Parole di Carta: La Disabilità Visiva (Parte 2)

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione
Consigli di vita quotidiana

In un precedente articolo è stato affrontato il tema della disabilità visiva. Con il contributo della dottoressa Arianna Ranauro, psicologa, ci si è mossi provando a comprendere ciò che accade quando la disabilità si presenta improvvisa e ci si è anche soffermati sulla differenza rispetto a quando si tratta di una disabilità acquisita da lungo tempo o alla nascita.

Si sono inoltre esplorate possibili strategie a supporto delle persone con disabilità visiva e la dottoressa ha suggerito possibili modi per arginare i problemi e aggirare gli ostacoli.

Proseguiamo oggi nel cammino verso l’individuazione di consigli da dare a chi ha una disabilità visiva e a chi vive a contatto con una persona con disabilità, spunti validi soprattutto perché forniti da una persona competente in materia sia per averla studiata sia perché vive in prima persona questa condizione.

Chiediamo alla dottoressa quali passaggi siano necessari per poter acquisire sempre maggiore autonomia e migliorare pertanto la qualità della vita.

IL CONSIGLIO

“Risulta molto importante frequentare almeno un corso di Autonomia domestica e uno di Orientamento e mobilità – consiglia Arianna – Se condotti con operatori qualificati, infatti, sono molto utili per imparare non solo a procedere in sicurezza con il bastone bianco, ma anche per imparare tecniche di orientamento come ad esempio cogliere la forma di uno spazio in base a come vi si diffonde la voce, o anche rendersi conto del contesto stradale in cui ci si trova in base al rumore prodotto dal traffico.

Se lo si sa decodificare, il rumore è un fondamentale strumento di orientamento anche dentro casa e per le occupazioni quotidiane. In cucina si può capire se la pasta è cotta dal suono prodotto in pentola o dal profumo. Quando uno dei sensi è penalizzato, è vero che gli altri si potenziano e quindi una persona non vedente ha un olfatto e un udito più sviluppati che l’aiutano a compensare.

In cucina si usano le mani molto di più di quanto faccia chi non è ipovedente e quindi ci si sporca di più. Nell’imparare, conta molto una buona dose di buon senso; essere precipitosi può risultare pericoloso ma è essenziale dare fiducia a chi ha una disabilità e consentirgli di agire quanto più possibile in autonomia rispettando i suoi tempi ed evitando di cedere alla tentazione di sostituirsi a lui per facilitare o accelerare il compimento di un’azione.

Disabilità visiva

Pur condividendo quest’affermazione, viene da chiedersi se non sia pericoloso per chi ha una disabilità visiva avvicinarsi ai fornelli o usare il coltello. La dottoressa risponde:

“Anche in questo caso contano la giusta misura e un adeguato grado di prudenza. La persona non vedente deve avvicinarsi con criterio al fornello acceso, così sentirà il calore e saprà dove fermarsi evitando di scottarsi. Per quanto riguarda l’uso del coltello, ho sperimentato una soluzione che per me è risultata valida: metto il dito a un paio di centimetri dalla lama e lo uso come unità di misura per capire che distanza mantenere; devo dire che funziona, non mi sono mai tagliata.”

Altro aspetto non trascurabile è la cura di sé, il desiderio di apparire in ordine e vestiti in modo armonioso. Come fa un non vedente a orientarsi nella scelta dei colori da abbinare?

Articolo consigliato: “Parole di Carta: La Disabilità Visiva (Parte 1)

Una via può essere quella di scegliere di acquistare capi di abbigliamento con colori sempre abbinabili tra loro e disporli poi nell’armadio con un ordine riconoscibile da parte della persona non vedente. Se si sceglie di comprare qualche capo dai colori particolari, lo si può conservare in una parte precisa dell’armadio in modo che si sappia dove rintracciarlo senza il rischio di sbagliare.

Oggi comunque ci sono nuovi ausili che aiutano tanto a riconoscere i colori. Penso ad esempio a delle penne speciali che, appoggiate sul capo d’abbigliamento, ne “leggono” a voce alta il colore; o ancora esistono speciali etichette con un codice che permette di registrare un messaggio vocale che contiene le informazioni utili, non solo il colore ma anche la temperatura e il tipo di lavaggio da far fare in lavatrice a quello specifico abito. Le etichette sonore sono utilissime anche nella catalogazione del cibo, in special modo di quello congelato, difficile da riconoscere al tatto.

