(Ri)mettere sulla moto le persone con disabilità? Si può fare

Sul circuito Tazio Nuvolari si è appena svolto uno dei corsi per motociclisti con disabilità organizzato dall’associazione Di.Di e supportato da Bmw Italia. Abbiamo seguito l’evento da un punto di vista privilegiato, quello di un motociclista da poco paraplegico

Cervesina (PV), circuito Tazio Nuvolari: a mettersi il casco per imparare come si fa ad andare in moto ci sono una dozzina di ragazzi con disabilità e una voglia pazzesca di rimontare in sella, o di salirci per la prima volta. L’evento è organizzato dall’associazione Di.Di. (Diversamente Disabili) e supportato da BMW Italia. Di.Di da qualche anno offre corsi di guida dedicati, con moto opportunamente modificate e istruttori certificati.

Presidente e fondatore di Di.Di è Emiliano Malagoli, pilota paraolimpico di livello internazionale. Cresciuto con la passione del motociclismo, Emiliano nel 2011 a seguito di un incidente stradale ha subito l’amputazione della gamba destra, ma dopo soli 400 giorni è rimontato in sella al Mugello. E da lì in poi non si è più fermato.

Dopo la partecipazione alla maratona di New York nel 2019, con una protesi all’arto inferiore, proprio a Cervesina ha annunciato che domenica 25 settembre sarà al via della maratona di Berlino, perché «l’unico modo per migliorarsi è sfidarsi». 

Prima gli esercizi nel paddock

Il corso si svolge come tutti gli altri, o quasi: briefing tecnico sul comportamento da tenere in pista e divisione in gruppi in base alle esigenze. Da una parte chi salirà sulle Pit Bike (il corso è pensato per chi per età o per condizione psico-fisica non può guidare una moto più grande), dall’altra chi ha subito un’amputazione o una grave lesione a un braccio o una gamba, quindi le persone paraplegiche.

Si passa alla vestizione: indossare una tuta in pelle non è facile e lo è ancor meno per chi siede su una carrozzina. In soccorso vengono amici e parenti al seguito, oltre a una squadra di volontari di trenta persone tra lo staff di BMW Motorrad Italia e i soci del Federclub. Persone che nel corso della giornata saranno sempre pronte a dare una mano.

Quindi si va nel paddock, per prendere dimestichezza con la moto adattata e per gli esercizi tra i birilli. Ogni gruppo viene seguito – passo per passo – da istruttori con lo stesso tipo di disabilità. Questo aiuta a mettere a loro agio i partecipanti, che sanno di avere al loro fianco una persona che si è confrontata con le stesse difficoltà. Ciò nonostante, all’inizio la tensione è palpabile tra chi deve montare in sella. Un’ansia che si stempera subito una volta saliti in moto e si vede che ce la si fa. E man mano comincia il divertimento. 

Moto per paraplegici
La moto per i paraplegici ha le rotelle, ma poi si tolgono

Qualche attenzione particolare è richiesta per chi siede su una carrozzina, la persona deve essere caricata di peso sulla moto prima di tutto. La moto è attrezzata con un carrello posteriore che la tiene in piedi da ferma e che viene azionato dal motociclista: deve essere sollevato subito dopo la partenza e abbassato appena prima di fermarsi. Oltre a questo ci sono due bracci laterali con ruote più grandi e fisse, che limitano l’angolo di piega: sono necessari all’inizio, per evitare cadute.

Ho potuto provarla brevemente, durante la pausa pranzo per non togliere spazio ai corsisti. Dopo un paio di tentativi, partire e fermarsi è diventato più facile: i rotelloni quasi non toccavano più terra e quando lo facevano davano fastidio, perché falsavano la piega. Non a caso vengono tolti dopo un paio di prove. Io però non ho avuto tempo. Com’è risalire in moto? Avere un manubrio tra le mani, è stata una sensazione forte, diversa da prima ma molto bella. Mi iscriverò al prossimo corso? Ho tante cose da fare, ma ci sto pensando. 

Nel pomeriggio tutti in pista a dare gas

Se al mattino c’era tensione, dopo pranzo l’aria si taglia con il coltello: è ora di mettere le ruote in pista. Sempre per gruppi: in testa l’istruttore e poi gli allievi che si alternano dietro di lui. A chiudere la fila un secondo istruttore. A fine turno si esce, è il momento del confronto: ogni allievo dice cosa va e cosa no, spiega le difficoltà incontrate. Poi ovviamente a dire la sua interviene l’istruttore.

Secondo turno, più veloci e sicuri. E poi via ancora. A fine giornata, felicità e divertimento si vedono sul volto di chi ha aspettato questo momento per diverso tempo. Per alcuni si è trattato semplicemente di chiudere un cerchio rimasto aperto dopo l’incidente e di risalire in moto un’ultima volta. Magari ripeteranno l’esperienza. Qualcuno (chi può) prenderà la patente speciale AS. C’è poi chi si farà la sua moto da pista. In ogni caso ne è valsa la pena. Come dice Emiliano: «Se si riesce a fare una cosa così difficile come andare in moto, allora le cose di tutti i giorni diventano molto più facili». (corriere.it)

Roma: via libera ai progetti per migliorare la fruibilità di tre musei

La Giunta capitolina ha approvato tre progetti di intervento per la rimozione delle barriere fisiche, sensoriali e cognitive in strutture scelte all’interno del Sistema Musei di Roma Capitale. L’obiettivo, si legge nella nota, è quello di garantire un più ampio accesso e una più diffusa partecipazione alla cultura, fornendo strumenti utili per rendere maggiormente inclusivi i luoghi della cultura e favorire la visita del pubblico con disabilità.

Il via libera ai progetti consente di partecipare a uno specifico bando all’interno della missione 1 del Pnrr dedicata alla digitalizzazione, all’innovazione e alla competitività e cultura, con specifico investimento sul «Patrimonio culturale per la prossima generazione. Con un importo complessivo di quasi 1,5 milioni di euro, la Sovrintendenza capitolina intende intervenire sui Musei Capitolini per 488mila euro, sul Museo di Casal De’ Pazzi per quasi 500mila euro e sulla Centrale Montemartini per 500mila euro.

«Si tratta di un provvedimento dall’alto valore civile e costituzionale– ha commentato l’assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor perché la cultura deve essere di tutti e per tutti senza barriere. Ecco perché, con i fondi del Pnrr, consentiremo a tre importanti realtà museali cittadine di compiere un notevole salto di qualità in termini di fruibilità e accessibilità».

Si realizzerà un unico percorso di visita accessibile a tutti, nell’ottica dell’«universal design», attraverso l’adeguamento del percorso principale del giardino con una viabilità non differenziata, l’eliminazione di barriere visive e uditive, la sostituzione del l’impianto multimediale con tecnologie più innovative e inclusive che utilizzino una molteplicità di linguaggi. È prevista la sistemazione delle aree all’aperto per migliorare l’accoglienza e l’accessibilità. Inoltre, si procederà all’implementazione del sito web, e all’incremento dell’utilizzo dei social network, per favorire il coinvolgimento degli adolescenti.

