TUTTI AL MARE E I DISABILI? 4 GIOIELLI ITALIANI MA L’ACCESSIBILITÀ È UN MIRAGGIO

Poche le carrozzine speciali e lettini per tetraplegici disponibili nelle spiagge italiane. La storia della Terrazza “Tutti al mare” a San Foca

Tutti al mare Tutti al mare‘ : la canzone di Gabriella Ferri degli anni ’70, diventata un inno vacanziero democratico che fa pensare subito a spiagge affollate, caldo, frittata di maccheroni e cocomero e anche per aggiornarci alla domenica a Cocciadimorto come nella commedia con Antonio Albanese e Paola Cortellesi, è un classico vintage della colonna sonora dell’estate – in un juke box che riporta indietro di decenni, anzi al secolo scorso insieme a Un’estate al mare di Giuni Russo, Sapore di sale di Gino Paoli, Una rotonda sul mare di Fred Bongusto e retrò cantando.

Ma tutti è davvero “per tutti”? ASCOLTA IL PODCAST

La Terrazza Tutti al mare a San Foca
La Terrazza Tutti al mare a San Foca ( Lecce) realizzata dall’associazione Io Posso

Se sono in sedia a rotelle, giovane o anziano, negli anni qualcosa è cambiato: i lidi in tutta Italia cominciano ad avere, non tutti non illudiamoci, l’accessibilità con le discese a mare, alcune volte fanno trovare le carrozzine con le ruote alte di gomma gialla.

Si chiamano Job e permettono di essere condotti sul bagnasciuga, dove Job non significa “lavoro” in inglese ma un napoletanissimo “Jamme O Bagne” (andiamo a tuffarci) perché napoletana è l’azienda che l’ha creata qualche anno fa, la Neatech, rispondendo alle difficoltà dei diversamente abili a bagnarsi in mare in autonomia. Con le Job non ci si affonda nella sabbia e si riesce ad arrivare in acqua. Un bel traguardo.

Ma quante sono? Ancora pochissime nonostante alcune ordinanze stabiliscano che i concessionari di spiagge abbiano l’obbligo di mettere a disposizione dei diversamente abili gli appositi ausili speciali ossia sedie per il trasporto adatte al mare, almeno uno, salvi i casi in cui la morfologia della costa non lo consenta.

Quante carrozzine da spiaggia abbiamo mai visto nei nostri lidi? Davvero poche.
Eppure anche se diversamente abili e persino a maggior ragione, le persone malate e con handicap quanta voglia avrebbero di mare, di scendere in spiaggia e fare il bagno? Quel tutti al mare è un diritto inevaso. Proviamo a pensarci dalla nostra normale abilità quanta sofferenza avremmo se dovessimo privarci di andare al mare.
Parliamo tanto di turismo accessibile e inclusivo ma siamo ancora davvero all’inizio di un percorso.

Questo poi se siamo disabili non gravi. E se avessimo una malattia più condizionante? Se fossimo tetraplegici o malati di sclerosi laterale amiotrofica ad esempio. Come potremmo andare al mare?
In Italia esistono, nell’estate del 2022, solo 4 posti dove malati di questa gravità hanno accesso al mare.

C’è un lido bellissimo pieno di discese a mare, lettini, ombrellone, bagni enormi e pulitissimi dove la persona per nulla autosufficiente e spesso collegata a qualche macchinario viene accudita dopo un bagno nell’acqua cristallina: è a San Foca (Lecce) nel Salento a nord di Otranto, poi docciata, rinfrescata e risistemata. Proprio come una persona comune e abile, cioè quel minimo sindacale che applicato ad un giovane tetraplegico un magnifico miraggio.

In effetti l’attrazione avuta per questo spazio di spiaggia è stata proprio per il comfort, la bellezza di questo lido, un’attrazione da strabuzzare gli occhi, appunto come per un miraggio.
Come è possibile? Non bisogna rassegnarsi, se vogliamo chiamarci civili.

Damiano uno dei quattro coordinatori della ‘Terrazza Tutti al mare – liberi di essere felici‘ prima di raccontare la storia di questo era impegnato al telefono a ricevere prenotazioni da tutta Italia e perfino dall’estero, persone che durante l’estate arriveranno in zona proprio per quello che offre questo stabilimento gestito dall’associazione.

E’ tutto completamente gratuito – sottolinea Damiano – e noi siamo tutti volontari”. Questo avamposto di civiltà è nato da un caso doloroso, una storia di sla  e di amore verso il mare. Gaetano Fuso, un giovane salentino, amante del mare, poliziotto di professione e di stanza a Roma, è stato colpito a 37 anni dalla Sla. Con determinazione vedendo le sue condizioni neurodegenerative e invalidanti peggiorare ha riunito un gruppo di amici e li ha impegnati a realizzare il sogno: immergersi ancora in mare nonostante la dipendenza da dispositivi medici salvavita.

E’ nata così l’associazione Io Posso che ha portato nelle acque di San Foca persone tracheostomizzate e non solo fare il bagno al mare in piena sicurezza. “E’ la nostra ottava stagione balneare – prosegue con orgoglio Damiano – Gaetano è morto ma il suo sogno si è avverato: un accesso al mare libero e attrezzato per l’uso di persone affette da disabilità anche molto gravi. Qui c’è personale specializzato, box infermieristico, postazioni super accessibili, gazebo dotato di colonnine per l’energia elettrica per  i macchinari. Ad aiutare i volontari ci sono a rotazione poliziotti delle fiamme gialle, in onore del loro ex collega. C’è il supporto della Asl di Lecce, della città di Melendugno e dell’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica“.

Sofao

Oltre alla Job ci sono altri ausili speciali  come la Sofao un lettino per tetraplegici che dalla spiaggia va in acqua e consente il bagno al mare per le persone costrette a vivere a letto, insieme al lettino scende in acqua anche un piccolo canotto dove vengono posizionati i macchinati e i tubi per chi deve restare attaccato per respirare. Si possono fare donazioni, bomboniere solidali, 5 per mille e altre modalità di sostegno.

Quanti posti ci sono così in Italia? “A Sant’Antioco in Sardegna con l’associazione Le Rondini, a Punta Marina a Ravenna con l’associazione Insieme a te e da questa estate anche a Gallipoli in Salento presso l’ecoresort Le Sirenè che ci ha messo a disposizione uno spazio per duplicare l’esperienza di San Foca“. Quattro lidi in tutta Italia per disabili gravi, questo il totale ad oggi. Si rischia un ghetto? “Purtroppo – ci risponde Damiano – non lo vogliamo noi, nello stabilimento accanto villeggianti hanno persino chiesto di coprire in qualche modo lo spazio per non vedere i malati“. (Ansa.it)

Il web può diventare accessibile in quattro step

Disegnare un prodotto già in prima battuta accessibile richiede meno impegno rispetto a risistemare un prodotto esistente, ma è possibile rimediare anche dopo il rilascio e lo si può fare in quattro semplici passaggi

Sono più di 3 milioni in Italia, secondo l’ISTAT, le persone che presentano una forma di disabilità, ma il numero sale a 87 milioni se consideriamo l’intera Unione Europea. Si tratti di una disabilità di tipo cognitivo o motorio, questi cittadini possono incorrere in barriere per l’accesso a prodotti e servizi, anche digitali, basti pensare che in Italia il 97% dei siti internet non sono ancora navigabili da persone con disabilità (persone con cecità, ipovedenti, non udenti, daltonici, con epilessia, utenti che non possono utilizzare il mouse, ecc). 