Ringraziamo la dottoressa Ranauro per le preziose indicazioni fornite a chi vive una condizione simile, ma anche per aver implementato la conoscenza di una realtà molto più complessa, attiva e propositiva di quella che dall’esterno si può immaginare.

Parole di Carta: La disabilità visiva (parte 1)

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione
Uno degli errori che è naturale commettere quando si scopre da vicino la disabilità è lasciare che essa occupi tutto il nostro spazio mentale ed emotivo. Così si finisce spesso per dimenticare che dietro c’è un individuo e alla disabilità viene attribuita la causa di qualunque disagio la persona manifesti, soprattutto se priva di un mezzo efficace di comunicazione.

L’interazione con una persona con disabilità e con chi le è più vicino può aiutare ad allargare l’orizzonte e arricchire la prospettiva da cui si osserva la vita facendo cogliere aspetti e significati di essa del tutto inediti.

C’è chi, per comprendere meglio la condizione di chi non vede affronta dei percorsi tattili guidati in cui persone non vedenti guidano al buio altre che non hanno problemi di vista.

Con la dottoressa Arianna Ranauro, psicologa, parliamo oggi di disabilità visiva partendo proprio da esperienze come questa.

Questi percorsi – sostiene la dottoressa – talvolta distorcono la realtà dei fatti. Ciò che spaventa è immaginare se stessi improvvisamente privati della vista. Questa è una condizione simile solo a quella di una parte dei non vedenti o degli ipovedenti. Diversa è la condizione di chi, come me, è nato già privo della vista, e anche quella di coloro che la perdono gradualmente. Se c’è una patologia degenerativa si verifica un adattamento graduale a una condizione che muta continuamente.

Se la perdita dovesse essere improvvisa, la prima cosa da fare prima di provare a riorentarsi è accettare il fatto di essere disorientati, elaborare il lutto per ciò che si sta perdendo. Bisogna accettare il fatto che alcune cose non si possono fare e che altre possono farsi in modo diverso rispetto agli altri, capire che non tutte le esperienze si possono condividere e che ci sono persone che si rifiutano di accogliere un disabile. In quel caso cambiare orizzonte può essere l’unica soluzione.

Che consiglio dare nello specifico a chi si trova ad affrontare una disabilità visiva e alle persone della sua famiglia?

IL CONSIGLIO

Innanzitutto – aggiunge a tal riguardo la dottoressa Ranauro – è indispensabile un ambiente a misura, nel quale gli oggetti siano disposti secondo un ordine che sia rispettato da tutti coloro che si muovono in quel contesto. Trovare le cose sempre nello stesso posto facilita per il non vedente l’acquisizione di maggiore autonomia.

Bisogna anche dar tempo alla persona disabile visiva di esplorare l’ambiente, gli oggetti, le persone e studiare le proprie strategie per muoversi tra di essi in modo funzionale. Importante che non si provi a sostituirsi alla persona con disabilità, che non si intervenga a suo supporto prima che possa aver trovato da sola il modo per superare un determinato ostacolo, tranne ovviamente che la situazione lo richieda davvero.

Ciascuno di noi possiede un’inclinazione naturale al voler fare ma se, anche per affetto e per un eccesso di spirito protettivo, si continua a intervenire in sua vece, si corre il rischio di spegnergliela.

Disabilità visiva

Cosa fare se ad avere questo tipo di disabilità è un bambino? Come insegnargli a muoversi in autonomia?

La dottoressa Ranauro spiega: “Nei casi di disabilità visiva precoce viene meno l’apprendimento per imitazione, proprio perché il non vedere preclude canali importanti. In questi casi bisogna sopperire al fatto che il bambino non ci veda materialmente compiere dei gesti e lo si può fare ad esempio descrivendo ciò che stiamo facendo; va inoltre sempre stimolato a esplorare ciò che gli sta intorno e a manipolarlo, altrimenti si corre il rischio di produrre altri ritardi, come quello motorio o del linguaggio.