Roma musei

Nei Musei Capitolini, la prima raccolta museale pubblica dell’età moderna, la realizzazione del progetto renderà quanto più possibile coincidente l«esperienza di visita del pubblico con disabilità con quello degli altri visitatori per percorribilità e fruizione delle opere. Grazie agli interventi previsti, si ridurranno i disagi derivati dalla complessa architettura e distribuzione degli spazi articolati nel Palazzo dei Conservatori, nel Palazzo Nuovo e nella Galleria sotterranea che ospita la collezione epigrafica e conduce all’antico Tabularium, anch’esso parte del percorso museale.

Il museo verrà dotato di nuovi dispositivi utili al superamento delle barriere architettoniche e di nuovi supporti per l’orientamento nel percorso e la fruizione delle opere per i visitatori con disabilità cognitiva e sensoriale. I contenuti per i visitatori con disabilità sensoriale e cognitiva, si legge nella nota, implementeranno la pagina web dedicata, in un percorso virtuoso tra visita da remoto e in loco, che potrà essere supportata dai contenuti caricati sul web.

Il Museo di Casal De’ Pazzi ospita un importante sito archeo-paleontologico datato a circa 200mila anni fa, tra i pochi musealizzati in Italia e in Europa, e rappresenta un elemento chiave di riqualificazione delle periferie e di interazione con le comunità locali.

Infine, la Centrale Montemartini, museo nato dalla riconversione di un impianto industriale, la prima centrale pubblica di Roma per la produzione di energia elettrica, costruita nel 1912. La struttura accoglie oggi mosaici e reperti archeologici di età romana appartenenti alle Collezioni dei Musei Capitolini. Si lavorerà per rendere gli spazi più confortevoli e accessibili, rimodulando quelli dedicati all’accoglienza di tutti i visitatori e favorendo la visita a persone con disabilità sensoriale attraverso l’installazione di mappe e riproduzioni per l’esplorazione tattile.

La comunicazione interna verrà rinnovata grazie all’ausilio di audioguide e totem touch screen, al fine di ampliare e migliorare l’accesso al patrimonio tecnologico e archeologico del museo. Inoltre, con il restyling dello spazio esterno si contribuirà alla riqualificazione di un’area nevralgica del quartiere Ostiense, oggi oggetto di grandi trasformazioni. (corriere.it)

Bandiere Lilla, ecco i 45 comuni migliori per la vacanza dei disabili

L’iniziativa della società cooperativa Bandiere Lilla va in atto dal 2010. Quest’anno 10 new entry. Ma è ancora troppo poco, per una potenziale clientela di oltre 3 milioni di persone. Che continuerà a crescere numericamente

Sono 10 le nuove Bandiere Lilla assegnate dalla Società Cooperativa Sociale “Bandiera Lilla”, che ogni anno premia quelle realtà istituzionali che lavorano giorno dopo giorno per migliorare la propria accessibilità turistica. Le new entry del 2022 sono: Riva del Garda (Trentino Alto Adige), Malcesine e Porto Viro (Veneto), Peccioli (Toscana), Civitanova Marche e Cupra Marittima (Marche), Rocca Imperiale (Calabria), Savoca (Sicilia) e La Maddalena (Sardegna).

Con questa settima edizione, il numero complessivo delle bandiere arriva così a 45 in rappresentanza di 15 regioni (la lista completa qui). Il riconoscimento viene assegnato con il supporto della Consulta Regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata della Regione Liguria, a quelle realtà comunali che lavorano, giorno dopo giorno, anno dopo anno per migliorare la propria accessibilità turistica.

Quest’ultima è una delle variabili strutturali più importanti per determinare i criteri qualitativi dell’offerta turistica: un maggiore livello di accessibilità ha un’influenza diretta sull’afflusso di turisti, sulla qualità complessiva del turismo e sui benefici economici generati da questo settore. “L’accessibilità nel turismo può e deve essere un motore per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità nei Paesi a forte vocazione turistica, dato che gli sforzi vanno a beneficio della società nel suo complesso”, commenta Antonella Celano, presidente di APMARR, Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare.

Antonella Celano, presidente Apmarr 

Il progetto è nato nel 2012 con l’obiettivo di favorire il turismo da parte di persone con disabilità, premiando e supportando quelle realtà che prestano particolare attenzione a questo target turistico: a causa dell’invecchiamento, dei cambiamenti sociodemografici e dei problemi di salute, infatti, il numero di utenti finali del turismo accessibile è in costante aumento e già oggi rappresenta una quota del 15 per cento nel mercato turistico globale. In Italia sono oltre 3 milioni e 150mila gli italiani che convivono con una qualche forma di disabilità e che necessitano di servizi specifici progettati per concentrarsi sulle persone la cui mobilità, vista, capacità uditiva, forza e salute mentale sono in declino.

Un numero destinato ad aumentare. A causa dell’invecchiamento, dei cambiamenti sociodemografici e dei problemi di salute il numero di utenti finali del turismo accessibile è in costante crescita e già oggi, come svelato da Majid Al-Usaimi, presidente del Comitato Paralimpico Asiatico e membro del comitato Paralimpico Internazionale, rappresenta una quota del 15% nel mercato turistico globale. Secondo le recenti stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra il 10-15% della popolazione mondiale ha un qualche tipo di bisogno di assistenza e il numero di persone che necessitano di dispositivi di assistenza (sedia a rotelle, tecnologie della comunicazione) raddoppierà, entro il 2050, da 1 miliardo a 2 miliardi di persone.

L’Istat invece stima un aumento del 70% entro il 2035 dei viaggiatori con disabilità, a patto che le esperienze di turismo e tempo libero diventino sempre più accessibili e inclusive. Sulla base di uno studio dell’Università del Surrey, il potenziale del mercato europeo dell’accessibilità per il turismo è stimato in oltre 133 milioni di turisti, tenendo conto di tutte le persone con disabilità e patologie croniche, insieme ai loro compagni di viaggio con entrate potenziali superiori agli 80 miliardi di euro.

L’accessibilità nel turismo può e deve essere un motore per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità nei Paesi a forte vocazione turistica, dato che gli sforzi vanno a beneficio della società nel suo complesso – afferma ancora Antonella Celano, presidente di un’associazione pazienti che difende i diritti degli oltre 5,5 milioni di persone affette da una delle oltre 150 patologie reumatologiche.

Per riuscire a migliorare le pratiche di accessibilità, eliminando le principali barriere strutturali (servizi di prenotazione e trasporto, strutture ricettive, comunicazione) e sociali (mancanza di formazione delle imprese e degli operatori del settore turistico e di consapevolezza circa le tematiche dell’accessibilità) occorre pensare a una partecipazione attiva e diretta delle persone con disabilità nella stesura di protocolli internazionali standard che siano in grado di garantire lo stesso livello di accessibilità e qualità del servizio.

