Pronta la banca dati Cude, il passepartout per i disabili

Cude, il contrassegno europeo per le persone con disabilità

Secondo i più recenti dati Istat, i disabili in Italia costituiscono il 5,2% della popolazione: in valore assoluto sono poco più di 3 milioni di persone. Per costoro, il Codice della strada prevede una particolare tutela, imponendo agli enti proprietari delle strade di eliminare ogni ostacolo che limiti o impedisca loro di fruire della strada e delle sue pertinenze.

In concreto, si tratta di eliminare barriere architettoniche, realizzare adeguati attraversamenti pedonali, prevedere parcheggi con strutture adatte, installare segnaletica identificativa agevolata, ecc.

Tra le varie forme di disabilità (comunicativa, locomotoria, di relazione, ecc.), il Codice della strada non poteva non riservare un’attenzione particolare a quella locomotoria prevedendo la possibilità per i non vedenti (non prevista dal Cds ma dal Dpr n. 503/1996) e per coloro che hanno una capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta, di richiedere al Comune in cui risiedono, il rilascio di una specifica autorizzazione per fruire di strutture di sosta appositamente realizzate e di beneficiare di una serie di facilitazioni per la circolazione.

La titolarità dell’autorizzazione è resa nota mediante un apposito contrassegno, conforme alle norme europee, che assume il nome di Contrassegno unificato disabili europeo, meglio conosciuto come Cude.

IL CUDE

Il contrassegno europeo

  • è rilasciato previo specifico accertamento sanitario,
  • dura cinque anni,
  • viene rinnovato con la presentazione di un certificato medico che confermi il persistere dell’invalidità;
  • è strettamente personale,
  • deve essere esposto in originale in modo ben visibile sul parabrezza anteriore del veicolo al servizio del disabile, anche se il mezzo non è a lui intestato,
  • può essere richiesto anche da chi si trovi in condizioni di disabilità temporanea, suscettibile di completa regressione nel tempo, tuttavia, in questi casi, la validità è più limitata.

Il titolare del contrassegno può essere alla guida del veicolo oppure può essere semplicemente trasportato. In teoria potrebbe anche non essere a bordo, a condizione che si dia prova che in quel momento il veicolo sia effettivamente al suo servizio.

Le agevolazioni. Il Cude è riconosciuto in tutti i Paesi UE, purché abbia formato e contenga le informazioni richiesti dalla normativa europea, e consente al titolare di beneficiare di una serie di facilitazioni per la circolazione che, anche se non gli permettono di superare del tutto gli impedimenti e le difficoltà legate alla sua disabilità, ne attenuano sicuramente l’impatto. Le più significative agevolazioni sono:

  • il libero transito nelle zone a traffico limitato, nelle aree pedonali, nelle corsie preferenziali, nelle strade riservate ad alcuni utenti, nelle zone scolastiche urbane;
  • la sosta gratuita e senza limitazioni temporali negli spazi appositamente riservati ai disabili, compresi quelli collocati nelle aree di parcheggio custodite o a pagamento, nelle aree di sosta a tempo limitato, nelle Ztl e nelle aree pedonali urbane (se il transito in queste aree è autorizzato anche ad una sola categoria di veicoli utilizzati per l’espletamento di servizi di trasporto di pubblica utilità);
  • la sosta e la fermata senza limitazioni temporali nelle zone scolastiche urbane;
  • evitare la rimozione forzata del mezzo quando si trova in divieto di sosta;
  • l’assegnazione a titolo gratuito di uno stallo di sosta personale se ricorrono particolari condizioni di disabilità.

La piattaforma informatica. Il contrassegno, rilasciato dal Comune in cui il disabile risiede, ha valore su tutto il territorio nazionale. Pertanto, le agevolazioni sopra elencate, sono concesse in qualsiasi località nella quale il titolare dell’autorizzazione si trovi a circolare. Questa circostanza, in passato, ha generato costosi e defatiganti contenziosi, oltre che per i disabili anche per gli organi di polizia stradale, perché il titolare di un Cude che, per esempio, accedeva in una Ztl o transitava su una corsia preferenziale in un Comune diverso da quello che aveva rilasciato il contrassegno – e pertanto non a conoscenza di questa circostanza – veniva sanzionato per la presunta violazione costringendolo successivamente a dimostrare, spesso mediante ricorso, di essere autorizzato per evitare di pagare la sanzione.

La realizzazione di una piattaforma informatica dei contrassegni europei unificati per disabili rilasciati in Italia, inserita nell’Archivio nazionale veicoli e gestita dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, consentirà di superare tale criticità.

Cude

Non più di due targhe. Il titolare del contrassegno può indicare due targhe, secondo un criterio di priorità, ma solo la prima di esse è abbinata dalla Motorizzazione al contrassegno. Il sistema genera e rilascia all’interessato un Codice univoco, che è valido e attivo per un solo veicolo alla volta. Accedendo con Spid, Cie o Cns a un’apposita funzione dal sito www.ilportaledellautomobilista.it , dall’app Io ed eventualmente da altra applicazione per dispositivi mobili, il titolare del Cude può visualizzare i veicoli associati al suo contrassegno, sostituirli, attivare il Codice univoco su una nuova targa, segnalare i casi di furto o smarrimento del Cude.

Gli organi di controllo, dal canto loro, mediante la targa, possono accedere alla piattaforma per verificare se il veicolo possiede effettivamente i requisiti per fruire delle agevolazioni di cui si è detto, ossia transitare nelle Ztl, sostare nei parcheggi riservati ai disabili eccetera. Ciò consente – già oggi nei Comuni in cui è stata avviata la fase sperimentale e presto su tutto il territorio nazionale – di evitare la contestazione di violazioni non commesse, soprattutto da parte di sistemi automatici di controllo da remoto. (quattroruote.it)

Marina Cuollo nel podcast di Radio DEEJAY: “Sì, le persone disabili fanno sesso”

Marina Cuollo è l’ospite del nono episodio di “Piacere mio – La storia del sesso” condotto da Federica Cacciola. “Le cose più comuni che mi capitano sono il trattamento che io dico da cucciolo di Labrador, la pacchetta sulla testa ‘brava vai in giro e fai cose complimenti’.