Il Covid ha da un lato amplificato questa criticità anche se ha, al tempo stesso, fatto sì che venisse posta maggiore attenzione nei confronti del problema della digitalizzazione. 

«Tra le varie eredità che ci portiamo dietro dalla pandemia da Covid 19 vi è il fatto di aver posto maggiormente il problema dell’accessibilità ai servizi digitali da parte di cittadini con disabilità, che improvvisamente si sono trovati a dover svolgere una lunga serie di attività, come ad esempio accedere a servizi pubblici, online – spiega Luca Manara, CEO e Co Founder della piattaforma tecnologica UNGUESS – Al giorno d’oggi, un’azienda attenta all’inclusività digitale possiede un vantaggio reputazionale nonché competitivo sugli altri non indifferente». 

Web accessibile
Da mesi si parla tanto di accessibilità

Negli ultimi mesi si parlato con più insistenza di questa tematica poiché i membri della UE hanno posto come scadenza il 28 Giugno 2022 per far adottare e pubblicare agli stati membri la propria Digital Accessibility Law. Dalla fine di questo mese, infatti, coloro che producono prodotti e servizi digitali (dagli hardware alle piattaforme di commercio elettronico, dai servizi bancari per consumatori alle app ai portali per il trasporto pubblico; dagli e-book agli e-reader) dovranno iniziare a lavorare per garantire (con deadline a Giugno 2025) la conformità ai requisiti di accessibilità. 

«Rendere i propri prodotti o servizi digitalmente accessibili non dev’essere solo un obbligo normativo, ma anche e soprattutto un dovere morale – spiega Luca Manara – Si tratta di una questione di inclusività: è giusto che tutti i cittadini possano accedere a tutti i servizi online, di qualsiasi tipologia questi siano. E se non basta il dovere morale, sono previste anche sanzioni fino al 5% del fatturato per quelle aziende che non si adegueranno entro la scadenza».

Un’impresa diventa accessibile in 4 step

Cosa possono fare quindi le aziende per essere a norma? In 4 step è possibile adeguarsi alle nuove linee guida, e fornire i propri prodotti o servizi digitali in maniera completamente accessibile e inclusiva.

Primo: Organizzare sessioni formative dedicate al proprio team di produzione: la formazione sull’accessibilità deve includere sia i designer sia gli sviluppatori (quindi tutto il team di produzione) perché deve riguardare sia il codice che l’interfaccia del prodotto. Formare le giuste risorse permette quindi di essere pronti alle future esigenze di produzione, ma anche di avere risorse interne ideali per ottimizzare i prodotti già esistenti.

Secondo: Testare i prodotti digitali, ovvero valutare la conformità del prodotto digitale rispetto alle più recenti linee guida per l’accessibilità dei contenuti web (WCAG 2.1). Queste servono a valutare se il sistema è utilizzabile da parte del maggior numero di utenti possibili, senza discriminazione, inclusi gli utenti con disabilità, gli utenti con abilità non ottimali e gli utenti operanti in ambienti non ottimali.

Terzo: Remediation ovvero lavorare per eliminare le barriere di accessibilità per persone con disabilità, facendo in modo che i siti web rispondano ai più recenti requisiti di accessibilità richiesti dalla normativa.

Quarto: Crowdtesting ovvero test di valutazione dell’usabilità eseguiti direttamente da utenti con disabilità. Se garantire l’accessibilità significa mettere l’utente al centro del prodotto, includere gli utenti reali nel processo di test permette di assicurarsi che il prodotto sia efficace a tutto il suo audience.

«UNGUESS può essere un valido partner per aiutare ogni azienda che lo necessita a diventare al 100% accessibile. Valutare l’accessibilità e mettere in atto misure di remediation è infatti una delle nostre attività che sta ricevendo sempre maggior  interesse. Da quest’anno siamo anche felici di supportare le aziende nella redazione dell’annuale Dichiarazione di Accessibilità», conclude Luca Manara. (economymagazine.it)

Gioco al Centro, il progetto che rende i parchi giochi accessibili ai bimbi con disabilità

L’iniziativa si è arricchita di una nuova inaugurazione di parchi giochi accessibili a Milano in Piazza Ovidio nel giorno della festa del papà, al centro del quartiere Forlanini. I promotori: “inauguriamo circa due parchi gioco di questo tipo all’anno e vogliamo continuare su questa strada per abbattere le barriere e i pregiudizi”

Rendere i parchi giochi della città accessibili e inclusivi per ogni bambino. Si tratta del progetto “Gioco al Centro-Parchi gioco per tutti” avviato nel 2018 da Fondazione di Comunità Milano onlus in collaborazione con il Comune di Milano e altre associazioni come L’abilità onlus, l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm), l’Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale (Anffas), il Pio Istituto dei Sordi, Ledha Milano, Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici), oltre che Inter Campus e l’esperienza in merito al tema dei diritti delle persone con disabilità della delegata del sindaco Giuseppe Sala per le politiche sull’Accessibilità, Lisa Noja, deputata di Italia Viva con l’Atrofia muscolare spinale (Sma).

Inaugurazione parco di piazza Paci

L’iniziativa si è arricchita di una nuova inaugurazione di parco accessibile in Piazza Ovidio nel giorno della festa del papà, al centro del quartiere Forlanini (Municipio 4 di Milano), vicino a scuole e centri sportivi, spazio rinnovato con una specifica progettazione tenendo conto di capacità motorie, sensoriali e/o cognitive diverse, dove tutti i bambini e le bambine possono giocare insieme. La nuova zona attrezzata ha una superficie di circa 630 mq e si inserisce in un giardino circolare pre-esistente di 2.300 mq complessivi.

“Per Uildm – dice a Ilfattoquotidiano.it Marco Rasconi, presidente nazionale Uildm che vive a Milano – riuscire a regalare ai bambini con disabilità, o ai genitori con disabilità che accompagnano i loro figli, un luogo dove poter giocare insieme, senza barriere, è una gioia. Abbiamo accettato subito di far parte di “Gioco al centro” – aggiunge – perché è un progetto inclusivo, che abbraccia tutta la comunità di Milano. Queste sono le buone prassi che coinvolgono e fanno crescere la comunità. Ci auguriamo che questo progetto possa essere replicato anche in altre zone del capoluogo lombardo e in altre città italiane”.

Parchi giochi accessibili

Il parco si sviluppa in quattro aree dedicate rispettivamente a giochi di movimento, a giochi sensoriali e creativi, al percorso grafico disegnato a terra ed infine al piccolo spazio teatro. Il parco di Piazza Ovidio è attrezzato con una mappa multisensoriale con linguaggi diversi, dal braille alla lingua dei segni italiana, dalla comunicazione aumentativa al linguaggio sonoro così da stimolare la consapevolezza dei bambini rispetto alla pluralità delle forme di comunicazione e delle abilità.