Penso che anche la pandemia abbia fatto capire qualcosa in più e abbia portato un’attenzione diversa al tema dell’accessibilità, una maggiore attenzione al tema delle persone e delle loro esigenze: il turismo accessibile non è solo riadattare un bagno a norma di legge. Il mondo dell’ospitalità è molto di più e significa accogliere le persone, farle sentire a loro agio e farle stare bene. La nostra associazione si è sempre battuta affinché indicatori essenziali della qualità della vita come turismo e tempo libero diventino campi di intervento prioritari delle politiche di pari accessibilità“.

Bandiere Lilla

Data l’inevitabile correlazione tra invecchiamento, patologie invalidanti e disabilità, i servizi devono essere progettati per concentrarsi sulle persone la cui mobilità, vista, capacità uditiva, forza e salute mentale sono in declino. Ad esempio, la crociera è diventata una delle opzioni di vacanza preferite da famiglie, coppie e anziani in particolare e le escursioni giornaliere per i turisti in crociera sono un settore in cui gli utenti più anziani richiedono dei servizi speciali.

Anche se un solo membro del gruppo è in sedia a rotelle, è necessario un taxi o un furgone accessibile dal porto alle attrazioni, ai ristoranti o alle aree per il tempo libero e lo shopping. Senza questo tipo di trasporto speciale, il turista dovrà rimanere a bordo e verranno persi rilevanti potenziali introiti.

Allo stesso modo, le persone anziane con difficoltà motorie possono richiedere una guida o personale addestrato e professionale che conosce i percorsi giusti per ridurre al minimo le loro difficoltà di deambulazione. Alcuni di questi clienti apprezzerebbero dei ristoranti con servizi igienici accessibili, camere d’albergo accessibili (in tutte le fasce di prezzo), aree di parcheggio con sorveglianza per gli scooter elettrici e attrazioni adatte a persone con problemi di vista, udito o mobilità.

Altri elementi di servizio a misura delle persone con bisogni e necessità specifiche possono includere la disponibilità di assistenza infermieristica, procedure mediche come la dialisi renale, l’ossigeno o avere accesso alle informazioni sugli ospedali, i medici o i fisioterapisti più vicini al luogo di villeggiatura.

Nelle destinazioni e nei mercati in cui l’accessibilità è insufficiente, le prestazioni del mercato sono inferiori del 25-35% rispetto alle aspettative. Questa è all’incirca la percentuale di persone le cui decisioni di viaggio sono influenzate dalle condizioni di accessibilità e le destinazioni turistiche che non danno priorità e non promuovono l’accessibilità ignorano questo importante mercato di persone con disabilità, turisti anziani e non. In Germania, ad esempio, il 37% delle persone con disabilità ha deciso di non intraprendere un viaggio a causa della mancanza di strutture accessibili ma, tuttavia, il 48% viaggerebbe più frequentemente se queste fossero disponibili e il 60% sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto per il loro utilizzo.

Addirittura, come spiegato da Annagrazia Laura, presidente dello European Network for Accessible Tourism (ENAT) nel suo intervento durante il Dubai Accessible Tourism International Summit 2022, la mancanza di strutture e servizi adeguati fa sì che l’economia globale del turismo perda, ogni anno, circa 142 miliardi di euro e 3,4 milioni di posti di lavoro.

Ma qual è il profilo tipico dei viaggiatori con disabilità? Innanzitutto, hanno una forte capacità di spesa, spendendo, in media, da due a quattro volte di più per le loro vacanze e amano ritornare più volte nella stessa destinazione quando la trovano accessibile. Soggiornano in alloggi più costosi per esigenze di spazio, igiene e accesso. Spendono di più per il noleggio di veicoli (necessitano di veicoli più grandi) e per i servizi di trasporto. Pagano di più per lo spazio extra a bordo di un aereo semplicemente per essere più a loro agio durante il viaggio. (repubblica.it)

Incendio nella villa di Alex Zanardi: si teme per i macchinari che assistono l’ex campione

Un incendio è divampato nella villa di Alex Zanardi a Noventa Padovana. Nell’abitazione dell’ex pilota di F1 e campione paralimpico sono intervenuti i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme. Si stanno valutando eventuali danni ai macchinari che assistono l’ex campione.

Un incendio è divampato nella villa di Alex Zanardi a Noventa Padovana. Nell’abitazione dell’ex pilota di F1 e campione paralimpico sono subito intervenuti i vigili del fuoco che hanno immediatamente spento le fiamme. Le causa del rogo potrebbe essere riconducibile a un incendio dell’impianto fotovoltaico. In questo momento, secondo quanto riferisce l’Ansa, i vigili del fuoco stanno valutando se ci siano eventuali danni ai macchinari che assistono lo stesso Zanardi.

Alex Zanardi con suo figlio
Alex Zanardi con suo figlio Nicolò

Quest’ultimo infatti a giugno del 2020 fu coinvolto in un tremendo incidente sulle strade di Pienza (in Provincia di Siena), durante la staffetta benefica ‘Obiettivo tricolore’ per una gara di handbike. Da quel momento c’è massimo riservo sulle sue condizioni, ecco perché si sta cercando di capire con molta cautela se le fiamme possano aver intaccato i macchinari che lo assistono e se possa essere necessario un possibile trasferimento di Zanardi. Per sicurezza si potrebbe anche pensare di trasferirlo per alcune notti in modo da ripristinare nuovamente l’ordine nella sua abitazione dopo quanto accaduto.

Zanardi con la moglie Daniela

Il recupero di Zanardi dopo l’incidente è graduale e c’è grande riservatezza in questo momento sulle sue condizioni. Zanardi non ha mai mollato mostrando ancora una volta il suo infinito coraggio e la voglia di rialzarsi. Per tutto il mese di gennaio infatti il 55enne bolognese si è recato ogni giorno nel Centro Iperbarico di Ravenna dove si è sottoposto ad alcune terapie specifica per la riabilitazione fisica ma anche alla riattivazione di alcune zone del cervello atrofizzatesi a seguito del terribile incidente di cui è stato vittima.

Zanardi sta facendo grossi passi in avanti dopo quanto accaduto stretto nell’amore della sua famiglia che ha potuto riabbracciare proprio facendo ritorno a casa, a Noventa Padovana, per stare insieme alla moglie Daniela e il figlio Nicolò che non lo hanno mai lasciato solo da quando è cominciato questo lungo calvario. (fanpage.it)

Articolo in aggiornamento…

Zanardi è stato trasferito in un centro medico di Vicenza in via precauzionale, dove troverà l’assistenza di cui ha bisogno. La decisione sarebbe stata presa dai familiari. Un’ambulanza è arrivata nella casa di via De Gasperi per recuperare l’atleta e portarlo via.