Da secoli siamo abituati a considerarli come cuccioli di panda in estinzione ma sì, le persone disabili fanno sesso. Ne ha parlato Federica Cacciola nel nono episodio di Piacere mio – La storia del sesso (ascolta il podcast) con l’autrice di A disabilandia si tromba, Marina Cuollo.

“Io sono una che in genere non ha alcun tipo di pregiudizio riguardo i gusti sessuali, è proprio una cosa che non fa parte di me. Io non giudico neanche quelli che mangiano la pizza con l’ananas sopra. Quando magari fai richieste tipo il sesso anale, cose più strong quindi, le persone pensano che, almeno nel mio caso è successo, che ti rompi in mille pezzi, tipo vetro di bottiglia.”

Marina Cuollo

Oggi sappiamo la storia di tutto, della nostra specie, del nostro pianeta e anche quella della farina macinata a pietra dei biscotti biosostenibili che mangiamo al mattino. Ma spesso ignoriamo la storia di una delle pratiche più antiche, importanti, e forse più divertenti di sempre: il sesso. Per questo nasce Piacere Mio, il podcast che racconta l’evoluzione delle usanze e delle pratiche sessuali nei secoli, dall’età della pietra fino ad oggi. In ogni puntata Federica Cacciola – autrice, attrice (e ormai accademica del sesso) – dialoga con un ospite diverso, tra cenni storici, curiosità e aneddoti divertenti, per parlare liberamente e senza tabù, dell’argomento meno rispettabile di sempre.

Marina Cuollo è l’ospite del nono episodio di “Piacere mio – La storia del sesso
Marina Cuollo: “il tabù più grande è che noi persone disabili non scopiamo un ca**o. Invece non è vero”

Nel nono episodio di Piacere mio, Federica Cacciola ha parlato con la sua ospite di uno dei più grandi tabù di sempre: i disabili fanno sesso? Su come si sentono oggi le persone con disabilità al riguardo, ha espresso la sua opinione, e riportato le sue esperienze, Marina Cuollo, autrice, scrittrice e comica, autrice di A disabilandia si tromba

Perché hai scritto questo libro?

Era un’esigenza personale, c’erano delle cose che avevo bisogno di dire, delle cose che mi sgorgavano dalle viscere e quindi alla fine sono uscite fuori. Ne è uscito fuori il mio libro con un titolo volutamente provocatorio perché il tabù più grande che esiste su questa terra è che noi persone disabili non scopiamo un ca**o. Invece non è vero.

Nella tua esperienza ti sono successe cose improbabili in merito?

Le cose più comuni che mi capitano sono il trattamento che io dico da cucciolo di Labrador, la pacchetta sulla testa “brava vai in giro e fai cose complimenti”. Tutti pensano che tra di noi ci guardiamo negli occhi per 3 ore senza che succeda niente, tipo film francese, una roba così. E invece no, sono relazioni a tutti gli effetti.

Perché sembra così strano e improbabile alle persone?

Perché c’è questo alone di infantilismo che ruota intorno a noi, le persone con disabilità vengono sempre accostate ai bambini o comunque non diventano mai adulti. Il sesso è una cosa da adulti per cui non è minimamente contemplato per loro.

Tu a che età hai scoperto la sessualità? Io molto presto.
Anche io presto, verso i 6/7 anni, mi strusciavo su qualsiasi superficie sporgente.

Marina Cuollo: “Sono stata scartata da un feticista della disabilità”

Federica Cacciola ha poi chiesto a Marina Cuollo cosa ne pensa di quelli che pensano che la disabilità renda impossibile fare sesso.

No, infatti, si fa sesso con tutto il corpo. Esistono orgasmi impensabili legati a parti del corpo che non sono necessariamente i genitali. Il sesso per l’immaginario collettivo è legato al porno, ma non c’è niente di più lontano dalla realtà del porno. Quindi questa performatività del corpo che deve fare cose, si deve arrampicare sui lampadari e rotolare… ma dove? Ma cosa? Ma quando mai in questa vita?

A proposito di porno c’è una Sorta di feticismo delle persone disabili?

Mi è capitato di incontrare qualcuno che avesse questo feticismo, ma non ero la tipologia che stavano cercando e quindi mi hanno scartato! Mi hanno contattato su Facebook e volevano sapere se io avessi le gambe o meno, siccome non le ho, mi hanno detto “mi dispiace, non vai bene”. Niente, manco nelle perversioni, ciao. (deejay.it)

TUTTI AL MARE E I DISABILI? 4 GIOIELLI ITALIANI MA L’ACCESSIBILITÀ È UN MIRAGGIO

Poche le carrozzine speciali e lettini per tetraplegici disponibili nelle spiagge italiane. La storia della Terrazza “Tutti al mare” a San Foca

Tutti al mare Tutti al mare‘ : la canzone di Gabriella Ferri degli anni ’70, diventata un inno vacanziero democratico che fa pensare subito a spiagge affollate, caldo, frittata di maccheroni e cocomero e anche per aggiornarci alla domenica a Cocciadimorto come nella commedia con Antonio Albanese e Paola Cortellesi, è un classico vintage della colonna sonora dell’estate – in un juke box che riporta indietro di decenni, anzi al secolo scorso insieme a Un’estate al mare di Giuni Russo, Sapore di sale di Gino Paoli, Una rotonda sul mare di Fred Bongusto e retrò cantando.

Ma tutti è davvero “per tutti”? ASCOLTA IL PODCAST

La Terrazza Tutti al mare a San Foca
La Terrazza Tutti al mare a San Foca ( Lecce) realizzata dall’associazione Io Posso

Se sono in sedia a rotelle, giovane o anziano, negli anni qualcosa è cambiato: i lidi in tutta Italia cominciano ad avere, non tutti non illudiamoci, l’accessibilità con le discese a mare, alcune volte fanno trovare le carrozzine con le ruote alte di gomma gialla.