Tutto il parco è inoltre attraversato anche da una segnalazione tattilo-plantare, utile per le persone non vedenti o ipovedenti. La progettazione ha previsto anche l’inserimento di una siepe e di nuovi arbusti per creare una barriera acustica e visiva verso viale Mecenate, per maggior sicurezza e tranquillità. La realizzazione è curata Fondazione Housing Sociale.

All’inaugurazione sono intervenuti Elena Grandi, assessora comunale all’Ambiente e al Verde; Stefano Bianco, presidente del Municipio 4; Lino Duilio, consigliere Fondazione di Comunità Milano; Elena Dottore, presidente della cooperativa sociale La Nostra Comunità che fino al dicembre 2023 attiverà laboratori creativi e attività di sensibilizzazione sul tema disabilità e diversità anche nelle scuole e nei luoghi frequentati dai giovani del Municipio 4.

I promotori infine raccontano al Fatto.it che “inauguriamo circa due parchi gioco di questo tipo all’anno e vogliamo continuare su questa strada per abbattere le barriere e i pregiudizi, sostenendo l’inclusione partendo dai più piccoli. Gioco al Centro, oltre a realizzare gli spazi e le strutture, vuole promuovere la cultura del rispetto per la disabilità”.

Per far crescere Gioco al Centro- Parchi gioco per Tutti è necessaria la solidarietà di cittadine e cittadini: la Fondazione di Comunità Milano ha attivato un Fondo Solidale che raccoglie le donazioni di privati cittadini, di imprese ed enti che condividono le finalità del progetto. Per scoprire di più, visitate www.fondazionecomunitamilano.org. (ilfattoquotidiano.it)

“Un sentiero per tutti”, la disabilità non costituisce più un ostacolo

Il progetto “Un Sentiero per tutti” della società Ablativ, sposato per primo dal Comune di Pula (Cagliari), permette davvero a tutti – compresi i non vedenti – di accedere ai percorsi storici e ambientali messi in sicurezza e allestiti con pannelli e totem che consentono di comprendere quale sia il paesaggio circostante. Un team di esperti ha lavorato per mettere a punto questa iniziativa innovativa che può essere replicata ovunque, attraverso l’utilizzo di una app con i dati del territorio prescelto

Un sentiero per tutti, che coniughi le straordinarie bellezze del paesaggio circostante alla reale fruibilità da parte di quanti desiderino fare un’esperienza nuova e appagante. Un percorso pensato davvero per tutti, compresi coloro che hanno problemi visivi o di deambulazione.

Il progetto, denominato appunto “Un sentiero per tutti”, è stato accolto con slancio dall’amministrazione comunale di Pula, impegnata da almeno due decenni nella valorizzazione del suo vasto territorio, autentico attrattore turistico che dura tutto l’anno, in quanto può alternare la bellezza del mare al fascino della montagna.

La riqualificazione delle sentieristiche a fruizione pubblica stavolta vede protagonista una società, la Ablativ di Cagliari, che ha proposto questo progetto con il chiaro intento di coniugare gli aspetti naturalistico, geologico, idrogeologico, archeologico, storico e di tutte le tematiche connesse con quello funzionale per la sicurezza del sito, permettendo di ricreare l’habitat ideale.

«Questo progetto – spiega il fondatore di Ablativ, Sandro Usai – nasce per vincere una sfida. È totalmente autoriale, non è stato creato da un bando del Comune, e può essere replicato ovunque. Abbiamo ricevuto richieste anche da parte del Comune di Oliena e dalla Fondazione Domus de Luna per l’Oasi del Cervo e della Luna di Monte Arcosu, nei pressi di Uta. In che cosa consiste la sfida?

Noi non volevamo cedere al fatto che un non vedente non potesse vedere il paesaggio, che è una cosa ben diversa dal panorama. Abbiamo creato un team di esperti con varie competenze, partendo dalla creazione di un’app che consente di fare il censimento e la diagnostica dei punti d’interesse. L’applicazione open source è stata sviluppata interamente da Ablativ, sulle basi delle specifiche individuate da un gruppo di esperti.

La app, sperimentata dai 53 iscritti al corso di formazione che poi hanno rilevato i dati del censimento, non è disponibile su PlayStore perché non è stata ancora certificata per Google, anche se è compatibile con Android. Stiamo lavorando per implementare l’interfaccia web».

Sono stati individuati due percorsi tra i monti di Pula: uno in località Pixinamanna, denominato “Quota 100”, e l’altro nei pressi della “Batteria antinave Boggio”, che si affaccia sul mare e risale agli anni Trenta. «Per comprendere meglio le potenzialità di quel territorio – spiega Sandro Usai – abbiamo intervistato molti residenti, in particolare gli anziani in età compresa tra gli 80 e i 90 anni.

Ebbene, nessuno di loro ha mai pronunciato la parola “mare”, nonostante Pula sia a un paio di km dalla costa e viva principalmente di turismo balneare. Un fatto culturale straordinario che ci ha spinti a pensare a qualcosa di alternativo. Tuttavia, occorrono linguaggi diversi per paesaggi diversi: ogni percorso ha una storia a sé, ma l’impegno è quello di servire lo stesso utente, cioè il disabile della vista, che è centrale nel nostro progetto».

Filippo Usai, assessore comunale alla Pianificazione ambientale, precisa che «questo progetto nasce dall’esigenza di valorizzare il nostro territorio a livello storico e ambientale. Abbiamo coinvolto chi ha conosciuto la nostra realtà negli ultimi decenni, soprattutto i più anziani l’hanno raccontata nei dettagli, così abbiamo ricostruito la memoria storica di Pula.

Non era mai accaduto in precedenza che si riuscisse a trovare una modalità che coinvolgesse tutti, nessuno escluso, con una particolare attenzione ai non vedenti. Invito tutti a venire perché c’è tanto da vedere: oltre al panorama mozzafiato, di fronte alla Batteria Boggio ci sono una tonnara, una chiesa bizantina e una torre aragonese».

Ai non vedenti, che prima avevano soltanto la possibilità di avvertire i profumi della vegetazione circostante, saranno dati tutti gli elementi necessari che scopriranno attraverso il tatto. Con le mani completeranno la loro esperienza sul sito, attraverso pannelli che utilizzeranno un linguaggio iconografico messo a punto da Mara Damiani, graphic designer che ha lavorato per oltre vent’anni alla Walt Disney Company.

L’artista cagliaritana, rientrata di recente in Sardegna dopo la lunga esperienza a Milano, ha recepito tutti gli input messi a disposizione dai partecipanti al corso e dagli altri esperti: il geologo Diego Marsetti, la guida ambientale escursionistica Lino Cianciotto, l’accompagnatrice turistica Giulia Loglio. Le rocce e le piante consentiranno di raccontare in maniera diversa dal consueto un territorio che ha tanti segreti nascosti ai più. Il progetto prevede anche l’impiego di totem didattici scientifici a tema, con il coinvolgimento di figure tecnico-scientifiche private, universitarie e del Cnr.