Arte e inclusione, la «Luce nera» di Burri nelle «sfumature» di dieci giovani disabili

È dedicata all’opera di Alberto Burri la prima guida per un museo in Italia scritta con la comunicazione aumentativa alternativa da 10 giovani con disabilità cognitiva e verbale. 

Arte e inclusione. Ci sono disegnati arcobaleni, forme geometriche e frecce. Ci sono anche tante parole: nome, dai, nave, all’esterno, orientarsi, opere, cantieri navali. Ci sono fotografie: sestante, acrilico, cellotex, museo, Venezia. È una guida diversa dalle altre quella disponibile nell’Ex Seccatoi del Tabacco, un museo dedicato alle opere di Alberto Burri nel luogo dove è nato e a lungo ha lavorato, Città di Castello (Perugia). L’opera si intitola proprio «Museo Burri ex Seccatoi del Tabacco» ed è il risultato di otto mesi di lavoro di dieci giovani disabili.

Hanno tra i 17 e i 25 anni e si fanno chiamare «Le sfumature di Burri». Hanno redatto testi, selezionato foto, progettato l’impaginazione. Ne è scaturito un lavoro in cui, come in un puzzle, ogni pezzo ha preso il suo posto. La guida di venti pagine è destinata a persone con disabilità cognitive e verbali che adesso possono apprendere e apprezzare le opere di Burri attraverso la comunicazione aumentativa alternativa.

Arte, Burri, comunicazione aumentativa

Un progetto sociale che il sindaco tifernate Luca Secondi ha definito come «apripista ad un nuovo modo, ancora più inclusivo, di rendere fruibile a tutti il patrimonio artistico e culturale» di Burri. Il Maestro ha donato a Città di Castello circa 500 opere oggi conservate in tre musei, a Palazzo Albizzini, quindi in due Ex Seccatoi del Tabacco collocati nell’immediata periferia di Città di Castello. Furono acquistati da Burri che li fece dipingere del suo colore preferito, il nero.

Oggi vi si tengono anche conferenze e convegni sull’arte moderna e contemporanea e mostre a tema come quella in corso, «La luce del nero» (aperta fino al 28 agosto), caratterizzata da un innovativo percorso artistico-sensoriale, inclusivo per i non-vedenti. Curata da Bruno Corà, presidente della Fondazione Burri, elabora il tema del nero e dell’oscurità caro al maestro tifernate, offrendo l’esperienza sensoriale del buio ai visitatori.

Aurora Bazzurri, Gioia Giorgi, Livia Tose, Nizar Douari, Alberto Marinelli, Mattia Melelli, Matteo Perioli, Mirko Pietosi, Matteo Ricci, Luca Varzi sono i dieci giovani del gruppo «Le sfumature di Burri» che hanno lavorato alla guida in collaborazione con la logopedista Letizia Giovagnini e gli educatori Matteo Chierici, Anita Meozzi e Cecilia Mazzoni. L’opera fa parte del progetto «Ti illustro la città con la Comunicazione Aumentativa Alternativa», e ha coinvolto il Comune di Città di Castello, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, l’Usl Umbria1, la Cooperativa sociale «La Rondine» e la Cooperativa Atlante.

La mostra «La luce del nero» è ancora aperta dal martedì al venerdì fino al 28 agosto dal martedì al venerdì (10.00-13.00 e 14.30-18.30) oltre che sabato, domenica e festivi (10.00-18.00). Info: museo@fondazioneburri.com.

STORIA

Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri. Nata nel 1978 per volontà dello stesso Alberto Burri che, con una prima donazione dotava la Fondazione Palazzo Albizzini di 32 opere, è stata riconosciuta con decreto del presidente della Giunta Regionale dell’Umbria. Secondo le linee espresse dallo statuto, l’istituzione opera per gestire e conservare l’esposizione permanente delle opere dell’artista e per promuovere gli studi sull’arte del Maestro e la sua collocazione nel tempo. A questo scopo la Fondazione gestisce l’apertura al pubblico delle due collezioni, organizza conferenze annuali sull’arte contemporanea, allestisce mostre e partecipa ad eventi espositivi a livello nazionale e internazionale.

La Collezione a Palazzo Albizzini è stata aperta al pubblico nel dicembre 1981 e comprende circa 130 opere dal 1948 al 1989, ordinate cronologicamente in 20 sale. Insieme all’altra sede espositiva degli Ex Seccatoi del Tabacco, inaugurata nel luglio 1990, che ospita 128 opere dal 1970 al 1993, è la raccolta più esaustiva sull’artista, con opere di altissima qualità selezionate dal pittore stesso.Il 12 marzo 2017 è stata inaugurata una nuova sezione museale nei sotterranei degli immensi Ex Seccatoi per esporre tutta l’opera grafica del Maestro. Le tre sezioni espositive costituiscono, dunque, la raccolta più esaustiva del lavoro di Alberto Burri.

L’opera grafica consta di 196 opere create fra il 1957 e il 1994. È un viaggio attraverso le incognite della tecnica grafica che Burri “piega” per ottenere quello che fino a poco tempo prima sembrava impossibile con quegli stessi mezzi. Esemplare la realizzazione delle Combustioni del 1964 e 1965 nelle quali è ricreato sulla carta il processo della combustione, in assenza dell’azione reale del fuoco.

Gli Ex Seccatoi del Tabacco. Collocati nell’immediata periferia di Città di Castello, costituiscono un esemplare recupero di archeologia industriale operato per volontà di Alberto Burri, che li ha immaginati come luogo adatto ad ospitare le sue ultime creazioni. L’enorme complesso, che risale all’immediato dopoguerra, era destinato a raccogliere il tabacco coltivato nell’Alta Valle del Tevere.  Nelle opere esposte l’interesse del pittore si concentra primariamente su un unico materiale: il cellotex, una sorta di impasto di legno impiegato sin dai primi quadri degli anni ’50 come supporto, che ora viene svelato e sulla cui superficie l’artista interviene a volte scalfendo, incidendo o sollevandone la pellicola più esterna, altre volte dipingendolo.

Le opere sono collocate per “cicli” in hangar distinti. Ognuno di essi ha una sua sinfonia composta da più elementi, tutti in armonia fra loro e l’uno imprescindibile dagli altri. I cicli segnano la svolta di Burri verso un’arte più complessa e monumentale, l’artista è stimolato dal rapporto di queste opere con gli spazi suggestivi e affascinanti degli Ex Seccatoi. In questa sede si sono tenute conferenze d’arte moderna e contemporanea, sul restauro del contemporaneo, convegni d’aggiornamento in collaborazione con autorevoli istituzioni parallele, nazionali e internazionali.

