Crisi climatica: le persone con disabilità sono sistematicamente ignorate

Solo 35 dei 192 stati firmatari dell’Accordo di Parigi fanno riferimento ai disabili nel loro NDC

Nell’affrontare la crisi climatica, i bisogni delle persone con disabilità sono ignorati. Pochi paesi prendono provvedimenti adeguati nei loro piani di adattamento e nessuno menziona le persone con disabilità nei loro programmi per ridurre le emissioni di gas serra. Lo sostiene un nuovo rapporto intitolato “Disability Inclusion in National Climate Commitments and Policies”, pubblicato pochi giorni fa.

Le persone con disabilità sono tra le più vulnerabili rispetto agli impatti del cambiamento climatico, in parte a causa della natura delle loro disabilità e anche per lo svantaggio sociale che spesso le accompagna.

Il rapporto è stato elaborato congiuntamente dal “Disability Inclusive Climate Action Research Program della canadese  McGill University e dall’International Disability Alliance”, e fornisce un’analisi sistematica dell’inclusione delle persone con disabilità e dei loro diritti negli impegni e nelle politiche sul clima adottati dagli Stati che hanno aderito all’Accordo di Parigi.

La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ribadisce gli obblighi fondamentali dovuti dagli Stati alle persone con disabilità ai sensi del diritto internazionale. La sezione 2 esamina se e come gli Stati abbiano riconosciuto le persone con disabilità e i loro diritti nelle loro comunicazioni all’UNFCCC e nelle loro politiche interne di adattamento e mitigazione del clima. La sezione 3 fornisce le raccomandazioni per migliorare l’inclusione della disabilità nella definizione delle politiche climatiche nazionali.

L’Accordo di Parigi del 2015 parla chiaro: i Paesi sono stati chiamati a delineare le azioni per il clima intendono intraprendere sotto forma di contributi determinati a livello nazionale (INDC). Si tratta di sforzi che ciascun Paese intraprende per ridurre le emissioni e adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici. Gli NDC devono essere presentati dagli Stati ogni cinque anni.

Lo studio ha rivelato che solo 35 dei 192 stati firmatari dell’Accordo di Parigi fanno riferimento ai disabili nel loro NDC,  e addirittura Etiopia e Uganda hanno eliminato i riferimenti alle persone con disabilità che erano inclusi nell’INDC dei loro rispettivi Paesi.

Nei casi in cui la disabilità sia stata inclusa negli NDC, è avvenuto principalmente per indicare la vulnerabilità delle persone con disabilità agli impatti dei cambiamenti climatici o per segnalare la necessità della loro inclusione, senza fornire misure concrete per migliorare la loro resilienza e capacità di adattamento. Inoltre, non ci sono riferimenti alla disabilità nella politica di mitigazione del clima di nessuno Stato Parte.

Crisi climatica
L’uragano Sandy. Crediti NASA

Le lezioni del passato non sono servite: quando l’uragano Sandy arrivò nel 2012, molte persone in sedia a rotelle sperimentarono enormi problemi legati soprattutto all’evacuazione dalle aree allagate. Un gruppo di disabili citò in tribunale il comune di New York chiedendo conto della carenza di rifugi pubblici accessibili alle sedie a rotelle.

Non solo denuncia: le proposte per coinvolgere le persone con disabilità nella lotta ala crisi climatica

Lo studio non è solo un atto di denuncia ma fornisce anche delle proposte per arrivare a un miglioramento della situazione. Tra queste vi è la richiesta di garantire la partecipazione significativa, informata ed efficace delle persone con disabilità ai processi decisionali e politici in materia di clima; garantire che i diritti delle persone con disabilità siano rispettati, protetti nella progettazione, sviluppo, attuazione, monitoraggio e valutazione di tutte le politiche climatiche; adottare e attuare politiche di adattamento ai cambiamenti climatici inclusive della disabilità che migliorino la resilienza delle persone con disabilità ai diversi impatti climatici; adottare e attuare politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici inclusive della disabilità che consentano alle persone con disabilità di contribuire e beneficiare degli sforzi per decarbonizzare le società;

adottare una prospettiva intersezionale verso un’azione per il clima che includa la disabilità che riconosca e affronti le molteplici barriere affrontate da donne con disabilità, bambini, popolazioni indigene, individui razzializzati e anziani; persone con disabilità che vivono in povertà; e gruppi sottorappresentati di persone con disabilità, come persone con disabilità intellettiva, adottare un approccio inclusivo della disabilità alla cooperazione internazionale nel campo dei cambiamenti climatici; sostenere le misure per garantire l’inclusione significativa delle persone con disabilità e dei loro diritti umani nell’ambito dell’UNFCCC, anche nel contesto dell’istruzione in materia di clima, del rafforzamento delle capacità, della formazione e della partecipazione pubblica e attraverso una serie completa di misure per garantire che gli Stati adottino soluzioni inclusive della disabilità alla crisi climatica. ( iconaclima.it )

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Parole di Carta: Il pensiero laterale

Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione

Il coraggio di una donna che fa del problema la soluzione. Il pensiero laterale.

Una difficoltà che si presenta improvvisa e imprevista disorienta, quasi facesse deragliare dal percorso consueto.
Abbattersi e farsene travolgere o reagire? La risposta potrebbe sembrare scontata ma in realtà non lo è.

Non è così facile infatti a volte riuscire a riprendere in mano le redini per scavalcare l’ostacolo e proseguire il cammino.
C’è chi con difficoltà anche importanti è costretto a convivere stabilmente, come chi ha una disabilità.

Ne parliamo con Margherita Rastiello, mamma con disabilità che, insieme ad altre donne fa parte del gruppo Disabilmente Mamme impegnato nel sociale, in particolar modo nel sostegno a donne con disabilità che combattono per poter condurre una vita serena e appagante come donne e come madri e, anche per questo, presente su Facebook e Youtube. Il confronto tra chi ha vissuto o vive esperienze simili, infatti, può aiutare a trovare diverse soluzioni che poi è necessario comunque far proprie.