Si chiamano Job e permettono di essere condotti sul bagnasciuga, dove Job non significa “lavoro” in inglese ma un napoletanissimo “Jamme O Bagne” (andiamo a tuffarci) perché napoletana è l’azienda che l’ha creata qualche anno fa, la Neatech, rispondendo alle difficoltà dei diversamente abili a bagnarsi in mare in autonomia. Con le Job non ci si affonda nella sabbia e si riesce ad arrivare in acqua. Un bel traguardo.

Ma quante sono? Ancora pochissime nonostante alcune ordinanze stabiliscano che i concessionari di spiagge abbiano l’obbligo di mettere a disposizione dei diversamente abili gli appositi ausili speciali ossia sedie per il trasporto adatte al mare, almeno uno, salvi i casi in cui la morfologia della costa non lo consenta.

Quante carrozzine da spiaggia abbiamo mai visto nei nostri lidi? Davvero poche.
Eppure anche se diversamente abili e persino a maggior ragione, le persone malate e con handicap quanta voglia avrebbero di mare, di scendere in spiaggia e fare il bagno? Quel tutti al mare è un diritto inevaso. Proviamo a pensarci dalla nostra normale abilità quanta sofferenza avremmo se dovessimo privarci di andare al mare.
Parliamo tanto di turismo accessibile e inclusivo ma siamo ancora davvero all’inizio di un percorso.

Questo poi se siamo disabili non gravi. E se avessimo una malattia più condizionante? Se fossimo tetraplegici o malati di sclerosi laterale amiotrofica ad esempio. Come potremmo andare al mare?
In Italia esistono, nell’estate del 2022, solo 4 posti dove malati di questa gravità hanno accesso al mare.

C’è un lido bellissimo pieno di discese a mare, lettini, ombrellone, bagni enormi e pulitissimi dove la persona per nulla autosufficiente e spesso collegata a qualche macchinario viene accudita dopo un bagno nell’acqua cristallina: è a San Foca (Lecce) nel Salento a nord di Otranto, poi docciata, rinfrescata e risistemata. Proprio come una persona comune e abile, cioè quel minimo sindacale che applicato ad un giovane tetraplegico un magnifico miraggio.

In effetti l’attrazione avuta per questo spazio di spiaggia è stata proprio per il comfort, la bellezza di questo lido, un’attrazione da strabuzzare gli occhi, appunto come per un miraggio.
Come è possibile? Non bisogna rassegnarsi, se vogliamo chiamarci civili.

Damiano uno dei quattro coordinatori della ‘Terrazza Tutti al mare – liberi di essere felici‘ prima di raccontare la storia di questo era impegnato al telefono a ricevere prenotazioni da tutta Italia e perfino dall’estero, persone che durante l’estate arriveranno in zona proprio per quello che offre questo stabilimento gestito dall’associazione.

E’ tutto completamente gratuito – sottolinea Damiano – e noi siamo tutti volontari”. Questo avamposto di civiltà è nato da un caso doloroso, una storia di sla  e di amore verso il mare. Gaetano Fuso, un giovane salentino, amante del mare, poliziotto di professione e di stanza a Roma, è stato colpito a 37 anni dalla Sla. Con determinazione vedendo le sue condizioni neurodegenerative e invalidanti peggiorare ha riunito un gruppo di amici e li ha impegnati a realizzare il sogno: immergersi ancora in mare nonostante la dipendenza da dispositivi medici salvavita.

E’ nata così l’associazione Io Posso che ha portato nelle acque di San Foca persone tracheostomizzate e non solo fare il bagno al mare in piena sicurezza. “E’ la nostra ottava stagione balneare – prosegue con orgoglio Damiano – Gaetano è morto ma il suo sogno si è avverato: un accesso al mare libero e attrezzato per l’uso di persone affette da disabilità anche molto gravi. Qui c’è personale specializzato, box infermieristico, postazioni super accessibili, gazebo dotato di colonnine per l’energia elettrica per  i macchinari. Ad aiutare i volontari ci sono a rotazione poliziotti delle fiamme gialle, in onore del loro ex collega. C’è il supporto della Asl di Lecce, della città di Melendugno e dell’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica“.

Sofao

Oltre alla Job ci sono altri ausili speciali  come la Sofao un lettino per tetraplegici che dalla spiaggia va in acqua e consente il bagno al mare per le persone costrette a vivere a letto, insieme al lettino scende in acqua anche un piccolo canotto dove vengono posizionati i macchinati e i tubi per chi deve restare attaccato per respirare. Si possono fare donazioni, bomboniere solidali, 5 per mille e altre modalità di sostegno.

Quanti posti ci sono così in Italia? “A Sant’Antioco in Sardegna con l’associazione Le Rondini, a Punta Marina a Ravenna con l’associazione Insieme a te e da questa estate anche a Gallipoli in Salento presso l’ecoresort Le Sirenè che ci ha messo a disposizione uno spazio per duplicare l’esperienza di San Foca“. Quattro lidi in tutta Italia per disabili gravi, questo il totale ad oggi. Si rischia un ghetto? “Purtroppo – ci risponde Damiano – non lo vogliamo noi, nello stabilimento accanto villeggianti hanno persino chiesto di coprire in qualche modo lo spazio per non vedere i malati“. (Ansa.it)

Valuability di Enel: La disabilità (fisica e sociale) come fonte di innovazione

Enel ha registrato il termine Valuability, che indica un modello messo a punto con un progetto globale cominciato nel 2020. Tutte le disabilità rappresentano un’opportunità per colmare vuoti di mercato, spiega la coordinatrice Paola Magrini. Alcuni esempi e le esperienze internazionali

Fare innovazione partendo dalle disabilità. Enel la chiama Valuability. È questo il termine usato, che adesso è un marchio registrato, per definire il modello messo a punto con il progetto Value4Disability, lanciato a livello globale nel 2020.