(articolo rielaborato da corriere.it e cesvolumbria)

Sud Sudan: ampliare l’istruzione per i bambini con disabilità

Il World Service della Federazione luterana mondiale sostiene un programma di istruzione inclusiva rivolto ai bambini con disabilità lasciati senza cure e sostegno adeguati in Sud Sudan

Sarah Philemon è una 32enne madre di quattro figli del campo profughi del Pamir in Sudan. Nata nel 1990 sul monte Nuba, ha perso l’udito all’età di 15 anni quando il suo villaggio è stato bombardato. Di conseguenza, ha lottato per accedere all’istruzione per tutta la vita.

«Sono stata iscritta alla scuola primaria di Nuba Mountain in Sudan quando ero giovane, ma a causa della mia disabilità uditiva non ho potuto beneficiare dell’insegnamento. C’era una barriera di comunicazione. Ciò ha portato a scarse prestazioni anche dopo aver ripetuto la stessa lezione», afferma. «I bambini e i giovani come me avevano perso la speranza, ma ora vedono un futuro luminoso».

Ora Sarah è iscritta all’Accelerated Learning Program (ALP) presso il Tirhaka ALP Center ed è una delle studentesse del programma di istruzione inclusiva della Federazione luterana mondiale (Flm).

Sud Sudan

Il conflitto in Sud Sudan ha provocato lo sfollamento delle famiglie e ha lasciato molti bambini orfani. Di conseguenza, nel paese c’è un aumento del numero di bambini con disabilità (CWD) lasciati senza cure e sostegno adeguati: secondo l’Unicef, sono oltre 200.000. Si tratta di un aumento rispetto alla precedente stima di 160.000.

L’istruzione è in generale una sfida per questi bambini nella maggior parte dei contesti. Molte scuole non sono fisicamente accessibili ai CWD, e anche quando sono in grado di frequentare la scuola, i bambini con disabilità spesso subiscono discriminazioni ed esclusione dai loro coetanei. La mancanza di risorse e di personale qualificato pone anche un ostacolo all’istruzione.

Il World Service, braccio diaconale della Flm, sta implementando un programma educativo inclusivo finanziato dalla Chiesa di Svezia e dall’Agenzia svedese per la cooperazione allo sviluppo internazionale a Ruweng, nel Sud Sudan, per i rifugiati e la comunità ospitante.

Il progetto – che attualmente coinvolge 525 studenti – è volto a garantire che i CWD abbiano accesso a un’istruzione di qualità. Il programma nazionale della LWF in Sud Sudan recluta insegnanti di lingua dei segni e braille per studenti ipoudenti e ipovedenti come parte del programma di istruzione inclusiva.

Studenti come Sarah hanno la possibilità di ampliare la loro istruzione. Con l’aiuto di insegnanti specializzati i CWD imparano a comunicare e a comprendere il mondo che li circonda. Inoltre, acquisiscono le competenze necessarie per avere successo nella vita e una migliore possibilità di realizzare il proprio potenziale.

«La storia di Sarah ci ricorda quanto sia importante l’istruzione e la necessità di migliorarne l’accesso ai bambini con disabilità. In situazioni di conflitto, miriamo ad aiutare le comunità a costruire la resilienza. Un fondamento essenziale della resilienza è l’istruzione. Con la giusta formazione, i giovani vulnerabili hanno un potente strumento nelle loro mani per costruire un futuro migliore», afferma Mika Jokivuori, rappresentante nazionale della Flm in Sud Sudan.

«Voglio che i miei figli abbiano un futuro migliore di quello che avevo io – ha dichiarato Sarah –. Voglio che possano andare a scuola e ottenere una buona istruzione. Con l’aiuto di questo programma, so che possono farlo». «Voglio completare la mia istruzione secondaria e anche oltre per mostrare alla mia comunità di origine a Nuba e al mondo che le persone con problemi di udito possono imparare e contribuire allo sviluppo del Paese. Questo programma mi ha aiutato ad avvicinarmi a questo obiettivo».

Il programma di istruzione inclusiva di LWF World Service sta cambiando il panorama dell’istruzione per i CWD in Sud Sudan. Molti di loro ora sono in grado di andare a scuola e capire l’istruzione che stanno ricevendo. Questo a sua volta aiuta i giovani e i bambini con disabilità a plasmare un futuro più inclusivo per il Sud Sudan. (riforma.it)

Assistenza persone disabili e anziane in caso di incendio in casa: che fare?

L’assistenza alle persone disabili e anziane durante l’incendio in casa può avvenire dai Vigili del Fuoco e anche da persone comuni

L’assistenza alle persone disabili e anziane in caso di incendio all’interno di una casa o di un appartamento riguarda i Vigili del Fuoco, familiari, caregiver e persino i vicini. Sembra un concetto scontato, eppure è necessario sottolinearlo. In un periodo storico dove gli incendi diventano sempre più frequenti tanto da caratterizzare le cronache giornaliere, è bene ripassare le linee guida per garantire la sopravvivenza di ognuno di noi, aiutandosi e porgendo la mano a chi ha più bisogno di aiuto.

Considerazioni emerse all’interno della nostra intervista al delegato USB dei Vigili del Fuoco Paolo Cergnar che espone tutte le criticità a cui persone con disabilità e anziane sono esposte, ma anche cosa poter fare per garantire un’assistenza adeguata per evitare il peggio.

Le persone con disabilità e anziane sono le più esposte a rischi in caso di incendi? Se sì, ci sono dati?

Un dato preciso non c’è, dipende molto dall’operatore che prende la chiamata e registra il dato. Quando facciamo l’intervento nel report possiamo scrivere delle note a lato se si tratta di una persona con disabilità o una persona anziana.

Per esempio, per ciò che riguarda un incendio in un appartamento, dove ci sono vittime, abbiamo cercato di fare un lavoro molto più grande di screening atto a verificare quali sono realmente i dati, ma al momento non è attendibile o comunque non rispetta in maniera fedele la realtà.

Quello che ti posso dire però è che nell’ultimo periodo gli interventi di soccorso a persone disabili, grandi anziani e persone che vivono sole sono aumentati in maniera esponenziale. Essendo persone che hanno difficoltà nella vita comune, perché vivono ai margini della società, e se non sono seguiti da individui che si prendono cura di loro, ne risentono di più.

Uno degli ultimi episodi è successo lo scorso 11 luglio in una villetta a Roma: sono morte la mamma disabile di 74 anni e il figlio di 31 anni che si era chiuso in bagno, proprio perché le difficoltà stanno nel muoversi all’interno di un appartamento in base al fumo. E quindi se la persona è allettata e ha una disabilità motoria, sensoriale o mentale, non percepisce qual è il livello del pericolo. Infatti in questo senso la prevenzione ha un effetto importante.”

Cosa può fare una persona con disabilità e anziana in caso di incendio o per prevenire tali situazioni?

Una cosa banale, che non tutti tengono in considerazione, è tenere la porta chiusa. Se una persona è allettata e ha comunque una persona che le vigila attorno e la assiste tutta la giornata, è utile tenere la porta della stanza chiusa, in quanto si è dimostrato che, durante un incendio di appartamento, anche in caso di propagazione dei fumi, aumenta il tempo di sopravvivenza all’interno della stanza.

