Re Minore: Persona

Rubrica a cura di Elena Beninati – Giornalista/Fotografa

L’organizzazione nella mente, che consiste nella rappresentazione della sua struttura, dei confini, delle relazioni, dei suoi apparati valoriali e delle attività che l’individuo costruisce, equivale ad una parte del mondo interiore di ciascuno. Ogni patologia che riguarda la mente può considerarsi come un’affezione caratterizzata dal precoce affievolirsi delle sorgenti istintive della vita psichica, in cui le operazioni puramente intellettive entrano in gioco solo secondariamente, e l’indebolimento dell’élan vital costituisce l’elemento necessario e sufficiente della malattia. Nell’autismo in particolare, lo sfaldamento autistico dell’Io e del mondo è così radicale da far emergere la lacerazione dell’Io stesso e anche la sua riaggregazione, che vengono a caratterizzarsi come due momenti di sdoppiamento.

Dalla scissione di questo Io appaiono, allora, due configurazioni egoiche, che sovrapponendosi si accompagnano all’Io frantumato e creano quegli stati patologici classificati come sindrome da frattura dell’intersoggettività, trasformazione spazio-temporale, solitudine artistica, dissolvenza dell’identità e dell’unità dell’Io, allucinazione e delirio, che possono presentarsi sia nei soggetti affetti dalla malattia che in persone cosiddette normali. Sottoposti a traumi assai simili, alcuni uomini reagiscono secondo modalità patologiche vere e proprie sfumando il confine fra sani e malati.

La loro patologia sta nella disposizione di base che permette e determina un tipo di reazione schizofrenica, in cui la schizofrenia è intesa come disturbo primitivo dell’affettività e della vita istintiva dell’individuo. La maggior parte dei disturbi, infatti, sembrano originarsi e strutturarsi a partire da una primaria scissione affettiva e in particolare dalla perdita del contatto cognitivo e relazionale con la realtà soggettiva e intersoggettiva.

Lo scacco dipende dalla mancata differenziazione, intesa come analisi e sintesi della coscienza oggettiva, in cui confluiscono sia la disposizione individuale che l’ambiente culturale in cui l’individuo cresce e si struttura. Se ogni fenomeno psichico è possibile solo ad un determinato livello di differenziazione, ogni malattia mentale deve corrispondere, nel suo modo di manifestarsi, al livello psichico dell’individuo che ne è colpito. Infatti, quanto più la vita psichica risulta indifferenziata, tanto meno si può esserne consapevoli.
Il confine tra sanità e malattia che distingue il patologico dalla normalità è il diverso livello di coerenza del comportamento, che nel caso degli schizofrenici e degli psicotici raggiunge estremi tali che, nei contesti sociali della maggior parte delle comunità, la nostra compresa, risulterebbero difficilmente sostenibili.

Nella schizofrenia, per esempio, non si assiste alla perdita delle funzioni cognitive di base quanto, piuttosto, ad una sottoutilizzazione di esse che, pur restando integre, vengono operativamente coinvolte in modo inadeguato. In questa situazione morbosa la personalità perde unità, in ragione del fatto che la persona è rappresentata ora da uno, ora dall’altro complesso psichico. Le azioni e percezioni che assicurano il nostro continuo ricambio col mondo, nello schizofrenico diventano azioni e percezioni dell’altro, l’io vero interiorizzato ma esposto alla minaccia del reale.

“Lo schizofrenico non erige difese contro il pericolo di perdere una parte del proprio corpo, ma dirige, invece, tutti i suoi sforzi nella difesa del suo vuoto Io. Quella fortezza vuota dove si arretrano le linee difensive quando non si può più difendere l’intero essere”

Bruno Bettelheim, The Empty Fortress

Il contesto socio-culturale e i fattori antropologici, influenzano la percezione dell’esperienza soggettiva degli esseri umani nella sua completezza. Isolando il corpo dall’esistenza, astraendola dal vissuto quotidiano, infatti, non s’incontra più la corporeità che l’esistenza vive, ma l’organismo che la biologia descrive. Salute e malattia correlate insieme, si intendono, quindi, non come oggetti naturali da studiare e classificare, bensì come prodotti storici da comprendere a partire dai concetti di corpo, mente e linguaggio e ovviamente…persona!