Valuability, la disabilità come fonte di innovazione

La disabilità è fonte di ispirazione per innovare e un’incredibile opportunità per colmare vuoti di mercato, creando un valore sociale ed economico”, spiega Ernesto Ciorra, Direttore Innovability, l’innovazione coniugata con la sostenibilità diventata un caso di studio internazionale, di cui la Valuability rappresenta un’evoluzione. Il G20 lo ha definito “inclusive business”: trasformare i bisogni sociali in opportunità economiche per tutti, per chi ha bisogno ma anche per le imprese e per i governi, visto che i costi del welfare sono diventate insostenibili.

Il second welfare, quello gestito dalle aziende, può diventare un business e rispondere a domande di mercato finora senza risposta, grazie ovviamente all’uso delle tecnologie digitali. “La tecnologia è il fattore abilitante”, spiega Paola Magrini, coordinatrice globale del progetto. “Se la tecnologia non è inclusiva non si può fare inclusive business”.

Il mercato globale della disabilità (fisica e sociale)

Il mercato potenziale è enorme: nel mondo ci sono 1 miliardo di persone con disabilità e questo numero va moltiplicato per tre, se si tiene conto di chi le accudisce quotidianamente. Le startup che lavorano sulle tecnologie assistite valgono già 24 miliardi di dollari.

Ma che cosa significa concretamente Valuability? “Offrire prodotti e servizi inclusivi a persone in condizione di vulnerabilità per ragioni diverse”, risponde Magrini che sottolinea l’attenzione verso chi si trova in condizioni di vulnerabilità e non solo è vulnerabile. “Enel guarda a tutte le disabilità, da quelle fisiche a quelle sociali, rendendole protagoniste della catena del valore, a tutti i livelli. Ci sono persone nel mondo che vivono con meno di 5 dollari al giorno. La tecnologia non può dimenticarle e dovrà essere sempre più inclusiva”.

Qualche esempio di Valuability

Un piccolo esempio concreto. Che cosa succede alle persone con una disabilità visiva quando va via la corrente elettrica? Fanno molta fatica a riattivare il contatore e c’è chi si è arrangiato mettendo un adesivo sull’interruttore. “Noi stiamo lavorando a una soluzione tecnologica che guiderà la persona disabile attraverso un’app”, anticipa Magrini, che sottolinea la voglia e la capacità di innovazione di chi si trova in situazioni di svantaggio. “Le persone vanno sul mercato, non riescono a trovare quello che cercano e lo adattano finché non lo innovano. Dopo non vedono l’ora di raccontarlo ai loro pari. Quindi, innovano i prodotti, li migliorano e fanno anche da ambassador”.

Un altro esempio? “Ci è stato segnalato che gli stalli per la ricarica elettrica non sono facilmente accessibili per le persone con disabilità, che spesso preferiscono le auto elettriche per la loro semplicità. Abbiamo lavorato con i nostri ingegneri seduti su una sedia a ruote e abbiamo trovato la soluzione: i nuovi stalli che faremo avranno un universal design che garantirà accessibilità per tutti”, racconta Magrini, che aggiunge un principio della Valuability: “Noi lavoriamo sempre con le associazioni che rappresentano il mondo delle disabilità perché le persone le riconoscono e si sentono davvero rappresentate”.

Valuability
Una community aziendale per testare l’inclusività

Value4Disability è un progetto globale avviato nel 2020 in 16 Paesi e rivolto innanzitutto alle 2200 persone con disabilità che lavorano nel Gruppo Enel. “Abbiamo istituito una Disability Inclusion Community, di cui fanno parte un centinaio di colleghi e caregiver con diverse competenze e con loro testiamo i nostri prodotti, servizi e nuovi progetti ma anche gli store”. La Community ha dato, ad esempio, utili indicazione per migliorare l’accessibilità dei negozi che saranno seguite per apportare le opportune modiche con un vantaggio per tutti. E sta adesso testando alcune soluzioni innovative come la sedia a ruote elettrica di Avachair o il sistema di Pedius per le persone non udenti.

La sostenibilità sociale: le eseperienze in Sudamerica

La Vualability comprende anche l’obiettivo della social sustainability: “La dignità delle persone è uno degli ingredienti fondamentali del modello”, dice Magrini che ricorda le esperienze fatte in Sudamerica, dove il disagio sociale è più diffuso: in Cile è stata portata l’energia in zone non servite da collegamenti sicuri: in Colombia con Credito Facile Condensa viene offerta una carta di credito associato al contratto di energia a chi non ha ancora accesso al credito; in Perù con Doctor360 viene associata una polizza sanitaria di pochi dollari al mese in Paese dove il sistema sanitario è molto fragile.

La social sustainability è un obiettivo da perseguire ovunque, grazie alle tecnologie più avanzate. “In Andalusia, ad esempio, con il progetto Confai attiviamo dei servizi per i cliente vulnerabili grazie a un accordo con il Comune che ce li segnala attraverso la blockchain”, racconta Paola Magrini che conclude: “La Valuability deve avere un ritorno per tutti, per l’azienda e per le persone. E in prospettiva porterà alla creazione di nuovi modelli di business”. (economyup.it)

Avanchair, la sedia a ruote del futuro

Un team di ingegneri meccanici, abituati a motori e turbine, che lavora a una sedia a rotelle hi-tech per persone con disabilità. È questa l’immagine che meglio descrive il progetto Avanchair per lo sviluppo di «un supporto concreto alla mobilità indipendente».

Un lavoro collettivo che ha visto unire Avanchair, startup a valenza sociale che ha dato vita a un’innovativa sedia a rotelle elettrica a le forze di Leonardo, azienda attiva nei settori della difesa e dell’aerospazio.