Quindi è necessario che la persona abbia qualcuno che la segua. Abbiamo trovato nell’ultimo periodo uno scollamento del tessuto sociale, complice anche la pandemia da Covid che non ha avvicinato le persone tra loro, che ha causato un numero importante di persone morte all’interno degli appartamenti, perché non rispondono alle chiamate o vengono trovate morte. La gente chiama perché, purtroppo, sente il cattivo odore dall’appartamento vicino. E questo evidenzia il problema della solitudine delle persone con disabilità e anziane.

Inoltre, anche se questo è un dato difficilmente estrapolabile, nell’ultimo periodo stiamo facendo molte di queste tipologie di intervento. Le abbiamo sempre fatte, però l’allontanamento delle connessioni sociali, anche in ambito familiare, ha portato a non accorgersi di chi ci sta intorno e a non avere il contatto anche con il vicino.”

Quindi la prevenzione può venire anche dai vicini di casa.

Assolutamente, una persona che sta da sola o ha familiari lontani può affidarsi o farsi aiutare da un buon rapporto con il vicinato o, se presente, dal portiere dello stabile, o comunque da meccanismi di ausilio. Lo smartphone può essere uno strumento talvolta sconosciuto, non tutti sono abili a utilizzarlo, soprattutto le persone anziane, e quindi non riescono ad avvertire in tempo se si trovano in una situazione di pericolo. Diverso invece per chi è intrappolato nel letto perché ha una disabilità motoria: se c’è un incendio, rimane intrappolato proprio perché fisicamente non puoi muoverti.”

Incendio
Foto dal web

Cosa può fare un vigile del fuoco per l’assistenza alle persone disabili e anziane in caso di incendio e aumentare le possibilità di salvare vite?

L’unico fattore che potrebbe essere abbattuto è il tempo, la tempestività dell’intervento, anche nel caso di un incendio senza fiamma che sprigiona tanto fumo. Arrivare nel più breve tempo possibile è ciò che può cambiare la situazione.

Sotto questo aspetto, c’è un progetto partito nel 2001 dedicato al soccorso delle persone con disabilità, con il Comando di Pordenone all’avanguardia in materia. Il nostro funzionario direttivo Stefano Zanut è un antesignano per ciò che riguarda l’assistenza alle persone disabili in caso di incendio, poiché ha mostrato e illustrato con un vademecum per tutti i Vigili del Fuoco quali sono le tecniche per aiutarle: come prendere una persona su carrozzina, come aiutare chi ha una disabilità cognitiva, come entrare in contatto con l’autismo e altre tipologie di disabilità.

C’è una certa attenzione soprattutto alla disabilità mentale, nel cercare il contatto e l’empatia con la persona soccorsa e viceversa. Magari anche noi in determinati frangenti non riusciamo a capire quale contesto dobbiamo affrontare. A tal proposito esiste un’applicazione per smartphone, Help for All, per vedere anche quali sono i vari approcci nelle varie fasi del soccorso per i vari tipi di disabilità.”

Che cosa consigli di fare a una persona con disabilità o a una persona anziana durante un incendio?

Allontanarsi da fiamme e fumo, chiudere le porte dietro di sé e mettersi in salvo e cercare di mettersi in una posizione di riparo: uno tende a mettersi in bagno, perché è il luogo più sicuro dove c’è meno materiale che potrebbe andare a fuoco. E chiamare il prima possibile il numero unico d’emergenza, il 112, dicendo che il soccorso è richiesto da una persona disabile e con quale tipo di disabilità.

E la cosa importate è sempre avere la salvaguardia di queste persone da individui normodotati, che conoscono la disabilità di chi deve essere soccorso. È chiaro se chi assiste un anziano è un compagno o una compagna anziana, diventa più complesso. Perché comunque i tempi di reazioni di una persona anziana sono molto lunghi.

Inoltre, se c’è un balcone o se si ha la possibilità, uscire dall’appartamento che sta bruciando e chiudere la porta dietro di sé. E se possibile, portarsi dietro le chiavi, è fondamentale: sembra banale, ma entrare in un appartamento in fiamme avendo le chiavi, e non dalla finestra, che in alcuni casi è inaccessibile, per noi è fondamentale, così possiamo entrare subito per accorciare i tempi del soccorso.” (abilitychannel.tv)

Emilia Clarke racconta gli aneurismi: «Parte del mio cervello non funziona»

L’attrice cult de Il trono di spade rivive i problemi di salute del 2011 e 2013 durante la promozione del suo spettacolo teatrale a Londra. E commuove il web

Emilia Clarke, diva riservata de Il trono di spade, ha rotto il silenzio sul suo stato di salute. La 35enne britannica ha avuto due aneurismi celebrali nel 2011 e nel 2013, in seguito ai quali ha subito un’operazione. Oggi ha la serenità e il coraggio di condividere la propria esperienza.

Secondo le previsioni mediche e le statistiche, dopo un intervento del genere avrebbe dovuto perdere l’uso della parola. È rarissimo – ha spiegato l’artista – che non ci sia alcuna conseguenza fisica.

Lo ha raccontato al programma Sunday Morning di BBC1 per promuovere il suo debutto teatrale nel West End con The seagull, di cui ha condiviso una foto dopo una lunga assenza da Instagram (l’account vanta 27 milioni di follower) e che ha debuttato a Londra il 6 luglio scorso.

Durante l’intervista Emilia Clarke ha rivelato: «(La malattia) ti permette di cambiare prospettiva. C’è una parte del mio cervello che non funziona più… ne manca un pezzo, il che mi fa sempre fare una risata quando ci penso. In pratica se non arriva il sangue al cervello per un secondo a quella zona dici addio. Certo, il sangue trova un altro percorso per aggirare la situazione ma quello che è perso è perso.

Ad un certo punto mi sono detta: “Questa sei tu adesso. E questo è il cervello che ti è rimasto”. Davvero non ha senso rimuginare in continuazione su cosa sarebbe potuto essere. Comunque riesco a reggere due ore e mezzo di spettacolo ogni notte senza dimenticarmi una singola battuta. Ho sempre avuto una buona memoria, che è l’unica vera qualità che un attore deve avere… quindi la tua memoria è incredibilmente importante e io la metto alla prova continuamente».

In seguito all’esperienza l’attrice ha fondato un’associazione benefica, SameYou, per aiutare i pazienti reduci da ictus o malattie legate al cervello.

Ripercorrendo però i momenti dell’ictus ha ricordato: «Ho provato il dolore più acuto che si possa immaginare ma per fortuna Il trono di spade mi ha tirato su e mi ha dato uno scopo».Ripercorrendo però i momenti dell’ictus ha ricordato: «Ho provato il dolore più acuto che si possa immaginare ma per fortuna Il trono di spade mi ha tirato su e mi ha dato uno scopo».