(Vietata la riproduzione – Tutti i diritti riservati)

Re Minore: Col tempo sai…

Rubrica a cura di Elena Beninati – Giornalista/Fotografa

Il senso ontologico-metafisico del concetto di tempo, da sempre inteso come una delle strutture portanti della condizione umana, è uno dei massimi indicatori dello stato di salute degli individui. Una diversa articolazione del tempo soggettivo, nei confronti del tempo comunemente inteso, ritmato sull’orologio sociale ancor più che biologico, è capace di provocare quelle situazioni umane di disagio etichettate sotto le definizioni di angoscia e disperazione, ottima anticamera di uno stato di malessere che può condurre alla malattia mentale. Nella vita quotidiana le persone, abili o inabili, sane o “malate”, fanno i conti con questa imprescindibile temporalizzazione dell’esistenza e delle proprie azioni.

È quando sentiamo di non poter influire sulle cose più importanti che ci accadono, quando gli eventi sembrano obbedire agli ordini di qualche potere estraneo e inesorabile, che rinunciamo a cercare di agire sulle cose e a tentare di modificarle. Per entrare in rapporto con il mondo esterno deve sussistere la speranza di poter agire su di esso. Immergersi soggettivamente nella lacerazione tra tempo interiore e tempo mondano, permette di rintracciare i nessi che permettono di giungere alle esperienze limite della patologia umana.

La capacità di agire intenzionalmente si fonda sulla nozione delle conseguenze probabili delle nostre azioni. Ciò non è possibile senza un orientamento nel tempo e nello spazio e senza che gli eventi così osservati si organizzino in termini causali. Ma nemmeno questa capacità di predire gli eventi futuri partendo da indizi esatti può spiegare come e perché si divenga umani.

Queste le parole di Bruno Bettelheim esponente di spicco della psicanalisi del secolo scorso.

L’orientamento nel tempo e nello spazio, dunque, oltre a precedere i nessi di causalità tra gli eventi, detta il senso di direzionalità, senza la quale la vita non si potrebbe considerare neppure vita. Il tempo, che storicizza le nostre esperienze, le incasella in un discorso di continuità che ne definisce il senso, senza il quale non avremmo né i singoli fenomeno temporali, né la concezione di futuro.

L’uomo, che ha imparato a organizzare la propria vita in funzione del tempo e dello spazio, considera sia l’aspetto ciclico che quello direzionale. Il suo comportamento intenzionale, infatti, è sempre guidato da un progetto, nel senso di conseguimento di un fine ultimo verso cui il progetto orienta tutti gli sforzi. L’umanità, da sempre, per difendersi dall’angoscia dell’imprevedibile è andata alla ricerca del principio di causalità, in modo da giustificare i fatti e gli eventi che sfuggivano al suo controllo. In un mondo privato della sua causalità, assistiamo alla totale assenza di progetto e la predittività scompare.

Nella malattia, che si esplica proprio nella mancanza di intenzionalità, il soggetto si sente sprofondare nell’avvenire, urtando, nella sua disperata ricerca di salvezza, incontro a categorie temporali così sfalsate da risultare inapplicabili. Perso il contatto vitale e creativo con la realtà, il collegamento tra passato e futuro si inceppa irrimediabilmente, e senza alcuna possibilità di retrocessione, ormai fissato ad un tempo irreale e immobile, pietrificato nell’assenza di temporalizzazione, l’individuo sprofonda in quella dimensione che gli psichiatri definiscono “momentaneizzazione” del tempo, in cui la vita è deserto.
Senza tempo non v’è salvezza. Ma il tempo rapportato all’infinito non ammette né la vita né la morte. E dunque, in tale condizione di alienazione temporale, l’individuo non può che sentirsi incastrato fra lo spazio e il vuoto, che determinano la perdita del suo contatto col mondo.

Svanito il legame col mondo esterno, il malato si trova in una condizione atemporale in cui la perdita del senso coincide con la frattura tra il mondo e il noi. La peggiore delle disabilità!
In uno spazio privo di temporalità si coglie il rallentare e l’arrestarsi del tempo dell’io rispetto a quello esterno, e il soggetto si trova immerso in una perfetta disarticolazione, che scompagina radicalmente il tempo. Scriveva Pascal:

Il presente non è mai il nostro fine: il passato e il presente sono dei mezzi, solo l’avvenire è il nostro fine. Così noi non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e disponendoci sempre ad essere felici è inevitabile che non lo saremo mai.”