Purtroppo un problema che si manifesta frequentemente a scuola è la mancanza di preparazione specifica dell’insegnante di sostegno. C’è un modo per aggirare l’ostacolo consentendo al bambino di poter accedere a mezzi di comunicazione validi per lui?
Assolutamente sì. Bisogna rivolgersi al proprio Comune e alle Associazioni di categoria per richiedere la presenza di un tiflologo che affianchi la famiglia e la scuola.

Chiediamo alla dottoressa di chiarire di cosa si occupi nello specifico il tiflologo e risponde: “Il tiflologo è un esperto di problematiche relative alla disabilità visiva e, oltre che formare le figure parentali e indirizzare l’insegnante di sostegno, fornisce degli ausili indispensabili alla buona prosecuzione del percorso di apprendimento del bambino, come pc con sintesi vocale, righello con segni tattili in corrispondenza dei centimetri, cartine geografiche a rilievo e mappe tattili di varie opere d’arte.

Tanti sono i suggerimenti dati dalla dottoressa Ranauro e questo articolo non può contenerli tutti. Si rimanda perciò alla lettura del prossimo articolo sulla disabilità visiva.

Una città modello per le persone cieche

Marburgo è diventata un esempio di accessibilità e inclusione, grazie a un istituto all’avanguardia per ragazzi con disabilità visive

La città di Marburgo, nella Germania centrale, è conosciuta per la sua storica università, fondata nel 1527, ma anche per essere particolarmente adatta alle esigenze delle persone cieche e ipovedenti. Fu infatti qui che nel 1916 nacque la Carl-Strehl-Schule, una scuola secondaria per giovani ciechi o ipovedenti che ancora oggi è il fulcro dell’istituto educativo che ha scoperto e promosso varie tecnologie per rendere più facile la vita delle persone con disabilità visive: il Deutsche Blindenstudienanstalt, o Blista.

Molte innovazioni che hanno reso Marburgo così accessibile e inclusiva per gli ipovedenti si trovano ormai anche altrove. Secondo varie persone con disabilità visive che ci hanno vissuto e sono state intervistate da BBC, il modo in cui sono concentrate e distribuite in questa città è unico.

Secondo Dago Schelin, ricercatore brasiliano che si occupa di studi sui media all’università della città, Marburgo è «una città smart per i ciechi» e potrebbe diventare un modello di riferimento per lo sviluppo di altre città in futuro.

Marburgo ha circa 80mila abitanti e si trova nell’Assia, un’ottantina di chilometri a nord di Francoforte. Tra le altre cose ospita scuole di cavallo, canoa, arrampicata e sci per persone cieche. La sua università è quella con la più alta proporzione di studenti con disabilità visive di tutta la Germania. Tutto ciò si deve in particolare alla lunga storia del Blista, che fu voluto dall’educatore berlinese Carl Strehl per aiutare i giovani che avevano perso la vista durante la Prima guerra mondiale a causa del conflitto.

Allora l’obiettivo della scuola era garantire un’educazione elementare ai bambini ciechi; adesso invece ospita circa 280 studenti che vengono preparati a gestire numerosi aspetti della loro vita quotidiana e ad affrontare la loro vita scolastica e professionale.

Al Blista nel 1919 fu creato il primo libro di matematica e chimica per persone cieche e nel 1954 nacque la prima “biblioteca dell’udito”; nel 1971, sempre a Marburgo, fu installato il primo semaforo acustico per aiutare le persone con disabilità visive ad attraversare la strada, come quelli che successivamente comparvero nelle città di tutto il mondo.

All’istituto sono stati perfezionati strumenti che hanno reso più semplice la vita dei ciechi, tra cui il bastone telescopico e gli screen reader, che permettono di riprodurre un testo scritto tramite sintesi vocale.

Negli anni le innovazioni del Blista hanno cambiato anche la città, rendendola più vivibile per le persone con disabilità visive che frequentavano l’istituto e poi decidevano di rimanere a vivere lì. A Marburgo si trovano dappertutto percorsi tattili e barriere protettive, che agevolano gli spostamenti delle persone cieche, mappe o miniature con indicazioni in braille, che permettono di identificare le principali attrazioni della città, come il castello e la piazza della città vecchia, ma non solo.

Oltre a cambiare il modo in cui si vive, l’istituto ha cambiato anche il modo in cui si studia: dai lavori strutturali per rendere più accessibili i dipartimenti dell’università, alle nuove tecnologie per rendere più semplice lo studio di materie spesso complesse da affrontare per le persone cieche, come le Scienze Naturali.