Non dovrebbe essere necessario condurre battaglie per tutelare i propri diritti, ma purtroppo ancora lo è, in molti settori. Come nello spirito di questa rubrica, chiediamo a Margherita di raccontare di come nel quotidiano sia riuscita a organizzarsi per poter fare quante più cose in autonomia, nella speranza di essere d’aiuto a chi sta cercando una soluzione in questo senso.

Prima di parlarci di sé, Margherita ci tiene a precisare come quella che può essere una soluzione per qualcuno può non esserlo per qualcun altro, anche se si parte dalla medesima condizione, ad esempio dallo stesso tipo di disabilità. L’importante è non scoraggiarsi ma impegnarsi nella risoluzione del problema tenendo conto dei consigli di chi ci è passato ma anche della propria individualità e dell’ambiente di riferimento.

IL CONSIGLIO

Talvolta quello che a prima vista sembra un problema può invece trasformarsi nella soluzione – afferma Margherita – Ad esempio per accedere a casa mia ci sono numerosi gradini. Ovviamente sono una barriera architettonica ma la necessità m’ha spinta a non farla diventare anche una barriera mentale; anzi sforzandomi di trovare un modo per salire e scendere in sicurezza, quell’ostacolo s’è trasformato nella mia terapia. Per la mia esperienza, posso dire che è necessario pensare a una soluzione nel momento in cui si presenta il problema. Per aggirare l’ostacolo è opportuno applicare quello che definisco “pensiero laterale”.

Quando le chiediamo di chiarirci il concetto, lo fa ricorrendo a esempi concreti: “Quando ero piccola si parlava poco di disabilità, nessuno dava consigli. I miei genitori si sono trovati ad affrontare tutto da soli e, così, hanno imparato e m’hanno insegnato a valutare di volta in volta quale potesse essere il percorso migliore per non farsi bloccare dalle difficoltà che via via si presentavano.

Pensiero laterale
esempio di pensiero laterale

Oggi cerco di vivere appieno la mia vita di mamma e moglie con gli accorgimenti più congeniali per me. Quando vado in un posto nuovo mi studio prima la mappa mentale, ossia mi faccio mandare le foto, soprattutto del bagno e della camera da letto, in modo da capire se il posto sia realmente adatto a me e mi preparo per potermi muovere in questo spazio senza dovere, per quanto possibile, chiedere aiuto ad altri. Un consiglio che mi sento di dare è quello di domandare sempre se ci siano barriere architettoniche non evidenti dalle foto, cosa che spesso accade.

A primo impatto si può pensare che gli spazi ampi siano i più adatti a chi ha una disabilità. Non sempre invece è così. Spiega Margherita: “Io mi muovo meglio in uno spazio non ampio, mi sento più sicura perché ho degli appigli. Vale soprattutto per il bagno. Anche in questo caso organizzarsi preventivamente fa la differenza; per la doccia, ad esempio, è bene preparare prima ciò che serve e porlo alla giusta distanza in modo da averlo a portata di mano, disponendo anche tovaglie e vestiti per strati e mettendo sopra ciò che servirà per primo.

Per quanto concerne la camera da letto, per me è importante che il letto non sia alto, in modo che possa salire e scendere da sola. Ciò non significa che in caso di bisogno non si debba chiedere aiuto, anzi è assolutamente giusto e doveroso farlo soprattutto per garantire a se stessi l’incolumità e a chi ci è vicino la serenità. Adesso che da due anni sono diventata mamma, poi, mi sento doppiamente responsabilizzata in questo senso, perché so che per star bene per mio figlio non devo essere imprudente.

Alla domanda se dopo l’età scolare sia più prudente continuare a vivere in famiglia o provare a gestire da soli la propria vita Margherita risponde: “Anche queste sono scelte personali. Il distacco dalla famiglia d’origine è sempre un salto nel buio, in particolar modo quando si devono affrontare disagi quotidiani che altri non hanno. Io ho fatto la scelta di andare a studiare fuori e abitare alla Casa dello studente. Sono stata supportata all’inizio da un’educatrice che mi ha insegnato a muovermi in autonomia in quel contesto per me sconosciuto.

Mi aiutava con dei promemoria scritti che affiggevamo ad esempio sugli elettrodomestici. Alla lunga ho imparato seguendo le sue istruzioni ma, per sicurezza, non ho tolto i promemoria. Pare sia stata la decisione giusta perché diversi miei compagni di studi, anche loro fuori dalla famiglia per la prima volta, ne hanno usufruito.

Amare qualcuno significa proteggerlo, ma a volte dovremmo fare un passo indietro e consentire a chi amiamo di fare le proprie esperienze, ovviamente con prudenza. Margherita conclude aggiungendo a tal riguardo: “La Casa dello studente per me è stata una palestra di vita. Lì ho imparato tante delle autonomie che adesso mi porto dietro nella mia vita di moglie e mamma. Tra le prime, tagliare una panino da sola; per quando non ce la faccio, perché più stanca o perché il pane è più duro, mi sono organizzata tenendo sempre in dispensa del pan carré o del pane confezionato già tagliato e degli affettati. Ho capito che solo vivendo direttamente il problema posso risolverlo.

Così ho imparato a usare le mollette per i panni per chiudere i pacchi di alimenti aperti, a stendere la biancheria appoggiandomi al muro con lo stendino davanti, a piegarla stando seduta sul letto o appoggiando tutto su una scrivania. Ho capito che per cucinare in sicurezza e mangiare senza problemi devo evitare di gettare gli alimenti nell’olio caldo e preferire la pasta corta, che devo privilegiare il fornetto a microonde perché è piccolo e posto in alto, piuttosto che il forno classico per usare il quale rischio di sbilanciarmi. Piccoli, significativi accorgimenti che fanno la differenza, almeno nel mio caso.

Come ci insegna Margherita, ciascuno ha i propri limiti ma il “pensiero laterale”, la ricerca di come aggirare l’ostacolo e la voglia di non mollare sono la strada per individuare la soluzione, senza scoraggiarsi davanti ai primi fallimenti perché sono proprio quelli i migliori maestri nel cammino verso l’autodeterminazione.

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CAP 90036: La storia di Rita diventata Caregiver improvvisamente

“CAP 90036” è una rubrica dedicata alle vostre “lettere“. La storia di questa settimana è tratta dalla lettera che ci ha inviato Rita che improvvisamente da nipote è diventata caregiver della zia. Parola, caregiver, che come lei stessa racconta sconosceva.

