AILOVIÙ: IL FESTIVAL ITALIANO SULLA SESSUALITÀ NELLA DISABILITÀ

Il 16, 17 e 18 luglio a Castrolibero, Cosenza, l’Associazione “La Stanza di Ilaria” propone un programma di incontri, dibattiti, proiezioni, mostre e spettacoli con esperti, artisti e attivisti per rompere quella che ancora oggi in Italia è una grande barriera culturale. Il motto è “Dentro i tabù, oltre i pregiudizi”. Il 6 luglio la conferenza stampa di presentazione.

Ailoviù Festival. Quelle architettoniche non sono l’unico ostacolo. Le barriere più difficili da abbattere e aggirare, per una persona con disabilità, sono quelle culturali. Soprattutto quando si parla di sesso, relazioni amorose e affettività.

Il “Festival Ailoviù”, organizzato e promosso dall’Associazione culturale “La Stanza di Ilaria” – nata per ricordare e portare avanti l’opera di divulgazione di Ilaria Anselmo, giovane artista cosentina scomparsa nel 2016 – è il primo festival in Italia interamente dedicato al tema della sessualità nella disabilità. “Dentro i tabù, oltre i pregiudizi”, è il motto che guiderà i tre giorni di incontri, dibattiti tra esperti e attivisti, proiezioni, mostre e spettacoli, che il 16, 17 e 18 luglio animeranno il comune di Castrolibero, in provincia di Cosenza.

«I gradini si possono trasformare in scivoli, le scale si possono aggirare con una rampa, ma quando le barriere sono culturali occorre romperle, con un lavoro costante di divulgazione, anche se scomodo e disturbante», spiegano da “La Stanza di Ilaria”. «Con questo festival, la nostra associazione porta avanti il lavoro di Ilaria Anselmo, che con il suo esempio personale e la sua produzione artistica, scritta e figurativa, ha rotto e scavalcato ogni tabù e pregiudizio. La nostra ambizione è di arrivare, dopo questi tre giorni, a costituire un tavolo di lavoro collettivo di esperti, divulgatori culturali, attivisti e artisti per l’elaborazione di una proposta che garantisca anche in Italia il diritto alla sessualità alle persone disabili».

Il programma

Il festival, che sarà presentato durante la conferenza stampa che si terrà il 6 luglio alle 10.30 presso la Sala delle Associazioni “A. Tallarico” (Via Papa Bonifacio VIII, Castrolibero), presenta un denso programma di tre giorni dedicati a dibattiti tra esperti scientifici e giuristi, proiezioni di documentari, mostre, spettacoli teatrali e tour guidati. Tutto all’insegna della rottura dell’unica grande barriera di cui pochi parlano quando si tratta di disabilità: quella della sessualità.
Si parte il 16 luglio con la proiezione del documentario “Because of My Body” del regista Francesco Cannavà, dedicato alla figura dell’assistente sessuale, non ancora riconosciuta in Italia. A seguire, il regista discuterà del tema con la psicologa Paola D’Oto.

Il 17 luglio si terrà poi l’incontro “Cos’è un LoveGiver? Indagine sul mondo della sessualità e della disabilità” con Max Ulivieri, personal life & love coach, responsabile del comitato “Love Giver” per l’assistenza sessuale alle persone con disabilità fisica, intellettiva e sensoriale. Il suo intervento, “La formazione degli Oeas (Operatori all’emotività, all’affettività e alla sessualità)”, aprirà una finestra sul mondo dei LoveGiver, per spiegare di cosa si occupa questa figura e quali sono le implicazioni che deriverebbero da un suo riconoscimento legale. Con Max Ulivieri, discuteranno la sessuologa Rosa Spina, la giurista Paola Helzel (docente dell’Unical) e Armanda Salvucci, ideatrice della mostra “Sensuability” (che sarà proiettata durante i giorni del festival).