Un modello per persone ipovedenti che descrive il pianeta Urano lungo una pista ciclabile di Marburgo

Lo ha spiegato a BBC in maniera più dettagliata Tobias Mahnke, che insegna chimica alla Carl-Strehl-Schule. Tradizionalmente per studiare materie come la chimica servono grafici, tabelle e immagini che gli studenti ipovedenti non sono in grado di osservare; esercitazioni di laboratorio che sono piuttosto complesse da replicare, perché sono quasi sempre basate sull’esperienza visiva.

Secondo Mahnke, però, non dovrebbero esserci «svantaggi» per le persone cieche.

Assieme ai colleghi del Blista e grazie al sostegno economico di alcune fondazioni, Mahnke ha sviluppato una serie di strumenti per rendere lo studio della chimica più inclusivo, per esempio adattando il materiale di laboratorio alle esigenze degli studenti ciechi per renderlo più sicuro, e installando speciali sensori sonori per segnalare quello che succede attraverso determinate reazioni chimiche.

Alcuni studi citati da BBC hanno evidenziato che sia i bambini che gli adulti imparano meglio quando nell’apprendimento sono stimolati altri sensi oltre alla vista, e anche secondo Mahnke «le esperienze multi-sensoriali portano a un apprendimento più profondo e che dura più a lungo».

Il primo corso avanzato di chimica dell’istituto è del 2017; nel 2019 per via della grande richiesta ne sono stati offerti due.

Bambini ipovedenti alla Carl Strehl Schule di Marburgo

L’informatico cieco Bahaddin Batmaz, che si occupa anche di promuovere l’accessibilità per chi ha disabilità visive, ha invece sottolineato che le invenzioni dedicate ai ciechi possono essere un beneficio per tutti: basti pensare agli annunci vocali alle fermate dei mezzi pubblici, che sono senz’altro utili anche alle persone vedenti.

Sia secondo gli insegnanti che secondo le persone con disabilità, un altro aspetto cruciale che ha reso Marburgo così inclusiva è quello umano.

In città «ci sono molti ciechi, e qualsiasi organizzazione deve farci i conti, prima o poi», ha raccontato a BBC Leon Portz, che iniziò gradualmente a perdere la vista a causa di una malformazione congenita a otto anni e studiò proprio al Blista; a Marburgo però la popolazione vedente è abituata a incontrare e a interagire con quella non vedente; gli autisti degli autobus sanno dare assistenza ai passeggeri disabili e molti ristoranti hanno il menù in braille, per fare qualche esempio.

Come ha spiegato a BBC Uwe Boysen, giudice in pensione, ex presidente dell’associazione tedesca degli studenti e dei lavoratori ciechi e ipovedenti (DVBS) ed ex allievo della Carl Strehl, il senso di comunità e di assistenza reciproca che si sono creati a Marburgo «ti danno coraggio, ti fanno osare e sperimentare cose nuove».

Portz, che attualmente studia Biochimica e Informatica a Düsseldorf, ha detto di non sentirsi «un pioniere», ma di immaginare di esserlo: è il primo studente cieco nella sua facoltà e secondo quello che dice è anche uno dei pochi studenti universitari di chimica ciechi in tutta la Germania. Parlando della sua esperienza al Blista, Portz ha detto: «Mi sono reso conto di quello che era possibile, e di quello che poteva diventare possibile».

(ilpost.it)

I LEGO BRAILLE DESIGN, UN DESIGN INTELLIGENTE PER AIUTARE I BAMBINI CON DISABILITÀ VISIVE.

Lego Braille design, sono mattoncini di design con una speciale disposizione delle sporgenze che riflettono i numeri e le lettere dell’alfabeto braille.

IL PROGETTO:
Nasce come progetto speciale del Gruppo LEGO e della Fondazione LEGO con lo scopo di insegnare il pensiero critico e l’alfabeto Braille ai bambini con problemi di vista.

L’obiettivo è offrire ai bambini non vedenti, un metodo divertente e creativo per imparare a leggere e a scrivere attraverso il gioco. Il progetto nasce da valori di inclusione e collaborazione.
I mattoncini Braille sono infatti compatibili con i normali mattoncini LEGO, nonostante le sporgenze mancanti. Le lettere, i numeri e i simboli corrispondenti stampati su di essi permettono ai bambini vedenti e ipovedenti di poter giocare insieme in modo collaborativo e inclusivo.