Dopo Last Christmas, Emilia Clarke ha in cantiere altri progetti: doppia il film d’animazione The amazing Maurice con Hugh “Dottor House” Laurie, per poi abbracciare l’universo Marvel nella miniserie Secret Invasion con Samuel L. Jackson. Si dedicherà alla commedia family sulle difficoltà della vita da genitori in The Pod Generation accanto a Chiwetel Ejiofor (Love actually). Cambia genere, poi, con il thriller politico McCarthy accanto a Michael Shannon.

Probabilmente però per tutto il mondo resterà per sempre la mamma dei draghi, Daenerys Targaryen, uno dei personaggi più iconici del piccolo schermo.

Torna “Make to Care” con la sua Call for makers

C’è tempo fino al 22 luglio per presentare a “Make to Care” progetti innovativi per pazienti e caregiver

È ai blocchi di partenza la nuova edizione di “Make to Care”, l’iniziativa di Sanofi volta a promuovere tutte le forme di innovazione che sono in grado di rispondere alle esigenze quotidiane di chi vive con una disabilità, dei loro familiari e dei loro caregiver. Nata nel 2016 dalla stretta collaborazione con Maker Faire Rome – The European Edition e giunta alla sua settima edizione, “Make to Care” ha dato inizio, per prima in Italia, ad una riflessione strutturata sulla Patient-driven-Innovation al fine di incentivarne la pratica e la diffusione, oltre che di stimolare un dibattito costruttivo in termini di nuove politiche sanitarie.

Il progetto si è distinto, nel corso degli anni, per la valorizzazione di idee uniche e non convenzionali che favorissero la qualità di vita e l’inclusione di chi vive con una disabilità. Sono idee che spesso provengono proprio da “pazienti-innovatori” che, grazie alla propria esperienza, sono capaci di guidare la ricerca di soluzioni dirompenti e concrete.

Make to care
Clicca sull’immagine per il regolamento

La Call for makers per presentare i progetti è aperta fino al prossimo 22 luglio, le modalità di presentazione e il regolamento sono consultabili sul sito Maketocare.it. Una prima scrematura dei progetti verrà attuata dagli esperti di Maker Faire Rome – The European Edition tra tutti quelli candidati alla sezione “Health & Wellbeing”.

I progetti finalisti avranno ampia visibilità dal 7 al 9 ottobre nei giorni di Maker Faire Rome e i vincitori verranno proclamati a fine novembre nella Cerimonia ufficiale di premiazione, il cui programma è in corso di definizione. I vincitori avranno la possibilità di fare un’intensa esperienza formativa in Israele, startup nation di primo piano in cui l’innovazione sociale sta catalizzando l’attenzione di innovatori e investitori. L’agenda della visita sarà costruita in collaborazione con l’Ambasciata d’Israele a Roma.  

“Make to Care” porta avanti da anni un progetto di ricerca sull’open-innovation e sulla manifattura digitale in ambito healthcare che nasce e si sviluppa anche fuori da ospedali, centri di ricerca, università ed è guidata da nuovi soggetti: start-up ma anche pazienti-innovatori che spesso collaborano con maker e fablab.

Questa attività conta sulla collaborazione di Polifactory, il maker-space del Politecnico di Milano e sul supporto di Fondazione Politecnico di Milano. L’ecosistema “Make to Care” viene costantemente mappato da Polifactory attraverso un’apposita piattaforma online.

“Make to Care” ha creato un network di partner che collaborano al successo della iniziativa; ART-ER, Società Consortile dell’Emilia-Romagna per l’innovazione, l’attrattività e l’internazionalizzazione; Venture Factory e Arrow Electronics Italia, rispettivamente Investing Partner e Technology Platform Partner che danno supporto e consulenza ai progetti in concorso, valutandone anche la scalabilità; Bugnion S.p.A. e l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che mettono a disposizione le proprie competenze a beneficio di vincitori e finalisti.

Da quest’anno, infine, “Make to Care” vede la collaborazione del Premio Nazionale Innovazione, che si fa promotore dell’iniziativa in ambito accademico. (osservatoriomalattierare.it)

«Noi disabili non siamo né eroi né vittime. Il vostro pietismo è un’aggressione»

Rivendicano uguaglianza, servizi e dignità. E sono stufi della retorica di un paese che pretende di raccontare chi non ascolta e si limita a una narrazione tossica che non va a raccontare l’essere umano ma lo stereotipo

«Rivendichiamo l’orgoglio di essere persone disabili in un sistema socio-culturale che ci fa costantemente vergognare e smantelliamo la rappresentazione negativa e pietistica che ci opprime». Sofia Righetti, filosofa, campionessa di sci alpino paralimpico e attivista, è una donna di 33 anni molto seguita dalla generazione Z in ragioni niente affatto scontate: una feroce fierezza appena mascherata dall’aspetto gentile, glaciali occhi azzurri abbinati a un look da rockstar grunge. 

È grazie a lei se oggi il termine abilismo è entrato a far parte dell’enciclopedia Treccani come neologismo che indica tutte quelle violenze fisiche, alla proprietà e verbali, perpetrate ai danni delle persone con disabilità. Oggi, come molti in Italia, celebra il mese dell’orgoglio per le persone disabili: «Il primo Disability Pride è stato un assalto al potere», dice. 

Siamo nel 1990, il 12 marzo mille persone disabili marciano dalla Casa Bianca alla sede del Parlamento degli Stati Uniti, strisciano su per gli scalini di Capitol Hill per chiedere l’approvazione dell’Ada (American with disability act, il primo testo americano contro le discriminazioni nei confronti dei cittadini disabili) fermo in stallo al Congresso per le troppe negoziazioni. Passata alla storia come The Capital Crawl, la protesta mostrò al mondo anche il problema delle barriere architettoniche e dell’inaccessibilità.

Furono 104 le persone arrestate. Il 26 luglio 1990, George H.W. Bush firmò il testo, approvando la prima legge che proibisce le discriminazioni basate sulla disabilità. Così il Disability Pride si celebra nel mese di luglio per onorare l’unicità di ciascuno come una naturale e bellissima parte della diversità umana.

Sofia Righetti

Il mese dell’orgoglio per le persone disabili punta a questo: smantellare un sistema che tratta e racconta le persone con disabilità con pietismo, senza mai ascoltarle e vederle veramente. 

«Quello che chiediamo è uguaglianza di diritti e dignità. Bisogna ascoltare le voci delle persone disabili, non parlare per loro. Dobbiamo riprenderci gli spazi che ci sono stati negati, alzare la voce, combattere per l’autonomia e la dignità», sottolinea Righetti che racconta le difficoltà di vivere in una società abilista. «Fisicamente sono consapevole che rientro nei canoni della bellezza tipica: sono bionda, ho gli occhi azzurri, certo ho una disabilità evidente per via della carrozzina, ma tutto questo mi fa scontrare spesso con l’inspiration porn, molto violento sulle persone di disabilità. Si tratta in sostanza di una modalità pietista che hanno le persone non disabili nel vedere le persone disabili. Possiamo parlare di pornografia motivazionale, quella che rende le persone disabili oggetti a favore delle persone non disabili».