In una seconda fase sarà realizzato un centro di ricerca con una stazione di rilevamento climatico, idrogeologico, chimico e vegetativo. Inoltre, è prevista l’installazione di un sistema a rete di sensoristica integrata a supporto dell’evoluzione dei rapporti ambientali con eventuali oasi, zone umide, corsi d’acqua, suolo ed aria e interazione scientifica, nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale.

«Ciò che qualifica il progetto – sottolinea Cianciotto – sono le procedure e la chiave metodologica con cui si fanno il censimento e la diagnostica, insieme alle esperienze dei residenti di quel territorio. Il progetto è applicabile in qualunque ambiente, con la dovuta personalizzazione, e a diversi livelli: da quello basico a quello più elevato dal punto di vista tecnologico ed esperienziale. Consente di mantenere un alto livello di inclusione, proprio perché pensato per tutti, e mira al coinvolgimento delle persone del luogo per garantire uno sviluppo locale».

«Dobbiamo evitare di classificare i fruitori in base alle loro eventuali disabilità, cercando di modificare radicalmente il paradigma», precisa Usai. «Lo sforzo che stiamo facendo è davvero per tutti, non per alcuni. Non a caso, i nostri consulenti non vedenti ci hanno suggerito di non utilizzare il Braille, che oggi è poco utilizzato dai ciechi. La tecnologia ci aiuta. E i pannelli consentiranno loro di metterci le mani, fisicamente».

«La Sardegna – spiega il geologo Marsetti – è una terra antichissima, non è stato facile riprodurre in pannelli da 50×50 centimetri oltre mezzo miliardo di anni di evoluzione. Ho tenuto conto di tanti fattori, compreso il valore dell’acqua, e trasferito questi elementi nei pannelli cercando di restituire una sentieristica che attragga quei turisti che non vogliono trascorrere quindici giorni sdraiati in una spiaggia dalla mattina alla sera. Ogni visitatore potrà toccare e riconoscere una roccia sedimentaria piuttosto che una carbonatica o metamorfica».

Giulia Loglio è un’accompagnatrice turistica che conduce i visitatori in suggestive camminate a piedi nudi. «È un’esperienza decisamente diversa dal solito – commenta – perché ci consente di apprezzare le sensazioni. Un approccio contemplativo, se vogliamo. Guardare non significa necessariamente farlo con gli occhi, bensì attraverso tutti gli altri sensi, ovviamente in assoluta sicurezza. Tutto ciò che passa per le nostre sensazioni, rimane vivo nella memoria più a lungo.

Alle persone dico di chiudere gli occhi per cogliere un profumo, il sapore di un fiore o un’emozione: questo aiuta moltissimo quelle persone che hanno la vista ma di solito guardano senza vedere. Ai ragazzi che hanno partecipato al corso di formazione e fatto il censimento, ho chiesto di avere un approccio differente verso la natura per capire quali sono le potenzialità di un territorio attraverso le sensazioni. La natura ha la capacità di interagire con noi ben oltre quello che immaginiamo».

Mara Damiani ha avuto l’arduo compito di riassumere tutto ciò nei pannelli descrittivi. «Ho dovuto tradurre certe magie per comunicarle al mondo», spiega. «Mi sono interfacciata con tutte le figure che hanno partecipato al progetto e trasformato le varie componenti in codici grafici, con composizioni che possono essere utilizzate dal committente in vari modi: certamente i pannelli esplicativi, ma anche manifesti oppure oggetti di merchandising. Abbiamo pensato a postazioni verticali accessibili a tutti, anche ai bambini, che consentano di fruire di quei percorsi anche nelle ore notturne».

Sentiero

Giada Ruggeri, coordinatrice del progetto che sta per essere introdotto all’Oasi del Cervo e della Luna (a pochi chilometri da Cagliari), spiega: «Abbiamo individuato la zona più adatta in località “Sa Canna”, lungo un sentiero un po’ impervio. Sono già partiti i lavori per metterlo in totale sicurezza, in quanto il percorso deve essere fruibile in autonomia, anche se garantiremo sempre un presidio. I visitatori troveranno alcune tavolette sensoriali e avranno la possibilità di mettere alla prova le loro capacità tattili e olfattive con le essenze vegetali tipiche della nostra Oasi, che stiamo piantando ex novo lungo il sentiero. Credo che questo approccio innovativo offrirà nuovi motivi per visitare lo straordinario compendio di Monte Arcosu». (vita.it)

Viaggi Accessibili: Il buon esempio delle Rovine Romane

Monumenti e barriere architettoniche: quando il viaggio è accessibile
Video originale da siviaggia.it
Adattamento Blog di Giovanni Cupidi

Viaggiare, per una persona con disabilità può essere complicato: gradini, pavimentazioni irregolari, centri turistici non accessibili e barriere architettoniche che impediscono la visita ai monumenti simbolo di decine di città nel mondo. Roma e il suo simbolo, il Colosseo, possono essere da esempio.

Per le persone disabili i viaggi accessibili possono essere spesso complicati, perché l’accessibilità è spesso considerata come non prioritaria per la fruizione di una visita. Le esigenze delle persone disabili non sono prese in considerazione da molte agenzie di viaggio. Sono spesso le stesse destinazioni di viaggio ad essere inaccessibili. Camere adattate e non progettate per accogliere un viaggiatore con disabilità motorie o in sedia a rotelle, ingressi sbarrati, mezzi di trasporto inaccessibili. Basti pensare a Londra dove solo 71 stazioni della metropolitana su 270 sono accessibili ai disabili. Fortunatamente, altre realtà europee come il Lussemburgo, che ha conquistato il primo posto per le città più accessibili in Europa nel 2019, può vantare il 33% di attrazioni accessibili e il 18,5% di alloggi accessibili.

Lussemburgo
Roma: Colosseo senza barriere architettoniche

In Italia, sono i simboli della capitale ad essere da esempio. Sebbene la città stessa sia spesso complicata da visitare per il turista con disabilità per via delle limitate opzioni di viaggio accessibili e del terreno irregolare o acciottolato in tutta la città, l’assenza di ascensori in metropolitana, ecc, molti monumenti romani sono senza barriere architettoniche. Uno dei simboli di Roma, ad esempio, il magnifico Colosseo, può essere visitato sino alla sua sommità, anche da viaggiatori in carrozzina. La gloriosa arena dei gladiatori ed il suo labirinto sotterraneo, e la cima delle gradinate da cui si gode di un panorama mozzafiato è raggiungibile grazie all‘ascensore che porta gli utenti su sedia a rotelle fino in cima.

Disabilità e viaggi accessibili

La strada è ancora lunga, ma ciò che insegnano le misure adottate per la visita delle rovine romane, e di tanti altri siti di interesse turistico, è che viaggi accessibili possono essere una possibilità se diventano una priorità. Esistono aziende come Enable e Limitless che assicurano che l’accesso per disabili sia al centro di ogni viaggio che pianificano. Quando prenotano per un viaggiatore disabile, garantiscono camere accessibili e verificano accuratamente le sistemazioni.

(testo da siviaggia.it)

Salone nautico Venezia: ecco il gommone per le persone con disabilità

Mezzo idoneo per visitare laguna città

Consentirà alle persone con disabilità di vivere la Laguna di Venezia da un altro punto di vista e praticare in autonomia e piena sicurezza varie attività sportive, dalla pesca al nuoto.