AILOVIÙ: IL PRIMO FESTIVAL ITALIANO DEDICATO ALLA SESSUALITÀ NELLA DISABILITÀ

Il festival si chiude il 18 luglio con la messa in scena dello spettacolo teatrale “Andura, tra l’aorta e l’intenzione”, di Sergio Crocco, diretto dalla regista Francesca Marchese, con Roberto Giacomantonio. Sul palco, verrà raccontata una storia personale che – tra ironia e amarezza – travalica il perimetro della carrozzina, rompendo tabù e pregiudizi sulla sessualità e il desiderio sessuale nelle persone con disabilità.

Nel corso dei tre giorni del festival, il borgo di Castrolibero sarà animato da tour guidati, reading musicali, spettacoli di giocoleria e musica live. Le strade del centro storico diventeranno anche un museo a cielo aperto con le mostre “Il vento e le maree” di Ilaria Anselmo, “TetraPride celebrating Life after a spinal cord injury” di Cecilia Sammarco e “Sensuability” di Armanda Salvucci.

Disabilità e sessualità

L’Organizzazione mondiale della sanità oggi riconosce il diritto alla salute sessuale, definendolo come «uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità». Eppure, per le persone con disabilità questo diritto non vale. Almeno non in Italia. Nel nostro Paese, il tema dell’assistenza sessuale per le persone disabili – pratica consolidata in molti Paesi d’Europa – fatica a farsi spazio. Si combattono e si denunciano le barriere architettoniche e si chiede maggiore sostegno per l’assistenza medicale, scolastica, sociale. Ma l’accesso alla sessualità delle persone disabili resta un tabù.

In Italia disegno di legge che istituisce la figura professionale dell’assistente alla sessualità è fermo in Parlamento dal 2014. Attualmente è il comitato “Love Giver”, coordinato da Max Ulivieri, a occuparsi di questo tipo di assistenza, formando gli Oeas, Operatori all’emotività, all’affettività e alla sessualità.
Il tema della sessualità legato alla disabilità continua a essere disturbante, scomodo, nascosto dietro il pregiudizio del «disabile asessuato». Il “Festival Ailoviù” intende rompere questo schema.

Ilaria Anselmo e La Stanza di Ilaria

Ilaria Anselmo, giovane artista cosentina, è scomparsa nel 2016 all’età di 29 anni. Attrice teatrale, nella sua vita ha costantemente scritto, dipinto e disegnato, anche durante i suoi numerosi ricoveri in ospedale.
“Il vento e le maree” è la prima raccolta dei suoi disegni e poesie, pubblicata postuma da “La Stanza di Ilaria”. ssociazione costituita nel 2020 da un gruppo di amici che intendono portare avanti l’opera di divulgazione artistica e culturale di Ilaria Anselmo.
(Ufficio stampa Festival iloviù)

Sesso e disabilità: come abbattere un tabù al quadrato

Troppo spesso le persone diversamente abili vengono automaticamente considerate «asessuate» e addirittura prive di normali pulsioni sessuali. Con il suo approccio trascinante e innovativo, la sessuologa Anna Castagna è diventata a questo riguardo una figura di spicco nel campo della divulgazione sex positive. L’abbiamo intervistata per capire il problema culturale ma, soprattutto, per diffondere soluzioni

Oggi in Italia il 5,2% della popolazione vive una qualche forma di disabilità. Si tratta di oltre tre milioni di persone che oltre alla loro condizione patiscono numerose difficoltà aggiuntive e ingiustificate. Dalle barriere architettoniche alla sottorappresentazione politica e mediatica, dalle discriminazioni sociali a quelle sessuali. Molto spesso una persona diversamente abile viene infatti automaticamente considerata «asessuata». A colpirla non è infatti solo il pregiudizio che gli unici partner desiderabili siano quelli che assomigliano ai protagonisti delle pubblicità; il nostro condizionamento culturale ci convince che non abbiano nemmeno pulsioni erotiche, desideri o fantasie sessuali che fanno invece parte della vita di qualsiasi essere umano.