Mi chiamo Rita, ho 41 anni e vorrei raccontarvi la mia esperienza. Non avrei mai immaginato che la vita della mia famiglia potesse cambiare così radicalmente. Fino a l’anno scorso non conoscevo nemmeno l’esistenza della parola “caregiver” e adesso lo sono diventata.

Tutto inizia ad aprile 2021 quando noto dei cambiamenti di personalità in mia zia di 68 anni. Urla sempre più spesso e reagisce in maniera spropositata a quelli che in realtà sono solo dei piccolissimi problemi. Col tempo tutto ciò si accentua ma imputo il problema alla morte di sua madre, ovvero mia nonna, pensando sia una normale reazione al lutto, fino a quando insieme a mia madre non chiediamo aiuto ad un medico.

Dopo varie cure rivelatesi inutili, si procede a un ricovero dal quale emerge una demenza vascolare. A distanza di un anno la sua situazione è notevolmente peggiorata tanto da doverla trasferire in una struttura che le assicuri cure più adeguate di quelle che possiamo offrirle noi.

Caregiver

Non avrei voluto tutto ciò e nonostante la nostra vita nell’ultimo anno si sia fermata per aiutare mia zia, avrei preferito tenerla in casa con me. Adesso soffro della sindrome di burnout del caregiver essendo stato per me troppo impegnativo il carico morale e fisico di prestare assistenza a mia zia ormai diventata aggressiva a causa della malattia.

Vederla cambiata provoca in me una forte sofferenza. Notare che dimentica gli avvenimenti recenti mi distrugge. Non lo accetto. In questo doloroso cammino siamo state aiutate da un medico che continuerà a seguire mia zia nella sua struttura privata.

Fortunatamente c’è stato lui al nostro fianco. Ci saremmo sentite molto più sole e confuse senza il suo aiuto. Spero che anche le altre famiglie trovino qualcuno disposto ad aiutarle perché tutto ciò non si può affrontare da soli.

Non sentiamo di avere risolto la situazione, perché effettivamente una soluzione non c’è e ci vorrà del tempo per metabolizzare ma l’importante è il benessere di mia zia. Il resto credo verrà da sé.

Per le vostre lettere a CAP 90036 scrivete a lavoriamoinsiemeblog@gmail.com o la sezione “Contatti” del blog. Grazie.

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Università, pubblicata prima indagine Anvur sugli studenti disabili

Saliti a quasi 40mila, rappresentano il 2% del totale ed il 52% sono ragazze. Il presidente dell’Agenzia Uricchio: “Abbiamo voluto rilevare i loro bisogni e fotografare i servizi offerti dalle università”

Sale il numero degli studenti con disabilità che si iscrivono nelle università italiane. E a fotografare per la prima volta chi sono, di cosa hanno bisogno, qual’è lo stato della didattica e dei servizi offerti è stata l’Anvur, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema universitario e della Ricerca, che è anche andata a ‘fare le pulci’ anche su quanto si spende nel nostro paese – fra governo e atenei – per sostenere i giovani universitari disabili.

Dalla foto scattata dall’Anvur ora sappiamo che sono ormai quasi 40mila (36.816) gli studenti italiani con disabilità o con Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) che nell’anno accademico 2019-2020 risultavano iscritti ai corsi di laurea e post-laurea: il 2% del totale degli studenti. Il 71% degli studenti disabili è iscritto ai corsi triennali, il 15% ai corsi magistrali e l’11,6% ai corsi magistrali a ciclo unico. Tra coloro che proseguono nei corsi post-laurea, 94 sono iscritti anche al dottorato.

Dal Rapporto dell’Anvur “Gli studenti con Disabilità e Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) nelle Università Italiane, una risorsa da valorizzare” presentato a Roma, nella Sala degli Affreschi della sede nazionale della Conferenza dei Rettori Italiani, emerge inoltre che la componente femminile è maggioritaria (52%) e la sua incidenza cresce man mano che si innalza il livello di studio, passando dal 51,7% nei corsi triennali, al 58,6% nei corsi magistrali a ciclo unico, al 70,3% nei master di primo e secondo livello.

Questo primo rapporto è uno strumento estremamente utile che potrà affiancare quelli esistenti e guidare la definizione e l’aggiornamento delle politiche in materia di diritto allo studio in favore degli studenti con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento” ha rilevato la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, intervenuta alla presentazione della ricerca.

Allo stesso tempo – ha sottolineato Messa – questo lavoro restituisce la fotografia di un sistema universitario che su questo fronte è attento, attivo e realmente impegnato nell’estendere, anche al di fuori delle mura degli atenei, la cultura dell’inclusione e la personalizzazione dei servizi”.

La ministra ha rilevato inoltre che “le università fanno molto per l’orientamento specifico, per il supporto alla didattica, per il counseling, per migliorare l’accessibilità dei servizi, ma lo scorso anno abbiamo destinato come Ministero, per fronteggiare le difficoltà legate all’emergenza, ulteriori 50 milioni di euro proprio per il co-finanziamento di attività di orientamento e tutorato a beneficio degli studenti che necessitano di azioni specifiche per promuovere l’accesso ai corsi della formazione superiore e alle azioni di recupero e inclusione. Il diritto allo studio per tutti è la nostra priorità“.

Università, presentazione indagine Anvur

Il presidente di Anvur, Antonio Felice Uricchio, ha espresso “piena soddisfazione per la pubblicazione del rapporto e soprattutto per l’impegno profuso dall’agenzia in collaborazione con la Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità (Cnudd) nel rilevare bisogni e stato dei servizi in favore degli studenti universitari con disabilità“.

Auspichiamo che le informazioni raccolte sull’accessibilità degli ambienti, sui trasporti, sulle tecnologie adoperate nella didattica, sull’accesso ai servizi possano essere preziose sia per le istituzioni che hanno partecipato alla rilevazione sia per i due Ministeri- Università e Disabilità – peraltro particolarmente impegnati nel promuovere politiche attive protese a dare effettività al diritto allo studio” ha rilevato Auricchio.