(Vietata la riproduzione. Tutti i diritti riservati)

La dignità messa da parte: la disabilità ad un concerto stona

Il diritto delle persone con disabilità a partecipare, su base di eguaglianza con gli altri, alla vita quotidiana della società non può essere derubricato a facoltà: il caso di Valentina Tomirotti è, purtroppo, esemplare

La storia è una di quelle che raccontano molto dello stato in cui questo Paese tuttora versa quando si tratta di assicurare, concretamente ed efficacemente, il pieno godimento dei diritti di cittadinanza alle persone con disabilità. Valentina Tomirotti è una giornalista e blogger mantovana, fan di Coez, un cantante rapper che, ahimè, causa incanutimento, non conoscevo (fortunatamente Wikipedia soccorre anche noi barbogi ignoranti delle mode musicali). Valentina è, inoltre, una persona con disabilità, che si muove su una sedia a rotelle. Lo scorso 26 settembre, dopo aver sborsato 34,50 euro di biglietto, va all’Arena di Verona per assistere al concerto di Coez e, come riporta Clarissa Valia su TPI, si reca al suo posto nel parterre dell’Arena, fila 26. Unico neo: invece di godersi lo spettacolo, dall’altro del suo metro scarso di altezza Valentina ha solo potuto deliziarsi della vista dei fondoschiena degli altri spettatori che, come normalmente accade nei concerti, si sono alzati in piedi per seguire l’esibizione del loro beniamino. Valentina non ci sta e cita in giudizio Arena srl, Fondazione Arena e l’organizzatore dell’evento Vivo Concerti per il danno subito: lo scorso 19 maggio il Tribunale civile di Mantova rigetta l’istanza e la condanna ad un risarcimento per circa 5.000 euro. Il danno oltre la beffa. Ecco, questa incredibile vicenda ci dice tante cose su cui val la pena soffermarsi. Ci dice, in primo luogo, che se una persona con disabilità vuole andare al cinema, a teatro, o a un concerto, deve mettere in conto che quelle sale o arene sono state quasi sempre costruite senza pensare alle esigenze di chi necessita di un accomodamento, un supporto, per far quello che è comunemente garantito agli altri. Quante volte una persona con disabilità motoria in un cinema deve stare da un lato, in corridoio, perché non sono previsti spazi ad hoc? Racconta Valentina che in occasione del concerto, dopo le sue rimostranze, le era stato offerto di spostarla in un corridoio laterale: da un lato, appunto. Messa da una parte, a mo’ di sacco di patate, come l’ospite sgradito della serata. Questa storia ci dice, allora, che quel che è in gioco è non solo e non tanto il diritto di godersi un concerto in santa pace come tutti gli altri spettatori paganti, ma il diritto delle persone con disabilità alla piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società, come recita all’art. 1 la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata e resa esecutiva dall’Italia nel 2009. Sanità, scuola, occupazione, vita sociale e politica rappresentano quella serie di domini che costituiscono l’insieme di cui è fatta la normale vita quotidiana di tutti i cittadini, ai quali va garantito di accedervi liberamente. Ove ciò non sia pienamente possibile in maniera autonoma, a causa di una qualche forma di disabilità, occorre fornire quell’accomodamento (la Convenzione parla di “accomodamento ragionevole”) per garantire tale accesso. Lo spiega, peraltro, mirabilmente la nostra Costituzione che, all’art. 3, statuisce che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione alcuna (eguaglianza formale), e che, soprattutto, è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (eguaglianza sostanziale). Perché allora, per restare al caso degli spettacoli, non prevedere, sempre e ovunque, spazi adatti ad accogliere, senza paternalistiche concessioni o, peggio, odiose segregazioni, le persone con disabilità? È un accomodamento irragionevole? Ma non finisce qui: l’odissea di Valentina pone un ulteriore tema. Il giudice, in merito al danno esistenziale lamentato, spiega