Nell’ambito della seconda edizione del Salone Nautico Venezia è stato presentato all’Arsenale il ‘Gommone … per la libertà‘. Un’imbarcazione attrezzata, grazie al contributo di solidarietà del sindaco, che permetterà ai disabili o ai pazienti in riabilitazione all’Ospedale San Camillo del Lido di Venezia di entrare e uscire dall’acqua grazie a un dispositivo di sollevamento elettromedicale.

All’appuntamento hanno partecipato, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, il vicepresidente del Consiglio Paolo Romor, l’assessore al Bilancio Michele Zuin e la presidente della Commissione Turismo Silvia Peruzzo Meggetto. Presenti inoltre per la sezione veneziana della Lega Navale italiana il presidente emerito Paolo Leone Rossi, il vicepresidente Claudio Tosetto, il segretario Gianni Moretti; per l’ospedale San Camillo l’amministratore delegato Mario Bassano; l’ideatore del progetto Giovanni Galifi.

Dopo una lunga attesa, dovuta ai ritardi legati alla pandemia ancora in corso – spiegano i delegati della Lega Navale italiana – i lavori di rinnovo ed adeguamento al “Gommone…per la libertà” sono finalmente completati. L’obiettivo è di contribuire a creare una sinergia di cultura marinara, di benessere fisico e mentale per le persone con ridotte capacità motorie“.

(ANSA)

Le persone con disabilità incontrano ancora troppe barriere anche nel digitale

L’accessibilità ai servizi da parte di aziende e uffici pubblici non è sempre garantita. L’importanza della progettazione per superare gli ostacoli

Le barriere per le persone con disabilità non consistono solo in marciapiedi senza scivoli, stazioni senza ascensore, locali senza bagni attrezzati. Nell’epoca dell’onlife, per dirla col filosofo Luciano Floridi, sono diventate digitali. “Il 90% delle disabilità è invisibile”, conferma Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba, associazione che si occupa dell’abbattimento di barriere architettoniche. Ma anche la tecnologia non sempre resta al passo.

L’accessibilità dagli anni Ottanta a oggi

La nascita di dispositivi e periferiche per persone disabili risale agli anni Ottanta. All’epoca la produzione era su misura. Poi c’è stato l’avvento del web. Che già nel 1999 si è dotato di regole di accessibilità (Wcag). “Le regole esistono da decenni”, chiarisce Roberto Scano, uno dei pionieri del settore in Italia. L’ultima versione del Wcag, con 13 linee guida, risale al 2018. “All’inizio si seguivano su base volontaria, poi si è cominciato a renderle obbligatorie. Tra i primi gli Stati Uniti. Per l’Italia bisogna aspettare il 2004, con la legge Stanca per le pubbliche amministrazioni. Poi si è passati anche alle aziende private, con la legge 67/2006 contro la discriminazione delle persone con disabilità”, prosegue Scano.

Si può portare in tribunale chi non si adegua? Sì. Tuttavia, precisa l’esperto, “i grandi gruppi si sono conformati. Anche perché fare un sito non accessibile significa perdere un cliente oggi che le nostre attività passano sempre più per la rete, come ha mostrato il lockdown“. Discorso diverso per i piccoli, prosegue: “Nella pratica, non accade quasi mai che si denunci una piccola attività, per esempio un albergo: è più semplice cambiare struttura che fare causa”.

Fondamentale il ruolo del controllo distribuito: come nel caso dell’app Io della pubblica amministrazione, dove è intervenuta l’associazione Luca Coscioni. Risposta in 48 ore e in cinque giorni problema sistemato. “Il problema, però, è cominciare a capire che le applicazioni devono essere pensate accessibili by design: è più semplice così piuttosto che smontare tutto”, dice Scano. Ed esistono già consulenti ad hoc.

Il dramma dei documenti pubblici scansionati

Entro il 2022 il Parlamento italiano recepirà l’Accessibility Act dell’Unione europea, che riguarda tutto il digitale: dai libri di testo alle banche online ai Pos. Tutti  i nuovi prodotti dovranno essere accessibili entro il 2025. Per i prodotti già operativi, il limite è fissato nel 2030. “In Italia tutte le aziende che hanno fatturato sopra 500 milioni devono realizzare servizi accessibili. Un cittadino insoddisfatto può rivolgersi all’Agid, che apre istruttoria. E che, secondo legge e in caso di mancato adeguamento, può comminare una sanzione che arriva  fino al 5% fatturato”, dice Scano.

Spesso, tuttavia, uffici pubblici e aziende si limitano a scansionare i documenti, che però sono illeggibili per i software di riconoscimento del testo. Meglio, suggeriscono gli esperti, scrivere i documenti con un editor di testo e convertirli in pdf, formato che salva le caratteristiche di accessibilità.
Ma anche in questo caso servono alcune accortezze: come l’utilizzo degli stili e non dei grassetti per dare i titoli ai paragrafi. Per non parlare delle infografiche: senza link, sono inutili per una persona non vedente.

Tra le altre pratiche cattive, c’è quella di non inserire il testo alternativo nelle immagini quando si compone la pagina con un cms, l’uso improprio dei colori o anche la mancata possibilità di attivare la visualizzazione in orizzontale. In Gran Bretagna una società ferroviaria ha ingrigito le pagine del sito in occasione della morte del principe Filippo, col risultato che orari e prenotazioni sono diventati difficile consultabili per le persone con disturbi della vista.

Dalla tv alla scuola

I grandi, come detto, si adeguano. Word ha un controllo accessibilità, Power Point dal 2019 può leggere in contemporanea la presentazione.  Android contiene Talkback, funzione per accessibilità. In Italia la Rai sta studiando nel centro Ricerche e innovazione di Torino software in grado di tradurre autonomamente il linguaggio vocale in linguaggio dei segni. Il direttore del centro, Gino Alberico, spiega: “Stiamo lavorando da cinque anni a un sistema di traduzione che abbiamo già impiegato per realizzare le audioguide del museo Radio e tv di Torino. Oggi stiamo facendo degli esperimenti con il meteo, i cui bollettini,  per definizione, quando vengono letti da ufficiali dell’Aeronautica prevedono un vocabolario limitato: abbiamo un tasso di riuscita vicino al cento per cento”.

Ora l’idea è di sperimentare reti neurali “allenate” su centinaia di migliaia di casi in maniera distribuita,  magari con il coinvolgimento di soggetti esterni come le scuole e le associazioni. “L’idea che stavamo elaborando era mettere a disposizione una piattaforma ad accesso libero, che desse la possibilità a enti e scuole di arricchire il database dei segni. Ma ovviamente ora bisogna definire le regole del gioco. Siamo in fase in cui la tecnologia c’è: è il momento di creare degli accordi legali di copyright sui segni“, dice Alberico.

Paolo Berro, disability manager di Wind Tre, ingegnere meccanico, è stato il primo studente online in Italia. Correva l’anno 1999, vent’anni prima della didattica a distanza. “Il Politecnico di Torino stava, allora, provando a lanciare un nuovo progetto: la didattica universitaria a distanza per la facoltà di ingegneria”, racconta Berro, che, paralizzato a causa di un gravissimo incidente, non poteva seguire più le lezioni nell’ateneo a cui si era immatricolato.