«Sono grandi perché ce l’hanno fatta, noi siamo fortunati rispetto a loro», è il rosario di frasi retoriche violente che vengono scaricate su una comunità lasciata ai margini. «Se sono fuori per un concerto o a bere una birra con amici può capitare di trovarmi la persona di turno che mi si avvicina e mi dice: “grande perché nonostante tutto sei qui a divertiti”.

Nonostante la disabilità? È un’aggressione poiché ritiene che essere disabili sia svilente, e la considerazione che hanno per le persone disabili è talmente bassa da congratularsi per azioni normali. Sono atteggiamenti che umiliano la dignità di una persona. Veniamo visti come super eroi che “ce l’hanno fatta” oppure come delle tragedie viventi. La nostra esistenza non è prevista dalla società a causa dell’abilismo che privilegia solo alcuni tipo di abilità, e ciò porta all’invisibilizzazione e all’oppressione delle persone disabili».

Giosy Varchetta

Combattere l’abilismo sarebbe meno difficile se ci fossero una cultura condivisa, una conoscenza capillare e comune, un’istruzione appropriata a decifrare la complessità nascosta dietro l’apparenza della disabilità. «Subiamo una discriminazione costante istituzionale e culturale», racconta Giosy Varchetta, attivista e membro del direttivo del Cassero di Bologna: «Ogni persona è fatta da più identità. Essere disabile, queer e disoccupato è diverso dall’esserlo con i soldi. La questione economica non è marginale».

Le persone con una disabilità e un orientamento diverso da quello eterosessuale, inoltre, vivono in una zona ancora più precaria e i casi di abilismo svelano il sentire sullo sfondo. Una delle prime invasioni avviene a colpi di sguardo. «Ci si misura con una società in cui l’apparenza e la forma fisica sono quello che contano di più. Se sei disabile non hai sesso, se fai coming out come disabile e queer ti ignoro o ti aggredisco».

Lo stigma è duplice e il pregiudizio punta a silenziare chi ha una disabilità: «Il motto internazionale del movimento delle persone con disabilità è “nothing about us without us”, ovvero “niente su di noi senza di noi”, su questa strada bisognerebbe muoversi per rimuovere ogni pregiudizio».

Valentina Tomirotti

Niente su di noi senza di noi, però non è una strada percorsa da media italiani, come racconta Valentina Tomirotti, giornalista mantovana di 39 anni: «L’informazione italiana non si allinea all’argomento ma fa sopravvivere una narrazione di comodo e pietista. Difficilmente il professionista investe sul cambio della visuale ma si spiaggia sulla narrazione del disabile eroe. Una narrazione tossica che non va a raccontare l’essere umano ma lo stereotipo: c’è sempre il disabile che vince medaglie in competizioni sportive raccontate come imprese eroiche e, facciamoci caso, mai una persona che vince un premio letterario, ad esempio.

Non c’è una rappresentazione della professionalità neanche nel mondo del giornalismo, difficile trovare un conduttore di tg in carrozzina. Quello che manca è la chiave di volta per far ragionare il pubblico, per farlo serve tempo, investimenti, formazione e competenze. Non abbiamo neanche nel mondo dello spettacolo grandi rappresentazioni, pensiamo a “Uomini e Donne” di Maria De Filippi: un trono per le persone con disabilità non ci sarà mai. Oppure Sanremo, non c’è un conduttore o una conduttrice in carrozzina, c’è la storia del disabile eroe che fa commuovere». 

I social funzionano da scialuppa di salvataggio in uno spazio mediatico che non prevede la disabilità. È nella rete sociale che si ritrovano frammenti di vita, riflessioni e informazioni. Tra gli approdi, la quotidianità che regala informazioni vitali:

«Pensiamo al turismo accessibile: per andare in vacanza devo iniziare a prendere informazioni a febbraio. Non c’è un portale unitario che racconti se quella meta è accessibile per me, perché il livello di accessibilità non è uguale per tutti. Condividere questo tipo di informazioni equivale a fare una divulgazione più idonea, i profili delle persone con disabilità non insegnano la vita da una cattedra ma raccontano il vissuto e danno informazioni che spesso i media mainstream occultano».

Marina Cuollo

È nell’assenza di consapevolezza che Marina Cuollo, attivista, biologa e scrittrice umoristica individua la necessità di un mese dell’orgoglio che non sia mera celebrazione ma riflessione e coscienza: «Rispetto agli altri Paesi, in Italia manca un orgoglio identitario ed è quella la cosa più urgente da recuperare. Questo mese serve anche a questo. A dare voce, autonomia e autodeterminazione alle persone con disabilità in un Paese fortemente frammentato. Pensiamo alla questione delle barriere architettoniche, l’Italia è un Paese così antico dove tutto risulta inaccessibile per una persona disabile. Si cerca una soluzione solo dopo, in presenza di una denuncia ma non viene previsto prima». 

Dopo, dice Marina, quando compare nella vita «il problema» e si cambia prospettiva. Solo dopo, tutto torna e ogni cosa va al suo posto, che non era il posto previsto: «Il punto è che associamo la disabilità sempre a qualcosa di distante. Non solo ognuno può diventare disabile in qualsiasi momento, ma spesso la disabilità è condizione naturale con l’avanzare dell’età». 

Assenza e presenza anche sui media: «Non abbiamo mai visto una conduttrice con disabilità. Lo scorso anno ho condotto i Diversity media awards con Diego Passoni, ma è stata un’eccezione. Sono bolle rispetto al mainstream che non riesce a immaginarci».  Inimmaginabile per la società è anche il ruolo genitoriale: «Non si può pensare che una persona con disabilità voglia poter adottare o anche avere un figlio da sé grazie alle tecniche di riproduzione assistita. Può succedere che una donna con disabilità impattante rimanga incinta, dopo aver fatto un lungo percorso sanitario, e trovarsi di fronte a medici che invece di supportarla tendono a spingerla a non portare avanti la gravidanza per via di un pregiudizio e non di evidenze scientifiche». 

È il desiderio che non viene concesso oggi alle persone con disabilità. «La sessualità è uno dei più grandi tabù, c’è questo squallore di infantilismo che ci circonda per cui le necessità psicofisiche del corpo, il piacere e tutto ciò che gira intorno non viene considerato». Il desiderio, come sempre nel tempo, rimane, per ogni sistema di potere una minaccia. Riportarlo alla luce, nominarlo orgogliosamente serve per entrare in un tempo nuovo più inclusivo e veramente libero da stigma e pregiudizi. (espresso.repubblica.it)