Alla presentazione del Rapporto, hanno partecipato anche il direttore dell’Anvur, Daniele Livon, ed il presidente della Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità (Cnudd), Alberto Arenghi, ed i componenti del gruppo di lavoro incaricato di redigere il rapporto: Adriano Scaletta (Coordinatore del Gruppo, Anvur), Fabio Ferrucci (docente Università del Molise), Lucia Mason (docente Università di Padova), Francesco Alberto Comellini (Mur), Giancarlo Tanucci (docente Università di Bari), Elio Borgonovi (docente Sda Bocconi), e Guido Migliaccio (docente Università del Sannio).

Il Rapporto dell’Anvur sottolinea che a fronte della maggioranza di studentesse con disabilità nei corsi di dottorato invece prevale la componente maschile, che è del 55,3%. Ed un dato “assolutamente inedito” che arriva dall’Anvur è quello relativo alla distribuzione degli studenti nelle diverse aree disciplinari dei corsi di studio. La maggior parte di loro è iscritta ai corsi di area sociale (35,4%) e di area scientifica (30,1%), seguiti da quelli dell’area umanistica (22,9%) e, a distanza, dall’area sanitaria (10%). Anche gli 11.385 immatricolati hanno sostanzialmente seguito le orme di chi li ha preceduti nella scelta dei corsi universitari.

Ma è proprio tra gli immatricolati che si manifestano i segnali del cambiamento più significativo in atto nelle università italiane: la rapida crescita degli studenti con Dsa che, in termini quantitativi hanno ormai superato gli studenti con disabilità. Il 60% degli immatricolati ai corsi di studio triennali e il 51% degli immatricolati ai corsi magistrali a ciclo unico sono studenti con Dsa. Il fenomeno è particolarmente accentuato negli atenei del Nord-Ovest e del Nord-Est dove gli studenti con Dsa, rappresentano, rispettivamente il 76,5% e il 65,2% del totale degli immatricolati.

Gli analisti dell’Anvur sottolineano che si tratta comunque di un trend in crescita anche tra gli immatricolati delle altre aree geografiche. La rilevazione ha riguardato anche i corsi ad accesso programmato che prevedono delle prove selettive per l’ammissione. Nell’a.a. 2019-20 vi hanno partecipato 3.459 studenti con disabilità e 6.409 studenti con Dsa facendo registrare una percentuale di superamento del 74,8% nel primo caso e del 64% nel secondo caso.

Performance al di sopra del dato medio complessivo sono state ottenute da entrambi i gruppi di studenti nelle prove di accesso ai corsi di area umanistica, mentre risultati al di sotto della media riguardano i corsi di area sanitaria. Gli studenti che hanno completato il percorso di studi (triennale, magistrale o magistrale a ciclo unico) sono stati 3.589. Il 38% si è laureato in corsi di area sociale, il 29,7% di area scientifica, il 20 di area umanistica e l’11,2% di area sanitaria. (adnkronos.com)

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Sconti benzina 2022 per disabili ai sensi della legge 104: quanto si risparmia e dove

Sconti benzina 2022 per i disabili. Quanto si risparmia e dove con il progetto «Self per tutti», per fare benzina con l’aiuto dell’operatore al prezzo del self-service. Le novità sulla legge 104.

Legge 104, sconti benzina per disabili anche nel 2022.

Prosegue anche quest’anno l’iniziativa promossa nel febbraio 2020 dalle associazioni che difendono i diritti dei disabili in accordo con i rappresentanti dei distributori di carburanti e che consente alle persone con difficoltà motorie di fare benzina con l’aiuto dell’operatore beneficiando del prezzo del self-service.

Una sorta di self-service assistito, insomma, e nonostante possa apparire come una contraddizione in termini, grazie al Protocollo d’intesa “Self per tutti” finalmente anche i disabili possono usufruire degli sconti quando fanno il pieno.

Sono oltre 430 le stazioni di servizio che hanno aderito all’iniziativa, sia sulla viabilità stradale che autostradale, distribuite sull’intero stivale.
È senza dubbio un passo avanti verso le pari opportunità e una società più inclusiva nei confronti delle persone con disabilità.

Legge 104, sconti benzina 2020 per disabili

A partire da febbraio 2020 i disabili hanno diritto a sconti sulla benzina grazie al Protocollo d’intesa “Self per tutti”, sottoscritto il 3 dicembre scorso tra la FAIP Onlus (Federazione delle Associazioni Italiane delle Persone con lesione del midollo spinale), da Unione Petrolifera, e dai gestori rappresentati dalle Associazioni di categoria FAIB Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio.

Benzina per tutti

Grazie all’accordo, i disabili con difficoltà motorie e i cargivers potranno usufruire degli sconti del self-service, anche se verranno assistiti dal personale della stazione di servizio.
Sono più di 430 le pompe di benzina, anche in autostrada, delle associate ENI, Q8 e Tamoil, che hanno aderito all’iniziativa.

Si tratta di un progetto che punta alla promozione e al sostegno dell’inclusione sociale, le pari opportunità e l’accesso ai servizi per le persone con disabilità, anche nel semplice contesto della pompa di benzina.
Ciò consente un risparmio (anche fino a 10 centesimi al litro) anche se non è il disabile stesso a eseguire il rifornimento.

Ricordiamo che questi incentivi non spettano solo al disabile, ma si estendono anche ai familiari che se ne prendono cura, i cosiddetti caregivers.
Per quanto riguarda l’acquisto dell’auto, i benefici di cui si può usufruire tramite la legge 104 sono la detrazione IRPEF del 19% della spesa sostenuta per comprare la macchina l’IVA agevolata, quindi al 4%, invece di quella ordinaria del 22%.

Sconti benzina 2022 per disabili grazie al «Self per tutti»: ecco come fare

Sul sito dell’Unione Petrolifera è possibile consultare un elenco, aggiornato a febbraio 2020, di tutte le pompe di benzina e stazioni di servizio che hanno aderito in tutta Italia, diviso per regioni e città, con tanto di indirizzo.

In ogni caso, gli impianti di distribuzione carburanti aderenti all’iniziativa saranno caratterizzati da apposito logo, predisposto in modo ben visibile e a cura dei titolari degli impianti stessi, così che l’identificazione avvenga in modo rapido.
Per accedere agli sconti benzina disabili 2022 non c’è bisogno di fare domanda o riempire alcun modulo.