Primo studente del progetto, Berro racconta di aver sentito “da subito una grande responsabilità: quella di fare bene e di farlo, soprattutto, per tutte quelle altre persone che, come me, avevano voglia di realizzarsi”. A distanza di anni, tuttavia, l’ingegnere punta il dito contro la mancanza di aggiornamento dei sistemi a supporto delle persone con disabilità: interfacce obsolete e costose, non coperte dal sistema sanitario.

E poi c’è il mancato coinvolgimento dei destinatari di questi sistemi nella fase di progettazione. “Per esperienza personale, posso dire che la presenza e i contributi di persone con disabilità, competenti nell’ambito dell’accessibilità, saranno il vero motore di questo cambiamento”, dice Berro. Gli fa eco Trieste: “Oggi nel mondo dell’informatica si parla molto di user experience per gli utenti comuni: il tema dell’accessibilità dovrebbe rientrare a pieno titolo in questo filone. Le barriere sono di qualunque tipo: significano non poter fare una cosa, non poter agire, comunicare, stare con gli altri”.
(wired.it)

Microsoft, l’intelligenza artificiale e umana insieme per le disabilità

L’azienda di Redmond annuncia  un nuovo piano quinquennale per ridurre il “Disability Divide” e rednere la tecnologia asccessibile a tutti

(in foto il CEO Microsoft Satya Nadella con il figlio Zain)

Microsoft annuncia  un nuovo piano quinquennale a livello globale per contribuire a colmare il “Disability Divide“, ovvero il divario esistente in termini di inclusione sociale per le persone con disabilità, ulteriormente accentuatosi con l’emergenza sanitaria.

Il piano si concentra su tre diversi ambiti: formazione, lavoro e tecnologia accessibile. Da oltre 25 anni l’accessibilità è al centro della cultura Microsoft. Un impegno consolidato negli anni volto a rendere le proprie tecnologie inclusive e a creare programmi in grado di supportare le persone con disabilità, aiutandole a esprimere il loro pieno potenziale. Microsoft da sempre infatti lavora per rendere i propri prodotti e servizi accessibili “by design”, ovvero pensati per essere utilizzati da tutti già nella fase della loro progettazione affinché le persone con disabilità possano vivere e lavorare come tutti. Fa sapere l’azienda in una nota.

Ad esempio, l’intelligenza artificiale all’interno di Word rileverà e convertirà gli stili del titolo per i lettori non vedenti e ipovedenti; un nuovo riquadro di navigazione in Excel aiuterà le persone a navigare più facilmente in un foglio di calcolo. Questi tool si affiancano ai già esistenti, volti ad un utilizzo globale della tecnologia, come l’Immersive Reader, usato già da oltre 35 milioni di persone, le note facilitate di PowerPoint e la modalità a contrasto elevato di Teams.

In ambito social, nuove funzionalità di LinkedIn consentono di visualizzare sottotitoli automatici per le trasmissioni Live, trascrizioni per contenuti aziendali e modalità “dark” entro la fine dell’anno. Nuove modalità di controllo in background in Outlook e nelle principali app di Office permetteranno di risolvere più rapidamente eventuali problemi legati all’accessibilità dei contenuti. L’azienda ha annunciato inoltre iniziative in alcune università americane (University of Texas Austin, Georgia Tech e Florida A&M) volte a incrementare il numero di laureati con disabilità nelle materie STEM.

Con questo annuncio, Microsoft conferma il suo impegno  a sostenere le persone con disabilità per nuove opportunità soprattutto nel mondo del lavoro. Un approccio che ha fondamenta non solo nel DNA dell’azienda, ma anche nella vita privata del suo attuale CEO, Satya Nadella, che da ormai 22 anni convive con un figlio disabile. Si chiama Zain ed è stato colpito da paralisi cerebrale e da gravi problemi alla vista. “Dopo Zain le cose sono cambiate per me” ha spiegato Satya. “Ha avuto un impatto profondo su come penso e come mi relaziono con le persone.”.

Della nascita del figlio Satya ha parlato in un lungo post pubblicato su LinkedIn e intitolato “Il momento che ha cambiato per sempre le nostre vite“. All’interno del testo il CEO di Microsoft racconta i drammatici momenti che nel 1996 hanno portato alla nascita di Zain, affetto da asfissia prenatale che lo ha costretto alla sedia a rotelle per la vita. “Una delle cose che mi ricordo più chiaramente è la reazione di mia moglie Anu” prosegue Satya. “Piuttosto che chiedersi ‘perché a noi?’ si è istintivamente preoccupata del dolore di nostro figlio prima del suo“.

Il piano si avvia oggi con l’annuncio di un nuovo fondo nell’ambito di intelligenza artificiale Ai for Accessibility. Aiuterà coloro che attualmente non possono permetterselo ad utilizzare le tecnologie assistive e con l’introduzione di nuove funzionalità all’interno di alcune delle soluzioni Microsoft più utilizzate.

(rielaborazione dell’articolo pubblicato su lastampa.it)

L’urgenza di agevolare in pandemia l’accesso Dei disabili al digitale

Art, intelligenza artificiale per un sito accessibile ai disabili. A Torino per la prima volta la pubblica amministrazione italiana adotta questa soluzione contro le barriere digitali e il “digital divide”

Intelligenza artificiale e sito accessibile ai disabili contro il “divario digitale“. Nell’emergenza Covid il “digital divide” penalizza non abbia accesso effettivo alle tecnologie. Servizi e web: manca in Italia la piena accessibilità per una vasta gamma di disabilità.

Appello del Papa per i disabili

La pandemia che stiamo vivendo ha evidenziato ulteriormente le disparità e le disuguaglianze che caratterizzano il nostro tempo. In particolare a discapito dei più deboli”, avverte il Papa. Alla Giornata internazionale delle persone con disabilità che “il virus ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate”. Di qui la necessità dell’inclusione, che per Francesco “dovrebbe essere la ‘roccia’ sulla quale costruire i programmi e le iniziative delle istituzioni civili”. Perché “nessuno, specialmente chi è più in difficoltà, rimanga escluso. La forza di una catena dipende dalla cura che viene data agli anelli più deboli”.

Difficoltà pratiche

Serve, quindi, un aiuto digitale alla disabilità. Contro criticità, barriere, problemi. L’accessibilità alle nuove tecnologia è stata, infatti, une delle più gravi difficoltà pratiche in pandemia. Si è rivelato un procedimento complesso per anziani e persone fragili collegarsi alle piattaforme digitali per prenotare i vaccini. Altrettanto problematico per i soggetti più deboli richiedere bonus. Sussidi. Servizi. Attraverso siti e canali web. Secondo papa Francesco creare una società pienamente accessibile richiede non solo l’abbattimento delle barriere architettoniche. Ma soprattutto atteggiamenti e azioni di solidarietà e servizio. Nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.