che la ricorrente, anche ove impedita nella visione del concerto, avrebbe potuto senz’altro sentirlo: l’eventuale danno, dunque, andrebbe ridotto della metà. E, in ogni caso, evidenzia il giudice, la presenza di maxischermi – “giganti”, si specifica – su cui veniva proiettato il concerto ha reso priva di fondamento anche tale doglianza. Con tutto il rispetto che si deve ad una sentenza di Tribunale, tali considerazioni appaiono sbagliate. Sono sbagliate perché, in primo luogo, non prendono minimamente in considerazione quanto previsto all’art. 1 della legge n. 104 del 1992, che impone di garantire “il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata – un termine che il Legislatore non ha ancora sentito il bisogno di cambiare – e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società”. Dov’è la piena integrazione per Valentina, il cui diritto è stato compresso dal comportamento altrui? La cosa più grave, tuttavia, è che la sentenza trascura del tutto lo spirito ed il dettato della Convenzione ONU del 2006. Non si tiene conto, ad esempio, che è necessario “adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata” (art. 4) e che si deve “vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantire alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento” (art. 5). Non si mette sul piatto, ancora, che “al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita”, devono essere adottate “misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico” (art. 9) e, come nel caso di specie, “a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici” (art. 30). Ma quel che non trova evidenza nella sentenza è il fatto che tutti questi diritti, i medesimi diritti di cui godono tutti i cittadini della Repubblica, devono essere goduti dalle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri, anche attraverso quel supporto o accomodamento che renda efficace e sostanziale tale uguaglianza sulla carta. Non è sufficiente, in altre parole, sostenere che Valentina potesse accedere all’Arena di Verona e vedere il concerto su uno schermo: Valentina, per ovvi motivi, non aveva la possibilità, a differenza degli altri spettatori, di alzarsi in piedi e, conseguentemente, andava tutelato il suo diritto a vedere lo spettacolo dal vivo seduta sulla sua carrozzina, senza la necessità di addivenire a azzardate valutazioni circa le possibili alternative che non rappresentavano una preoccupazione per gli altri partecipanti all’evento: se Valentina non poteva alzarsi in piedi per godere della visione, tale lesione del suo diritto, caratterizzato dalla sua disabilità, meritava un ristoro alla luce della mancata revisione, da parte dell’Arena di Verona, di adeguate alternative atte metterla in grado di poter godere, al pari degli altri, dell’insieme dello spettacolo. Non garantire tale diritto e non riconoscerlo in sede giudiziale comporta, evidentemente, una discriminazione del suo status di cittadina ed un vulnus per la sua dignità ed autonomia individuale: il palese disinteresse della necessità di garantire piena eguaglianza delle condizioni a tutti si è rivelato, una volta ancora, nella manifestazione dello stigma verso chi è portatore di una diversità. Alla fine della fiera, quel che traspare è che fatica a far breccia, anche in un Paese estremamente avanzato in materia di tutela e promozione dei diritti delle persone con disabilità come l’Italia, la consapevolezza che la disabilità è tale in relazione all’ambiente e alle barriere, di natura fisica e sociale, che lo caratterizzano e che possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nella società delle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri. A dimostrazione che lavorare per l’eguaglianza sostanziale ai fini della tutela dei diritti di una delle più corpose minoranze del nostro Paese richiede attenzione quotidiana e impegno. Perché quei diritti sono i diritti di tutti, in piedi a saltellare o seduti su una carrozzina.