Basta solo recarsi presso una delle stazioni di servizio che aderiscono all’iniziativa: innanzitutto, il personale identificherà lo stato di disabilità del richiedente, e poi fornirà assistenza nel rifornimento, senza che venga perso lo sconto di solito effettuato per la modalità self-service.

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Siblings, il supporto condiviso di fratelli e sorelle di persone con disabilità

In tutta Italia gruppi ed iniziative dedicate ai siblings, i fratelli e le sorelle di persone con disabilità, per condividere le esperienze comuni, affrontare al meglio qualsiasi situazione e scoprire nuove risorse

Come vivono i fratelli e sorelle delle persone con disabilità? Come costruiscono i rapporti familiari? E come percepiscono, soprattutto nell’infanzia, l’avere vicino una persona con esigenze diverse? La Giornata Mondiale dei Fratelli, che in Italia si festeggia il 31 maggio, offre l’occasione per riflettere su questo tipo di rapporti, che possono passare per fasi alterne e mutevoli: dall’iniziale rifiuto alla piena accettazione, fino allo sviluppo di maggiore empatia e senso di responsabilità, che può avvenire solamente attraverso un processo di coinvolgimento e consapevolezza che i genitori dovrebbero favorire sin dall’infanzia.

Siblings, l’importanza di un aiuto condiviso

Negli anni i fratelli e le sorelle di persone con disabilità si sono uniti e organizzati per aiutarsi a vicenda ed uscire dall’ombra, anche emotiva, nella quale rischiavano di finire, a discapito non solo dell’equilibrio familiare, ma anche dello stesso rapporto tra “siblings”, termine anglosassone che indica con una sola parola il fratello e la sorella, in particolare di persone con disabilità.

I dati a disposizione non sono ancora sufficienti per avere un quadro completo della situazione, anche se ci si può fare un’idea a partire da quelli forniti dall’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù sui rare siblings: oltre il 5% dei bambini e dei ragazzi con meno di 16 anni in Italia sono fratelli o sorelle di bambini con una malattia rara, ovvero quasi 450 mila giovani.

Rispetto a quarant’anni fa l’attenzione che viene rivolta ai bisogni dei siblings è aumentata molto”, racconta Annamaria Scioti, coordinatrice della Casa dei Siblings di Bergamo, che dal 2018 organizza gruppi di parola e di ascolto per tutte le età su iniziativa del consultorio familiare Scarpellini e dell’associazione Abitare Le Età onlus. “Un tempo la famiglia rischiava di collassare attorno alla disabilità: spesso la madre era costretta a lasciare il lavoro e gli altri figli rischiavano di sviluppare problemi psicologi importanti per il mancato riconoscimento dei loro bisogni”. 

Empatia e meno rivalità, quando la crescita è resiliente

Con gli anni e con l’esperienza si è invece capito che questo rapporto di fratellanza può diventare una risorsa. Stando a diversi studi scientifici, infatti, chi ha un fratello o una sorella con bisogni speciali cresce con “un tasso superiore di empatia, capacità di insegnamento e vicinanza”. Le diverse ricerche, tra cui quella condotta di recente dalle università israeliane di Tel Aviv e Haifa, evidenziano anche un “livello inferiore di conflitto e di rivalità rispetto a chi ha fratelli normodotati”.

Si potrebbe parlare di una maggiore capacità di resilienza, usando una parola entrata recentemente nel nostro vocabolario quotidiano, ovvero una maggiore abilità nell’affrontare eventi traumatici e difficoltà.

I siblings – aggiunge  Annamaria Scioti – affrontano alcune sfide aggiuntive rispetto a quelle fisiologiche che fanno parte della crescita di un bambino fratelli o sorelle. Questo può condurre a scenari molto diversi all’interno di un continuum: da un lato si rischia di sviluppare condizioni traumatiche, e nei casi più estremi psicopatologiche, dall’altro si può invece raggiungere una particolare condizione di benessere, se si riesce ad elaborare i propri vissuti e a sviluppare specifiche capacità adattive, che permettono l’incremento di abilità sociali e relazionali”.

Condividere e confrontare esperienze comuni

Tra i pionieri in questo ambito c’è anche il Comitato Siblings Onlus, attivo dal 1997 a Roma. “L’attività principale – spiega a Giulio Iraci, tra i fondatori e segretario del gruppo –  è la promozione di gruppi di auto mutuo aiuto, oltre che la partecipazione a seminari e convegni e la collaborazione con enti e istituzioni”, come l’Istituto Superiore di Sanità. Lo scopo finale è quello di creare occasioni per condividere e confrontare esperienze comuni e aiutare le famiglie attraverso lo scambio di informazioni utili ed idee.

Foto Comitato Siblings Onlus
Foto: Comitato Siblings Onlus

I gruppi di mutuo aiuto nascono in contesti informali: di solito ci si riunisce a turno nelle abitazioni di chi può ospitare questi incontri. La scelta di ritrovarsi in casa non è un fattore secondario: aiuta a creare la giusta atmosfera e, di solito, bastano pochi minuti per instaurare un rapporto di fiducia ed empatia. Si capisce subito che ci si può raccontare liberamente perché si è di fronte a persone che vivono le stesse situazioni”, spiega Iraci, che si occupa da anni del fratello Francesco, con sindrome di Down.

Durante e dopo di noi, un percorso per arrivare preparati

I siblings hanno contribuito anche ad ampliare e modificare il concetto del “dopo di noi”, con il quale si indicano le problematiche relative al futuro, quando i genitori non saranno più in grado di aiutare e prendersi cura dei figli con disabilità. Non solo: “Siamo stati tra i primi a parlare anche del ‘durante noi’ – spiega Iraci -. Riguarda i genitori, che hanno la possibilità di capire se il figlio con disabilità può percorrere una strada autonoma, che non implichi l’assistenza continua, ma anche gli altri figli, che possono condividere il percorso di crescita del fratello con disabilità, in modo che ci sia un coinvolgimento graduale e non improvviso”.