Testimonianza

In tutta Italia i volontari dell’associazione Auser si sono messi a disposizione. Per aiutare gli anziani soli e fragili nella prenotazione della vaccinazione anti Covid. Sulle piattaforme informatiche. E nell’accompagnamento ai siti vaccinali. “Sono tante le persone sole. E con difficoltà motorie. Hanno bisogno di essere aiutate- spiegano a Interris.it i volontari-. Noi siamo al loro fianco. Per non lasciare indietro nessuno. E per far sentire la nostra vicinanza. Colmando la distanza tra loro e il resto della società. Inclusione e solidarietà come rimedi alle barriere digitali.”

Pubblica amministrazione e disabili

L’Autorità di regolazione dei trasporti è la prima Pubblica Amministrazione (P.A.) italiana ad aver adottato una soluzione software. Completamente automatica. E alimentata da intelligenza artificiale (IA). Garantisce al portale la piena accessibilità. Per una vasta gamma di disabilità. Il software “AccessuWay” agisce sulla regolazione automatica dell’interfaccia utente. E del design del portale web istituzionale. Occupandosi del 30% dei requisiti tecnici. Necessari per rendere il sito completamente accessibile. Con modifiche automatiche a caratteri. Dimensioni. Spaziatura. Contrasti di colore. Cursori. Enfatizzazione dei testi. E molto altro.

Requisiti tecnici

L’applicazione di intelligenza artificiale è responsabile della risoluzione del 70% dei requisiti tecnici. Richiesti dalle norme di legge. L’ IA (Intelligenza Artificiale) scansiona e analizza il sito web su cui è installata. E, attraverso un processo di “comprensione contestuale“, impara lo scopo. E la funzione di ogni singolo elemento prima di correggerlo. “AccessiWay”, startup torinese, nasce da una joint-venture italo-israeliana con AccessiBe. Leader dell’accessibilità web con oltre 100.000 casi di successo nel mondo.
(interris.it)

La diversità e la disabilità nelle scatole dei GIOCATTOLi

Giocare è una cosa seria, una delle attività più serie che esistano. È attraverso il gioco che i cuccioli di ogni specie, quella umana compresa, imparano il mestiere della vita, e per questa ragione anche i grandi, ogni tanto, avrebbero bisogno di riaprire la scatola dei giocattoli per qualche “ripetizione”.

Non immaginiamo però il gioco soltanto come un oggetto che si tiene tra le mani; quando incontra la disabilità, infatti, può assumere forme inaspettate, trasformarsi in occasione di inclusione, fare educazione e riabilitazione, addirittura aiuta a superare le barriere architettoniche.

Bambole con disabilità

Le donne con disabilità sono state bambine e hanno giocato con le bambole, come ogni altra bimba. Lo ricordo bene anch’io, i giochi prediletti si dividevano in tre categorie: le bambole-neonato, da accudire come fossimo piccole mamme; le bambole “coetanee”, somiglianti a noi, con cui inventare avventure; la Barbie con il suo guardaroba infinito, il fidanzato, la casa, la macchina, il camper e chi più ne ha più ne metta, per giocare ad essere grandi. Nessuna bambola aveva una disabilità evidente che ne cambiasse l’aspetto e la rendesse in qualche maniera “diversa”. Le piccole disabili del XXI secolo, invece, hanno l’opportunità di giocare con bambole che presentano diverse forme di disabilità.

L’idea è venuta per la prima volta nel 2015 a tre mamme inglesi (tra le quali una giornalista non udente e ipovedente dalla nascita), per rispondere ai bisogni dei loro figli e di tutti i bimbi con disabilità. Hanno aperto un gruppo Facebook e dato il via ad una campagna denominata ToyLikeMe, letteralmente “un giocattolo come me”. 

Il messaggio di integrazione e sensibilizzazione è diventato virale, i genitori di bambini con disabilità hanno ampiamente condiviso l’iniziativa, raggiungendo un pubblico di 50.000 persone. Grazie alla notorietà raggiunta, il progetto è diventato realtà. È stata l’azienda britannica MakieLab, già nota per le bambole personalizzabili, ad accettare la sfida e a mettere sul mercato tre bamboline “like me” realizzate mediante la stampa 3D, Melissa, con una voglia sul volto, Eva, che si muove con un bastone da passeggio ed Hetty, con un apparecchio acustico che indica “ti amo” nella Lingua dei Segni.

Al prezzo di 69 sterline (circa 75 euro, non esattamente un prezzo popolare), le Makie Dolls sono progettate su misura per il loro proprietario, con l’azienda che prevede la possibilità di richiedere ai genitori le caratteristiche facciali dei bambini, in modo tale che le bambole possano assomigliare ai loro figli. Oggi sul loro sito si trovano indirizzi di diverse aziende che producono bambolotti e peluche sulla sedia a rotelle, con cicatrici, protesi eccetera.

Negli Stati Uniti, per la non modica cifra di 100 dollari, si può acquistare una bambola realizzata a mano che rappresenta le stesse disabilità delle bambine a cui è destinata. Anche in questo caso l’iniziativa è partita da una mamma che ha promosso la campagna di fundraising A Doll Like Me.

E c’è cascata anche la Barbie: la sua dimora superlusso, infatti, non era accessibile e la sua amica Becky, in sedia a rotelle, non passava dalle porte e non poteva salire sulla macchina! È realmente accaduto nel 1997, con la Mattel, casa produttrice della bambola più famosa del mondo, che ha commercializzato la sua compagna di avventure in carrozzina e soltanto in seguito si è accorta che non poteva entrare in casa e a bordo dell’auto. Una buona intenzione finita in un flop, come nella vita vera, se è vero che anche nell’immaginario mondo di Barbie l’accessibilità è spesso difficile da raggiungere.

Accusato di spingere le bambine verso stereotipi di bellezza irraggiungibile, nel 2016 il colosso dei giocattoli ha lanciato la linea Fashionistas con quattro tipi di bambole dalla diversa silhouette, dalla più magra alla più in carne, sette tonalità di carnagione, ventidue colori degli occhi e ventiquattro acconciature differenti.

Nel giugno del 2019, quindi, sono state messe in vendita due Barbie con disabilità, una seduta sulla sedia a rotelle disponibile in due versioni, classica bionda oppure di colore, l’altra con i capelli scuri, grandi orecchini dorati e una protesi alla gamba. Il prezzo, circa 20 dollari la prima e 10 la seconda, ha l’ambizione di raggiungere una platea vasta, anche se lo slogan che le accompagna, («Puoi essere tutto ciò che desideri»), è realistico fino a un certo punto, visto che le Barbie con disabilità hanno la vita da vespa e il viso supertruccato, nella più classica tradizione della bambola Mattel.

Come dire, se sei sulla sedia a rotelle ma con qualche chilo di troppo e in versione acqua e sapone “vai un po’ meno bene”.
La nostra Giusy Versace ha disegnato, invece, una Barbie con le gambe tempestate di cristalli Swarovski, protesi gioiello da cambiare al posto delle scarpe.