(linkiesta.it)

Giornata Mondiale del Libro

Oggi è la Giornata Mondiale del Libro e mai come in questo momento e periodo storico in cui ci è stato chiesto di restare in casa (sarà opportuno farlo anche nelle prossime settimane) un libro ha rappresentato più che un buon amico. Ci ha tenuto compagnia, ha fatto nascere iniziative di condivisione a distanza, ci ha dato l’opportunità di portare la mente altrove soprattutto rispetto a un’orgia mediatica di notizie sul covid19.
Adesso che le librerie stanno riaprendo su tutto il territorio nazionale dovremmo fare due cose: non dimenticarci di questo amico riscoperto e di andarlo a trovare dagli amici librai (basta Amazon e compagnia varia per un po’). Io vi suggerisco un buon libro, in maniera del tutto disinteressata!😆 Leggere è importante, facciamolo spesso.

Consigli di sopravvivenza per noi diversamente quarantenati

Care persone con disabilità, #iorestoacasa ci sta mettendo tutti quanti a dura prova ma non è il caso di scoraggiarsi: ecco alcuni consigli semiseri per gestire al meglio il periodo di isolamento e distanza socialeimposto dall’emergenza coronavirusche ancora ci attende.

CON CONVIVENTI E ASSISTENTI ESERCITATE L’ARTE DELL’IMPERTURBABILITÀ

La convivenza forzata e prolungata con altre persone potrebbe risvegliare il “Jack lo Squartatore” che c’è in noi. Questo è ancora più vero per chi dipende dall’assistenza altrui per svolgere anche le più semplici azioni della vita quotidiana. Temo però che la quarantena forzata che stiamo subendo non costituisca un attenuante in caso di omicidio volontario (oltre al fatto che mettere “fuori uso” chi vi assiste sarebbe oggi più che mai un pericoloso autogol) e anzi verrebbe ulteriormente estesa da un periodo di tempo indeterminato in gattabuia o detenzione domiciliare. Non è il caso di rischiare.

Oltretutto considerate che conviventi o assistenti potrebbero nutrire lo stesso desiderio nei vostri confronti, meglio dunque non alimentare questo genere di idee! Prendetela come un’occasione per esercitare l’antica arte zendell’imperturbabilità. Non dimenticatevi poi che bere una bottiglia di buon vino in compagnia faciliterà l’espressione dell’amore universale che provate nei confronti del/della vostro/a compagno/a di cella.

NON PIANGETEVI ADDOSSO, PER UNA VOLTA SIAMO PRIVILEGIATI

Soprattutto chi tra noi è abbastanza autonomo negli spostamenti non si pianga troppo addosso: l’attività motoria individuale è stata sempre consentita. Io esco quotidianamente a “correre” a bordo di Tina, la mia carrozzina elettrica, per il sentiero che corre tra i campi nei pressi della mia abitazione. Velocità di crociera 10 km/h, sfido chiunque a dire che non si tratta di jogging! Anche chi necessita di essere accompagnato all’aria aperta ora può farlo, rimanendo ovviamente nel raggio di 200 metri dalla propria abitazione e rispettando la distanza di sicurezza di almeno un metro dalle altre persone. Se potete uscire per brevi passeggiate, dunque, fatelo magari privilegiando luoghi e orari in cui pensate di incontrare meno gente possibile.

FATE ESERCIZIO FISICO MA ATTENZIONE A NON STRAFARE

Come potete, in autonomia o aiutati dai/dalle vostri/e “compagni/e di cella”. Non ci sono regole o esercizi prestabiliti: ognuno muova ciò che riesce nei tempi e modi che gli sono più congeniali. Anche sgranchire le articolazioni di un dito o roteare gli occhi è esercizio fisico. Quindi, niente pigrizia o imbruttimenti: teniamoci in forma per la prova costume perché, prima o poi, torneremo a rivedere il mare. Attenzione, però, se non avete il fisico di Wonder Woman o Superman datevi degli obiettivi realistici: mezz’ora di ginnastica al giorno o anche meno, a seconda delle vostre possibilità. Oppure potreste decidere di esercitarvi in più tranche, ad esempio 10, 15 minuti al mattino e lo stesso la sera. I supereroi esistono ma se non siete uno di loro non sfidate la sorte. Di questi tempi, se possibile, gli ospedali sono da evitare.

APPREZZATE IL TEMPO LENTO CHE CI ACCOMUNA

Smettetela di rompere le scatole borbottando che in casa vi annoiate e che il tempo non passa mai. Contare i giorni che vi separano dall’apertura della vostra “cella domestica” non servirà a farvi stare meglio, anche perché purtroppo non sappiamo ancora quanti ne rimangono prima di riacquistare la nostra completa libertà. Prendetevi del tempo per voi, per curare il vostro corpoe il vostro spirito. Ora ne avete quanto volete per spalmarvi o farvi ungere da tutte le creme di bellezza di questo mondo (potrete acquistarle comodamente online), immergervi in lunghissimi bagni caldi, cucinare deliziose pietanze o assaggiare quelle che qualcun altro vi preparerà. Potete leggere un libro, ascoltare musica, chiacchierare al telefono con chi vi pare (tanto siamo tutti/e più liberi/e) o scoprire e coltivare un nuovo hobbysenza l’assillo di qualche impegno più urgente da assolvere. La vostra casa non vi soddisfa? È il momento buono per dedicarsi ad apportare quei piccoli cambiamenti che non necessitano dell’aiuto degli esperti ma che contribuiranno di sicuro a far apparire la vostra dimora come se fosse nuova.