«Tutto nasce – spiega Andrea Depalo, founder della startup – dalla mia esperienza di trent’anni di uso della sedia a rotelle. Da un confronto con un artigiano è nata l’idea di trovare una soluzione per lo spostamento quotidiano dal letto alla sedia o dalla sedia al bagno. Un gesto che per una persona con disabilità può ripetersi dalle 15 alle 20 volte al giorno».

Nel 2018 è così nata la startup e ha subito incassato l’interesse di una rete di finanziatori, che l’hanno sostenuta nella fase di crowdfunding. «Abbiamo raccolto circa 136mila euro con cui siamo riusciti ad avviare la progettazione ma il salto lo dobbiamo a Leonardo, che ha messo a disposizione competenze e tecnici», aggiunge. Diventata parte del piano di sostenibilità dell’azienda, Avanchair ha visto gli ingegneri dell’aerospace intervenire affinando la tecnologia della sedia e la sua meccanica.

Avanchair Sedia

Grazie al supporto tecnologico di Leonardo e al team coordinato da Riccardo Angelini, il prototipo è stato dotato di un nuovo sistema di stabilizzazione e di una pedana poggiapiedi per potenziarne la mobilità, agevolare i movimenti e assicurare maggiore autonomia a chi ne fa uso. «Con questa innovazione – sottolinea Depalo – la sedia è facilmente utilizzabile anche da chi ha subito un’amputazione e poggia quindi il peso su una sola gamba».

In concreto, il team di Leonardo ha realizzato lo stabilizzatore laterale della sedia a rotelle, per consentire di mettere a terra un punto di appoggio esterno alle ruote durante la fase di traslazione laterale della seduta, evitando possibili ribaltamenti. Cruciale anche l’ottimizzazione di spazio e peso. Il nuovo stabilizzatore non ingombra durante la marcia, rimanendo completamente all’interno della sagoma e rende possibile l’avvicinamento della sedia al letto e viceversa.

Il progetto è quindi il risultato di un lavoro, gomito a gomito, tra i membri della startup e gli ingegneri meccanici che si sono confrontati tramite modelli 3D per identificare i volumi disponibili per l’installazione del meccanismo, per definire il principio di funzionamento e per dimensionare i componenti meccanici e di movimentazione.

Passaggio successivo è la costruzione del prototipo su cui pesa però la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime: «Siamo all’ultimo miglio ma facciamo fatica a reperire chip e alluminio ad oggi. Manca anche la carenatura della sedia per cui stiamo valutando con Leonardo l’uso della fibra di carbonio. Il prototipo dovrebbe essere ultimato entro la fine 2022». Obiettivo: semplificare la vita ai 660mila disabili. (corriere.it)

Ai detenuti disabili il carcere toglie la libertà due volte

Abbiamo intervistato alcuni detenuti con disabilità per farci raccontare i problemi quotidiani che affrontano ogni giorno, tra marciapiedi e scivoli sconnessi, bagni inadeguati, assenza di ascensori, carrozzine con le ruote bucate e ausili sanitari assenti

Sulle carceri italiane sappiamo molte cose: conosciamo bene il problema cronico del sovraffollamento, la composizione della popolazione carceraria, il tasso di recidiva. Ma sappiamo molto poco di come vive un detenuto disabile in carcere. L’ultima rilevazione sul tema è del 2015: all’epoca i detenuti con disabilità presenti nelle carceri italiane erano 628.

Non esistono, però, dati più recenti, complice anche il mancato accordo tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) e il Sistema sanitario nazionale per un monitoraggio permanente sulla disabilità in carcere. Nemmeno l’onda d’urto provocata dai fatti di Santa Maria Capua Vetere è riuscita a portare in superficie il tema della disabilità nelle carceri. E per molti detenuti disabili, il carcere è un luogo in cui “si impara a subire”.

Essere un detenuto con una disabilità fisica o motoria significa non solo perdere la libertà, ma anche l’autonomia di poter disporre di se stessi. E, spesso, un ruolo attivo nella perdita di indipendenza lo giocano le strutture stesse.

«All’inizio, quando sono arrivato in carcere, riuscivo ancora camminare con l’aiuto di stampelle», spiega Marco, che è detenuto dal 2012. «Facevo anche riabilitazione con una cyclette. Ero anche in grado di vestirmi, svestirmi e andare in bagno da solo. Insomma, ero quasi una persona autonoma. Poi sono stato trasferito in un altro istituto penitenziario».

Senza una cyclette adatta e senza la possibilità di fare fisioterapia, Marco è finito in sedia a rotelle. «Nel nuovo carcere non ho potuto fare riabilitazione per tre anni e mezzo», racconta. «Per un po’ ho continuato a camminare, ma senza i giusti esercizi sono finito in carrozzina. E adesso vivo in mano agli altri».

Detenuti disabili

Anche se la situazione varia da istituto a istituto, in Italia sono poche le strutture adatte ad accogliere detenuti disabili, tra marciapiedi e scivoli sconnessi, bagni inadeguati, assenza di ascensori, carrozzine con le ruote bucate e ausili sanitari assenti o inefficaci. Tanto che anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato più volte l’Italia per il trattamento riservato ai detenuti con disabilità.

«Il trattamento che il personale sanitario mi riserva è inumano», racconta Marco. «Mi hanno anche dimenticato nel bagno. Non ho chi mi taglia la carne o chi mi lava la tazza con cui faccio colazione. Ma io chiedo solo di andare in bagno o di essere accompagnato a letto. Il personale sanitario mi umilia: non denuncio per paura di ritorsioni».

La riforma del 2008, che ha trasferito le competenze in materia di sanità penitenziaria al Sistema Sanitario Nazionale ha finito per complicare il quadro. Come spiega Sandro Libianchi, Coordinamento Nazionale per la Salute nelle Carceri Italiane (CoNOSCI):

«Non c’è comunicazione tra Giustizia e Sanità». E quindi i problemi stagnano. «In molti casi non c’è nemmeno la garanzia di ambienti adeguati alle limitazioni. Tutte le carceri dovrebbero essere adeguate alla disabilità. In realtà, sono rarissime le strutture con bagni attrezzati. Questo perché il numero di disabili è basso». Anche i dispositivi sanitari sono carenti. «C’è una disputa tra Sanità e Giustizia su chi li debba fornire», dice Libianchi.