Realizzazione personale e sostegno familiare: due strade unite

Se qualcuno pensa che il rapporto tra siblings sia basato su pietismo o rinunce si sbaglia. Certo, il senso di colpa che sorelle e fratelli possono provare nel sentirsi inadeguati non è così raro, ma ogni situazione è diversa: “Bisogna trovare un equilibrio tra le aspettative che si hanno sulla propria vita e le esigenze del proprio fratello”, conclude Iraci. “Io ho fatto in modo di stare vicino al mio, senza rinunciare a portare avanti il mio percorso professionale e di coppia. È stando bene con noi stessi che possiamo essere veramente di aiuto e di sostegno. Non è nella privazione che si aiuta l’altro, ma nella soddisfazione di entrambe le esigenze di vita”. (startupitalia.eu)

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CAP 90036: La rinascita di Nadia, da disabile a influencer

“CAP 90036” è una rubrica dedicata alle vostre “lettere“. La storia di questa settimana è stata raccolta da Rosanna Ingrassia
Mi chiamo Nadia ho una disabilità fisica molto evidente. L’ho sempre combattuta, non la volevo accettare e questo mi portava a limiti ancor più grandi. Non mi rendevo conto che con gli strumenti giusti (rifiutando addirittura le protesi) sono cresciuta sempre con il pregiudizio addosso. Tutto era un “no”, “non puoi riuscirci”, “non fa per te”. E tutti quei no si erano radicati in me.

Non mi sono mai mancati gli amici, l’affetto di una famiglia, di quello ne ho avuto e continuo ad averne a dismisura. Mi mancava però la grinta, quella che da piccolina mi faceva emergere nonostante la mia situazione. Poi ho deciso finalmente di fare qualcosa per me, di abbracciare la mia condizione e di accettarla chiedendomi “cosa posso fare per migliorare”?

Così ho deciso di rifare la protesi alla gamba, perché avevo un obiettivo comune a tutte le donne: indossare i tacchi. Quando arrivai al centro ortopedico Roga la prima persona che incontrai fu Rosario che mi accolse subito con enorme entusiasmo facendomi sentire subito a casa. Ricordo ancora che mi chiese quale fossero i miei obiettivi e gli dissi subito che volevo indossare i tacchi e lui un po’ titubante accolse la sfida.

Ho iniziato, quindi, anche un percorso ortopedico riabilitativo circondata da straordinarie persone che mi hanno mostrato tutte le possibilità che in realtà avevo e non più i miei limiti. Sono state giornate che porterò per sempre nel mio cuore fatte di tante risate, tanto lavoro, scherzi e soprattutto tanto affetto che mi hanno permessa di acquistare fiducia in me stessa con la consapevolezza della mia unicità ho imparato ad amarmi.

Nadia

Adesso mi sento completa, mi vedo più donna e cerco ogni giorno di incoraggiare gli altri attraverso i social, per valorizzare i propri punti di forza. Poi casualmente nel mio cammino entra la mototerapia, faccio parte anche di una associazione che si chiama “MOTORLIFE” diventandone addirittura vicepresidente.

Sembra assurdo (non ci credevo nemmeno io) che moto e disabili potessero incontrarsi e buttare giù ogni barriera con il solo scopo di portare un po’ di sorrisi e, perché no, anche un po’ di forza a quei bambini che ad oggi lottano contro brutte malattie. Nel frattempo mi diverto in moto anch’io!

Oltre al motocross un’altra mia grande passione è il fitness, altro grande obiettivo raggiunto alla grande visto la mia disabilità. Per tante persone era impossibile fare palestra ma ci sono riuscita. Voglio trasmettere il messaggio che lo sport deve essere di tutti e nessuno lo dovrebbe ostacolare.

Sogno di far parte del mondo della moda per portare un’altro modello di femminilità, scardinare quello di perfezione affinché ogni donna possa sentirsi bella e a proprio agio con il proprio corpo. Sono un’amante del make-up e dell’estetica femminile. Per me è molto importante mostrare che, a prescindere di una disabilità, si può essere comunque belle e femminili valorizzando i propri punti di forza.

Oggi mi sono costruita un vero e proprio lavoro nel settore della comunicazione diventando una vera e propria Influenzer che cerca di fare sensibilizzazione sul tema disabilità e cerca di dimostrare che nulla è impossibile. Ho iniziato a utilizzare i social network come Instagram e TikTok e ho capito che le persone sono molto sensibili a certi argomenti. Pensate che su TikTok ho raggiunto e superato 500000 followers ricevendo anche i complimenti da una certa Chiara Ferragni.

Oggi so che la mia storia può aiutare tanta gente a rialzarsi a vedere nuovamente una speranza. E di questo ne sono felicissima.

La rinascita di Nadia – Rosanna Ingrassia

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Apple: in arrivo nuove funzioni per aiutare le persone con disabilità

Da Apple avanzate funzioni software in grado di offrire alle persone con disabilità nuovi strumenti per orientarsi, tenersi in forma, comunicare e tanto altro

Apple ha presentato nuove funzioni software che offrono alle persone con disabilità nuovi modi per orientarsi, comunicare e sfruttare al massimo i prodotti dell’azienda americana.

Grazie a varie innovazioni hardware, software e di intelligenza artificiale, le persone cieche o ipovedenti potranno usare i loro iPhone e iPad per percorrere gli ultimi metri fino a destinazione con Door Detection; chi ha disabilità fisiche o motorie potrà contare su funzioni come Controllo vocale e Controllo interruttori per gestire completamente l’Apple Watch dal proprio iPhone; inoltre persone sorde e con difficoltà uditive potranno seguire i sottotitoli in tempo reale (Live Captions) su iPhone, iPad e Mac.

Queste funzioni saranno disponibili entro la fine dell’anno attraverso aggiornamenti software sulle piattaforme Apple.

Rilevamento Porta per le persone cieche o ipovedenti

Apple sta lanciando Door Detection, una funzione all’avanguardia per aiutare le persone cieche o ipovedenti ad orientarsi. Door Detection può aiutare l’utente a localizzare una porta quando arriva in un luogo nuovo e a capire quanto è distante, descrivendone inoltre le caratteristiche, per esempio se è aperta o chiusa. Se la porta è chiusa, l’utente può sapere se si apre a spinta, girando un pomello o tirando una maniglia.