FATE SESSO, DA SOLI O IN COMPAGNIA

Il sesso fa bene alla salute, fisica e psichica. Tra i suoi numerosissimi effetti positivi rientra anche il potenziamento del sistema immunitario, che venga fatto da soli o in compagnia. Lo dice la medicina, a chi servisse una giustificazione ufficiale nonché la benedizione della scienza per dare sfogo alla propria carica erotica. Sbizzarritevi dunque con la fantasia ed eventualmente anche con i sex toys, acquistabili online. L’autoerotismo, praticato da moltissime persone single ma consigliato anche a chi è in una relazione di coppia, oltre ad aumentare le difese del nostro corpo, ha molte altre ricadute positive che potrete verificare voi stessi. Per chi convive, invece, sarà l’occasione giusta per ravvivare la passione assopita dalla routine quotidiana. Fate anche molto altro, tutto ciò che può aiutarvi a mantenervi vivi e liberi. E, se riuscite, spingete chi amate a seguire il vostro esempio.

(lettera43.it)

DA ULTIMO AD ULTIMO – LA RACCOLTA FONDI DEL COMITATO SIAMO HANDICAPPATI NO CRETINI

Cari lettori vi prego di partecipare tutti all’iniziativa che come Comitato Siamo Handicappati No Cretini, sostenuta anche da Insieme per l’Autismo Onlus, abbiamo messo in campo per aiutare e sostenere economicamente le persone e le famiglie che stanno vivendo momenti di grande difficoltà economica a causa della crisi del COVID19! I percettori dell’assegno di cura doneranno una quota, minimo 30€, del proprio assegno. Donate e fate donare e subito che siate persone singole, aziende o attività commerciali!

Tutte le info dove donare al link qui sotto (elenco in aggiornamento):

Da Ultimo ad Ultimo

Il testo diffuso dal Comitato #SiamoHandicappatiNoCretini:

DA ULTIMO AD ULTIMO, una significativa offerta dall`assegno di cura.

Siamo e continuiamo ad essere considerati, non a torto, la comunità più fragile del nostro sistema sociale. Eppure abbiamo dimostrato sempre una straordinaria rete di solidarietà. Abbiamo dovuto lottare per ottenere l’assegno di cura in Sicilia, con i denti.
E abbiamo pure rinunciato, in un momento di crisi, a 300 euro di assegno a favore delle persone con disabilità grave, che purtroppo ancora aspettano risposte. Sappiamo che questo può sembrare strano ma è in questo momento che la nostra comunità di Ultimi deve dimostrare, anche simbolicamente, che può fare la differenza.

Per questa ragione lanciamo una campagna semplice e diretta per supportare i Comuni nell’offrire aiuti concreti alle famiglie in difficoltà economiche. Dobbiamo fare una offerta (che riteniamo, nel minimo, sia corretta nella misura di 30 euro) che sottrarremo, solo per una volta, dall’assegno di cura. ma dobbiamo essere TUTTI.
Ricordiamo pure che il 30% di ciò che doneremo con il bonifico ci sarà restituito sotto forma di detrazione nella prossima dichiarazione dei redditi. Per noi non sono tanti, ma rappresentano la spesa per una persona, una bombola di gas, dei medicinali ecc. Ci sono persone, padri e madri di famiglia, che hanno dovuto chiudere le loro attività e che non hanno niente a fine mese che arriva come stipendio, e sappiamo che gli aiuti stanziati da regione e governo nazionale
necessiteranno di un periodo minimo per arrivare nelle giuste tasche, perchè ci sono dei passaggi tecnici che non sono un capriccio della burocrazia, e che comunque, per molte realtà siciliane, non saranno sufficienti.