I LEGO BRAILLE DESIGN UN CONCETTO PEDAGOGICO ATTRAVERSO IL GIOCO

Questi mattoncini vanno in pari passo con un concetto pedagogico specifico, per insegnare ai bambini le attività Braille attraverso il gioco, in maniera strutturata ed efficace.

UN PROGETTO MONDIALE

A posteriori di una fase di test, della durata di due anni, collaborando con comunità di non vedenti in Danimarca, Brasile, Regno Unito, Germania, Francia e USA, ora lego è pronta a portare il progetto in altri paesi tra cui: Australia, Austria, Danimarca, Belgio, Canada, Finlandia, Irlanda, Italia, Spagna, Portogallo, Nuova Zelanda, Svezia, Svizzera e Paesi Bassi.

LA DISTRIBUZIONE DEI LEGO BRAILLE DESIGN

Vengono distribuiti attraverso partner locali della fondazione in Kit che comprende oltre 300 mattoncini Lego Braille, numero sufficiente per coprire l’alfabeto interamente nella lingua scelta. I numeri da 0 a 9 comprendono anche simboli matematici e di punteggiatura.

(mam-e.it)

Trieste, con LETIsmart la città “parla”: la tecnologia al servizio della disabilità

La funzionalità del sistema LETIsmart è stato oggetto dell’incontro svoltosi oggi a Trieste nel salotto azzurro del palazzo municipale, nel corso del quale sono intervenuti il Sindaco Roberto Dipiazza, l’assessore Luisa Polli, il presidente dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Trieste, nonché ideatore del progetto, Marino AttiniMichele Scozzai per Trieste Trasporti, i responsabili dei Lions che hanno sostenuto l’iniziativa, il direttore del Dipartimento Territorio, Economia e Ambiente Giulio Benetti e la responsabile della Mobilità sostenibile e Sistema semaforico Silvia Fonzari.
Con l’introduzione sul territorio di LETIsmart, la città di Trieste è la prima in Italia ad aver adottato soluzioni tecnologiche ed avanzate per favorire l’autonomia urbana delle persone non vedenti ed ipovedenti. Si tratta nello specifico di una rete di radio fari che si collegano al bastone bianco, all’interno del quale si trova un micro computer (di soli 8 grammi) che permette di renderlo parlante. In tal modo, per la persona sarà possibile ottenere importanti informazioni riguardanti i mezzi pubblici, i semafori assistiti, piuttosto che segnalare situazioni di pericolo, lavori in corso, fino all’accessibilità ad uffici pubblici, esercizi commerciali e nei principali luoghi d’interesse.

Un progetto tutto triestino che, nato da un’idea di Marino Attini, è stato sposato come progetto etico dalla ditta triestina SCEN, specializzata in soluzioni di microelettronica, ed ha trovato il supporto nella raccolta fondi da parte dei Lions.
Si è potuto così dare inizio alla realizzazione della rete semaforica LETIsmart sull’intera città, parte fondamentale del progetto, in sinergica collaborazione con il Comune di Trieste, La Semaforica ed Hera Luce. Inoltre, fondamentale anche il contributo di Trieste Trasporti che ha investito nella sua rete di trasporto pubblico, attrezzando i quasi 300 bus con questa tecnologia, consentendo non solo di ricevere informazioni sul numero e sulla direzione dei bus in arrivo ma anche di avvisare l’auttista prima che il mezzo arrivi in fermata, o di attivare una segnalazione acustica sulla porta di ingresso per raggiungere il punto di salita in autonomia.
Dopo quattro anni di lavoro” è stato evidenziato nel corso della conferenza “il progetto consente a Trieste di essere la prima città italiana a dotarsi di una soluzione tecnologica avanzata che permette ai disabili visivi e motori di ricevere informazioni, ma soprattutto di interagire con l’ambiente urbano, grazie a semplici comunicazioni vocali emesse direttamente dal manico del bastone bianco, nel quale si nasconde un microcomputer dal peso di soli 8 grammi che lo rende parlante, senza inficiarne né peso né ergonomia”.