Inoltre può leggere i segni e i simboli intorno alla porta, per esempio il numero di una stanza in un ufficio o un simbolo di ingresso per disabili. Questa nuova funzione unisce la potenza della tecnologia LiDAR, della fotocamera e del machine learning on-device e sarà disponibile su iPhone 13 Pro, iPhone 13 Pro Max, iPhone 12 Pro, iPhone 12 Pro Max, iPad Pro 11″ (seconda e terza generazione) e iPad Pro 12,9″ (quarta e quinta generazione).

Door Detection sarà disponibile nella nuova modalità Detection Mode di Lente di ingrandimento, l’app integrata di Apple per persone cieche o ipovedenti.

Migliorare le funzioni di accessibilità per le disabilità fisiche e motorie su Apple Watch

Apple Watch

Apple Watch diventa più accessibile per le persone con disabilità fisiche e motorie grazie alla duplicazione dello schermo, che permette di controllare l’orologio da remoto usando un iPhone abbinato. Con la duplicazione dello schermo, l’utente può controllare l’Apple Watch usando le funzioni per l’accessibilità di iPhone, come Controllo vocale o Controllo interruttori, e usare input come comandi vocali, azioni sonore, rilevamento della testa o interruttori esterni Made for iPhone, invece di toccare il display.

Grazie alle azioni rapide su Apple Watch, basta pizzicare due volte lo schermo per rispondere a una chiamata o terminarla, ignorare una notifica, scattare una foto, riprodurre o mettere in pausa contenuti multimediali nell’app In riproduzione, e avviare, mettere in pausa o riprendere un allenamento. Le azioni rapide si basano sulla tecnologia usata in AssistiveTouch su Apple Watch, che permette all’utente con disabilità agli arti superiori di controllare l’orologio con gesti come chiudere la mano o pizzicare, senza dover fare tap sul display.

Live Captions arriva su iPhone, iPad e Mac per le persone sorde o con difficoltà uditive

Live Caption

Apple introdurrà Live Captions (sottotitoli automatici) su iPhone, iPad e Mac per le persone sorde o con difficoltà uditive. L’utente potrà seguire più facilmente qualsiasi contenuto audio, non solo quando è al telefono o su FaceTime, ma anche quando utilizza app di video conferenze o social network, guarda contenuti multimediali o parla con la persona accanto. Per semplificare la lettura, è anche possibile regolare le dimensioni del testo.

Su FaceTime, Live Captions associa il dialogo trascritto automaticamente ai diversi partecipanti, così le chiamate di gruppo sono ancora più comode per chi ha difficoltà uditive. E quando viene usata per le chiamate su Mac, si può scegliere di digitare una risposta e di farla leggere ad alta voce in tempo reale per le altre persone che partecipano alla conversazione.

Altre funzioni

  • Riconoscimento suoni: questa funzione può essere personalizzata in modo da riconoscere suoni specifici dell’ambiente di una persona, per esempio l’allarme di casa, il campanello o gli elettrodomestici.
  • Tocco posteriore su iPhone permette agli utenti di aggiungere una scorciatoia alle funzioni di accessibilità. In questo modo, invece di trovare una funzione in un menù, gli utenti possono richiamarla toccando due volte il retro dell’iPhone.
  • Conversation Boost (Personalizzazione dei livelli audio) per AirPods Pro aiuta gli utenti a sentire meglio le conversazioni. Concentrandosi sulla voce della persona che si ha di fronte, gli AirPods Pro rendono più facile distinguere il discorso e seguire le conversazioni faccia a faccia.
  • Avvisi sensoriali: questa funzione ti permette di scegliere la modalità di notifica delle chiamate in arrivo, dei nuovi messaggi, delle e-mail e di altri eventi attraverso avvisi audio, vibrazioni o un rapido flash LED. (today.it)

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Mbility, l’App per il trasporto urbano di persone con disabilità

In Italia, soltanto il 14,4% delle persone con disabilità si sposta con mezzi pubblici urbani. La startup Mbility nasce a Milano per offrire a chi ha una disabilità permanente o temporanea la possibilità di prenotare una o più corse in tempi ridotti. Con la garanzia di supporto da parte di società attrezzate e personale qualificato

Come Uber o Free Now, anzi meglio. Perché all’offerta del servizio, in questo caso si aggiunge la presenza fondamentale di personale qualificato. Mbility è la startup che sta aprendo la porta – o meglio, la portiera – all’inclusività sul fronte della mobilità urbana. Rappresenta l’incontro perfetto tra la domanda di trasporti professionali da parte degli utenti con disabilità e le società attrezzate per il trasporto di carrozzine con personale qualificato.

Il suo obiettivo? Offrire a chi ha una disabilità permanente o temporanea la possibilità di prenotare una o più corse via App, nel pieno rispetto delle diverse esigenze e con tempi di attesa ridotti. 

In Italia le persone con disabilità – ovvero che soffrono a causa di problemi di salute, di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali – sono 3,1 milioni, pari al 5,2% dell’intera popolazione, di cui 1,5 milioni anziani non autosufficienti, un numero, quest’ultimo, destinato a raddoppiare entro il 2030 (fonte Istat 2019).  Inoltre, circa 800.000 persone ogni anno si infortunano con gravi conseguenze che limitano la mobilità temporaneamente o permanentemente. 

App Mbility

L’Osservatorio nazionale sulla condizione delle disabilità, nell’audizione presso la presidenza del Consiglio dei ministri del 24 marzo 2021, ha segnalato infatti che la capacità di spostarsi liberamente è molto limitata tra le persone con disabilità. I dati sulla mobilità, relativi al 2019, mostrano che soltanto il 14,4% delle persone con disabilità si sposta con mezzi pubblici urbani.

«Il nostro desiderio è quello di consentire alle persone che per qualunque ragione vivono con una disabilità di muoversi liberamente nei contesti urbani, favorendo la socializzazione e l’opportunità di accedere ai luoghi di studio, lavoro, cura e svago», spiega Marco Amico, CEO e Co-founder di Mbility.  «Come accade per altri servizi di trasporto automobilistico, il passeggero può valutare gli autisti», aggiunge.