Se a questo punto pensate però di sapere già tutto sull’argomento, a farvi cambiare idea sarà Anna Castagna. Sessuologa, modella fetish, una laurea in Scienze dell’Educazione, un’altra in Scienze e Tecniche Psicologiche e – come dice lei – «ah già: sono anche disabile». Il suo approccio trascinante e innovativo l’ha resa una figura di spicco nel campo della divulgazione sex positive. Invita a considerare il sesso un’avventura entusiasmante anziché un fardello da gestire nonostante tutto. Anziché concentrarci solo sul problema, l’abbiamo intervistata per parlare di soluzioni, che spesso sono più semplici di quel che si potrebbe immaginare.

La prima domanda è inevitabile: quanto è ancora tabù la sessualità delle persone disabili in Italia? C’è qualche differenza sostanziale dal resto d’Europa o del mondo?

«Pensiamo a quanto sia ancora un tabù la sessualità in generale in Italia e immaginiamoci quanto possa esserlo se intrecciata a un tema come quello della disabilità! Io direi: “tanto”. Legato a tutto ciò che vortica intorno al tema della sessualità c’è un grossissimo tabù tanto quanto verso il mondo della disabilità. Unire i due temi crea un vero e proprio “tabù al quadrato”, che per essere superato richiede un lavoro di “decostruzione al quadrato”. Escludendo quelle nazioni in cui il sesso rimane un argomento ancora tutto da sdoganare, l’Italia è ancora molto indietro rispetto, per esempio, a molti stati del nord Europa che si sono mossi e hanno attivato progetti per garantire a tutti il diritto alla sessualità».

La seconda è altrettanto obbligatoria: perché? Da cosa dipende questa situazione?

«Quando parlo di “tabù al quadrato” intendo che la disabilità viene considerata spesso e volentieri solo come condizione patologica, ossia una malattia che eclissa totalmente l’identità dell’individuo. Si tende a vedere la sedia a rotelle, la difficoltà cognitiva, la difficoltà motoria e non Luca, Sara e Andrea con le loro identità e le loro storie. La disabilità è tutt’altro: è una condizione che fa sicuramente parte della vita della persona ma non è la persona stessa – e ancor meno possiamo considerare la persona una patologia. Superato questo primo equivoco sul tema della disabilità, dobbiamo adottare una prospettiva bio-psico-sociale cominciando a osservare la persona come tale, con la sua storia, la sua identità e i suoi diritti.In questo modo possiamo imparare a decostruire e rompere tutti gli stereotipi legati al mondo della disabilità, fra cui: «al disabile non interessa il sesso», «le persone con disabilità mentale sono bambini privi di impulsi», «il disabile non è una persona in grado di svolgere attività sessuale»…

Si tratta di iniziare a pensare come alcune difficoltà possano incontrarsi con le esigenze e i desideri dell’individuo. Così come esistono stereotipi sul mondo della disabilità, ne esistono anche sul mondo della sessualità. Anch’essa andrebbe quindi colta in tutte le sue sfumature bio-psico-sociali, così da sganciarla da una visione puramente riproduttiva, penetrativa e genitale. Tutto questo preambolo era necessario per poter comprendere perché la mia risposta alla domanda sul perché è che questa situazione dipende da un errore di sguardo. Prima riusciremo a decostruire il concetto di disabilità e di sessualità che abbiamo in testa, e prima potremo offrire a tutti il diritto alla sessualità».

Anna Castagna
Ma proprio non esiste alcuna iniziativa istituzionale per sdoganare l’argomento?

«Per fortuna qualcosa c’è, come l’associazione Lovegiver che oltre a difendere il diritto alla sessualità per le persone disabili sta cercando di rendere legale anche in Italia la figura dell’assistente sessuale. Si tratta di una figura professionale molto equivocata, ma l’assistenza sessuale è un percorso che permette alla persona diversamente abile di vivere e sperimentare il proprio corpo, entrando in contatto con la propria vita intima, i propri limiti e il proprio orizzonte affettivo ed erotico in modo dignitoso e consapevole».

E dire che basta davvero poco per eliminare i pregiudizi… Mi viene in mente un suo workshop di un paio d’anni fa, basato su un semplice gioco. Le va di raccontarlo?