In questo momento ci sono sacerdoti che rinunciano al loro stipendio per aiutare i più poveri
Tanta gente che si sta donando agli altri con abnegazione.
E dovete convincere le persone che conoscete, anche fuori dal mondo delle famiglie con disabilità gravissime, che se perfino anche voi avete dato qualcosa è doveroso che lo facciano tutti, ma proprio tutti quelli che possono e hanno uno stipendio o un reddito sicuro. ORA, facciamo il bonifico fin da oggi, peri comuni che hanno già fornito l’iban (elenco in basso)

Sono i comuni e gli uffici dei servizi sociali ad avere il polso della situazione. Per questo riteniamo che siano loro a dovere gestire immediatamente queste spese urgenti.
Abbiamo scritto per richiedere il supporto di Anci Giovani Sicilia che si occuperà di farci dei resoconti dell’iniziativa e di inviarci l’elenco di tutti gli iban dei singoli comuni. Dobbiamo fidarci dei nostri amministratori. In queste occasioni è indispensabile!

FACCIAMOLO LIBERAMENTE! E ci sentiremo meno peggio, anche dentro di noi. Di seguito gli iban dei comuni che hanno già pubblicato sulla loro pagina gli estremi del conto corrente ufficiale. man mano che ci perverranno continueremo a pubblicarli qui. Aiutamoci a vicenda. Da Ultimo a Ultimo, dagli utlimi agli ultimi.

Ce la faremo, perchè …Siamohandicappatinocretini.
#DaUltimoaUltimo
#SiamoHandicappatiNoCretini
#Ancisicilia

Noi Siamo Immortali – Un docufilm per RaiScuola

È stato pubblicato sul sito di Rai Scuola, in occasione della Giornata Mondiale della Giustizia Sociale, un docufilm realizzato dalla regista Mariagrazia Moncada nel quale parlo del mio libro Noi Siamo Immortali, delle battaglie per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità con le associazioni Comitato Siamo Handicappati No Cretini e Insieme per l’Autismo Onlus e anche un po’ di come vivo e affronto la mia vita.
Un ringraziamento particolare al Social Media Marketing Day per il sostegno al progetto.
Fermatevi 7 minuti per guardarlo e mi raccomando condividetelo!

Grazie.

Puoi vedere qui il video!

Le persone disabili potranno praticare attività di preboxe

Novità sul fronte sport e disabilità. Anche in Italia le persone con disabilità avranno ora la possibilità di praticare attività prepugilistica regolamentata.

Avevamo già anticipato questo tema nel precedente articolo del 2018 “Boxe e disabilità, buone notizie: apertura della federazione italiana

Si tratta di una importante novità emersa dal consiglio federale della FPI (Federazione Puglistica Italiana) tenutosi ieri a Roma. Una nota ufficiale diffusa al termine della riunione avvisa che sono state approvate in via definitiva “le linee guida che prevedono l’avvio dell’attività prepugilistica per i disabili che da quest’anno potranno essere tesserati per tale attività“.
Nel contempo, sarà avviata una fase sperimentale per l’introduzione di un’attività pugilistica a contatto controllato – prosegue il comunicato – in sintonia con le indicazioni del Comitato Italiano Paralimpico“.

Ciò viene incontro, viene precisato a margine del Consiglio, a una diffusa richiesta da parte di persone disabili, anche in carrozzina, che si sono avvicinate alla prepugilistica in varie palestre (in particolare, in Italia ce n’è una all’avanguardia a Livorno). L’Italia vuole quindi regolamentare, poi seguirà la messa in pratica in via sperimentale, un fenomeno per il quale in altri paesi come Francia e Kenya sono già state fissate delle regole.

(Fonte: Ansa)

Intervista su TG3 Sicilia – Disabilità e Bilancio Regionale

Oggi sono stato intervistato dalla giornalista del Tg3 Raffaella Cosentino sulla situazione della disabilità in Sicilia viste le difficoltà in bilancio che sta affrontando il governo regionale. Ho espresso le perplessità e le esigenze che hanno le persone con disabilità e come utilizzo l’assegno di cura. Il servizio è andato in onda nell’edizione delle 19.30.

