici” (2011) di Olivier Nakache ed Éric Toledano, la storia (vera) di un’amicizia che salva, quella tra un disabile con tetraplegia e un immigrato dalle banlieue parigine. Il tema della disabilità mentale è protagonista poi della brillante commedia italiana “Ho amici in Paradiso” (2016) di Fabrizio Maria Cortese il 7 agosto, mentre il 21 agosto si affronta il tema dell’inserimento nel mondo del lavoro per un giovane con Asperger nella commedia di Francesco Falaschi Quanto basta” (2018). Chiude, infine, il ciclo (28 agosto) “Il colore nascosto delle cose” (2017) di Silvio Soldini, dramma a pennellate romance sulla condizione della cecità tra dimensione lavorativa e affettiva.
(cnvf.it)

Hollywood non è un posto per (personaggi) disabili

I risultati di uno studio sulle disuguaglianze nell’industria cinematografica realizzato della Scuola di comunicazione e giornalismo Annenberg di Los Angeles. Su tutti i personaggi nei 100 film che hanno incassato di più nel 2016 solo il 2,7% ha una disabilità. Tra questi 3 su 10 sono donne 14 agosto 2017 Jack Sully, il marine in sedia a ruote di “Avatar”

Sono passati quasi 30 anni da quando Dustin Hoffman ha portato sugli schermi dei cinema Raymond Babbit. Era il 1988 e in “Rainman” di Barry Levinson il popolare attore interpretava un personaggio con sindrome dello spettro autistico. Negli anni successivi ci sono stati altre pellicole con protagonisti personaggi con disabilità: basta pensare al Forrest Gump interpretato da Tom Hanks nel 1994 o a Jack Sully, il marine in sedia a ruote di “Avatar”, il film del 2009 di James Cameron, solo per citarne alcuni. Ma quanti sono i personaggi disabili presenti nelle produzioni hollywoodiane? Secondo uno studiorealizzato dalla sezione Media, diversity and social change della Scuola di comunicazione e giornalismo Annenberg di Los Angeles (California) che, ogni anno, analizza i 100 film che hanno incassato di più in base a genere dei personaggi, etnia, orientamento sessuale e disabilità – non molti. In totale dal 2007 sono 900 i film analizzati per un totale di 39.788 personaggi. Tra quelli del 2016 ci sono, ad esempio, “Sully”, “Rogue One”, “Arrival”, “Zootropolis”, “Moonlight” e “La la land”. Nel Report del 2016 risulta, infatti, che solo il 2,7% dei personaggi nelle 100 pellicole più viste al cinema aveva una disabilità (erano il 2,4% nel 2015). Sono 38 i film in cui non erano presenti personaggi disabili (45 quelli dell’anno precedente), 70 quelli in cui non erano presenti personaggi femminili con disabilità (contro gli 84 del 2015). “I nostri risultati su genere, etnia, comunità Lgbt e disabilità dimostrano quanta strada ancora c’è da fare per l’inclusione”, scrivono nelle conclusioni del Report. Protagonista o spalla? “Eravamo curiosi di scoprire se qualcuno nel ruolo di protagonista o di co-protagonista avesse mostrato una disabilità in qualche punto del film”. Sono 15 quelli in cui questo è accaduto: si tratta di personaggi con autismo, cecità, depressione o difficoltà motorie. I protagonisti o co-protagonisti maschili con disabilità sono più presenti rispetto a quelli femminili. Nessuno dei personaggi disabili proveniva da uno dei gruppi etnici sottorappresentati o apparteneva alla comunità Lgbt. Tra le disabilità presenti quelle più comuni sono quelle fisiche (64,5%), seguono quelle cognitive con il 31,5% (inclusi disturbo da stress post traumatico, perdita di memoria, ansia) e quelle dell’area comunicativa presenti nel il 21,8% dei personaggi disabili. I personaggi disabili sono stati poi analizzati per valutarne genere, etnia ed età: le donne sono 3 su 10 (il 32%), tre quarti sono bianchi (74,5%) e il 25,5% è di altri gruppi etnici. Solo un personaggio con disabilità apparteneva alla comunità Lgbt. La metà dei personaggi con disabilità ha 40 anni o più, l’8,9% sono bambini under12. “I risultati di questa analisi sui personaggi con disabilità rivela chiare discrepanze tra il mondo reale e il mondo del cinema – si legge nel Report – Sebbene le persone con disabilità siano un quinto della popolazione statunitense, solo il 2,7% dei personaggi cinematografici lo è. In più, i film sono elusivi sulla vita dei personaggi stessi”.

(Redattore Sociale)