Dino Island, quando un videogioco diventa riabilitazione

Le mamme devono staccare la spina dal muro per obbligare i loro pargoli ad allontanarsi dai videogiochi. Eppure, come ogni cosa, anche questi moderni prodotti dell’industria ludica non sono “cattivi” in assoluto, bisogna solo usarli nel modo giusto. Numerosi studi ne attestano l’efficacia terapeutica per patologie e disabilità in pazienti giovanissimi, in particolare nei disturbi dello sviluppo neurologico e nelle lesioni cerebrali.
La ricerca più recente è proprio di quest’anno e arriva dall’Università di Victoria, in Canada, dove è in fase di sperimentazione, su trentacinque famiglie, Dino Island, un videogioco ambientato su un’isola fantastica sulla quale si devono affrontare sfide di difficoltà progressiva.

Si parte da una constatazione elementare: se un gioco risulta interessante, non può che generare positivi cambiamenti. Dino Island comprende cinque giochi che si adattano alle performance personali del bambino, pertanto ogni livello completato regala bonus da “spendere” virtualmente per acquistare oggetti necessari nella prosecuzione dell’avventura. Il team di ricercatori ha progettato un’esperienza non troppo difficile, ma neanche troppo semplice, per non incorrere in frustrazione o perdita di interesse. I risultati preliminari sono molto incoraggianti: sono migliorati la concentrazione, la memoria, la capacità di trattenere le informazioni, il controllo delle emozioni e, in alcuni casi, ne ha beneficiato perfino il rendimento scolastico. Il videogioco è studiato per essere vissuto in compagnia di un adulto, presto si spera di coinvolgere anche bambini con disturbi dello spettro autistico e deficit dell’attenzione.

…e con i LEGO si superano le barriere architettoniche

L’inclusione si costruisce mattone dopo mattone. Anzi, mattoncino dopo mattoncino, per essere precisi con i mattoncini più divertenti e noti, quelli della LEGO. Inventati per giocare con la fantasia, sono diventati perfino materiale da costruzione per rampe utili al superamento delle barriere architettoniche, ma cominciamo dal principio.
Le mamme di ToyLikeMe si sono rivolte ai vertici dell’azienda, chiedendo maggiore attenzione verso la disabilità attraverso una petizione online sul sito Change.org che ha raccolto oltre 20.000 firme. Accolto l’appello, nell’estate del 2015 la linea Duplo ha sfornato venti nuovi omini, tra cui un anziano signore in sedia a rotelle spinto da una ragazza.

Accusata di essere caduta nello stereotipo del disabile non autosufficiente e sempre bisognoso di essere accompagnato (che comunque nella realtà esiste, quindi perché non dovrebbe trovare una rappresentazione?), l’anno successivo il gruppo LEGO ha presentato il set Fun at the Park, destinato ai bambini dai 5 ai 12 anni, con un giovane in carrozzina senza “badante” e un bimbo anch’esso sulla sedia a rotelle.

Fin qui restiamo nell’àmbito del gioco vero e proprio, però, con questo particolare gioco, l’inclusione è uscita dal mondo in miniatura della scatola di mattoncini ed è approdata in città, per abbattere le barriere in modo creativo e colorato. Merito di una simpatica signora tedesca in sedia a rotelle, Rita Ebel, che ha assemblato rampe mobili con LEGO e colla vinilica. I suoi scivoli, oltre ad avere il pregio di approcciarsi alla disabilità in modo leggero e divertente, sono pratici e possono essere facilmente spostati da un negozio a un ristorante, da un ufficio a un marciapiede troppo alto.

Sono di diverse dimensioni, adattabili a spazi differenti, ognuno corredato da una scheda tecnica di realizzazione. Schede che sono arrivate in Italia, alla Cooperativa veneta L’Iride che, incuriosita dall’invenzione, ha contattato Rita, trovandola subito disponibile a collaborare per esportare la sua idea. È così che in punti strategici di Padova e dei centri limitrofi Selvazzano Dentro e Saccolongo, le città dove opera la Cooperativa, sono stati posizionati dei contenitori per raccogliere mattoncini donati dai cittadini. Con il passaparola, in pochi giorni, ne sono arrivati a sufficienza per costruire le prime rampe.

Una quindicina di persone con disabilità che frequentano Iridarte, il laboratorio della Cooperativa, si sono messe all’opera con entusiasmo e tanta voglia di fare, suddivise in gruppi di cinque per rispettare le regole di contrasto al contagio. Numerosi negozi si sono fatti avanti, sia per contribuire alla raccolta, ospitando un contenitore, sia per dotarsi di una rampa LEGO; il Comune di Selvazzano Dentro vorrebbe contribuire, idem quello di Verona. Chissà in Danimarca, nella casa madre dei mattoncini, quanti pezzi verranno scartati perché fallati e non adatti al commercio…

Questo hanno pensato in Cooperativa, e detto fatto hanno chiesto alla LEGO di mandarli in Italia, per dare ulteriore spinta all’iniziativa e una seconda vita a giocattoli altrimenti da buttare. Se l’industria accetterà, potremo vedere le nostre città “colonizzate” dai colori dell’infanzia, senza dimenticare che la priorità è abbattere le barriere con il metodo classico e costruire rispettando le normative dell’accessibilità.

L’identificazione del bambino con i suoi giochi e la pubblicità connessa è stata analizzata da uno studio di COFACE Families Europe che nel 2015 ha sfogliato trentadue cataloghi di giocattoli di nove Paesi europei, Italia compresa, trovandovi “raffigurati” 3.125 bambini, dei quali 2.908 con la pelle bianca, 120 di colore, 59 di famiglie “miste”, 31 asiatici e 7 mediorientali, nessuno con disabilità visibili.
Forse sono troppo “vecchia” per esprimere un’opinione su queste iniziative, ma non staremo esagerando con il “politicamente corretto” e perdendo di vista il nocciolo della questione? Se ripenso alla mia infanzia, non ricordo di aver mai sentito la necessità di tenere tra le mani un “fac-simile” di me, seduto sulla sedia a rotelle, ero perfettamente a mio agio con i bambolotti in commercio. Certo, è giustissimo che i giocattoli rappresentino la diversità delle persone, sia essa costituita dal colore della pelle, sia dalle caratteristiche fisiche.

Maneggiando sempre giochi “perfetti”, in una società che ha fatto dell’esteriorità il suo mantra, se non adeguatamente supportati, i bambini rischiano di diventare adulti considerando la perfezione, anche fisica, come unico modello a cui aspirare. E tuttavia, nel caso specifico ad esempio delle bambole con disabilità, c’è il rischio che diventino un prodotto di nicchia, capace di raggiungere soltanto chi ha già una particolare sensibilità verso il tema dell’inclusione, mentre bisognerebbe lavorare perché diventassero utili compagne di crescita anche e forse ancor di più per le bimbe senza disabilità.

Non possiamo delegare ai giocattoli queste tematiche e il cambiamento della cultura, non basta dare un gioco inclusivo e pretendere che i bambini capiscano da soli l’importanza di eliminare i pregiudizi; non vanno mai dimenticati, infatti, il ruolo della famiglia, dell’esempio quotidiano e della società tutta.
Facciamo un esempio banale: se un genitore parcheggia sistematicamente l’auto nel posto riservato alle persone con disabilità senza averne diritto e dopo regala la Barbie in sedia a rotelle o il LEGO con l’omino disabile ai suoi figli, pensate sia sufficiente per educare alla diversità?

(superabile.it)