Buon 1 Maggio!

Oggi si celebra la Festa dei Lavoratori e se già negli anni passati si poteva sentire lo stridere tra la situazione in cui versava l’occupazione in Italia e il giorno di festa, ancora di più, inevitabilmente, in questi anni di pandemia quel rumore è diventato tragicamente insopportabile. Ne è un plastico esempio la situazione lavorativa delle persone con disabilità.

Già negli scorsi anni le percentuali di occupazione delle persone con disabilità, più o meno gravi, erano molto basse e diventavano da singola cifra in caso di occupazione di donne con disabilità. Il covid ha praticamente reso impossibile l’accesso al mondo del lavoro alle persone con disabilità se non per qualche fortunata tipologia.

Eppure abbiamo visto come il mondo del lavoro, già in mutamento a causa ad esempio delle nuove tecnologie, ha subito una accelerazione nella sua trasformazione, dovendosi adattare alla pandemia, assumendo forme fino a quel momento rare eccezioni, come ad esempio l’uso diffuso dello smart working. Ma ancora una volta le persone con disabilità non hanno accesso al lavoro nonostante, nel caso, una tecnologia che di certo le favorisce.

È evidente che serve un cambiamento molteplice, sia culturale che legislativo ma anche della formazione, che possa permettere a tutti i soggetti interessati (PA, imprese, università) di fare un netto balzo in avanti per quanto riguarda l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Un ruolo importante lo hanno sicuramente anche le associazioni di tutela dei disabili, ma è necessario che anch’esse facciano quello step in avanti nel promuovere soluzioni e buone pratiche che non siano più novecentesche. Lo dico perché so che possono essere decisive, ne abbiamo avuto esempio.

Adesso sembra profilarsi una grande opportunità per raggiungere questo e altri scopi. Il PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), nella forma appena inviata alla Commissione Europea, destina parecchie risorse e anche alcune riforme destinate alla disabilità. È di certo un momento su cui riflettere molto e fare altrettante proposte. Sì perché al momento questo “piano Marshall” sulla disabilità sembra concentrarsi più sugli aspetti assistenziali, che pur sono assolutamente necessari, che su quelli di tipo sociale e lavorativo.

Ancora una volta le persone con disabilità vengono rappresentate, se non come un costo per la società, come soggetti bisognosi solo di cure e di assistenza, che se pur mirino a concetti fondamentali espressi nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (vita indipendente, deistituzionalizzazione, etc), non considera queste come una vera e grande risorsa della società e che il lavoro rappresenta oltre alla dignità della persona la sua trasformazione in un “contribuente” a se stesso, innanzitutto, e alla società in generale.

Questa trasformazione, oltre a mettere tutti sullo stesso piano, elimina le disuguaglianze e gli ostacoli che l’art. 3 della nostra Costituzione affida come compito allo Stato e mantiene la promessa fatta a tutti i cittadini italiani di una Repubblica fondata sul lavoro (per tutti)!

1Maggio, disabili esclusi dal lavoro: “Ci vuole coraggio per festeggiare”

Il presidente della Ledha Fontana: “Sono quasi 680 mila gli iscritti al collocamento, ma solo 18 mila gli avviamenti lavorativi registrati nell’ultimo anno. E le aziende preferiscono pagare sanzioni piuttosto che assumere”. “Urgente una riforma”

“Ci vuole coraggio per festeggiare il lavoro e i lavoratori oggi in Italia. Un coraggio che diventa temerarietà quando si parla di persone con disabilità”. Lo scrive in una lettera ai media Alberto Fontana, presidente della Ledha, Lega per i diritti delle persone con disabilità. 
“I dati parlano chiaro – prosegue Fontana – : il lavoro rimane uno degli ambiti dove più è forte la discriminazione delle persone con disabilità ma anche uno di quelli dove si ‘potrebbe fare di più’ e soprattutto ‘meglio’. Nonostante in Italia sia in vigore una buona legge nazionale, nonostante in Lombardia siano presenti e attivi servizi a sostegno dell’inserimento dei lavoratori con disabilità, nonostante le risorse dedicate al finanziamento di queste politiche non siano diminuite, la situazione rimane difficile”.