Una figura a cui le strutture fanno ricorso nel caso di detenuti disabili è quella del “piantone”, un altro detenuto che si prende cura della persona con disabilità in cambio di soldi. «Non hanno, però, una formazione adeguata», spiega Libianchi. «La soluzione potrebbe essere quella di impiegare caregiver esterni. Ma non sono previsti dai budget regionali. Ci vorrebbero fondi aggiuntivi». E i problemi non finiscono qui.

«Una rete territoriale di caregiver si traduce poi nell’avere persone disponibili a chiamata, che si metterebbero a disposizione per un periodo limitato di tempo. Senza contare che il carcere resta un luogo poco allettante dove lavorare». Per i detenuti disabili, quindi, il carcere si configura più come un accanimento terapeutico che come un luogo dove vedere rispettate le stesse garanzie del “fuori”, in attesa di un ritorno all’interno della società. Una pena nella pena che accentua difficoltà e fragilità, come in un eterno ritorno. (rollingstone.it)

Il web può diventare accessibile in quattro step

Disegnare un prodotto già in prima battuta accessibile richiede meno impegno rispetto a risistemare un prodotto esistente, ma è possibile rimediare anche dopo il rilascio e lo si può fare in quattro semplici passaggi

Sono più di 3 milioni in Italia, secondo l’ISTAT, le persone che presentano una forma di disabilità, ma il numero sale a 87 milioni se consideriamo l’intera Unione Europea. Si tratti di una disabilità di tipo cognitivo o motorio, questi cittadini possono incorrere in barriere per l’accesso a prodotti e servizi, anche digitali, basti pensare che in Italia il 97% dei siti internet non sono ancora navigabili da persone con disabilità (persone con cecità, ipovedenti, non udenti, daltonici, con epilessia, utenti che non possono utilizzare il mouse, ecc). 

Il Covid ha da un lato amplificato questa criticità anche se ha, al tempo stesso, fatto sì che venisse posta maggiore attenzione nei confronti del problema della digitalizzazione. 

«Tra le varie eredità che ci portiamo dietro dalla pandemia da Covid 19 vi è il fatto di aver posto maggiormente il problema dell’accessibilità ai servizi digitali da parte di cittadini con disabilità, che improvvisamente si sono trovati a dover svolgere una lunga serie di attività, come ad esempio accedere a servizi pubblici, online – spiega Luca Manara, CEO e Co Founder della piattaforma tecnologica UNGUESS – Al giorno d’oggi, un’azienda attenta all’inclusività digitale possiede un vantaggio reputazionale nonché competitivo sugli altri non indifferente». 

Web accessibile
Da mesi si parla tanto di accessibilità

Negli ultimi mesi si parlato con più insistenza di questa tematica poiché i membri della UE hanno posto come scadenza il 28 Giugno 2022 per far adottare e pubblicare agli stati membri la propria Digital Accessibility Law. Dalla fine di questo mese, infatti, coloro che producono prodotti e servizi digitali (dagli hardware alle piattaforme di commercio elettronico, dai servizi bancari per consumatori alle app ai portali per il trasporto pubblico; dagli e-book agli e-reader) dovranno iniziare a lavorare per garantire (con deadline a Giugno 2025) la conformità ai requisiti di accessibilità. 

«Rendere i propri prodotti o servizi digitalmente accessibili non dev’essere solo un obbligo normativo, ma anche e soprattutto un dovere morale – spiega Luca Manara – Si tratta di una questione di inclusività: è giusto che tutti i cittadini possano accedere a tutti i servizi online, di qualsiasi tipologia questi siano. E se non basta il dovere morale, sono previste anche sanzioni fino al 5% del fatturato per quelle aziende che non si adegueranno entro la scadenza».

Un’impresa diventa accessibile in 4 step

Cosa possono fare quindi le aziende per essere a norma? In 4 step è possibile adeguarsi alle nuove linee guida, e fornire i propri prodotti o servizi digitali in maniera completamente accessibile e inclusiva.

Primo: Organizzare sessioni formative dedicate al proprio team di produzione: la formazione sull’accessibilità deve includere sia i designer sia gli sviluppatori (quindi tutto il team di produzione) perché deve riguardare sia il codice che l’interfaccia del prodotto. Formare le giuste risorse permette quindi di essere pronti alle future esigenze di produzione, ma anche di avere risorse interne ideali per ottimizzare i prodotti già esistenti.

Secondo: Testare i prodotti digitali, ovvero valutare la conformità del prodotto digitale rispetto alle più recenti linee guida per l’accessibilità dei contenuti web (WCAG 2.1). Queste servono a valutare se il sistema è utilizzabile da parte del maggior numero di utenti possibili, senza discriminazione, inclusi gli utenti con disabilità, gli utenti con abilità non ottimali e gli utenti operanti in ambienti non ottimali.

Terzo: Remediation ovvero lavorare per eliminare le barriere di accessibilità per persone con disabilità, facendo in modo che i siti web rispondano ai più recenti requisiti di accessibilità richiesti dalla normativa.

Quarto: Crowdtesting ovvero test di valutazione dell’usabilità eseguiti direttamente da utenti con disabilità. Se garantire l’accessibilità significa mettere l’utente al centro del prodotto, includere gli utenti reali nel processo di test permette di assicurarsi che il prodotto sia efficace a tutto il suo audience.