VIDEO

Non solo disabili, l’accessibilità di Google sarà per tutti

Il machine learning trasforma un segnale vocale in un testo o traduce il gesto in un comando. Ogni prodotto pensato per un uso facilitato

Immaginate di non poter parlare né vedere. Solo sentire i suoni. Poi vi accorgete che, premendo un bottone, potete esaudire i vostri desideri: un tocco e la musica si accenda. «Ora mio fratello è molto contento e tutta quanta la nostra famiglia può interagire con lui» racconta Lorenzo Caggioni, che ha messo a punto per il fratello Giovanni il prototipo Diva, il dispositivo che, premendo un bottone, consente di interagire senza parlare con l’assistente di Google.
«Ora siamo lavorando a un’app Action Blocks per smartphone Android – spiega Caggioni, software engineer accessibility a Google – che offre delle scorciatoie, tramite icone, per dare comandi a Google Assistant». Una soluzione che può essere utile a molte persone, non solo disabili. Google – come Apple e Microsoft – guarda non solo a quel 15% di persone, pari circa un miliardo, che sono disabili (e sono in aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione) ma anche a colo che vivono una disabilità temporanea (come una gamba rotta) o una situazione particolare (lavorare o muoversi con un bambino in braccio). «La missione dell’accessibilità è parte integrante di Google – spiega Brian Kemler, Product Manager di Android Accessibility – Tutti dovrebbero essere in grado di accedere al web e noi lavoriamo per renderlo possibile. Android è presente in 2,5 miliardi di dispositivi, quindi questo è particolarmente importante. Inoltre, come la maggior parte dei progressi effettuati nell’accessibilità, anche queste nostre tecnologie andranno a beneficio anche delle persone senza disabilità».

Ma come far in modo l’accessibilità non resti sono una enunciazione di principio? «Cerchiamo di rendere tutte le nostre piattaforme e prodotti accessibili a tutti – spiega Kemler – Un non vedente può usare Gmail e qualcuno che è sordo può usare Live Caption per capire i video che compaiono nel proprio feed di Twitter o Instagram. Inoltre, possiamo applicare i progressi del machine learning e dell’intelligenza artificiale. Per esempio, una persona sorda può usare Live Transcribe su Android per poter leggere le didascalie di una conversazione con la propria famiglia».

Cosa fa il machine learning
Un servizio utile per chi non ci sente ma anche per chi si trova in un contesto in cui l’audio va disattivato. Negli ultimi anni, l’Ai ha contribuito a far progredire l’accessibilità, ricorda il manager. Grazie agli algoritmi di machine learning, le tecnologie Google sono in grado di riconoscere i suoni e trasformare un segnale vocale in un testo scritto e viceversa, così come di riconoscere le immagini e tradurre un gesto in un comando: è il caso di Teachable Machine, che mostra come attraverso il machine learning sia semplice istruire un computer per eseguire azioni diverse a seconda della postura di chi lo usa, facilitando così le interazioni per chi ha una disabilità motoria.

Come è cambiata Google
Per arrivare a questi risultati il colosso di Mountain View ha dovuto anche pensare all’organizzazione interna. «L’accessibilità è parte integrante di ogni team di sviluppo prodotto . La missione del team centrale per l’accessibilità è di supportare il resto di Google per costruire prodotti accessibili e inclusivi. – racconta Kemler – Abbiamo membri del team con e senza disabilità. Il loro lavoro è anche guidare tutti i team di prodotto su come incorporare l’accessibilità nel processo di progettazione, costruzione e test; la creazione di strumenti automatici per i test e le analisi che i team (e gli sviluppatori esterni) possono utilizzare per verificare la presenza di problemi comuni di accessibilità; l’ascolto della comunità per sviluppare una comprensione più profonda di come sono utilizzabili i nostri prodotti e dei modi per migliorarli» spiega Kemler. La prossima frontiera è la disabilità cognitiva. Giovanni, il fratello di Lorenzo Caggioni, oltre che essere non vedente e muto ha la sindrome di Down. «L’app che stiamo progettando è solo l’inizio – aggiunge Caggioni – per arrivare a soluzioni sempre più utili e accessibili all’utente finale e ai suoi caregiver».

(ilsole24ore.it)