“Solo in regione Lombardia ci sono oltre 61 mila persone con disabilità iscritte al ‘Collocamento mirato’, in attesa di un’opportunità (rilevazione Isfol). Nel corso del 2014, il loro numero è ulteriormente aumentato di altre 15.272 unità (+ 5,7%). A livello nazionale sono quasi 680 mila gli iscritti al collocamento, ma solo 18 mila gli avviamenti lavorativi registrati nell’ultimo anno. A tutto questo, si aggiunga il fatto che le aziende in obbligo di assunzione preferiscono ancora oggi pagare le sanzioni previste dalla legge pur di non assumere persone con disabilità: solo in Lombardia, la regione dove noi come Ledha – Lega per i diritti delle persone con disabilità operiamo l’importo complessivo di questa sanzione ammonta a circa 40 milioni di euro. Non bisogna poi dimenticare che il numero di studenti con disabilità iscritti all’università è cresciuto in maniera significativa negli ultimi dieci anni: passando dai 4.816 dell’anno accademico 2000-2001 ai 14.171 del 2010-2011”.

“Tale situazione comporta, da un lato, l’impossibilità di riconoscere un diritto costituzionale e dall’altro determina un aggravio dei costi sostenuti dalla pubblica amministrazione in campo assistenziale. È quindi arrivato il momento di assumerci tutti nuove responsabilità e nuove forme di supporto all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità”.

Per il presidente della Ledha quello che serve è una riforma: “Ci piacerebbe la nascita di un movimento di opinione capace di influenzare il governo Renzi per promuovere un’azione per il lavoro dedicato esclusivamente alle persone con disabilità. Una riforma che, oltre a ristrutturare ed organizzare compiutamente i sistemi di incentivi alle imprese, approfondisca, riformi e compiutamente metta a sistema le normative della legge 68/99, della legge 381/91 e dell’art.14 del decr.leg.276/2003 che attualmente disciplinano la materia”.

“Una riforma di questo tipo – continua Fontana – è urgente ora più che mai. Questo tipo di occupazione, infatti, oggi presenta un’area più ampia rispetto al passato. La fragilità è infatti oggi trasversale, dalle persone con disabilità tradizionalmente intese, quindi con disabilità differenti sin dalla nascita o dai primissimi anni di vita, sino a coloro che entrano in una fase di difficoltà nel corso della vita, a seguito a incidenti o malattie, anche con percentuali di invalidità che non comportano invalidità al lavoro, oltre a tutte le persone già previste dal regolamento CE n.2204/2002 come i disoccupati di lunga durata o lavoratori privi di titolo di studio che abbiano compiuto 50 anni”. 

“Le iniziative promosse a livello territoriale e le diverse iniziative regionali, oggi mostrano tutta la loro fragilità – conclude Fontana – : i risultati sono sotto le aspettative e comunque gli interventi, che in alcuni casi portano a buoni risultati per le persone coinvolte, non appaiono in grado di affrontare alla radice la situazione di discriminazione e di esclusione dal mondo del lavoro di cui sono vittime le persone con disabilità nel nostro Paese. Oggi è il momento di osare ancora di più, mettendo nelle giuste condizioni tutti i soggetti coinvolti ad attuare piani programmati di inserimento lavorativo che sappiano proporre contesti favorevoli all’interno delle aziende e di sviluppo personale per la persona fragile. Il primo maggio sia quest’anno un’occasione di rilancio per tutti, come si legge nei documenti delle origini, lavoriamo insieme ‘per affermare i propri diritti e per migliorare la propria condizione, senza barriere culturali, né tanto meno sociali’. Siamo un grande Paese e non dobbiamo dimenticare le persone più deboli della nostra società, ricordandoci cosa ha detto Papa Francesco lo scorso 28 febbraio 2015: ‘La gente al centro, i più bisognosi al centro!'”. 
(redattoresociale.it)

di Giovanni Cupidi