(triesteallnews.it)

WeWalk, il bastone intelligente per non vedenti con Google Maps e comandi vocali

Il bastone WeWalk, grazie all’implementazione di Google Maps e ai comandi vocali, è uno strumento molto utile per i non vedenti e per persone che hanno bisogno di aiuto per camminare.

Un bastone intelligente in grado di guidare i non vedenti e altri utenti che necessitano di aiuto per muoversi liberamente: è questa la descrizione di WeWalk, lo “smart bastone” annunciato di recente che ha già attirato le attenzioni dei siti di gadget di tutto il mondo. Una trovata interessante che dimostra ancora una volta come la tecnologia possa essere d’aiuto ai bisognosi, anche quella che inizialmente non era stata pensata per questo scopo. Grazie all’aggiunta di Google Maps e di altre applicazioni moderne, il bastone intelligente WeWalk potrà rivoluzionare la vita di molte persone.

WeWalk, bastone intelligente per non vedenti nato in Turchia

WeWalk si presenta come un accessorio bianco destinato ad aiutare le persone con disabilità visive attraverso l’uso della tecnologia. Gli altoparlanti integrati, le mappe di Google Maps e l’assistente vocale, nonché la compatibilità con il sistema Bluetooth di uno smartphone, possono aiutare i non vedenti a muoversi, mentre speciali sensori li avvertono con vibrazioni quando si presentano ostacoli sul loro cammino.
Messi insieme, questi strumenti compongono il bastone intelligente per non vedenti che può aiutare nella partecipazione alla vita sociale di tutti. WeWalk è stato creato in Turchia dall’ingegnere Kursat Ceylan, non vedente che ha provato per primo i benefici di questa invenzione. Ceylan è co-fondatore della Young Guru Academy, un’azienda no-profit turca dedicata alla tecnologia che ha sostenuto la creazione e lo sviluppo di WeWalk.

Meglio un bastone smart che i droni volanti

In questi giorni stiamo parlando di droni volanti, ma molte persone hanno bisogno solo di un semplice bastone – ha detto alla Cnn Ceylan – in quanto persona cieca, quando sono alla stazione della metropolitana non so quale sia la mia uscita e non so quale autobus si sta avvicinando o quali negozi sono intorno a me. Questo tipo di informazioni possono essere fornite con WeWalk. Quando usiamo i nostri tradizionali bastoni per le strade e li scuotiamo a destra e sinistra, possiamo rilevare ostacoli al suolo ma non all’altezza della testa, come fermate degli autobus, alberi e altri elementi ora segnalati grazie alle funzioni di WeWalk e all’inserimento di una funzione di rilevamento degli ostacoli che risolve questo problema”.

WeWalk, il bastone intelligente per non vedenti costa 499 dollari

L’innovativo bastone intelligente, che pesa 430 grammi e ha una batteria della durata di 5 ore, è disponibile per l’acquisto sul sito web di WeWalk al prezzo di 499 dollari.

Tecnologia per la salute

Sulla scia degli esoscheletri pensati per far camminare le persone con disabilità alle gambe o dei Google Glass riadattati per i bambini con autismo, il bastone intelligente WeWalk unisce tecnologia e aiuto per chi ha difficoltà nel fisico. Il bastone è integrato con Google Maps e i “voice assistant” che negli ultimi tempi proliferano sugli smartphone.
In futuro, WeWalk sarà aggiornato con le applicazioni di trasporto e condivisione di taxi e mezzi pubblici, come riporta il sito ufficiale del prodotto. Queste nuove funzionalità di integrazione verranno installate tramite aggiornamenti periodici del software creato da Ceylan con i suoi collaboratori.
È possibile salvare la posizione di destinazione sul bastone prima di uscire di casa e una volta che si è fuori a camminare il bastone darà indicazioni ogni 30 secondi o 30 minuti. La funzione di assistente vocale fornisce anche informazioni aggiuntive specifiche per coloro che si affidano ai loro sensi uditivi per muoversi. Ad esempio, al raggiungimento di una destinazione, la funzione indicherà se l’indirizzo è a sinistra o a destra dell’utente, qualcosa che può essere utile anche a chi non ha disabilità visive. Abbiamo ancora molta strada da fare ma Google Maps fornisce informazioni agli ipovedenti. Ora, in un modo più accessibile, le persone ipovedenti possono vivere la città” ha aggiunto l’inventore turco.

(digitalic.it)