«Ma certo! Questo esercizio riguarda in particolare la disabilità fisica. Quando parlo di questo tema amo molto far parlare l’esperienza diretta sul proprio corpo, che credo sia il miglior modo di decostruire tutti i muri e le paure che ci portiamo dentro. In pratica chiedo ai partecipanti di pescare casualmente un biglietto su cui è indicato un limite fisico. Poi faccio loro ricreare quel limite – per esempio immobilizzando una parte del corpo o bendando gli occhi – e creo coppie di “disabili” alle quali chiedo di vivere un’esperienza sensoriale. L’obiettivo è sperimentare il limite e le possibilità del nuovo corpo, ma allo stesso tempo di ascoltare le paure e le emozioni che nascono.

Oltre a permettere loro di provare il concetto di limite, la cosa più importate è che possano sperimentare quello di possibilità, scontrandosi con paure, dubbi e perplessità. Infatti è proprio partendo da queste che si riconoscono i tabù, ed è proprio partendo dai dubbi che i tabù si possono sradicare. La sessualità non è un pacchetto consegnatoci come un abito prêt-à-porter. Si tratta più di un abito di sartoria che va cucito su misura dell’individuo, e ogni individuo può cucire il proprio».

Torniamo a parlare di sesso, escludendo il capitolo delle disabilità cognitive che inficiano il concetto di ‘consenso’ alla base di ogni sessualità sana. L’incontro con corpi fuori dagli standard, o con esigenze particolari, può essere oggettivamente difficile perché non si sa come gestirli – anche solo nel chiedere indicazioni al riguardo. Cosa suggerisce di fare per superare questo ostacolo?

«Ritengo che questa considerazione possa essere estesa a ciascuno di noi. Siamo tutti diversi, e come dicevamo prima la sessualità è un abito cucito su misura – quindi la sacrosanta risposta a questa domanda è: serve dialogo. Ascoltare l’altro ci aiuta a capire le sue reali esigenze o difficoltà senza proiettare ciò che noi “crediamo rispetto alla sua situazione”. Dialogo e ascolto sono alla base di ogni rapporto sano ed equilibrato».

L’altro lato della questione è rappresentato dalla “fame di affetto” di alcune persone disabili. Pur di essere considerate anche per il loro lato sessuale rischiano brutte ricadute emotive per avere abbassato troppo i loro criteri di consenso. Cosa pensa di questo fenomeno?

«Anche questo fenomeno deriva da un concetto di stereotipo interiorizzato che colpisce in egual modo persone “normodotate” e persone diversamente abili. La risposta a tutto questo è una formazione al sesso e all’affettività che comprenda tutti, e che insegni a considerare la sessualità e la vita di ogni individuo nella sua unicità e complessità. Il primo passo verso un futuro di uguaglianza e pari diritti consiste nel farsi domande come queste e decostruire gli stereotipi. Tutti».

(vanityfaire.it)

“Sessualità e affettività nella disabilità”

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L’immagine scelta per la locandina del seminario di Cles

Far conoscere le problematiche e gli spazi di crescita delle persone con disabilità nell’àmbito della sessualità e dell’affettività: è questo l’obiettivo del seminario intitolato semplicemente Sessualità e affettività nella disabilità, promosso per venerdì 22 aprile a Cles (Trento) (Sala Borghesi Bertolla, Piazza Navarrino, 19, ore 14), dalla locale Cooperativa Sociale GSH (Educazione Integrazione Crescita).
«Una tematica difficile e particolare – spiegano gli organizzatori dell’incontro – per un diritto al sentimento, all’affetto e alla sessualità che anche le persone con disabilità intellettiva o fisica devono poter esprimere».

Moderati da Tiziana Prevedel, psicologa e psicoteraputa in formazione, esperta in educazione sessuale, interverranno al seminario Francesca Dorigatti, pedagogista presso l’ANFFAS Trentino (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e consulente sessuale, Gregorio Pezzato, consulente familiare e coniugale specializzato in sessuologia e Angelo Lascioli, docente associato di Pedagogia Speciale all’Università di Verona. (S.G.)
(superando.it)