«UNGUESS può essere un valido partner per aiutare ogni azienda che lo necessita a diventare al 100% accessibile. Valutare l’accessibilità e mettere in atto misure di remediation è infatti una delle nostre attività che sta ricevendo sempre maggior  interesse. Da quest’anno siamo anche felici di supportare le aziende nella redazione dell’annuale Dichiarazione di Accessibilità», conclude Luca Manara. (economymagazine.it)

XoSoft, un esoscheletro robotico che aiuta le persone con disabilità

L’esoscheletro “XoSoft” – realizzato all’interno dell’omonimo Progetto Europeo coordinato da IIT – è un dispositivo robotico soft in grado di assistere persone con disabilità motorie lievi o moderate degli arti inferiori, dovute a patologie legate all’invecchiamento, condizioni congenite, croniche o infortuni come lesioni parziali del midollo spinale. Nei giorni scorsi è stato premiato con il prestigioso “Compasso d’Oro 2022

Il dispositivo si compone di quattro elementi: una tuta in tessuto tecnico, un sistema di attuatori, sensori di analisi e controllo e uno zaino contente un processore che analizza il movimento del paziente e gestisce tutto il sistema.

La tuta è realizzata in Lycra e cucita in modo che le zone corrispondenti alle articolazioni, come anca, ginocchio e caviglia, siano rinforzate da tessuto non estensibile, così da sostenere e agire direttamente sulla struttura muscolo-scheletrica del paziente, trasferendo le forze del sistema di attuazione.

Gli attuatori sono costituiti da una banda elastica connessa all’articolazione che necessita il supporto, e una banda a frizione variabile controllabile mediante pressione neumatica. Questa banda a frizione permette di determinare l’accumulazione e il rilascio della tensione dell’elastico.

Esoscheletro XoSoft

La sua attivazione permette alla banda elastica di trasferire energia al paziente secondo il movimento del ginocchio, dell’anca e della caviglia. Parte del movimento dell’utente è usato per allungare l’elastico caricandolo per poi ricevere assistenza durante la fase successiva di rilassamento dell’elastico stesso.

La modularità del sistema permette di inserire più attuatori a seconda del numero di articolazioni da sostenere, personalizzando l’esoscheletro alle necessità di diversi pazienti.

La camminata è monitorata da due sensori inerziali (Imu) disposti lungo ciascuna gamba, da una soletta sensorizzata presente nelle scarpe del paziente e dei sensori soffici integrati sulla tuta intorno all’area del ginocchio che sono in grado di estimare il movimento dell’articolazione durante la deambulazione. Le informazioni in arrivo dal sistema di sensori vengono trasmesse al processore che è alloggiato nello zaino, dove è presente anche una batteria per alimentare il sistema.

L’interazione con la persona che indossa il dispositivo – ha sottolineato Bernard Hartigan, ricercatore dell’Università di Limerick – insieme con gli aspetti legati all’usabilità e accettabilità sono i prossimi aspetti da approfondire. Tenere conto di questi dati durante tutte le fasi di disegno e sviluppo sono fondamentali”.

I sensori, i sistemi di controllo, ma soprattutto i sistemi di attuazione necessitano di sviluppo tecnologico per poter portare questi dispositivi ad un uso casalingo”, ha precisato Christian Di Natali, ricercatore IIT.

Fino all’11 settembre sarà possibile visionare all’interno dell’Adi Design Museum di Milano il video esplicativo delle caratteristiche tecniche dell’esoscheletro XoSoft, oltre agli altri dispositivi vincitori del premio.

Il Compasso d’Oro è il più antico e prestigioso premio di disegno industriale a livello internazionale e viene assegnato per premiare e valorizzare il design italiano. Gli oggetti premiati vengono scelti dall’Osservatorio Permanente del Design di cui fanno parte critici, storici, designer e giornalisti. Gli oggetti che superano la prima selezione, distinguendosi per l’innovazione nei materiali, nei processi, nelle tecnologie, oppure nel cambiamento dei comportamenti individuali e sociali, nella critica e nella ricerca applicata vengono inseriti nell’annuario Adi Design Index.

L’esoscheletro XoSoft si è aggiudicato il premio “Compasso d’Oro 2022” con la seguente motivazione: “Dal polo del futuro che lavora per l’oggi un’importante ricerca in grado di rendere più naturale il movimento di chi il movimento lo sta perdendo”.

Ogni due anni, una giuria internazionale seleziona, tra gli oggetti inseriti negli annuari del biennio precedente, quelli a cui assegnare il premio Compasso d’Oro.
L’edizione 2022 ha avuto come tema: Sviluppo – Sostenibile – Responsabile.
(Rimodulato da qds.it)

Assegno unico: aumenti per figli disabili nel decreto Semplificazioni

Il decreto Semplificazioni aumenta l’assegno unico alle famiglie con figli con disabilità e prevede nuovi fondi ai Comuni per progetti educativi e di sostegno ai minori

E’ stato pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale il  decreto legge n. 73 2022, detto Semplificazioni, che contiene moltissime misure soprattutto fiscali e per le imprese.  Le norme sono già in vigore da oggi, tra le quali quella relativa all’assegno unico.

E’ presente infatti un articolo che modifica la disciplina dell’assegno unico per i figli, in vigore dallo scorso mese di marzo,  e stanzia nuovi fondi a sostegno dei bambini e dei giovani, di contrasto alla povertà educativa .

Le novità del decreto, ancora in bozza ricordiamo,  riguardano in particolare le famiglie con figli con disabilità che vengono difatto parificati ai figli minori  nell’importo base , variabile in base all’ISEE  e anche una maggiorazione per il 2022  tra i 18 e i  21 anni di età  del figli,o per compensare quanto perso con  il taglio degli assegni al nucleo familiare e delle detrazioni per familiari a carico .Per questo fine sono stanziati piu di 122 milioni di euro per il 2022.

Vediamo piu nello specifico. 