«Inoltre, abbiamo pensato che fosse importante dare la possibilità ai parenti e ai care giver di monitorare il percorso per essere sicuri che tutto vada per il meglio». Al momento della prenotazione chi deve spostarsi scopre subito qual è il costo e la durata prevista del viaggio, visualizzando le informazioni sullo smartphone.

La startup è già attiva su Milano e Hinterland grazie al supporto del Comune di Milano (che ha premiato e finanziato l’iniziativa) e a una serie di collaborazioni con trasportatori locali.

«Ci siamo accorti che molte aziende di trasporto per persone con difficoltà motorie non riescono a impiegare al meglio le loro flotte. C’è una grande frammentazione nell’offerta di servizi di trasporto attrezzati e una scarsa o assente digitalizzazione dei gestori di questi servizi. Collaborando con Mbility queste realtà hanno la possibilità di lavorare di più, mentre noi facciamo conoscere più velocemente la piattaforma», sottolinea il Presidente e co-founder Alfonso Correale.

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La scrittrice Usa. Taussig, la disabilità in prima persona

La scrittura come mezzo per uscire dalla narrazione degli altri sulla propria condizione di donna in sedia a rotelle. Per superare quella condizione di persona osservata per vedere se ce la fa a mettere le buste della spesa in macchina da una persona che si è offerta di aiutarla e, ricevuto un cortese rifiuto, resta lì a verificare. Come racconta Rebekah Taussig in “Felicemente seduta”. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente. Il libro, che esce per le edizioni leplurali (casa editrice femminista nata nel 2021; pagine 270, euro 18,00) è stato presentato ieri a Torino.
Rebekah Taussig
Rebekah Taussig

Nel libro parla dell’abilismo. Come far sviluppare la sensibilità per superarlo?

Un buon punto di partenza è ascoltare di più, leggere di più, sintonizzarsi con le prospettive e le voci delle persone con disabilità. Per la maggior parte della storia, le persone senza disabilità hanno parlato per e al di sopra di queste voci, quindi è necessario fare uno sforzo per cambiare marcia. C’è molto da ascoltare, perché la disabilità è una delle esperienze più estese nell’umanità. Fortunatamente, ci sono sempre più racconti di disabilità in prima persona: biografie e memoir, programmi televisivi, canali YouTube e profili TikTok. Credo che le storie ci cambino: accedono a una parte speciale del nostro cervello e cambiano il modo in cui vediamo le persone e il mondo.

Pensa che si possa superare l’idea del corpo perfetto, efficiente?

Assistiamo già a un allontanamento da questa idea. Negli ultimi anni, abbiamo visto le pubblicità fare progressi nel rappresentare una gamma più ampia e varia: corpi che utilizzano ausili per la mobilità e borse per ileostomia, corpi con cicatrici e peli, smagliature e cellulite, di tutte le forme e le dimensioni. Alcune aziende di abbigliamento includono una gamma più ampia di taglie.

Certo, non lo fanno per essere altruisti o gentili: si stanno rendendo conto che gli ideali che ci sono stati offerti non riflettono chi siamo realmente, e perciò stanno diventando meno attraenti. Ma questo cambiamento degli standard di bellezza è stupendo. Non so come, quanto velocemente, o nemmeno se possiamo allontanarci dall’idea di un corpo perfettamente “capace” rispetto a uno imper-fetto, “disabile”. Ma vedo dei segni.

Lei propone l’essere «adattabili, flessibili e immaginativi » come contributo delle persone disabili a tutti. Come fare?

Le persone disabili vivono in un mondo che non è stato costruito pensando a loro: case, parchi giochi, ristoranti, vestiti, aspettative sul posto di lavoro o in classe, romanticismo e genitorialità. Eppure continuano a vivere, lavorare, amare. Dobbiamo trovare alternative per navigare nel mondo, per interagire con persone estranee, con chi ci ama e i nostri figli, per giocare e lavorare, per vestirci e fare la doccia, per lavarci i denti e cucinare. Le persone disabili sono costrette a fare affidamento sugli strumenti di adattabilità, flessibilità e immaginazione minuto per minuto. Sono capacità di risoluzione dei problemi preziose nel mondo di oggi, che evolve rapidamente.

Lei racconta della famiglia di origine e di come ne ha formata una sua. Quanto conta questa dimensione?

La famiglia è così complicata, vero? Quando stavo crescendo, la mia era una sorta di bolla sacra in cui non ero inghiottita completamente dalla mia disabilità, ma potevo esistere semplicemente come me stessa. Poi ha continuato a essere una rete di sicurezza inestimabile per sostenermi quando non riuscivo a trovare un alloggio o avevo bisogno di aiuto per costruire una rampa o per spostarmi.

In età adulta ho cercato e trovato un senso di comunità tra disabili online e mi sono connessa a una sorta di “famiglia” che poteva darmi un diverso ti- po di supporto e comprensione. Ora che sto costruendo una mia famiglia, spero che sia un posto sicuro e felice in cui mio figlio possa crescere bene. Ma so anche che non possiamo, non dovremmo essere e non saremo l’inizio e la fine per lui.

Il libro è anche un modo per incoraggiare chi è sfiduciato a prendere più consapevolezza?

Molte persone con disabilità hanno passato la maggior parte della vita senza leggere un racconto che riflettesse la loro esperienza. Spero che grazie alla mia storia ci siano altre persone che si sentano viste. Che finiscano il mio libro e sappiano che non sono sole. Lo prendano come una rivendicazione ribelle e corroborante, che li aiuti ad afferrare la loro narrazione e a raccontare le loro storie con le loro voci uniche.

Scrivere le ha cambiato la vita?

Assolutamente sì. Sono cresciuta con la mia storia già raccontata per me. Non avevo la mia voce, ho semplicemente ripetuto a pappagallo la storia che mi era stata raccontata. Scrivere mi ha permesso di afferrare quella storia, di smontarla, capovolgerla, esaminarla con più attenzione e raccontarne una nuova, più vera. La scrittura mi collega a me stessa, è ciò che mi lega alla terra e alle altre persone. È il modo in cui penso: mi sembra quasi di non esistere completamente senza di essa. (avvenire.it)

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