Assegno unico figli disabili
1. Assegno unico figli con disabilità 2022

Il decreto semplificazioni 2022 prevede  all’art 38 (modificato rispetto alla bozza ufficiosa precedentemente in circolazione, che

  • l’importo previsto per ciascun figlio con disabilità senza limiti di età viene parificato a quello per i figli minorenni, che varia in base all’Isee da 175 a 50 euro mensili
  • l’importo della maggiorazione per i figli minorenni con disabilità (105 euro  per i non autosufficienti, 95  euro per i disabili gravi e 85 per  i disabili  di media gravità) viene  assicurato anche ai disabili  tra i 18 e i 21 anni, che ad oggi  avevano invece diritto a 80 euro in misura fissa
  • la maggiorazione triennale prevista (temporaneamente) per i nuclei con Isee sotto i 25mila euro, per gli anni 2022-2023-2024   aumenta di 120 euro  in caso di presenza di un figlio disabile nel nucleo familiare.

Si ricorda che per i figli disabili maggiorenni sono rimaste in vigore le detrazioni fiscali.

2.  Fondi ai Comuni per progetti rivolti ai minori

Il decreto Semplificazioni prevede all’art 36 l’istituzione di un Fondo , presso la presidenza del Consiglio dei ministri, con dotazione di 58 milioni di euro   da destinare ai Comuni per la realizzazione di progetti  formativi assistenziali e educativi  rivolti  al benessere dei minori

In particolare vengono indicate come prioritarie le seguenti finalità:

  • favorire il recupero degli stress psicofisici causati dalla pandemia da Covid 19
  • la promozione, tra i bambini e le bambine, dello studio delle materie STEM, 

I progetti potranno essere svolti  presso i centri estivi, i servizi socioeducativi  territoriali e i centri con funzione educativa e ricreativa per i minori I progetti , attraverso la collaborazione con enti pubblici e privati.

Un decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia provvedera a stilare  l’elenco dei Comuni beneficiari, comprensivo di tutti i Comuni che non  comunichino  al dipartimento per la famiglia,  entro 30 giorni  dall’entrata in vigore del decreto, non voler aderire  all’iniziativa.

Il decreto stabilirà  gli importi spettanti ai singoli  Comuni beneficiari sulla base dei dati ISTAT relativi alla popolazione minorenne residente e le modalità di  monitoraggio dell’attuazione degli interventi .

Per l’erogazione dei fondi agli enti locali si deve attendere  l’emanazione del  decreto della Presidenza del Consiglio, dipartimento politiche per la famiglia. (fiscoetasse.com)

Oscar De Pellegrin: «Io, primo sindaco con disabilità d’Italia»

59 anni, ex atleta paralimpico, è stato eletto al primo turno con la coalizione del centrodestra. Esattamente 38 anni fa l’incidente che gli ha cambiato la vita

14 giugno 1984: un incidente sul lavoro lo porta a guardare il mondo da una sedia a rotelle. Trentotto anni esatti dopo si riprende ogni cosa, partendo dalla fine per arrivare all’inizio. Oscar De Pellegrin, 59 anni, ex atleta paralimpico, è il primo sindaco con disabilità d’Italia.

Quando accadde avevo vent’anni e pensavo fosse la fine“. Invece era l’inizio. Di un percorso che lo avrebbe portato a viaggiare – rigorosamente su 4 ruote – lungo i sentieri dello sport, del sociale, dell’associazionismo, dell’ambito dirigenziale. Fino a diventare sindaco di Belluno. A chi, da subito, le ha chiesto come avrebbe fatto, ha risposto: «Sono pronto». 

Oscar De Pellegrin Sindaco Belluno

Pronto ad una politica più inclusiva?
«Sono pronto a costruire una città più matura nell’accettare la diversità e il disagio».

A sorpresa non è servito neppure il ballottaggio. Cosa pensa abbia convinto i bellunesi?
«Me lo sono chiesto anch’io. Penso da un lato la mia lealtà, la linea non bellicosa che ho sempre voluto tenere, dall’altro la voglia di cambiamento. Sento di essere portatore di modo nuovo di fare politica e amministrazione»

Trentotto anni fa esatti l’incidente: cosa ricorda?
«Ricordo tutto nei minimi particolari, fa parte di me. È l’incontro con un destino che non ho scelto ma ho dovuto accettare prima di scoprire quante porte di meraviglia poteva aprirmi. È incredibile ma quella tragedia, per me, è stata un trampolino».

Le ha aperto le porte dello sport, facendola diventare campione sia nel tiro con l’arco sia nel tiro con la carabina e nome di punta in 6 Paralimpiadi. Poi i ruoli da dirigente all’interno di Coni, Cip e Fitarco e oggi la politica. La sua lista, pur civica ma di orientamento centrodestra, ha espugnato un comune al centrosinistra. Cosa risponde a chi ha accusato il suo concittadini di voto buonista?
«Ho sempre avuto rispetto per gli avversari, anche se ne ho ricevuto meno. Credo che non servano tante parole, saranno i fatti a dire chi sono come sindaco».

Che cos’è l’ascolteria?
«Dopo due anni di pandemia senza vita sociale, le persone vogliono essere ascoltate. Così ho immaginato un luogo dove la gente potesse raccontarci problemi e portare idee. Un po’ sfogatoio, un po’ luogo di proposte concrete».

Come immagina la città del futuro?
«C’è molto da fare, creare una città per tutti significa pensare non solo a chi come me è in carrozzina ma anche alla mamma col passeggino, al nonno con il bastone».

E la casa delle abilità?
«Un sogno che ho in mente da tempo. Il primo problema di chi vive con una disabilità fisica o psichica è la solitudine. Una struttura che crei interazione tra chi è svantaggiato è un passaggio di indipendenza e di felicità essenziale».

Lei sarà il sindaco delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi Milano Cortina2026. Cosa chiederà al Comitato?
«Belluno in quanto capoluogo deve essere coprotagonista di questo evento».

Bebe Vio, Alex Zanardi e ora Oscar De Pellegrin. Figure dello sport che hanno un impatto sempre più forte sulla società. Cosa vi accomuna?
«La voglia di vivere, il coraggio di non fermarsi, lo scegliere di non rassegnarsi al destino».

Dedica la sua vittoria a qualcuno?
«A mia moglie, la mia forza e la mia bussola». (vanityfaire.com)